Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2759 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2759 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO/2023 R.G.) proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in Milano, al INDIRIZZO, presso lo studio de ll’ AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALEo Stato e domiciliato ‘ ope legis ‘ presso gli uffici di quest’ultima ;
-controricorrente – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello di Roma n. 4556/2022, pubblicata il 28 settembre 2022;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE‘8 ottobre 2024, dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse del ricorrente, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 380 -bis .1. c.p.c..
FATTI DI CAUSA
1.- Con ricorso ex art. 6 d.lgs. n. 150 del 2011, il AVV_NOTAIO , proponeva opposizione avverso il decreto sanzionatorio n. 401496, emesso il 29 giugno 2018, dal RAGIONE_SOCIALE, che gli
n. 8001/2023 R.G.
COGNOME.
Rep.
C.C. 8 ottobre 2024
Sanzioni amministrative
infliggeva la sanzione amministrativa pecuniaria di €. 200.000,00 (euro duecentomila/00), per avere omesso di segnalare tempestivamente all’UIF RAGIONE_SOCIALEa Banca d’Italia, in violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 41 d.lgs. n. 231 del 2007 (attuale art. 35, come modificato e integrato dal d.lgs. n. 90 del 2017) operazioni finanziarie sospette, eseguite nel mese di aprile RAGIONE_SOCIALE‘anno 2010, con atti rogati presso il suo studio concernenti le società RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (TV) e RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, per un ammontare di €. 8.000.000,00 (euro ottomilioni/00).
Il Tribunale di Roma, nel contraddittorio del RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 12738/2020, accoglieva parzialmente l’ opposizione del professionista e riduceva la sanzione all’importo di €. 100.000,00 (euro centomila/00).
2.- La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 4556/2022, pubblicata il 28 settembre 2022, accoglieva l’appello del AVV_NOTAIO limitatamente alle spese del giudizio di primo grado osservando per quanto di interesse in questa sede:
che non erano fondate le questioni di legittimità costituzionale prospettate dall’appellante in relazione alla normativa antiriciclaggio (d.lgs. n. 231 del 2007, come modificato dal d.lgs. n. 90 del 2017); in particolare, la Corte di merito ha affermato che il regime sanzionatorio a carico RAGIONE_SOCIALEa platea dei trasgressori, compresi i professionisti, è ragionevole e proporzionato e non si pone in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e di adeguatezza e ragionevolezza RAGIONE_SOCIALEa sanzione pecuniaria, né con quelli di buon andamento e imparzialità RAGIONE_SOCIALE‘azione ammi nistrativa e di determinatezza RAGIONE_SOCIALEe norme di carattere sanzionatorio; inoltre ha escluso l’illegittimità costituzionale per violazione RAGIONE_SOCIALEa legge delega ;
che la contestazione aveva tratto origine da accertamenti valutari compiuti dal RAGIONE_SOCIALE, volti a riscontrare la corretta e puntuale osservanza RAGIONE_SOCIALEe disposizioni di cui al d.lgs. n. 231 del 2007, a seguito RAGIONE_SOCIALEa concessione del nulla osta ai fini amministrativi da parte RAGIONE_SOCIALEa Procura RAGIONE_SOCIALEa Repubblica di RAGIONE_SOCIALE, nel contesto RAGIONE_SOCIALEe indagini di polizia giudiziaria da questa A.G. nell’ambito del procedimento penale n. 3505/2011; in particolare, gli approfondimenti si erano si concentrati sui fascicoli relativi alla stipula di due atti, mediante i quali la società scozzese denominata RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dal
procuratore NOME COGNOME, aveva sottoscritto l’aumento di capitale di due società italiane, mediante apporto di titoli obbligazionari emessi da una società statunitense denominata RAGIONE_SOCIALE;
c) che, in dettaglio, gli atti notarili contestati erano: 1) il verbale di assemblea rogato in data 8 aprile 2010, con il quale la RAGIONE_SOCIALE aveva sottoscritto l’aumento di capitale RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE per un valore periziato di €. 6.500.000 (euro seimilionicinquecentomila/00); 2) il verbale di assemblea rogato in data 13 aprile 2010, con il quale la RAGIONE_SOCIALE aveva sottoscritto l’aumento di capitale con sovrapprezzo RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (INDIRIZZO), per un valore periziato di €. 1.500.000 (euro unmilionecinquecentomila/00);
