Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3539 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3539 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 8843-2021 proposto da:
NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE, PROCURATORE RAGIONE_SOCIALE REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ASTI, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE DI DISCIPLINA DELL’ORDINE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE DI ASTI;
avverso la decisione n. 47/2020 del RAGIONE_SOCIALE depositata il 29/12/2020;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di RAGIONE_SOCIALE del 30/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
L’architetto NOME COGNOME ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la decisione del RAGIONE_SOCIALE del 29 dicembre 2020, che ha respinto il ricorso RAGIONE_SOCIALEo stesso architetto COGNOME contro la delibera assunta dal RAGIONE_SOCIALE, recante la sospensione disciplinare del professionista per 53 giorni, a seguito del mancato assolvimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligo formativo per il triennio 2014-2016.
La decisione gravata sosteneva che doveva escludersi che l’art. 9 del codice deontologico avesse illegittimamente disposto per il passato, posto che l’importanza RAGIONE_SOCIALE formazione RAGIONE_SOCIALE era consacrata già nella previgente legislazione nonché nelle norme deontologiche in vigore alla data del 1 gennaio 2014, attesa la vigenza altresì RAGIONE_SOCIALE‘art. 7 del DPR n. 137/2012.
Quanto alla sanzione osservava che l’art. 41, co. 1 e 2, RAGIONE_SOCIALEe Norme deontologiche prevedevano già la rilevanza disciplinare RAGIONE_SOCIALE condotta contestata, e che l’art. 9 novellato aveva previsto un termine di moratoria di ben sei mesi, al fine di permettere agli iscritti di poter acquisire crediti formativi eventualmente mancanti, che però dovevano essere già, se non tutti, almeno in parte conseguiti.
Quanto, infine, alla intempestività RAGIONE_SOCIALE contestazione disciplinare, la decisione rilevava che la stessa andava effettuata al compimento del triennio, e dopo l’ulteriore semestre concesso per l’eventuale ravvedimento, occorrendo anche tenere conto del tempo necessario per verificare i crediti mancanti e RAGIONE_SOCIALE‘elevato numero di iscritti, per i quali contemporaneamente andava compiuta la verifica.
Gli intimati, indicati in epigrafe, non hanno svolto attività difensive.
Preliminarmente si rileva che secondo la giurisprudenza di questa Corte, il ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento disciplinare adottato dal RAGIONE_SOCIALE deve essere proposto, a pena di inammissibilità, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – tenuto alla sorveglianza RAGIONE_SOCIALE iscritti all’albo -e del Procuratore RAGIONE_SOCIALE Repubblica competente per territorio – cui spetta il potere di vigilanza sull’esercizio RAGIONE_SOCIALEe funzioni dei Consigli RAGIONE_SOCIALE ordini professionali e sullo svolgimento RAGIONE_SOCIALEe professioni -, e non già del RAGIONE_SOCIALE di disciplina territoriale, attesa la posizione di autonomia organizzativa, di terzietà e l’assenza di compiti di sorveglianza di quest’ultimo, che lo rende privo di qualunque interesse ad agire o resistere in giudizio (Cass. n. 3059/2020).
Nella fattispecie il ricorso non risulta essere stato notificato al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, ma al solo Procuratore RAGIONE_SOCIALE Repubblica competente per territorio (palesandosi superflua la notifica effettuata anche al Ministero RAGIONE_SOCIALE Giustizia, peraltro presso un indirizzo diverso da quello RAGIONE_SOCIALE‘Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALEo Stato, cui andava invece indirizzato, ed alla stessa autorità che ha emesso la decisione impugnata). Tuttavia, evidenti
esigenze di economia processuale rendono superfluo disporre l’integrazione del contraddittorio anche nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, attesa la manifesta infondatezza del ricorso.
Il primo motivo di ricordo denuncia la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 9, co.
2, del codice deontologico entrato in vigore il 29 settembre 2016.
Si sostiene che sarebbe erronea l’affermazione RAGIONE_SOCIALE decisione gravata secondo cui non vi sarebbe stata un ‘ applicazione retroattiva RAGIONE_SOCIALE norma in esame, con la conseguente corretta applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzione, commisurata ad un giorno di sospensione per ogni credito formativo mancante all’esito del triennio.
