Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 684 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 684 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20847/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME -) rappresentati e difesi dagli avvocati NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 1331/2019 depositata il 17/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Bologna con sentenza n. 1331/2019 ha respinto l’impugnazione avverso la decisione del Tribunale di Rimini n. 1520/2015, che aveva rigettato le domande di nullità, annullamento e risoluzione dei contratti-quadro sottoscritti dagli attori, oltre alle restituzioni ed al risarcimento del danno, in relazione all’acquisto di obbligazioni RAGIONE_SOCIALE nonché la domanda di risarcimento del danno per revoca ingiustificata degli affidamenti proposta da NOME COGNOME.
La corte territoriale, per quanto ora rileva, ha ritenuto che: a) NOME COGNOME non ha disconosciuto la sottoscrizione apposta al contratto-quadro, in quanto il disconoscimento è generico e non univoco in citazione, nel mentre egli produsse il documento in giudizio innanzi al tribunale; b) la banca offrì agli investitori le informazioni necessarie, essendo gli investimenti adeguati ai profili dei clienti, i quali avevano il livello di esperienza e conoscenza idoneo a comprendere i rischi dell’investimento, avendo eseguito in precedenza altri investimenti ad alto rischio, con conseguente esclusione del nesso causale con il lamentato danno, in quanto avrebbero comunque proceduto all’investimento pur conoscendo meglio i rischi assunti; c) non vi è prova di un danno derivante dall’illegittimo recesso dagli affidamenti.
Avverso questa sentenza propongono ricorso i soccombenti, affidato a sette motivi. Resiste la banca intimata con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-L’ eccezione in senso lato di improcedibilità del ricorso per difetto di produzione della relata di notifica della sentenza impugnata, sollevata dalla banca nella memoria, è infondata. Invero, risulta dagli atti che la relata di notifica (a mezzo pec) è stata prodotta insieme al ricorso dai ricorrenti, in una con la sentenza impugnata, con rituale attestazione di conformità ex art. 16bis , comma 9bis , d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221.
-Il primo motivo del ricorso censura la sentenza impugnata deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 214 e 215 c.p.c. «per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio», consistente in alcuni passaggi dell’atto di citazione in primo grado, dai quali risultava che il disconoscimento era invece specificamente riferito alla sottoscrizione di NOME COGNOME in calce al contratto quadro, allegato all’atto di citazione (come documento n. 3), passaggi che, se fossero stati presi in considerazione dalla corte del merito, avrebbero determinato una diversa decisione sul punto della sussistenza di un valido disconoscimento della scrittura; inoltre, la banca aveva ammesso la circostanza e proposto istanza di verificazione.
La censura di omesso esame di fatto decisivo è fondata.
Il passaggio dell’atto di citazione, non considerato dalla corte d’appello, era realmente decisivo, laddove si precisava (il ricorso lo indica come contenuto alle p. 12 dell’atto di citazione): « Il sig. COGNOME Marco non sottoscriveva alcunché né veniva in alcun modo ‘censito’ nel documento informativo quadro (la firma apposta in calce, infatti, non è del sig. COGNOME Marco) ». Si tratta, invero, appunto della firma apposta in calce al documento allegato sub n. 3 all’atto di citazione, denominato ‘ documento informativo e
contrattuale per la prestazione dei servizi di investimento e accessori ‘ (cfr. p. 9 del ricorso).
La sentenza impugnata ha considerato generico il disconoscimento contenuto nella frase a pag. 13 dell’atto di citazione, secondo cui: « Alcun contratto che rivesta le forme sopra indicate è stato sottoscritto dai sigg.ri COGNOME ed anzi il sig. COGNOME NOME non ha sottoscritto alcunché »; ma tale passaggio, effettivamente generico, acquista una ben diversa valenza se esaminato alla luce anche del passaggio riportato sopra e dal ricorrente evidenziato, in ossequio al principio di specificità ex art. 366 c.p.c.
-Con il secondo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1702 e 1719 c.c. , 214 e 215 c.p.c., oltre ad omesso esame di fatto decisivo, per avere la corte territoriale, in luogo che dar corso all’istanza di verificazione proposta dalla banca, ritenuto sufficiente la produzione di una seconda copia del medesimo documento disconosciuto da NOME COGNOME per la prova della conclusione scritta del contratto-quadro, pur trattandosi sempre ovviamente dello stesso negozio datato 24 giugno 2008.
Il motivo è inammissibile.
Si censura l’affermazione del tribunale secondo cui il disconoscimento della firma sulla copia del contratto prodotto dall’attore era irrilevante, avendo la banca prodotto un’altra copia del contratto non fatta oggetto di disconoscimento. Si sostiene che quella prodotta dalla banca fosse una fotocopia uguale a quella prodotta dall’attore, e non un diverso documento bisognevole, come tale, di specifico disconoscimento.
Il motivo è inammissibile perché attinente a questione non decisa dalla sentenza impugnata (bensì dalla sentenza di primo
grado), la quale ha ritenuto assorbente il profilo della genericità del disconoscimento.
-Con il terzo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 214 e 215 c.p.c., oltre ad omesso esame di fatto decisivo, per non avere la corte territoriale tenuto conto del disconoscimento della firma apposta anche al c.d. modulo di profilatura da NOME COGNOME, fondandovi invece il suo convincimento.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., non riproducendo il contenuto della meramente dedotta attività di disconoscimento della sottoscrizione.
