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Obbligo informativo banca: la propensione al rischio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 684/2024, ha stabilito principi fondamentali sull’obbligo informativo della banca. Il caso riguardava alcuni investitori che avevano acquistato obbligazioni ad alto rischio. La Corte ha chiarito che la pregressa esperienza o la propensione al rischio del cliente non esonera la banca dal fornire informazioni complete e specifiche su ogni singola operazione. La sentenza impugnata è stata cassata perché aveva erroneamente escluso la responsabilità della banca sulla base del profilo di rischio degli investitori, interrompendo il nesso causale. La Cassazione ha riaffermato che il dovere di informazione è cruciale e la sua violazione è causa diretta del danno, anche per investitori esperti.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Obbligo informativo banca: Propensione al rischio non basta

L’obbligo informativo della banca è uno dei pilastri della tutela dell’investitore. Ma cosa succede se il cliente ha già esperienza con investimenti rischiosi? Questo lo esonera dal ricevere informazioni dettagliate? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 684 del 9 gennaio 2024, ha fornito una risposta chiara: la propensione al rischio non attenua né cancella i doveri dell’intermediario. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Tre investitori si erano rivolti al tribunale chiedendo la nullità, l’annullamento e la risoluzione dei contratti-quadro stipulati con un istituto di credito. La controversia nasceva dall’acquisto di obbligazioni di una banca estera, rivelatesi un investimento dannoso. Gli attori lamentavano una grave carenza informativa da parte della banca. Inoltre, uno degli investitori contestava l’illegittima revoca di alcuni affidamenti. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano rigettato le domande, ritenendo che gli investitori avessero un profilo di rischio e un’esperienza tali da renderli consapevoli dei pericoli, escludendo così la responsabilità della banca.

L’errata valutazione sull’obbligo informativo della banca in Appello

La Corte d’Appello aveva basato la sua decisione su due punti principali. In primo luogo, aveva considerato generico e quindi inefficace il disconoscimento della firma apposta da uno degli investitori sul contratto-quadro. In secondo luogo, e soprattutto, aveva ritenuto che la banca avesse adempiuto ai suoi doveri. Secondo i giudici di merito, gli investimenti erano adeguati ai profili dei clienti, i quali, avendo già effettuato in passato operazioni ad alto rischio, avrebbero comunque proceduto all’acquisto anche se meglio informati. Questa valutazione, di fatto, interrompeva il nesso causale tra la lamentata omissione informativa e il danno subito.

La Decisione della Cassazione e il rafforzamento dell’obbligo informativo

La Suprema Corte ha ribaltato la prospettiva, accogliendo tre dei motivi di ricorso presentati dagli investitori e cassando la sentenza d’appello.

Il Disconoscimento della Firma: Un Punto Decisivo

La Corte ha innanzitutto stabilito che la Corte d’Appello aveva errato nel non considerare un passaggio specifico dell’atto di citazione in cui l’investitore negava in modo puntuale che la firma sul documento informativo fosse la sua. Questo non era un disconoscimento generico, ma un’affermazione specifica e decisiva che avrebbe richiesto un’analisi diversa.

Propensione al Rischio e Obbligo Informativo della Banca

Il cuore della decisione risiede nei motivi quarto e settimo. La Cassazione ha affermato un principio fondamentale: la valutazione di appropriatezza dell’investimento non elimina né sostituisce l’obbligo della banca di fornire informazioni chiare e complete sulle caratteristiche specifiche dell’operazione proposta. Anche un cliente che in passato ha acquistato azioni, derivati o altri prodotti complessi ha diritto a essere pienamente informato sui rischi del nuovo investimento che si accinge a compiere. La storia passata non può essere usata come una giustificazione per un’informativa carente.

Il Nesso di Causalità non è Interrotto

Di conseguenza, la Corte ha smontato anche il secondo pilastro della sentenza d’appello. La presunzione che un investitore “rischioso” avrebbe comunque comprato il prodotto non è sufficiente a vincere il nesso di causalità. La Cassazione ha ribadito, richiamando la sua giurisprudenza consolidata, che “il nesso di causalità tra l’inadempimento e il danno patito dall’investitore non è interrotto dal mero profilo speculativo dell’investitore o dalla sua elevata propensione al rischio”. La mancanza di informazioni specifiche è di per sé la causa del danno, perché impedisce all’investitore di compiere una scelta pienamente consapevole.

le motivazioni
La decisione della Suprema Corte si fonda sulla necessità di garantire la formazione di un consenso informato. L’obbligo informativo ha lo scopo di colmare l’asimmetria di conoscenze tra l’intermediario professionale e il cliente, anche quando quest’ultimo è esperto. Ogni operazione finanziaria ha caratteristiche uniche e rischi specifici che devono essere illustrati puntualmente. Dare per scontato che un investitore, a causa del suo passato, sia consapevole di ogni rischio futuro, svuoterebbe di significato le tutele previste dalla normativa di settore (TUF e regolamenti Consob). La responsabilità della banca è quella di mettere il cliente nelle condizioni di capire quell’esatto investimento, non di basarsi su una generica e presunta familiarità con il rischio.

le conclusioni
Questa ordinanza rappresenta un’importante vittoria per la tutela degli investitori. Le implicazioni pratiche sono notevoli: le banche e gli intermediari finanziari non possono abbassare la guardia e fornire informative sommarie basandosi sul profilo di rischio del cliente. Ogni operazione richiede un adempimento puntuale e specifico dell’obbligo informativo. Per gli investitori, questa sentenza rafforza la possibilità di agire in giudizio per le perdite subite a causa di informazioni carenti, anche se in passato hanno dimostrato di non temere il rischio. La consapevolezza della scelta, infatti, può derivare solo da una conoscenza completa e attuale del prodotto, non da una presunzione basata sulla storia finanziaria del cliente.

Un investitore con esperienza in prodotti ad alto rischio perde il diritto a essere informato dalla banca?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo informativo della banca di fornire dettagli completi e specifici su ogni operazione rimane inalterato, indipendentemente dalla pregressa esperienza o dalla propensione al rischio dell’investitore.

La propensione al rischio di un cliente interrompe il nesso causale tra la mancata informazione della banca e il danno subito?
No. La Corte ha stabilito che un generico profilo speculativo o un’elevata propensione al rischio non sono sufficienti a interrompere il legame di causa-effetto tra l’inadempimento informativo dell’intermediario e il danno economico subito dal cliente.

Come deve essere formulato il disconoscimento di una firma per essere considerato specifico e non generico?
Per essere efficace, il disconoscimento non può essere una negazione vaga. Deve riferirsi in modo chiaro e inequivocabile a una specifica sottoscrizione apposta su un determinato documento, come evidenziato nel caso di specie, dove l’attore aveva precisato che la firma in calce a un certo allegato non era la sua.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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