Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19058 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19058 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
Oggetto
R.G.N.3858/2021
COGNOME
Rep.
Ud.08/04/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 3858-2021 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
avverso la sentenza n. 145/2020 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 27/07/2020 R.G.N. 197/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
08/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La Corte di appello di Ancona, pronunziando in sede di rinvio disposto con la sentenza n. 3482/2019 di questa Corte, ha respinto la domanda con la quale NOME COGNOME aveva chiesto accertarsi la illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatole da RAGIONE_SOCIALE in data 2.1.2009 ; ha respinto inoltre la domanda di condanna della società datrice di lavoro al pagamento della somma di 22.097,99 chiesta a titolo di differenze retributive maturate in ragione delle mansioni effettivamente svolte, da inquadrarsi secondo la prospettazione attorea nel III e nel II livello del CCNL Turismo applicato al rapporto di lavoro, nonché al pagamento dell’ulteriore somma di € 15.798,72 quale retribuzione per lavoro straordinario.
La Corte distrettuale, premesso che l’unica doglianza formulata dalla COGNOME, quanto al licenziamento, atteneva alla violazione dell’obbligo di <>, ha ritenuto che le emergenze probatorie davano contezza della impossibilità di ricollocazione della lavoratrice presso la datrice di lavoro, considerato che, per come pacifico, si era verificata cessazione della filiale di Fermo presso la quale prestava la propria attività la COGNOME, con contrazione dell’attività complessiva della società; la Corte di rinvio ha escluso potersi valorizzare la circostanza che la COGNOME aveva prestato la propria attività per quattro ore il sabato mattina, a turno con altre dipendenti, presso la unica sede della società; in ordine alla domanda di differenze retributive il giudice d’appello ha rilevato la carente allegazione prima ancora che offerta di prova dello svolgimento di mansioni superiori. Analogamente, era da escludere il diritto al compenso per lavoro straordinario posto che la organizzazione di lavoro della società prevedeva per le ore
lavorate in eccedenza il giorno di sabato, a settimane alterne, il sistema del recupero.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di sei motivi; la parte intimata non ha svolto attività difensiva. Parte ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
Preliminarmente va disposta la revoca dell’ordinanza interlocutoria in data 19 marzo 2024, in applicazione dell’orientamento di questa Corte , consolidatosi del senso della validità della notifica effettuata presso un indirizzo di posta elettronica certificata estratto da uno dei registri indicati dagli artt. 6 bis, 6 quater e 62 del d.lgs. n. 82 del 2005, nonché dall’articolo 16, comma 12, dello stesso decreto, dall’articolo 16, comma 6, del d.l. n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 2 del 2009, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della Giustizia e, quindi, indistintamente, dal registro denominato Ini-PEC e da quello denominato Re.G.Ind. ( Cass. sentenza n. 2460/2021).
Sempre in via preliminare va disattesa la richiesta di discussione orale non compatibile con la trattazione del ricorso secondo il procedimento di cui all’art. 380 – bis.1.
Venendo all’esame nei motivi di ricorso gli stessi possono sintetizzarsi nei termini che seguono.
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente denunzia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e violazione o falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 604/1966 censurando la sentenza impugnata per mancato esame del primo motivo di
appello incentrato sulla complessiva illegittimità del licenziamento e non soltanto sul profilo attinente alla violazione dell’obbligo di <>.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. . 604/1966 sotto il profilo della violazione dell’obbligo di <>.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. ; la sentenza impugnata è censurata per avere condannato la ricorrente alla rifusione delle spese di lite anche in relazione al ( primo giudizio di appello e al giudizio di cassazione) nei quali RAGIONE_SOCIALE era rimasta contumace.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., omessa pronunzia circa un fatto decisivo, per avere la Corte di rinvio omesso di pronunziarsi sulla richiesta istruttoria di ammissione di documenti, che si asseriscono indispensabili onde escludere l’assunto datoriale della chiusura del ramo di azienda.
Con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2103 c .c.; la sentenza impugnata è censurata per avere respinto la domanda di condanna alle differenze retributive connesse all’espletamento di mansioni superiori.
Con il sesto motivo parte ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 116 c.p.c. censurando la sentenza impugnata per avere immotivatamente omesso di prendere atto delle risultanze della c.t.u..
