Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20650 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 20650 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1917/2023 R.G. proposto da: COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
CONSIGLIO NOTARILE DISTRETTUALE DI NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
PROCURA GENERALE REPUBBLICA CORTE APPELLO NAPOLI -intimata- avverso la ORDINANZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 1099/2022 depositata il 16/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I fatti sono così riassunti nell’ordinanza impugnata: «Con provvedimento depositato in data 16.2.2022 la Commissione amministrativa regionale di disciplina dei notai, circoscrizione Campania e Basilicata, ha ritenuto il notaio NOME COGNOME responsabile delle violazioni degli artt. 70 e 147 comma 1 lettere a), b) e c) della legge 89/13 (cd. ‘legge notarile’) sotto i seguenti profili: nei i confronti dell’amministrazione finanziaria, per la mancata registrazione di atti autenticati o ricevuti (addebito n° 2 della richiesta di avvio del procedimento disciplinare); nei confronti dei colleghi, per la illecita concorrenza conseguente alla mancata registrazione degli atti di cui all’addebito n° 2 (addebito n° 3 della richiesta di avvio del procedimento disciplinare); nei confronti del Consiglio notarile, per la violazione del dovere di collaborazione (addebito n° 4 della richiesta di avvio del procedimento disciplinare). . In particolare, la Commissione ha premesso che è esente da registrazione ai sensi dell’art. 6 della parte seconda della tariffa allegata al D.P.R. n° 131/1986 ( rectius: è soggetta a registrazione esclusivamente in caso d’uso), e può essere rilasciata alle parti dal notaio anche in originale ai sensi dell’art. 70 della legge notarile, la sola procura speciale, quella cioè rilasciata per il compimento di un solo atto oppure riguardante gli atti necessari alla esecuzione di un solo affare, intendendosi per unico affare quella serie di operazioni collegate tra loro, senza le quali non potrebbe essere portato a compimento l’oggetto dell’incarico; per contro, devono essere registrate, e se redatte per atto pubblico devono essere conservate nella raccolta degli atti dal notaio che le ha ricevute, la procura generale, quella cioè conferita per il compimento di una molteplicità di atti di ordinaria e di straordinaria
amministrazione, nonché la procura generica, quella cioè che conferisce il potere di compiere atti di ordinaria e straordinaria amministrazione limitatamente ad uno specifico settore. Ha, quindi, rilevato che il notaio COGNOME non ha registrato 18 procure (quelle annotate ai numeri di repertorio 11 delle quali ha anche omesso di conservarle nella raccolta dei propri atti sebbene redatte per atto pubblico – che, attribuendo al procuratore il potere di compiere ‘ ogni e qualsiasi operazione bancaria e/o postale presso Istituti di Credito e Poste Italiane ‘, non possono considerarsi speciali, a nulla valendo che ad alcune di esse sia stata apposta la clausola ‘ in unico contesto ‘, ma debbono piuttosto essere considerate generiche e pertanto, per quanto detto in premessa, soggette a registrazione ed a conservazione nella raccolta degli atti del notaio. Tale condotta omissiva ha comportato, secondo la Commissione, l’integrazione degli addebiti sub 2 (mancata sottoposizione a dovuta registrazione di atti autenticati o ricevuti) e sub 3 (illecita concorrenza conseguente alla mancata registrazione di atti) della richiesta di avvio del procedimento disciplinare: per cui concesse le attenuanti generiche, al COGNOME è stata irrogata la sanzione pecuniaria di euro 2.400,00 alla luce del combinato disposto degli artt. 135, commi 1 lettera c) e 4, e 137 legge notarile . Contro questo provvedimento ha proposto reclamo il notaio COGNOME, per il tramite del proprio difensore, ai sensi dell’art. 158 legge n° 89/13. Si è costituito il Consiglio notarile distrettuale di Santa Maria Capua Vetere, depositando memoria di costituzione, con la quale, oltre a contro-dedurre sui motivi di reclamo proposti dal COGNOME, sono stati proposti pure due motivi di reclamo incidentale».
La Corte d’appello ha accolto il reclamo principale, limitatamente alla contestata violazione dei doveri di collaborazione nei confronti del Consiglio notarile, e l’ha rigettato per il resto, rigettando anche il reclamo incidentale del Consiglio notarile.