d) che « Dall’esame dei relativi fascicoli, i verbalizzanti rilevavano la non completa osservanza degli obblighi di adeguata verifica, essendo emersa l’assenza di informazioni identificative del titolare effettivo RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, che il professionista era tenuto ad acquisire ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 12, comma 1, lett. c), n. 5) RAGIONE_SOCIALE‘allora vigente d.lgs. n. 231/2007, trattandosi di atti riguardanti “la costituzione, la gestione o l’amministrazione di società, enti, trust o soggetti giuridici analoghi”. Né dalla modulistica fornita si riteneva potesse evincersi che fosse stato espressamente richiesto al cliente, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 21 del d.lgs. 231/2007, di riferire in merito al titolare effettivo RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, soprattutto in considerazione RAGIONE_SOCIALEa affermata impossibilità di reperire documentalmente, attraverso la consultazione dei pubblici registri inglesi, le informazioni utili all’adempimento in questione. I verbalizzanti rilevavano quindi l’inottemperanza RAGIONE_SOCIALE‘ex art. 23, comma 3, del citato decreto legislativo che prescrive l’inoltro RAGIONE_SOCIALEa segnalazione quando non sia possibile rispettare gli obblighi di adeguata verifica RAGIONE_SOCIALEa clientela e il professionista sia impossibilitato per legge ad astenersi dalla prestazione, anche a prescindere dalla sussistenza di elementi di sospetto. Dal momento che tale violazione, all’epoca dei fatti era sanzionata penalmente, a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 55, comma 1, i verbalizzanti inoltravano all’A.G. competente apposita comunicazione di notizia di reato. In conseguenza RAGIONE_SOCIALEa depenalizzazione intervenuta “con il D.Lgs. n. 8 del 15/01/2016 che ha riguardato anche il reato di cui al menzionato art. 55 comma 1, la
Procura RAGIONE_SOCIALEa Repubblica di RAGIONE_SOCIALE, rinviava gli atti all’autorità competente, la quale, il 2 settembre 2016 provvedeva alla relativa contestazione amministrativa. »;
e) che, nel caso di specie, oltre alla mancanza di informazioni in merito al titolare effettivo RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, venivano riscontrati elementi di sospetto relativi alle operazioni esaminate, quali l’ingente valore complessivo RAGIONE_SOCIALEe operazioni di aumento del capitale [ €. 8 .000.000,00 (euro ottomilioni/00)], a favore di società scarsamente capitalizzate e le modalità di conferimento del capitale, atipiche in ragione RAGIONE_SOCIALEa provenienza RAGIONE_SOCIALEe obbligazioni apportate e RAGIONE_SOCIALE‘interposizione di soggetti economici residenti in stati diversi (i titoli erano stati emessi dalla RAGIONE_SOCIALE a favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE per l’assegnazione alle due società italiane);
f) che, dunque, i verbalizzanti avevano riscontrato quindi la presenza di due indici di anomalia di cui al provvedimento RAGIONE_SOCIALEa Banca d’Italia del 24 febbraio 2006 (istruzioni applicative in materia di antiriciclaggio ai professionisti e vigente al momento del compimento RAGIONE_SOCIALEe operazioni), relativi alla costituzione e all ‘ amministrazione di imprese, società, trust ed enti analoghi e, cioè, quello relativo a prestazioni professionali concernenti « operazioni di natura societaria palesemente rivolte a perseguire finalità di dissimulazione o di ostacolo all’identificazione RAGIONE_SOCIALEa effettiva titolarità e RAGIONE_SOCIALEa provenienza RAGIONE_SOCIALEe diponibilità finanziarie coinvolte » e quello relativo a clienti che « intendono effettuare conferimenti in società o altri enti con modalità tali da risultare palesemente incoerenti con il loro profilo economico o con le finalità RAGIONE_SOCIALEa società o RAGIONE_SOCIALE‘ente conferitario »;
g) che con il primo motivo d’appello , il AVV_NOTAIO aveva riproposto l’eccezione di violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 41 d.lgs. n. 231 del 2007, deducendo che per alcuna RAGIONE_SOCIALEe operazioni contestate sussistevano indicatori di anomalia, tali da far sorgere l’obbligo di segnalazione, non avendo i verbalizzanti correttamente valutato l’ appartenenza RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE a un ordinamento giuridico straniero caratterizzato , all’epoca dei fatti, dall’assenza di pubblicità sulle informazioni relative alla compagine sociale e non consentiva quindi ai soggetti obbligati un ‘ individuazione autonoma e documentale dei titolari RAGIONE_SOCIALEe partecipazioni;
h) che tale censura era infondata, in quanto « nel caso in esame, il professionista ha rogato due verbali di assemblea per mezzo dei quali veniva disposto – da parte di una società scozzese di cui non era noto l’effettivo titolare – l’aumento di capitale per complessivi 8 milioni di Euro di due società italiane scarsamente capitalizzate. Tale aumento aveva luogo per mezzo del conferimento di titoli obbligazionari emessi a favore RAGIONE_SOCIALEa società scozzese da una società americana e non negoziati in mercati regolamentati, in assenza di indicazioni sull’origine dei fondi utilizzati per il relativo acquisto. Pertanto, appare congruo ritenere che la varia provenienza dei soggetti coinvolti, la singolarità RAGIONE_SOCIALEe modalità di conferimento, la sproporzione tra l’ingente aumento di capitale effettuato e la scarsa capitalizzazione RAGIONE_SOCIALEe due società italiane, l’impossibilità di individuare il titolare RAGIONE_SOCIALEa società scozzese avrebbero dovuto fondare la consapevolezza RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per la prescritta segnalazione all’RAGIONE_SOCIALE, al fine di poter consentire di valutare e effettuare gli opportuni approfondimenti. » (cfr., all’uopo, la sentenza impugnata, a pag. 4);