E’ pur vero che già il DPR n. 137/2012 prevede l’obbligo di formazione per i professionisti e che il suo inadempimento costituisce violazione rilevante sul piano disciplinare, ma la norma demandava a successivi regolamenti la fissazione dei criteri applicativi RAGIONE_SOCIALEe sanzioni disciplinari.
Solo con l’emanazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 9 citato è stata individuata la sanzione in concreto applicabile, essendo quindi illegittima la sua applicazione retroattiva. Inoltre, il testo RAGIONE_SOCIALE‘art. 9, nella versione anteriore, in vigore dal 2014 al 29 settembre 2016, prevedeva solo l’obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento RAGIONE_SOCIALE, ma non contemplava alcuna sanzione per il mancato raggiungimento del numero minimo di crediti formativi. La circostanza che sia entrato in vigore allorché era ancora in corso il triennio di riferimento è irrilevante, in quanto l’esiguo periodo rimasto non avrebbe permesso al ricorrente di recuperare i crediti non ottenuti nel precedente lasso temporale.
Il motivo è manifestamente infondato.
Infatti, l’art. 7 del d.P.R. n. 137 del 2012 dispone al primo comma che la violazione da parte del professionista RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento RAGIONE_SOCIALE propria competenza RAGIONE_SOCIALE costituisce illecito disciplinare. A sua volta, l’art. 9 (Aggiornamento RAGIONE_SOCIALE) del Codice Deontologico approvato dal RAGIONE_SOCIALE, nel testo entrato in vigore il 10 gennaio 2014, prescriveva che: ” 1. l fine di garantire la qualità ed efficienza RAGIONE_SOCIALE prestazione RAGIONE_SOCIALE, nel migliore interesse RAGIONE_SOCIALE‘utente e RAGIONE_SOCIALE collettività, e per conseguire l’obiettivo RAGIONE_SOCIALEo sviluppo RAGIONE_SOCIALE, ogni Professionista ha l’obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento RAGIONE_SOCIALE propria competenza RAGIONE_SOCIALE.
Il mancato rispetto RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di aggiornamento RAGIONE_SOCIALE ai sensi RAGIONE_SOCIALEe norme vigenti, e la mancata o l’infedele certificazione del percorso di aggiornamento seguito, costituisce illecito disciplinare “.
Come chiarito da Cass. n. 1173/2023, l’art. 2229, comma 2, c.c. rimette ad ordini e collegi professionali, fra l’altro, l’esercizio del potere disciplinare, nelle forme ora regolate dall’art. 8, d.P.R. n. 137 del 2012, mentre l’art. 7 del medesimo d.P.R., come visto, presidia anche con la sanzione disciplinare l’obbligo per ciascun iscritto di curare la propria formazione continua permanente, allo scopo di garantire la qualità, l’efficienza e lo sviluppo RAGIONE_SOCIALE prestazione RAGIONE_SOCIALE, nell’interesse RAGIONE_SOCIALE‘utente e RAGIONE_SOCIALE collettività.
Orbene, quanto alla mancata sanzionabilità RAGIONE_SOCIALE condotta contestata all’architetto COGNOME, in RAGIONE_SOCIALE al mancato assolvimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligo formativo per il triennio 2014-2016, va rimarcato che l’obbligo di curare l’aggiornamento RAGIONE_SOCIALE
preparazione RAGIONE_SOCIALE era già previsto dall’art. 7 del Decreto del Presidente RAGIONE_SOCIALE Repubblica del 7 agosto 2012, n. 137, e dall’art. 9 del Codice Deontologico approvato dal RAGIONE_SOCIALE, nel testo entrato in vigore il 1° gennaio 2014, sicché il precetto era preesistente alla condotta sanzionata. Neppure risulta violato il principio di non retroattività RAGIONE_SOCIALE sanzione disciplinare, tipico di tutti i sistemi sanzionatori, per il fatto che sia stata irrogata in concreto la sanzione RAGIONE_SOCIALE sospensione per 53 giorni, facendo applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 9 comma 2, del codice deontologico nel testo entrato in vigore soltanto dal 29 settembre 2016, testo che, derogando all’art. 41 commi 2, 3 e 4 RAGIONE_SOCIALEo stesso Codice (che prevede la sanzione massima RAGIONE_SOCIALE sospensione per dieci giorni), ha stabilito che “la mancata acquisizione di un numero di crediti superiore al venti per cento comporta l’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzione RAGIONE_SOCIALE sospensione, da calcolarsi nella misura di un giorno di sospensione per ogni credito formativo mancante”.