La Corte d’appello ha rigettato l’eccezione di intempestività dell’azione disciplinare, rilevando che il notaio aveva incentrato la sua doglianza «sulla distanza temporale intercorsa tra le date in cui sono state ricevute le procure incriminate e la data in cui è stato promosso il procedimento disciplinare (28.7.2021)», mentre la norma di cui si assume la violazione (art. 153, comma 3, della legge notarile) fa coincidere il momento a partire dal quale il procedimento disciplinare deve essere promosso senza indugio non con quello in cui è stato commesso il fatto da perseguire, ma con quello in cui sono stati acquisiti tutti gli elementi per ritenere sussistente il fatto disciplinarmente rilevante». La Corte d’appello, dopo aver richiamato gli insegnamenti della Suprema corte in materia di tempestività del promovimento del procedimento disciplinare, ha affermato che «nel caso di specie il reclamante, si ribadisce, si è limitato ad evidenziare una presunta distanza temporale del promovimento dell’azione disciplinare rispetto alla data di commissione del fatto, ma non ha invece sostenuto e provato che tale azione disciplinare sia iniziata tardivamente rispetto al momento in cui erano già stati acquisiti tutti gli elementi utili e necessari per il suo promovimento o che, comunque, le indagini siano durate eccessivamente rispetto a quanto fosse effettivamente necessario», emergendo dagli atti che «la durata delle indagini (aprile 2019-luglio 2021) è stata assolutamente giustificata dalla necessità di acquisire e di esaminare una pluralità di atti nonché dalla necessità di richiedere, a più riprese, al notaio
indagato documentazione e chiarimenti; inoltre, l’attività di indagine è stata limitata ed intralciata dalla situazione emergenziale a seguito della pandemia da COVID-19, sorta nel bel mezzo delle indagini».
Quanto al merito della contestazione, la Corte d’appello ha rilevato che le procure, oggetto di contestazione, conferivano il potere di compiere ogni e qualsiasi operazione bancaria oppure ogni e qualsiasi operazione bancaria e postale , il che rendeva «evidente che non ci troviamo di fronte a procure attinenti ad un unico affare, bensì a procure che attribuiscono il potere di compiere una molteplicità indeterminata di atti, sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione, per quanto limitati ad un unico o a due settori, peraltro ambedue piuttosto vasti (quello bancario, oppure quello bancario e postale)», non ricorrendo di conseguenza la nozione legale di procure riguardanti gli atti necessari alla esecuzione di un solo affare», per le quali non sussiste l’obbligo di registrazione e inserimento a raccolta, qualora rilasciate per atto pubblico. La precisazione, contenuta in alcune delle procure, per la quale l’attività avrebbe dovuto ‘esaurirsi in unico contesto ‘ , tenuto conto dell’ampiezza del potere conferito, riguardante e ogni e qualsiasi operazione bancaria oppure ogni e qualsiasi operazione bancaria e postale , rappresentava «un mero escamotage adottato dal notaio per tentare di sottrarre all’obbligo di registrazione e di conservazione le procure in oggetto».
La Corte d’appello ha infine rigettato il motivo con il quale il notaio aveva invocato l’esimente della manza di colpa; essa ha rilevato che non sussistevano incertezza interpretative «sul fatto che solo le procure che attengono a singoli atti o a singoli affari siano essenti da registrazione e da conservazione nella raccolta degli atti del
notaio; né vi sono incertezze interpretative sul fatto che non possano considerarsi come attinenti a singoli affari le procure che hanno ad oggetto una molteplicità indeterminata di atti, sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione, per quanto limitati ad un unico settore». La Corte d’appello aggiungeva che «la stessa circostanza che per alcune di queste procure il notaio COGNOME abbia fatto ricorso all’escamotage di aggiungere la clausola ‘ da esaurirsi in unico contesto ‘ è dimostrativa della sua malafede e della sua consapevolezza di agire in violazione del dettato normativo».
Per la cassazione dell’ordinanza il notaio ha proposto ricorso affidato a tre motivi.