i) che, del resto, il fatto che il regime societario RAGIONE_SOCIALEe RAGIONE_SOCIALE assicurasse la segretezza in merito al titolare RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE contribuiva a rendere la fattispecie ulteriormente opaca, richiedendo, dunque, la segnalazione da parte del AVV_NOTAIO, senza che tale circostanza potesse – al contrario – esonerarlo dall’obbligo di segnalazione; in altri termini, come già evidenziato dal giudice di prime cure, « il professionista quand’anche si fosse trovato nell’impossibilità di acquisire informazioni in ordine all’effettivo titolare RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE, per i limiti di segretezza imposti dal diritto anglosassone … , a maggior ragione sarebbe stato tenuto alla segnalazione, per quanto disposto nell’art. 23 co. 3 del testo di legge nella formulazione vigente ratione temporis »;
j) che, con riguardo al secondo motivo di appello, andava rilevato come con l’introduzione del d.lgs. n. 90 del 2017 fosse stata prevista (art. 58, comma 1) la sanzione amministrativa pecuniaria in misura fissa, pari a €. 3.000,00 e, in misura compresa fra il minimo di € . 30.000,00 (euro trentamila/00) e il massimo di € . 300.000,00 (euro trecentomila/00), « nelle ipotesi di violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime »;
k) che, già alla stregua RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado, la gravità RAGIONE_SOCIALEa violazione era stata determinata tenendo conto degli indici previsti dall’art. 58 d.lgs. n. 90 del 2017;
l) che, nella specie, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE‘ingente entità dei valori conferiti, in un breve arco temporale, dalla RAGIONE_SOCIALE (complessivi otto milioni di euro), RAGIONE_SOCIALEa sua riferibilità ad un soggetto giuridico (RAGIONE_SOCIALE) istituzionalmente connotato da opacità (per l’assenza di pubblicità in ordine alla sua compagine sociale), che configuravano altrettanti indici di anomalia oggettiva, e quindi RAGIONE_SOCIALEa concreta apprezzabilità RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per la segnalazione, doveva condividersi la valutazione del primo giudice quanto alla sussistenza di un ‘ ipotesi ‘ grave ‘ , per la quale tuttavia la sanzione era stata congruamente rideterminata nella misura intermedia di €. 100.000,00 (euro centomila/00), in luogo di quella più vicina al massimo determinata dal RAGIONE_SOCIALE , in ragione RAGIONE_SOCIALEa sussistenza di una soltanto RAGIONE_SOCIALEe ipotesi previste dalla norma per l’applicabilità del comma 2 [in particolare quella di cui alla lettera b)], cosicché era da ritenersi equo riservare l’applicazione di sanzioni più gravi ai casi in cui venisse in rilievo una pluralità degli indici di gravità.
3.- Avverso la menzionata sentenza, il AVV_NOTAIO ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi contrastati con controricorso dal RAGIONE_SOCIALE .
4.- Il ricorrente ha depositato altresì memoria illustrativa, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 380 -bis .1. c.p.c.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
1.- Con il primo motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione di norme costituzionali (artt. 3, 24, 25, 76 e 97), perché la Corte d’Appello di Roma, disattendendo i rilievi mossi dall’appellante alla normativa antiriciclaggio, non ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 58, commi 1 e 2, 62, comma 4 (quest’ultimo sia nella formulazione vigente che in quella modificata dal d.lgs. n. 90 del 2017), 65 comma 9 e 68 d.lgs. n. 231 del 2007 per contrasto con gli artt. 3, 24, 25, 76, 97 Cost..
La censura è inammissibile.
Ed invero, essa è redatta sostanzialmente riproponendo la doglianza già sviluppata nell’atto di citazione introduttivo del giudizio d’ appello (alle pagg. 14 e segg.) e, conclusivamente (cfr. pagg. 6 – 12 del ricorso per cassazione), senza sottoporre a specifica critica il ragionamento sviluppato dalla Corte di merito, per disattendere l’eccezione di incostituzionalità RAGIONE_SOCIALEa normativa antiriciclaggio, afferma laconicamente che, ove la Corte d’ Appello avesse « valutato compiutamente » i rilievi RAGIONE_SOCIALE‘appella nte, avrebbe senz’altro sollevato questione di legittimità costituzionale.