La condotta contestata al ricorrente concerneva il mancato assolvimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligo formativo per il triennio 2014-2016. Ai sensi del già richiamato art. 8 RAGIONE_SOCIALEe Linee Guida e di Coordinamento, approvate dal RAGIONE_SOCIALE il 21 dicembre 2016, alla scadenza del triennio formativo era altresì fatta salva la possibilità per l’iscritto di un ravvedimento operoso. Il protrarsi RAGIONE_SOCIALE condotta inadempiente sotto la vigenza RAGIONE_SOCIALE nuova, più sfavorevole, previsione sanzionatoria sulla misura RAGIONE_SOCIALE sospensione, introdotta con l’art. 9 comma 2, del codice deontologico nel testo entrato in vigore il 29 settembre 2016, assicurando la calcolabilità RAGIONE_SOCIALEe conseguenze RAGIONE_SOCIALE condotta stessa, rende, dunque, applicabile nella specie la modificazione “in peius” sopravvenuta.
Il secondo motivo denuncia la violazione dei principi di legge quanto alla regola RAGIONE_SOCIALE‘immediata contestazione RAGIONE_SOCIALE violazione disciplinare.
Deduce che i comportamenti sanzionati risalgono al triennio 20142016 e che invece la contestazione RAGIONE_SOCIALE addebiti è stata effettuata solo in data 7 dicembre 2018, e quindi a circa due anni di distanza dei fatti.
Sebbene la normativa applicabile al disciplinare in esame non preveda un termine perentorio per la contestazione, deve però ritenersi operante un principio di carattere generale che impone una sollecita attivazione del soggetto titolare RAGIONE_SOCIALE‘azione disciplinare, avuto riguardo anche alla complessità RAGIONE_SOCIALE accertamenti di carattere preliminare.
Questi ultimi si palesavano di estrema semplicità, così che l’eccesivo tempo trascorso implica anche l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio.
Il motivo è inammissibile.
Cass. n. 1173/2023 citata ha, infatti, evidenziato che il ricorso per cassazione avverso le decisioni in materia disciplinare del RAGIONE_SOCIALE, alla stregua RAGIONE_SOCIALE legge 24 giugno 1923, n. 1395 (Tutela del titolo e RAGIONE_SOCIALE‘esercizio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ingegneri e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) e del Regio Decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 (Approvazione del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto) è consentito, oltre che nei casi stabiliti dall’art. 17 del R.D. n. 2537 del 1925 (eccesso di potere ed incompetenza), anche (dinanzi alla sezione semplice, secondo il principio di cui all’art. 374 c.p.c.) ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 111 Cost. per violazione di legge, ovvero per mancanza di motivazione o motivazione apparente, esulando da detta
previsione la verifica sulla sufficienza e razionalità RAGIONE_SOCIALE motivazione stessa, perché l’individuazione, l’interpretazione e l’applicazione RAGIONE_SOCIALEe regole di deontologia RAGIONE_SOCIALE nella valutazione RAGIONE_SOCIALE addebiti attengono al merito del procedimento e non sono sindacabili in sede di legittimità se adeguatamente motivate (Cass. Sez. 3, 12/07/1999, n. 7342; Cass. Sez. 3, 26/04/1999, n. 4153; Cass. Sez. 3, 16/11/2006, n. 24392; Cass. Sez. 3, 07/07/2006, n. 15523).
Il Regio Decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 non prevede, a differenza RAGIONE_SOCIALE‘analoga normativa dettata per gli appartenenti ad altri ordini professionali, termini di prescrizione o di decadenza RAGIONE_SOCIALE‘azione disciplinare nei confronti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (cfr. Cass. Sez. Unite, 19/07/1982, n. 4210).
Il RAGIONE_SOCIALE, con riguardo alle esigenze di celerità avvertite dall’incolpato, ha peraltro congruamente spiegato che il tempo impiegato per il promovimento RAGIONE_SOCIALE‘azione disciplinare doveva considerarsi comunque adeguato in rapporto alla complessità ed al contenuto RAGIONE_SOCIALEe operazioni di accertamento, che hanno inizio trascorsi sei mesi dalla scadenza del triennio e coinvolgono tutti gli iscritti all’odine.