10. Il primo motivo di ricorso presenta plurimi profili di inammissibilità in quanto: a) la articolazione delle censure non è conforme ai vizi enunziati in rubrica; invero, il vizio ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (v. per tutte, Cass. Sez. Un. n. 8053/2014), laddove parte ricorrente mostra di riferirlo alla omessa lettura del primo motivo di appello, astrattamente riconducibile ad un error in procedendo , non denunziato neppure formalmente; il vizio ex art. 360 n. 3 c.p.c. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie, diversamente impedendosi alla Corte di Cassazione di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass.. 05/08/2020, n. 16700; Cass. 29/11/2016, n. 24298; Cass. 08/03/2007 n. 5353; Cass. 17/05/2006 n. 11501), come viceversa non avvenuto; b) anche a voler ritenere, a prescindere dalla formale, inappropriata, enunciazione in rubrica, che parte ricorrente abbia inteso denunziare un vizio di attività del giudice di merito, riconducibile quindi al paradigma dell’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c., il motivo è comunque inammissibile per difetto di specificità. Secondo consolidati arresti del giudice di legittimità, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito,
riconosciuto alla S.C. ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale senza compiere generali verifiche degli atti (v. tra le altre, Cass. n. 23834/2019, Cass. n. 11738/2016, Cass. n. 19410/2015), come nella specie non avvenuto.
11. Il secondo motivo di ricorso è anch’esso inammissibile in quanto pur formalmente denunziando violazione e falsa applicazione di norma di diritto ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., sviluppa censure non conferenti con il vizio denunziato (v. paragrafo 10); le ragioni di doglianza tendono infatti a sollecitare direttamente una rivalutazione delle risultanze probatorie delle quali offrono una lettura in chiave contrappositiva a quella fatta propria dal giudice di merito; in tal modo viene sollecitato un sindacato che è estraneo al controllo del giudice di legittimità atteso che secondo indirizzo assolutamente consolidato la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (cfr., tra le altre, Cass. n. 331/2020, Cass. n. 16467/2017,
Cass.n. 7007/2015, Cass. n. 7921/2011, Cass. n. 15693/2004).
Il terzo motivo di ricorso è fondato. Presupposto indefettibile della condanna alle spese di lite è infatti costituito dal fatto che la parte, a cui favore dette spese sono attribuite, le abbia in realtà sostenute per lo svolgimento dell’attività difensiva correlata alla sua partecipazione in giudizio (Cass. n. 16686/2018, Cass. n. 2984/1987, Cass. 5897/1982); in conseguenza, l’odierna ricorrente non poteva essere condannata alle spese di lite del giudizio di legittimità e del (primo) giudizio di appello nei quali controparte era rimasta contumace. A tanto consegue la cassazione della statuizione, senza rinvio in applicazione dell’art. 382, comma 3, c.p.c., in quanto, pur essendo espressione di un potere officioso del giudice, la condanna alle spese in favore della parte vittoriosa che non si sia difesa e non abbia, quindi, sopportato il corrispondente carico non può essere disposta ed è assimilabile ad una pronuncia resa in mancanza del suddetto potere (Cass. n. 13253/2024).
Il quarto motivo di ricorso è inammissibile. In primo luogo, il vizio denunziabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., formalmente indicato in rubrica, concerne l’omesso esame di un fatto storico decisivo (v. paragrafo 10) laddove parte ricor rente si limita a prospettare l’omessa pronunzia su istanza istruttoria; in secondo luogo, ove interpretabile come riferito ad un vizio di attività del giudice di merito e quindi astrattamente rilevante ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c., esso è configurabile solo in relazione ad un capo
autonomo di domanda e non ad un’istanza istruttoria (v. tra le altre, Cass. 13716/2016).
Il quinto motivo di ricorso è inammissibile in quanto non si confronta con le ragioni del rigetto della domanda sul punto, ravvisate prima che nella carenza di prova nella carenza di adeguate allegazioni, carenza alla stregua della quale la Corte di appello ha ritenuto non indispensabile la documentazione della quale la odierna ricorrente aveva chiesto l’acquisizione.
L’esame del sesto motivo di ricorso risulta assorbito dalla inammissibilità del quinto motivo, dovendo ulteriormente evidenziarsi che la Corte di rinvio ha ben chiarito le ragioni della non vincolatività delle conclusioni attinte dal consulente di ufficio di primo grado in difetto di allegazioni idonee a fondare, ove provate, il riconoscimento dell’inquadramento superiore reclamato.
In considerazione del complessivo esito del ricorso e della sostanziale soccombenza, salvo che per minima parte, dell’odierna ricorrente, le spese di lite del presente giudizio sono interamente compensate.
P.Q.M.
La Corte, revocata la ordinanza interlocutoria in data 19 marzo 2024, accoglie il terzo motivo e rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito dichiara non dovute dalla odierna ricorrente le spese del giudizio di cassazione. Compensa le spese di lite del presente giudizio.
Roma, così deciso nella camera di consiglio dell’ 8 aprile 2025
La Presidente Dott.ssa NOME COGNOME