Il rilievo non è correttamente proposto perché non reca la specifica critica RAGIONE_SOCIALEa norma di legge ordinaria RAGIONE_SOCIALEa cui costituzionalità la parte dubita. Non viene sollecitata la Corte di cassazione, per il tramite di una articolata censura, a rimettere gli atti alla Corte costituzionale.
Le Sezioni Unite RAGIONE_SOCIALEa Corte (Sentenza n. 25573 del 12 novembre 2020, Rv. 659459-01) affermano che la violazione RAGIONE_SOCIALEe norme costituzionali non può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite RAGIONE_SOCIALE‘applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALEa norma applicata. Nel caso in esame si chiede solo la cassazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata.
Aggiungasi che sempre le Sezioni Unite (Sentenza SSUU n. 11167 del 6 aprile 2022, Rv. 664412-01), hanno successivamente chiarito che la violazione o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALEe norme costituzionali può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. quando tali norme siano di immediata applicazione, non essendovi disposizioni di rango legislativo di cui si possa misurare la conformità ai precetti RAGIONE_SOCIALEa Carta fondamentale.
Nella specie, il ricorrente non fa menzione di norme di rango costituzionale di immediata applicazione, né argomenta alcunché in proposito, cosicché la censura da lui proposta esibisce chiari profili di inammissibilità.
2.- Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1, n. 3) e n. 5), c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli
artt. 41 e 2 d.lgs. n. 231 del 2007, il primo nella formulazione in vigore ‘ ratione temporis ‘ (attuale art. 35) .
Si assume, al riguardo, che la Corte di merito non avrebbe colto che nella fattispecie concreta non esistevano gli indici di anomalia, ricollegabili alla disciplina antiriciclaggio, RAGIONE_SOCIALEe operazioni sottese agli atti rogati dal AVV_NOTAIO il quale , pertanto, non era tenuto all’obbligo di segnalazione di cui all’art. 41 d.lgs. n. 231 del 2007.
E questo perché – obietta il ricorrente – in mancanza del passaggio di denaro o di un profitto illecito, suscettibili, anche astrattamente, di essere oggetto di riciclaggio, difetterebbe, in radice, il requisito basilare RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di segnalazione, e cioè il riciclaggio medesimo, effettivo o anche solo sospetto.
La censura è infondata.
Il comma 1 RAGIONE_SOCIALE‘art. 2 ( rubricato « Finalità e principi ») del d.lgs. n. 231 del 2007, testualmente dispone: « Ai soli fini del presente decreto le seguenti azioni, se commesse intenzionalmente, costituiscono riciclaggio: […] b) l’occultamento o la dissimulazione RAGIONE_SOCIALEa reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività ».
L’art. 41 ( rubricato « Flusso di ritorno RAGIONE_SOCIALEe informazioni »), RAGIONE_SOCIALEo stesso decreto, nella versione ‘ ratione temporis ‘ vigente, testualmente disponeva: « I soggetti indicati negli articoli 10, comma 2, 11, 12 [che, al primo comma, lett. c), menziona i notai, n.d.r.], 13 e 14 inviano alla UIF, una segnalazione di operazione sospetta quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Il sospetto è desunto dalle caratteristiche, entità, natura RAGIONE_SOCIALE‘operazione o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta in ragione RAGIONE_SOCIALEe funzioni esercitate, tenuto conto anche RAGIONE_SOCIALEa capacità economica e RAGIONE_SOCIALE‘attività svolta dal soggetto cui è riferita, in base agli elementi a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell’ambito RAGIONE_SOCIALE‘attività svolta ovvero a seguito del conferimento di un incarico [… ] ».
Così delineata la cornice legislativa, rileva il Collegio che la Corte territoriale, attenendosi al dato normativo, alla stregua di un
apprezzamento di merito RAGIONE_SOCIALEa fattispecie concreta, che si sottrae al sindacato di legittimità demandato a questa RAGIONE_SOCIALE, ha ravvisato la condotta sospetta nelle operazioni poste in essere dalla clientela del ricorrente, per il tramite de gli atti notarili redatti da quest’ultimo (delibere di aumento di capitale, emissione di strumenti finanziari), chiarendo che « la varia provenienza dei soggetti coinvolti, la singolarità RAGIONE_SOCIALEe modalità di conferimento, la sproporzione tra l’ingente aumento di capitale effettuato e la scarsa capitalizzazione RAGIONE_SOCIALEe due società italiane, l’impossibilità di individuare il titolare RAGIONE_SOCIALEa società scozzese avrebbero dovuto fondare la consapevolezza RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per la prescritta segnalazione all’U.I.F., al fine di poter consentire di valutare e effettuare gli opportuni approfondimenti. » (cfr., all’uopo, la sentenza impugnata, a pag. 4); sempre secondo la Corte di merito, il fatto che il regime societario RAGIONE_SOCIALEe RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE assicurasse la segretezza in merito al titolare RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE aveva contribuito a rendere la fattispecie ulteriormente opaca, richiedendo, dunque, la segnalazione da parte del AVV_NOTAIO, senza che tale circostanza potesse – al contrario – esonerarlo dall’obbligo di segnalazione, giacché, come già evidenziato dal giudice di prime cure, il professionista quand’anche si fosse trovato nell’impossibilità di acquisire informazioni in ordine all’effettivo titolare RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE, per i limiti di segretezza imposti dal diritto anglosassone, a maggior ragione sarebbe stato tenuto alla segnalazione, per quanto disposto nell’art. 23, comma 3, d.lgs. n. 231 del 2007.