Neppure trova applicazione al procedimento disciplinare nei confronti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’art. 2 RAGIONE_SOCIALE l. n. 241 del 1990, il cui ambito operativo è espressamente limitato alla durata del procedimento amministrativo.
E’ stato altresì sottolineato che nemmeno il testo de ll’art. 8 RAGIONE_SOCIALEe Linee Guida e di Coordinamento del regolamento per l’aggiornamento e sviluppo RAGIONE_SOCIALE continuo, approvate dal RAGIONE_SOCIALE il 21 dicembre 2016, può fondare l’esistenza di un
termine di decadenza per l’esercizio RAGIONE_SOCIALE‘azione disciplinare. Infatti, queste linee guida trovano fondamento nell’art. 7 (Formazione continua) del Decreto del Presidente RAGIONE_SOCIALE Repubblica del 7 agosto 2012, n. 137 (Regolamento recante riforma RAGIONE_SOCIALE ordinamenti professionali, a norma RAGIONE_SOCIALE‘articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148). L’art. 7 del d.P.R. n. 137 del 2012 dispone: “1. l fine di garantire la qualità ed efficienza RAGIONE_SOCIALE prestazione RAGIONE_SOCIALE, nel migliore interesse RAGIONE_SOCIALE‘utente e RAGIONE_SOCIALE collettività, e per conseguire l’obiettivo RAGIONE_SOCIALEo sviluppo RAGIONE_SOCIALE, ogni professionista ha l’obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento RAGIONE_SOCIALE propria competenza RAGIONE_SOCIALE secondo quanto previsto dal presente articolo. La violazione RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di cui al periodo precedente costituisce illecito disciplinare. (…) 3. Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE o collegio disciplina con regolamento, da emanarsi, previo parere favorevole del ministro vigilante, entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto: a) le modalità e le condizioni per l’assolvimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di aggiornamento da parte RAGIONE_SOCIALE iscritti e per la gestione e l’organizzazione RAGIONE_SOCIALE‘attività di aggiornamento a cura RAGIONE_SOCIALE ordini o collegi territoriali, RAGIONE_SOCIALEe associazioni professionali e dei soggetti autorizzati; b) i requisiti minimi, uniformi su tutto il territorio RAGIONE_SOCIALE, dei corsi di aggiornamento; c) il valore del credito formativo RAGIONE_SOCIALE quale unità di misura RAGIONE_SOCIALE formazione continua ( -),’ Non è dunque previsto dall’art. 7 del d.P.R. n. 137 del 2012 che il regolamento del RAGIONE_SOCIALE sull’assolvimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di aggiornamento da parte RAGIONE_SOCIALE iscritti debba dettare i termini di promovimento RAGIONE_SOCIALE‘azione disciplinare correlata alla
violazione RAGIONE_SOCIALE‘obbligo stesso. D’altro canto, il testo del menzionato art. 8, secondo comma, RAGIONE_SOCIALEe linee guida sembra condizionare al termine perentorio di sei mesi dalla scadenza del triennio formativo la possibilità per l’iscritto di un ravvedimento operoso e non l’avvio RAGIONE_SOCIALE‘azione disciplinare. In ogni caso, le Linee Guida e di Coordinamento del regolamento per l’aggiornamento e sviluppo RAGIONE_SOCIALE continuo, approvate dal RAGIONE_SOCIALE il 21 dicembre 2016, e in generale i regolamenti emanati dai consigli nazionali RAGIONE_SOCIALE ordini o collegi per l’assolvimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di aggiornamento RAGIONE_SOCIALE da parte RAGIONE_SOCIALE iscritti, seppure subordinati al previo parere favorevole del ministro vigilante, costituiscono espressione RAGIONE_SOCIALE libera autorganizzazione RAGIONE_SOCIALE ordini professionali, e non possono essere considerati come regolamenti ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, n. 2, RAGIONE_SOCIALEe preleggi e, quindi, come norma di diritto invocabile dal ricorrente per cassazione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., sul paradigma del vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto (arg. da Cass. Sez. 2, 07/06/2013, n. 14450).
5. Il ricorso va perciò rigettato.
Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione in quanto gli intimati non hanno svolto attività difensive.
Poiché il ricorso è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, comma 17, RAGIONE_SOCIALE legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale RAGIONE_SOCIALEo Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di
un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso;
ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, l. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di RAGIONE_SOCIALE del 30 gennaio 2024