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Obbligo formativo architetti: no alla retroattività

La Corte di Cassazione ha confermato la sanzione disciplinare della sospensione a un architetto per il mancato assolvimento dell’obbligo formativo. Secondo la Corte, la sanzione è legittima anche se la norma che ne determina la misura esatta è entrata in vigore durante il triennio di riferimento, poiché l’obbligo di formazione e la sua rilevanza disciplinare erano già preesistenti. Rigettata anche la censura sulla tardività della contestazione, in assenza di termini perentori di legge.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

L’Obbligo Formativo per Architetti: Sanzioni Applicabili anche con Norme Sopravvenute

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione II Civile, n. 3539 del 2024, offre un importante chiarimento in materia di obbligo formativo per architetti e relative sanzioni disciplinari. La Corte ha stabilito che la sanzione per il mancato conseguimento dei crediti formativi è legittima anche se la norma che ne specifica la misura è entrata in vigore quando l’inadempimento era già in corso. Questo principio rafforza la natura continua e inderogabile del dovere di aggiornamento professionale.

I Fatti del Caso

Un architetto è stato sanzionato dal Consiglio di Disciplina territoriale con la sospensione dall’esercizio della professione per 53 giorni. La causa della sanzione era il mancato assolvimento dell’obbligo di formazione professionale continua per il triennio 2014-2016. La decisione è stata confermata in appello dal Consiglio Nazionale degli Architetti. Il professionista ha quindi deciso di ricorrere in Cassazione, sollevando due questioni principali: la presunta applicazione retroattiva della sanzione e l’eccessivo ritardo nella contestazione dell’illecito.

I Motivi del Ricorso: Retroattività e Tardività

Il ricorrente ha basato la sua difesa su due argomenti principali:

1. Violazione del principio di irretroattività: La sanzione specifica (un giorno di sospensione per ogni credito mancante) era stata introdotta da una modifica al codice deontologico entrata in vigore il 29 settembre 2016, quando il triennio di riferimento era quasi concluso. Secondo il professionista, applicare tale sanzione a un comportamento iniziato prima della sua introduzione costituiva un’illegittima applicazione retroattiva.
2. Violazione del principio di tempestività: La contestazione disciplinare era stata notificata nel dicembre 2018, circa due anni dopo la fine del triennio. Questo ritardo, a detta del ricorrente, violava il principio generale che impone una sollecita attivazione dell’azione disciplinare, rendendo il provvedimento illegittimo.

La Decisione della Corte sull’Obbligo Formativo degli Architetti

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, giudicando entrambi i motivi manifestamente infondati. I giudici hanno fornito una chiara interpretazione delle norme che regolano l’aggiornamento professionale e il potere disciplinare degli ordini.

Sulla presunta Retroattività della Sanzione

La Corte ha chiarito che l’obbligo formativo per gli architetti e la sua rilevanza come illecito disciplinare non nascono con la norma del 2016. Essi erano già previsti dal D.P.R. n. 137 del 2012 e dal Codice Deontologico in vigore dal 1° gennaio 2014. La violazione, quindi, preesisteva alla condotta sanzionata.
La modifica del settembre 2016 non ha introdotto un nuovo illecito, ma si è limitata a definire in modo più preciso la misura della sanzione per un obbligo già esistente. Poiché la condotta omissiva del professionista (il mancato conseguimento dei crediti) si è protratta anche sotto la vigenza della nuova e più sfavorevole norma, la sua applicazione è stata ritenuta legittima. Si tratta di una “modificazione in peius sopravvenuta” applicabile a una condotta illecita di carattere permanente.

Sull’assenza di un Termine per la Contestazione

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ribadito che, a differenza di altri ordini professionali, la normativa che regola la professione di architetto (Regio Decreto n. 2537 del 1925) non prevede termini di prescrizione o decadenza per l’esercizio dell’azione disciplinare.
Inoltre, il tempo trascorso tra la fine del triennio e la contestazione è stato giudicato congruo e ragionevole. I giudici hanno considerato la complessità delle operazioni di verifica, che interessano un elevato numero di iscritti e che possono iniziare solo dopo la scadenza del triennio e di un ulteriore semestre concesso per il ravvedimento operoso.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base di una distinzione fondamentale tra il precetto (l’obbligo di formazione) e la sanzione (la sua punizione). L’obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento professionale era già sancito come illecito disciplinare dall’art. 7 del d.P.R. n. 137/2012 e dall’art. 9 del Codice Deontologico del 2014. Pertanto, il precetto era preesistente alla condotta omissiva dell’architetto. La successiva modifica normativa del 2016, che ha quantificato la sanzione in un giorno di sospensione per credito mancante, non ha introdotto una nuova fattispecie di illecito, ma ha solo specificato la conseguenza di una violazione già prevista. La condotta inadempiente, avendo carattere permanente, si è protratta anche sotto l’impero della nuova norma, rendendola applicabile senza violare il principio di irretroattività. Per quanto riguarda la tardività, i giudici hanno evidenziato che l’ordinamento professionale degli architetti non prevede termini perentori per l’avvio dell’azione disciplinare. Il tempo impiegato dal Consiglio di Disciplina è stato ritenuto ragionevole in considerazione della necessità di verificare le posizioni di tutti gli iscritti dopo la scadenza del triennio e del semestre aggiuntivo per il ravvedimento.

le conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio cruciale: l’aggiornamento professionale non è una mera formalità, ma un dovere giuridico continuo la cui violazione è sempre sanzionabile. I professionisti non possono fare affidamento su modifiche normative relative alla misura delle sanzioni per giustificare un inadempimento pregresso e continuato. La decisione, inoltre, conferma l’ampia discrezionalità degli organi disciplinari nella gestione dei tempi di contestazione, purché non si sfoci nell’irragionevolezza, data l’assenza di specifici termini di prescrizione per l’azione disciplinare nei confronti degli architetti.

Una sanzione disciplinare può essere basata su una norma entrata in vigore quando l’inadempimento era già in corso?
Sì. La Corte ha stabilito che se l’obbligo di legge (in questo caso, la formazione continua) preesiste, una nuova norma che si limita a quantificare la sanzione per la sua violazione è applicabile anche se la condotta illecita è iniziata prima della sua entrata in vigore, poiché l’inadempimento si è protratto nel tempo.

Esiste un termine di prescrizione per l’azione disciplinare nei confronti degli architetti per mancata formazione?
No. Secondo la Corte, la normativa specifica per gli architetti (Regio Decreto 23 ottobre 1925, n. 2537) non prevede termini di prescrizione o decadenza per l’esercizio dell’azione disciplinare.

L’obbligo di formazione continua per gli architetti era già un illecito disciplinare prima del 2016?
Sì. L’obbligo di curare l’aggiornamento professionale e la sua qualificazione come illecito disciplinare erano già previsti dall’art. 7 del d.P.R. n. 137 del 2012 e dal Codice Deontologico in vigore dal 1° gennaio 2014.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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