Secondo la Corte distrettuale, dunque, al momento RAGIONE_SOCIALEa stipula degli atti, si profilavano numerosi elementi oggettivi di anomalia RAGIONE_SOCIALEe operazioni societarie sottostanti che avrebbero dovuto mettere in allarme in AVV_NOTAIO, quali: l’elevatissimo valore cartolare RAGIONE_SOCIALEe operazioni, la scarsa capitalizzazione RAGIONE_SOCIALEe società italiane coinvolte, la singolarità RAGIONE_SOCIALEe modalità di conferimento (attraverso titoli obbligazionari non negoziati in mercati regolamentari ed emessi, in favore RAGIONE_SOCIALEa società scozzese, da una società americana), l’assenza di indicazioni circa l’origine dei fondi utilizzati per il relativo acquisto, l’impossibilità di individuare i titolari RAGIONE_SOCIALEa società scozzese.
Pertanto, ad avviso RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello, se il AVV_NOTAIO avesse preso in considerazione questi dati avrebbe dovuto sospettare che stava rogando
atti potenzialmente valevoli al perseguimento di obiettivi illeciti. Donde, anche, sul piano soggettivo, la violazione RAGIONE_SOCIALEo standard minimo di diligenza richiesto al AVV_NOTAIO, fermo il rilievo che, in materia di sanzioni amministrative, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 3, legge n. 689/1981, ai fini RAGIONE_SOCIALEa responsabilità è sufficiente la colpa del professionista.
Coerenti con le considerazioni fin qui svolte sono del resto le Linee Guida in materia di adeguata verifica RAGIONE_SOCIALEa clientela, approvate dal RAGIONE_SOCIALE nella seduta del 4 aprile 2014 che, sebbene non ancora in vigore all’epoca dei fatti, agevolano però l’interprete nella lettura del dato normativo.
Degno di nota è che, tra l’altro, il deliberato del CNN – Sezione II (rubricato « Elementi per la valutazione del rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo [art. 20 del decreto antiriciclaggio] ») – con riferimento agli obblighi di adeguata verifica posti dal decreto antiriciclaggio a carico dei notai, mette in evidenza che la normativa antiriciclaggio « prevede che il professionista deve essere in grado di dimostrare che nello svolgimento RAGIONE_SOCIALEa sua attività adotta misure adeguate all’entità del rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. […] In caso di anomalie emerse in sede di adeguata ver ifica, in via cautelare, è opportuno che il AVV_NOTAIO conservi traccia scritta RAGIONE_SOCIALE‘iter logico che lo ha indotto a ritenere non sussistenti i presupposti per la segnalazione di operazione sospetta alla UIF. Tale cautela, in caso di controllo ispettivo, anche a distanza di tempo, potrebbe agevolare la dimostrazione RAGIONE_SOCIALEa diligenza osservata dal AVV_NOTAIO nell’assolvimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di adeguata verifica ».
Priva di fondamento è, perciò, l’osservazione del ricorrente secondo cui l’obbligo di segnalazione non sorge se non si è in presenza di uno dei delitti di cui agli artt. 648 bis e 648 ter c.p. (riciclaggio; impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita).
Vero è, piuttosto, che le misure del decreto antiriciclaggio si fondano sulla collaborazione attiva da parte dei destinatari (compresi i notai) RAGIONE_SOCIALEe disposizioni in esso previste, i quali adottano idonei e appropriati sistemi e procedure in materia di obblighi di adeguata verifica RAGIONE_SOCIALEa clientela, di segnalazione RAGIONE_SOCIALEe operazioni sospette, di conservazione dei documenti, di controllo interno, di valutazione e di gestione del rischio, di garanzia
RAGIONE_SOCIALE‘osservanza RAGIONE_SOCIALEe disposizioni pertinenti e di comunicazione per prevenire e impedire la realizzazione di operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
L’obbligo di segnalazione a carico del AVV_NOTAIO scatta in presenza di operazioni sospette e anomale in base ai parametri oggettivi o soggettivi indicati dal decreto antiriciclaggio e, al contrario di quanto prospetta il ricorrente, non presuppone necessariamente che il AVV_NOTAIO abbia acquisito e che comunque sia in possesso di indizi circa la provenienza delittuosa dei beni e dei diritti oggetto di trasferimento.