Il Consiglio notarile distrettuale di Santa Maria Capua Vetere ha resistito con controricorso. Il Procuratore Generale ha chiesto pronunciarsi il rigetto del ricorso. La parte ricorrente ha depositato la memoria art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I motivi di ricorso possono così riassumersi:
1) violazione dell’art. 153 della l. n. 89 del 1913, degli artt. 112, 115, 167, 132 c.p.c., 1367 e 2697 c.c., in relazione all’art. 350, comma 1, n. 3, 4, r 5, per avere la Corte d’appello rigettato l’eccezione di intempestività dell’atto di impulso dell’azione disciplinare: la Corte d’appello avrebbe male interpretato l’eccezione del notaio, con la quale si faceva riferimento non alla data di compimento del fatto, ma al tempo intercorso fra l’acquisizione di tutti gli elementi utili al procedimento e la data di inizio del procedimento disciplinare. Essendo il notaio tenuto a depositare l’estratto mensile, la contestazione avrebbe potuto essere elevata fin dal gennaio 2019. Si fa rilevare che la contestazione non fu mossa neppure in occasione dell’ispezione del
2019, conclusasi senza addebiti. Inoltre, gli atti di cui alle contestazioni disciplinari erano stati acquisiti per esibizione dello stesso notaio oltre un anno e mezzo prima dell’inizio dell’azione disciplinare. Si fa rilevare ancora che in ordine a tali deduzioni, la controparte non aveva mosso alcuna contestazione, dovendo pertanto i fatti ritenersi provati;
2) violazione dell’art. 70 della l. n. 89 del 2013 e dell’art. 6 della legge 26 aprile 1986 n. 131: diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello, le procure oggetto di contestazione, non erano soggette né a registrazione e neanche sussisteva, quanto alle procure rilasciate per atto pubblico, l’obbligo del notato di conservarli a raccolta, trattandosi di procure rilasciate per una categoria di atti riferibili a un singolo affare;
3) violazione degli art. 28, 80 della l. n. 89 del 2013, dell’art. 3, della legge n. 689 del 1981, degli artt. 112. 114. 167, 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, 4 e 5 c.p.c., per avere la Corte d’appello rigettato l’eccezione di non colpevolezza del notaio, stante la sua buona fede.
2. Il primo motivo è infondato. Il Collegio ritiene doversi dare continuità al principio secondo cui , pur disponendo l’art. 153, comma 2, della l. n. 89 del 1913 che il soggetto dotato dell’iniziativa disciplinare debba procedere senza indugio, tutti i termini della fase amministrativa del procedimento disciplinare nei confronti dei notai sono ordinatori, in mancanza di un’espressa qualificazione legislativa di perentorietà, sicché non è ravvisabile alcuna decadenza o estinzione per intempestività dell’azione disciplinare (Cass. n. 15963/2011; n. 9041/2016). Il ricorrente richiama in proposito le precisazioni di Cass. n. 7051 del 2021, secondo la quale «la circostanza che i termini siano ordinatori non
equivale ad affermare che l’azione disciplinare possa essere iniziata in ogni tempo, ad libitum anche a distanza di anni dall’avvenuta conoscenza del fatto disciplinarmente rilevante. Una tale estrema interpretazione, oltre a contrastare la ratio legis , colliderebbe con il diritto a conoscere in un tempo ragionevole, anche al fine di potersi ben difendere, l’accusa disciplinare formalizzata». In quella occasione la Corte accolse il ricorso, rilevando che «la Corte d’appello, pur avendo correttamente affermato la derogabilità del termine, avrebbe dovuto accertare se il tempo impiegato per avviare il procedimento disciplinare, tenuto conto di ogni elemento utile a un tale giudizio, potesse considerarsi adeguato, in relazione all’esigenza di celerità, indubbiamente imposta dall’espressione “senza indugio’».
La precisazione di Cass. n. 7051 del 2021 non persuade. La natura ordinatoria dei termini della fase amministrativa del procedimento disciplinare nei confronti dei notai, riconosciuta dalla giurisprudenza della Corte, non consente introdurre limiti temporale all’avvio dell’azione disciplinare, salva la prescrizione. Vale la pena ad ogni modo rimarcare che la precisazione in esame non apporta comunque argomento alla tesi del ricorrente. Infatti, nella vicenda disciplinare riguardante il notaio COGNOME, la Corte d’appello si è espressamente confrontata con le precisazioni di Cass. n. 7051 del 2021), riconoscendo che «la durata delle indagini (aprile 2019luglio 2021) è stata assolutamente giustificata dalla necessità di acquisire e di esaminare una pluralità di atti nonché dalla necessità di richiedere, a più riprese, al notaio indagato documentazione e chiarimenti; inoltre, l’attività di indagine è stata limitata ed intralciata dalla situazione emergenziale a seguito della pandemia da COVID-19, sorta nel bel mezzo delle indagini».