A ciò si aggiunga che sussiste genericità della censura, la quale non precisa quando sia stato prodotto in giudizio dalla banca il documento disconosciuto con la terza memoria ex art. 183, comma sesto, c.p.c. degli attori. La controricorrente, al riguardo, ha eccepito la tardività del disconoscimento stesso, in quanto avente ad oggetto documento prodotto in copia sin dalla comparsa di risposta (allegato n. 6, ‘Profilo finanziario di adeguatezza COGNOME NOME‘), poi nuovamente prodotto, questa volta in originale, quale scrittura di comparazione ai fini della verifica della sottoscrizione del contratto quadro: ma il ricorso, si ripete, nell’affermare la tempestività del disconoscimento, non chiarisce a quale produzione faccia riferimento, né i ricorrenti si danno carico di replicare, con la memoria, alla predetta eccezione di controparte.
-Il quarto motivo deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 21 t.u.f., 27, 31 e 34 reg. Consob n. 16190/2007, per non avere la corte territoriale tenuto conto che nessuna particolare propensione al rischio avevano mai palesato i ricorrenti, non avendo in precedenza mai acquistato azioni, derivati, warrant , future né swap , e che comunque persino un
precedente acquisto ad alto rischio non elide il nesso causale e l’esigenza per la banca di informare con completezza il cliente.
Il settimo motivo censura la violazione e la falsa applicazione degli artt. 21 t.u.f., 31, 34, 40 e 41 reg. Consob n. 16190/2007, perché anche un acquisto di titoli ad alto rischio non esimeva la banca dal valutare con completezza il profilo dei clienti ed offrire tutte le informazioni dovute.
Il quarto ed il settimo motivo, che possono essere congiuntamente delibati per la loro intima connessione, sono fondati.
La sentenza impugnata ha reputato infondata la domanda proposta, argomentando con due ragioni autonome: a) l’insussistente violazione dell’obbligo informativo, perché fu effettuata correttamente la valutazione di appropriatezza dell’investimento; b) l’insussistenza comunque del nesso di causalità tra il preteso inadempimento dell’obbligo informativo e il danno, escludendo il nesso causale con il lamentato danno, in quanto i clienti avrebbero comunque proceduto all’investimento pur conoscendo meglio i rischi assunti, per avere essi già acquistato in passato prodotti rischiosi.
Il quarto motivo censura la prima ratio ed il settimo motivo la seconda, onde i due motivi sono connessi, riguardando entrambi il rigetto della domanda di risarcimento del danno da violazione dell’obbligo di informazione attiva sulla specifica operazione di investimento posta in essere, avendo quindi ad oggetto ciascuno una delle due ratio decidendi , in cui si articola il rigetto della domanda in questione.
Il quarto motivo è fondato, in quanto la valutazione di appropriatezza non esclude affatto la necessità di ottemperare all’obbligo di informazione sulle caratteristiche della specifica operazione di investimento posta in essere, che rimane
inalterato anche a seguito della entrata in vigore del reg. Consob n. 16190/2007, il quale la valutazione di appropriatezza ha introdotto, come già chiarito da questa Corte (Cass. 5 maggio 2022, 14208, con principio ribadito da Cass. 27 luglio 2023, n. 22833).
Fondato è anche il settimo motivo, dato che la presunzione di sussistenza del nesso causale non è vinta dalla generica propensione al rischio dell’investitore, come invece reputa la sentenza impugnata, avendo questa Corte chiarito che il nesso di causalità tra l’inadempimento e il danno patito dall’investitore non è interrotto dal mero profilo speculativo dell’investitore o dalla sua elevata propensione al rischio (Cass. 22 maggio 2020, n. 9460; 17 aprile 2020, n. 7905; 28 febbraio 2018, n. 4727; 18 maggio 2017, n. 12544).
6. -Il quinto motivo deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 39, 40 e 42 reg. Consob n. 16190/2007, per avere la banca assunto solo informazioni generiche da NOME COGNOME senza adeguata informazione dei rischi, tenuto presente che si trattava di un servizio di consulenza.
Il motivo è inammissibile , nella parte in cui assume la necessità di una valutazione di adeguatezza dell’investimento, ai sensi dell’art. 40 reg. Consob n. 16190/2007, perché non si confronta con la ratio della decisione impugnata, secondo cui le parti « intesero agire in regime di appropriatezza » (p. 10 della sentenza impugnata); mentre va ricordato che la valutazione di adeguatezza si riferisce soltanto, ai sensi dell’art. 39 reg. Consob n. 16190/2007, ai servizi di consulenza e di gestione di portafogli, che non risultano dalla sentenza impugnata essere oggetto del rapporto contrattuale fra le parti.
Nella parte in cui si contesta la valutazione di appropriatezza effettuata dalla sentenza impugnata, il motivo contiene sostanziali censure di merito circa il tipo di informazioni assunte e la natura
del servizio prestato, ri proponendo profili di fatto, pur sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, pretendendo quindi dalla Corte di legittimità una rivisitazione della vicenda concreta.
-Il sesto motivo censura la violazione e la falsa applicazione degli artt. 45 ss. reg. Consob n. 16190/2007, per non avere la corte territoriale tenuto conto che la banca prestava un servizio di consulenza.
Esso è inammissibile perché contiene mere valutazioni di merito: non viene, infatti, evidenziata alcuna statuizione della sentenza impugnata come oggetto di contestazione, bensì vengono svolte considerazioni di merito circa la sussistenza di un accordo per la fornitura di un servizio di consulenza, avulse dal contenuto della sentenza impugnata, che non viene neppure richiamato.
-In conclusione, la sentenza impugnata va cassata in accoglimento dei motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il quarto ed il settimo motivo del ricorso, inammissibili gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10