Il tema è già stato affrontato dalla giurisprudenza di questa sezione (cfr., da ultimo, Cass. civ., Sez. 2, ordinanza n. 1798 del 17 gennaio 2024, nonché Cass. civ., Sez. 2, ordinanza n. 24396 RAGIONE_SOCIALE’11 settembre 2024, Rv. 672288-01), con riferimento all’analoga fattispecie degli obblighi di segnalazione RAGIONE_SOCIALEe operazioni sospette a carico dei funzionari degli istituti di credito, ed è stato risolto con l’ affermazione del principio di diritto secondo cui « la segnalazione RAGIONE_SOCIALE‘operazione sospetta ha la funzione di mero filtro, attraverso il quale l’RAGIONE_SOCIALE [RAGIONE_SOCIALE‘epoca, n.d.r.] esercita sul fatto un’ulteriore attività di approfondimento, che può anche concludersi, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 3, comma 4, lettera f), d.l. n. 143 del 1991, con un’archiviazione in via amministrativa, prima di qualsiasi indagine di polizia giudiziaria » (cfr. Cass. civ., Sez. 2, sentenza n. 20647 RAGIONE_SOCIALE‘8 agosto 2018, Rv. 650003-01, 650003-02, 650003-03, in motivazione, nonché Cass. civ., Sez. 2, sentenza n. 9312 del 18 aprile 2007, Rv. 596556-01, sempre in motivazione).
3.- Con il terzo e ultimo motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 67, 68 e 69 d.lgs. n. 231 del 2007, per avere la Corte di merito determinato la sanzione a carico RAGIONE_SOCIALE‘odierno ricorrente in violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 68 d.lgs. n. 231 del 2007, applicabile al caso di specie ex art. 69 del novellato d.lgs. n. 231 del 2007, nonché per il mancato rispetto dei criteri per l’applicazione RAGIONE_SOCIALEa sanzione previsti dall’art. 67 d.lgs. n. 231 del 2007 e, i nfine, deduce, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per non aver applicato la sanzione in misura ridotta.
Più specificamente, sotto un primo profilo, il ricorrente richiama la disposizione normativa di cui all’art. 58 d.lgs. n. 231 del 2007 , come novellato mediante il d.lgs. n. 90 del 2017, secondo cui: « 1. Salvo che il fatto costituisca reato, ai soggetti obbligati che omettono di effettuare la segnalazione di operazioni sospette, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 3.000 euro.
Salvo che il fatto costituisca reato e salvo quanto previsto dall’articolo 62, commi 1 e 5, nelle ipotesi di violazione gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria dal 30.000 euro a 300.000 euro. La gravità RAGIONE_SOCIALEa violazione è determinata anche tenuto conto: a) RAGIONE_SOCIALE‘intensità e del grado RAGIONE_SOCIALE‘elemento soggettivo, anche avuto riguardo all’ascrivibilità, in tutto o in parte, RAGIONE_SOCIALEa violazione alla carenza, all’incompletezza o alla non adeguata diffusione di prassi operative e procedure di controllo interno; b) del grado di collaborazione con le autorità di cui all’articolo 21, comma 2, lett. a); c) RAGIONE_SOCIALEa rilevanza ed evidenza dei motivi del sospetto, anche avuto riguardo al valore RAGIONE_SOCIALE‘operazione e al grado RAGIONE_SOCIALEa sua coerenza rispetto alle caratteristiche del cliente e del relativo rapporto; d) RAGIONE_SOCIALEa reiterazione e diffusione dei comportamenti, anche in relazione alle dimensioni, alla complessità organizzativa e all’operatività del soggetto obbligato. ».
Sostiene, dunque, che alcuno dei parametri richiamati dalla sentenza impugnata ai fini RAGIONE_SOCIALE‘individuazione RAGIONE_SOCIALEa gravità RAGIONE_SOCIALEa violazione troverebbe rispondenza nel testo RAGIONE_SOCIALEa norma sopra menzionata e nella propria condotta professionale.
In particolare, quanto all’intensità e al grado RAGIONE_SOCIALE‘elemento soggettivo, quest’ultimo in termini di coscienza e volontarietà, rileva che quest’ultimo non poteva ritenersi integrato, giacché non sussistevano gli elementi oggettivi e soggettivi di anomalia in riferimento ad una operazione di riciclaggio, anche solo sospettata, e di conseguenza non era possibile una rappresentazione, sotto forma dolosa o colposa, RAGIONE_SOCIALEa violazione, cosicché nemmeno elementi valevoli a destare motivi di sospetto, come previsto dall’art. 58, comma 2, lettera c), d.lgs. n. 231 del 2007.
Con riguardo al grado di collaborazione con le autorità, il ricorrente evidenzia di averla prestata al massimo livello, fornendo le informazioni richieste e rendendosi disponibile nel rendere dichiarazioni e spiegazioni.
Infine, quanto al profilo attinente alla reiterazione e diffusione dei comportamenti, il ricorrente precisa di non aver mai subito sanzioni di qualsivoglia natura.
Sotto altro profilo, il ricorrente, dopo aver richiamato i criteri previsti ex art. 67 d.lgs. n. 231 del 2007 ai fini RAGIONE_SOCIALE‘applicazione RAGIONE_SOCIALEa sanzione, evidenzia che:
quanto alla gravità e durata RAGIONE_SOCIALEa violazione e al grado di responsabilità, la sentenza impugnata avrebbe fatto discendere il proprio giudizio da indici molto vaghi, quali l’entità RAGIONE_SOCIALEe operazioni e la loro riferibilità ad un soggetto « opaco »;
-quanto all’entità del vantaggio , egli non ne avrebbe ottenuto alcuno;
quanto al livello di cooperazione con le autorità, egli avrebbe prestato la massima collaborazione, sia consegnando immediatamente la documentazione che gli era stata richiesta, sia fornendo qualsiasi informazione che si era resa necessaria durante le operazioni di verifica;
quanto alle precedenti violazioni RAGIONE_SOCIALEa normativa antiriciclaggio, egli non risultava essere mai stato sanzionato.
In definitiva, alla stregua RAGIONE_SOCIALEa prospettazione sviluppata nel ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità, sussisterebbe una violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 69 d.lgs. n. 231 del 2007, giacché, in relazione all’illecito contestato , dovrebbe ritenersi più favorevole il regime sanzionatorio risultante a seguito RAGIONE_SOCIALEe modificazioni introdotte dal d.lgs. n. 90 del 2017, cosicché esso avrebbe dovuto essere rideterminato dalla Corte distrettuale nella misura del minimo edittale di cui all’art. 58 , comma 1, d.lgs. n. 231 del 2007.
Sotto un terzo profilo, il ricorrente invoca l’applicazione RAGIONE_SOCIALE‘ art. 68 d.lgs. n. 231 del 2007, evidenziando che tale disposizione ha introdotto la facoltà, per il destinatario del provvedimento sanzionatorio, di chiedere al RAGIONE_SOCIALE il pagamento RAGIONE_SOCIALEa sanzione in misura ridotta, comportante una riduzione RAGIONE_SOCIALEa sanzione pari ad un terzo RAGIONE_SOCIALEa stessa e che tale istituto si applica a tutti provvedimenti sanzionatori,
già notificati agli interessati, ma non ancora divenuti definitivi al momento RAGIONE_SOCIALE‘entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE a disposizione normativa di cui si tratta.
Il motivo risulta destituito di fondamento sotto ogni profilo in cui si articola.
Nell’individuazione del trattamento sanzionatorio più favorevole, ex art. 69 del d.lgs. n. 231 del 2007, come introdotto dal d.lgs. n. 90 del 2017, tra la disciplina – vigente al momento RAGIONE_SOCIALEa commessa violazione di cui al d.l. n. 143 del 1991 e al d.lgs. n. 231 del 2007, nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 90 del 2017 e quella derivante da tali modifiche, non è sufficiente prendere in considerazione i minimi e i massimi edittali contemplati dalle diverse normative occorrendo, al contrario, un apprezzamento di fatto RAGIONE_SOCIALEe circostanze di commissione RAGIONE_SOCIALE‘illecito, ex art. 67 d.lgs. n. 231 del 2007, come modificato dal d.lgs. n. 90 del 2017, dovendo la comparazione fondarsi come chiarito dalla sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale n. 68 del 2017 sull’individuazione in concreto del regime complessivamente più favorevole per la persona, avuto riguardo a tutte le caratteristiche del caso specifico (cfr., in tal senso, Cass. civ., Sez. 2, sentenza n. 20697 del 9 agosto 2018, Rv. 650011-01).
Orbene, quanto ai primi due sub motivi, nella motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, a pag. 5, la Corte di merito fa chiaro riferimento agli indici previsti d all’art. 58 , comma 2, d.lgs. n. 231 del 2007, come modificato all’esito RAGIONE_SOCIALEo ius superveniens di cui al d.lgs. n. 90 del 2017 e motiva sulla base di tali indici, confermando la sanzione già applicata in primo grado e affermando che: « tenuto conto RAGIONE_SOCIALE‘ingente entità dei valori conferiti, in un breve arco di tempo, dalla RAGIONE_SOCIALE (complessivi otto milioni di curo), RAGIONE_SOCIALEa sua riferibilità ad un soggetto giuridico (RAGIONE_SOCIALE) istituzionalmente connotato da opacità (per l’assenza di pubblicità in ordine alla sua compagine sociale), che configuravano altrettanti indici di anomalia oggettiva, e quindi RAGIONE_SOCIALEa concreta apprezzabilità RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per la segnalazione, si reputa di condividere la valutazione del primo giudice quanto alla sussistenza di una ipotesi “grave”, per la quale tuttavia la sanzione è stata congruamente rideterminata nella misura intermedia di euro 100.000, in luogo di quella più vicina al massimo determinata dal MEF, atteso che
sussiste solo una RAGIONE_SOCIALEe ipotesi (in particolare quella sub b) previste dalla norma per l’applicabilità del comma 2, e appare pertanto equo riservare in una logica di proporzionalità l’applicazione di sanzioni più gravi ai casi in cui ricorra una pluralità degli indici di “gravità”. ».
In tal senso, dunque, le censure di cui si tratta mirano, con tutta evidenza, ad accreditare una diversa ricostruzione RAGIONE_SOCIALEa vicenda fattuale e una diversa valutazione in concreto degli elementi da essa emergenti, ai fini RAGIONE_SOCIALEa riconducibilità RAGIONE_SOCIALE‘illecito ad un’ipotesi non connotata dalla presenza degli indici di gravità valevoli a giustificare – come invece ritenuto dal giudice di prime cure e confermato dalla Corte distrettuale l’applicazione dei limiti edittali di cui al comma 2 RAGIONE_SOCIALE‘art. 58 d.lgs. n. 231 del 2007.
Ne deriva che esse si infrangono contro il principio, più volte affermato da questa Corte regolatrice e secondo cui « In tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione RAGIONE_SOCIALEa vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme. » (Cass. civ., Sez. 2, ordinanza n. 10927 del 23 aprile 2024, Rv. 670888-01).
Del resto, questa Corte ha più volte chiarito altresì che non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione RAGIONE_SOCIALEa fattispecie concreta in funzione RAGIONE_SOCIALEe risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori RAGIONE_SOCIALE‘ambito interpretative ed applicativo RAGIONE_SOCIALEa norma di legge; invero le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione RAGIONE_SOCIALEa fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione RAGIONE_SOCIALEa fattispecie concreta alla luce RAGIONE_SOCIALEe risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr., in tal senso ed ex permultis , Cass., Sez. 3, sentenza n. 7187 del 4 marzo 2022, Rv. 664394-01; Cass., Sez. 1, ordinanza n. 640 del 14 gennaio 2019, Rv. 652398-01).
Peraltro, acclarato che la Corte di merito ha condiviso la rideterminazione RAGIONE_SOCIALEa sanzione nella misura intermedia di €. 100.000,00 (euro centomila/00) già operata dal giudice di prime cure, in luogo di
quella più vicina al massimo originariamente determinata dal RAGIONE_SOCIALE , deve soggiungersi che, sempre alla stregua del consolidato orientamento di questa Corte, « In tema di sanzioni amministrative pecuniarie, ove la norma indichi un minimo e un massimo RAGIONE_SOCIALEa sanzione, spetta al potere discrezionale del giudice determinarne l’entità entro tali limiti, allo scopo di commisurarla alla gravità del fatto concreto, globalmente desunta dai suoi elementi oggettivi e soggettivi. Peraltro, il giudice non è tenuto a specificare nella sentenza i criteri adottati nel procedere a detta determinazione, né la Corte di cassazione può censurare la statuizione adottata, ove tali limiti siano stati rispettati e dal complesso RAGIONE_SOCIALEa motivazione risulti che quella valutazione è stata compiuta. » (Cass. civ., Sez. 2, ordinanza n. 4844 del 23 febbraio 2021, Rv. 660460-01).
Con riguardo, infine, alle censure prospettate mediante il terzo sub motivo, la loro infondatezza discende dall’agevole considerazione del fatto che, come recentemente precisato dalla giurisprudenza sezionale, in tema di violazione RAGIONE_SOCIALEa disciplina antiriciclaggio per omessa segnalazione di operazioni sospette, la facoltà di richiedere il pagamento in misura ridotta pertiene alla fase del procedimento amministrativo, sicché anche per godere RAGIONE_SOCIALEa definizione agevolata ex art. 68, comma 5, d.lgs. n. 231 del 2007, l’interessato deve procedere con istanza da proporre al RAGIONE_SOCIALE, il cui esito è irrilevante nel procedimento giurisdizionale, salvo che, in caso di suo accoglimento, per la declaratoria di cessazione RAGIONE_SOCIALEa materia del contendere (Sez. 2, Sent. n. 12514/2018).
In conclusione, il ricorso va rigettato, con inevitabile aggravio di spese per la parte soccombente.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALEe spese del presente giudizio di legittimità, che si
liquidano in complessivi €. 5.000,00 (euro cinquemila/00), oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Seconda Sezione