Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7266 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7266 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 902/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D ‘ APPELLO BOLOGNA n. 1431/2019 depositata il 03/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
I signori NOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio la Unicredit Spa per sentir dichiarare la nullità, annullabilità o risoluzione per inadempimento del contratto di gestione di investimento in fondi comuni stipulato il 14.12.1999 e risolto il 30.9.2002 per recesso degli attori e, in ogni caso, sussistente la responsabilità della banca per l’esito infausto dell’investimento con condanna alle restituzioni e al risarcimento dei danni. Gli attori riferivano che non erano stati informati sulle caratteristiche degli strumenti prescelti, nonostante avessero reso edotta la banca della loro intenzione di non operare scelte azzardate; che avevano sottoscritto moduli standard predisposti dalla banca senza ricevere alcuna spiegazione, anzi ricevendo conferma della bontà e affidabilità dell’investimento che alla data del recesso segnava una grave perdita; lamentavano di non essere stati informati della perdita di valore dei titoli in misura superiore al 30 per cento del controvalore totale del loro patrimonio.
Nel contraddittorio con la Unicredit il Tribunale di Bologna rigettava le domande.
Il gravame veniva rigettato dalla Corte bolognese.
I signori NOME e NOME COGNOME, anche quali eredi di NOME COGNOME, propongono ricorso, affidato a sei motivi, resistito da Unicredit.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ‘nullità della sentenza -art. 360 n. 4 c.p.c.’ assumendo che essa ‘propone argomenti decisori meramente apparenti, contraddittori tra loro ed impossibili da compatibilizzare con il minimo costituzionale della motivazione’ (ricorso a pag. 16), a proposito della valutazione della Corte d’appello circa la insussistenza dell’inadempimento della banca e
l’adeguatezza delle informazioni da essa fornite. Esso è inammissibile, risolvendosi in una critica di insufficienza della motivazione che è vizio non deducibile con il mezzo proposto ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., concernendo impropriamente la valutazione delle fonti probatorie da parte dei giudici di merito.
Il secondo motivo, contenente in rubrica l’indicazione promiscua di una pluralità di vizi (violazione di legge, nullità della sentenza e omesso esame di fatto decisivo), ex art. 360 n. 3, 4 e 5, c.p.c., denuncia in sostanza l’inadempimento della banca all’obbligo informativo scaturente dal (e riguardante il) decremento dell’intero patrimonio dei ricorrenti in misura superiore al 30% del controvalore totale (ex art. 28 comma 4 Reg. Consob n. 11522/1998). Il motivo non si confronta con (e non censura specificamente) la ratio decidendi – che risulta quindi non scalfita con cui la Corte di merito ha osservato che ‘il parametro di riferimento non è la singola operazione, bensì l’intero portafoglio di cui gli appellanti nemmeno hanno indicato la consistenza’ (sentenza a pag. 9), non precisandosi nel motivo se e in quale momento e atto processuale del giudizio di merito essi abbiano reso tale indicazione non fornita neppure nel ricorso. Esso è quindi inammissibile.
Il terzo motivo denuncia violazione di legge per non avere la sentenza impugnata fatto corretta applicazione della regola dell’adeguatezza delle informazioni (che si assume) non fornite agli investitori. Esso si risolve nella critica di un incensurabile apprezzamento di fatto compiuto dai giudici di merito nella valutazione delle modalità attuative degli obblighi di comportamento a carico dell’intermediario (artt. 36 ss. Reg. Consob cit.) a proposito della coerenza degli investimenti effettuati dalla banca, integrate dal cd. ‘benchmark’ che concorre a definire indirettamente il massimo grado di rischio connesso alle singole linee di gestione al quale l’investitore ha inteso contrattualmente
esporsi e costituisce un modo per valutare la razionalità e adeguatezza dell’attività dell’intermediario (cfr. Cass. n. 23568/2020, n. 24/2017, n. 8089 e 24545/2016). Esso è quindi inammissibile, risolvendosi nella impropria richiesta di rivisitazione di apprezzamenti di fatto incensurabili in questa sede, in quanto plausibilmente compiuti dai giudici di merito.
Il quarto motivo, con il quale i ricorrenti denunciano violazione di legge per non avere ritenuto incontestate le proprie allegazioni contenute in una perizia di parte allegata all’atto di citazione in primo grado, è inammissibile sia per difetto di specificità ex art. 366 n. 4 c.p.c., non indicando il contenuto delle stesse allegazioni, sia perché perplesso, riportando stralci di atti difensivi della banca ove si contestano le risultanze di quella perizia.
Con il quinto motivo i ricorrenti, denunciando violazione di legge, chiedono che questa Corte ‘confermi che l’attività bancaria – ivi compresa quella svolta da Unicredit nei confronti del cliente rientri in quelle ipotesi di responsabilità precontrattuale da contatto sociale… e, come tale, ad essa si il termine di prescrizione decennale pacificamente non decorso’ (pag. 27 del ricorso).
Il motivo travisa la ratio decidendi e pecca di astrattezza, appuntandosi su una statuizione del giudice di primo grado circa l’intervenuta prescrizione quinquennale del credito azionato in causa che non è contenuta nella sentenza d’appello impugnata in questa sede. La Corte d’appello, infatti, non si è pronunciata sulla questione della prescrizione (quinquennale o decennale del credito azionato), avendo deciso sulla base della ragione più liquida, laddove ha osservato che ‘seppure si aderisse alla tesi degli appellanti e si ritenesse che la violazione degli obblighi informativi sia da apprezzarsi in termini di responsabilità contrattuale’ con conseguente applicabilità della prescrizione decennale, la domanda sarebbe comunque infondata: ‘quel che comunque condurrebbe al
rigetto dell’appello è la genericità della contestazione riguardo a detta affermata assenza di informazione. Dalla documentazione prodotta dagli stessi appellanti emerge, infatti, che gli investitori erano stati edotti sia del Benchmark delle operazioni consentite e del rischio medio/alto delle stesse che dunque risultavano adeguate al profilo degli investitori…’ (sentenza a pag. 5 -6).
Il sesto motivo denuncia violazione dell’art. 92 c.p.c. sulla condanna alle spese del giudizio di appello che, ad avviso dei ricorrenti, avrebbero dovuto essere compensate, in considerazione del mutamento della giurisprudenza sulla questione della validità del contratto cd. monofirma, avendo la Corte d’appello rigettato il relativo motivo di appello in conformità al sopravvenuto orientamento delle Sezioni Unite (sentenza n. 898/2018). Esso è inammissibile, risolvendosi nella contestazione del mancato esercizio -incensurabile in sede di legittimità -del potere compensativo che è proprio del giudice di merito (v. Cass. n. 11329/2019), anche in presenza di mutamenti della giurisprudenza su questioni dirimenti.
Il ricorso è, in conclusione, inammissibile. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in € 4200,00 di cui € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del dPR n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 30/01/2024.
Il Presidente
NOME COGNOME