Tali considerazioni esprimono un apprezzamento di merito esente da errori logici e di diritto, palesandosi pertanto l’intento del ricorrente di riproporre, in questa sede di legittimità, inammissibilmente un giudizio sul fatto, qui non ripetibile.
In quanto all’errore nel quale sarebbe incorsa la Corte d’appello nell’interpretare le deduzioni di parte, si tratta di censura che investe una considerazione dei giudici di merito, priva di incidenza sulla decisione. L’azione disciplinare è stata ritenuta tempestiva, non già in conseguenza di una supposta interpretazione riduttiva del ricorso, ma in esito all’autonoma valutazione della vicenda compiuta dalla Corte napoletana. Va sa sé che nessun vizio motivazionale inficia la decisione, né tanto meno è ravvisabile in essa violazione dei criteri di riparto dell’onere della prova o del principio di non contestazione. Si rileva infine che la posizione espressa nel ricorso, secondo cui già in sede di ispezione biennale si poteva avere cognizione dell’illecito, pecca di astrattismo in rapporto alla natura della violazione, che non emergeva ‘a prima vista’, richiedendo un esame specifico del contenuto dell’atto.
Comunque sia l’incondizionata adesione , espresso nella presente pronunzia, all’orientamento di giurisprudenza enunziato all’inizio dell’esame del presente motivo, rende sterile in partenza ogni ulteriore considerazione in ordine alla pretesa intempestività dell’avvio dell’azione disciplinare.
3. Il secondo motivo è infondato. Ex art. 70 della legge notarile: «Oltre i casi determinati da altre leggi, il notaro può rilasciare in originale alle parti soltanto gli atti che contengono procure alle liti, o procure o consensi od autorizzazioni riguardanti gli atti necessari alla esecuzione di un solo affare, o delegazioni per l’esercizio del
diritto di elettorato, nei casi determinati dalle leggi politiche od amministrative».
Si osserva in dottrina, quanto all’ipotesi qui di interesse, delle «procure o consensi od autorizzazioni riguardanti gli atti necessari alla esecuzione di un solo affare», che l’espressione non coincide esattamente, dal punto di vista letterale, con la nozione di procure soggette a registrazione solo in caso d’uso, di cui all’art. 6, parte II tariffa allegata al d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 «Procure, deleghe e simili rilasciate per il compimento di un solo atto e per l’intervento in assemblea». Si propone l’esempio della procura accordata per compiere tutte le trattative inerenti alla vendita di un immobile (dalla stipulazione del contratto preliminare a quella del definitivo), che potrebbe farsi rientrate nella nozione di cui all’art. 70 l. not., pur essendo sicuramente soggetta a registrazione; nella pratica, tuttavia, le due categorie vengono intese come sostanzialmente coincidenti.
In rapporto a tali previsioni, la posizione fatta propria dalla Corte d’appello, sul fatto che non possono considerarsi come attinenti a singoli affari le procure che abbiano ad oggetto «ogni e qualsiasi operazione bancaria» oppure «ogni e qualsiasi operazione bancaria o postale». Invero, l ‘ampiezza del potere conferito usate rende l’ipotesi a priori non assimilabile a quella della procura rilasciata per il compimento di un singolo affare, anche a volere accedere al più ampio significato dell’espressione a cui si è fatto sopra riferimento.
È infondato anche il terzo motivo. Anche in tema di responsabilità disciplinare dei notai deve ritenersi applicabile il principio (tipico di tutti i sistemi sanzionatori, quali quello penale art. 42, ultimo comma cod. pen. – ed amministrativo – art. 3 Legge 689/1981 – ) secondo cui è necessario che l’illecito sia ascrivibile
(almeno) a titolo di colpa all’autore del fatto, con la conseguenza che, anche per il notaio, l’errore sulla liceità del fatto deve ritenersi rilevante (e scriminante) qualora esso risulti incolpevole, dovendosi tuttavia desumere il necessario profilo di non colpevolezza dell’errore stesso da elementi positivi (quale un’assicurazione di liceità da parte della P.A. preposta, ovvero, come nella specie, un provvedimento dell’autorità giudiziaria) idonei ad indurre il professionista all’illecito contestato e non ovviabile con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. n. 6383/2001).
Nella decisione non si leggono affermazioni in contrasto con tale principio. Nulla autorizzava il notaio a fare affidamento sulla liceità della condotta.
Le spese di lite seguono la soccombenza
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del controricorrente, liquidate in € 1.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda