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Obbligo di segnalazione: quando scatta per il commercialista

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di segnalazione per un commercialista sussiste anche quando solo una parte delle operazioni del cliente appare sospetta. Il caso riguardava un professionista che non aveva segnalato ingenti e sistematici prelievi in contanti (oltre 12 milioni di euro) da parte di una società sua cliente, operante nel settore dei rottami ferrosi. La Corte ha chiarito che la successiva vendita della merce con metodi tracciabili non elimina il sospetto generato dall’uso anomalo di contante per gli acquisti, configurando un forte ‘indice di anomalia’ che impone la segnalazione antiriciclaggio.

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Obbligo di Segnalazione Antiriciclaggio: La Cassazione e il Dovere del Commercialista

L’obbligo di segnalazione di operazioni sospette rappresenta uno dei pilastri della normativa antiriciclaggio e impone a professionisti come i commercialisti un ruolo attivo di vigilanza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2129/2024) ha ribadito la rigidità di questo dovere, chiarendo che la presenza di alcune operazioni tracciabili non è sufficiente a esonerare il professionista dalla segnalazione quando altri comportamenti del cliente presentano chiari indici di anomalia, come l’uso massiccio e ingiustificato di contante.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una sanzione amministrativa pecuniaria di oltre 600.000 euro inflitta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze a un commercialista. L’accusa era di aver omesso di segnalare all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) una serie di operazioni sospette poste in essere da una società sua cliente, operante nel commercio all’ingrosso di rottami ferrosi.

Nello specifico, la società, in un arco temporale di circa due anni, aveva effettuato prelievi in contante per un ammontare complessivo superiore ai 12 milioni di euro. Questi fondi venivano utilizzati per acquistare la merce da rivenditori non chiaramente identificati. Successivamente, la stessa merce veniva rivenduta a un’unica società acquirente, la quale pagava regolarmente tramite assegni bancari, quindi con operazioni perfettamente tracciabili.

Il Percorso Giudiziario e la Decisione della Corte d’Appello

Inizialmente, il Tribunale aveva ridotto la sanzione, ma in seguito la Corte d’Appello aveva annullato completamente l’ordinanza-ingiunzione. Secondo i giudici d’appello, la tracciabilità delle operazioni di vendita (effettuate tramite assegni) e la presenza di regolari fatture dimostravano l’assenza di elementi concreti che potessero far sospettare la provenienza illecita del denaro. Di conseguenza, il commercialista non avrebbe avuto motivo di effettuare la segnalazione.

L’Obbligo di Segnalazione secondo la Cassazione: Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Ministero, ribaltando la decisione d’appello e affermando un principio di diritto fondamentale in materia di antiriciclaggio. Secondo la Suprema Corte, la valutazione del professionista non deve limitarsi a singole operazioni, ma deve considerare il comportamento complessivo del cliente. L’errore della Corte d’Appello è stato quello di dare un peso eccessivo alla tracciabilità della fase finale (la vendita), ignorando i gravissimi indici di anomalia presenti nella fase iniziale (l’acquisto).

La Cassazione ha evidenziato i seguenti punti critici che imponevano l’obbligo di segnalazione:

1. Uso Sistematico e Ingiustificato del Contante: Il prelievo di oltre 12 milioni di euro in contanti in poco più di due anni, senza una chiara giustificazione economica o commerciale, rappresenta di per sé un comportamento anomalo e un forte campanello d’allarme.
2. Opacità delle Operazioni di Acquisto: La merce veniva acquistata da fornitori privi di adeguata documentazione, rendendo impossibile tracciare l’origine dei beni e la destinazione finale del denaro contante. Questo schema è tipico delle operazioni volte a ‘ripulire’ denaro sporco.
3. Irrilevanza della Tracciabilità a Valle: Il fatto che la vendita finale fosse documentata e pagata con assegni non sana l’opacità a monte. Anzi, tale schema può essere proprio finalizzato a inserire proventi illeciti (usati per gli acquisti in nero) nel circuito economico legale (attraverso le vendite tracciabili).

L’obbligo di segnalazione, ricorda la Corte, non richiede la certezza di un reato, ma si fonda su un giudizio obiettivo basato su elementi oggettivi e soggettivi che rendono un’operazione sospetta. Il professionista ha il dovere di valutare la coerenza delle operazioni con il profilo economico e l’attività del cliente. In questo caso, l’enorme flusso di contante era palesemente sproporzionato e anomalo.

Conclusioni

La sentenza in esame costituisce un monito importante per tutti i professionisti soggetti alla normativa antiriciclaggio. La valutazione del rischio non può essere frammentaria. È necessario un approccio olistico che analizzi l’intera catena delle operazioni del cliente. La presenza di elementi di apparente regolarità, come fatture e pagamenti tracciabili, non può essere utilizzata come scudo per ignorare evidenti e macroscopici indici di anomalia, come l’uso sistematico di ingenti somme di denaro contante. L’obbligo di segnalazione è un dovere di collaborazione attiva per prevenire l’infiltrazione della criminalità nel sistema economico, e la sua violazione comporta conseguenze severe.

Quando scatta l’obbligo di segnalazione per un professionista come il commercialista?
L’obbligo di segnalazione scatta quando, in base a elementi oggettivi (caratteristiche, entità, natura dell’operazione) e alla conoscenza del cliente, il professionista ha motivo di sospettare che siano in corso operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Non è necessaria la prova di un reato, ma un fondato sospetto basato su ‘indici di anomalia’.

L’uso di ingenti somme in contanti da parte di un’azienda è sufficiente a far scattare l’obbligo di segnalazione?
Sì. Secondo la sentenza, il ricorso frequente, sistematico e ingiustificato a ingenti somme di denaro contante, soprattutto se non coerente con la prassi del settore o la natura dell’operazione, è un forte indice di anomalia che impone al professionista di effettuare la segnalazione alle autorità competenti.

Se le operazioni di vendita di un’azienda sono tracciabili e fatturate, il commercialista può evitare di segnalare anomalie nelle operazioni di acquisto?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la regolarità formale della fase di vendita (con fatture e pagamenti tracciabili) non esclude l’obbligo di segnalazione se la fase di acquisto è caratterizzata da gravi anomalie, come l’uso di contante per importi elevati e la mancanza di documentazione sui fornitori. L’analisi deve riguardare l’intero ciclo operativo del cliente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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