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Obbligo di repêchage: licenziamento illegittimo

La Corte di Cassazione ha confermato la reintegrazione di un lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo, a causa della violazione dell’obbligo di repêchage da parte dell’azienda. La società di trasporti aveva proceduto a nuove assunzioni senza prima verificare la possibilità di ricollocare il dipendente, rendendo il licenziamento illegittimo per manifesta insussistenza del fatto.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Obbligo di Repêchage: Quando il Licenziamento Diventa Illegittimo

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è uno strumento a disposizione delle aziende per far fronte a crisi o riorganizzazioni, ma non è una carta bianca. La sua legittimità è strettamente legata al rispetto dell’obbligo di repêchage, ovvero il dovere di cercare una ricollocazione per il lavoratore. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 417/2024) ribadisce questo principio fondamentale, condannando una società alla reintegra di un dipendente proprio per non aver adempiuto a tale dovere.

I Fatti di Causa

Una società cooperativa di trasporti aveva licenziato un lavoratore adducendo motivi economici e organizzativi. Il caso, dopo aver attraversato i primi due gradi di giudizio, è giunto in Cassazione. La questione centrale verteva sulla violazione, da parte dell’azienda, dell’obbligo di verificare la possibilità di impiegare il lavoratore in altre mansioni prima di procedere al recesso. La Corte d’Appello, in sede di rinvio, aveva già accertato che, a fronte del licenziamento, la società aveva effettuato nuove assunzioni, anche se a tempo determinato e parziale. Questo comportamento ha fatto emergere la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento.

Il Ruolo Cruciale dell’Obbligo di Repêchage

Il cuore della decisione della Cassazione si fonda proprio sulla violazione dell’obbligo di repêchage. I giudici hanno chiarito che la verifica della “manifesta insussistenza del fatto” non riguarda solo le ragioni economiche addotte dall’azienda, ma si estende anche all’impossibilità di ricollocare il lavoratore.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che l’azienda avesse agito in modo pretestuoso. Aveva licenziato un dipendente per presunte difficoltà e, quasi contemporaneamente, aveva assunto nuovo personale per mansioni che non erano state dimostrate essere infungibili o non compatibili con la professionalità del lavoratore licenziato. L’azienda non ha fornito alcuna prova dell’inutilizzabilità del lavoratore in altre posizioni, rendendo così palese la violazione del suo dovere.

La Tutela Reintegratoria come Conseguenza Diretta

La conseguenza di tale violazione è stata l’applicazione della tutela reintegratoria, prevista dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Quando il fatto alla base del licenziamento è manifestamente insussistente, come nel caso di un obbligo di repêchage palesemente ignorato, la sanzione prevista è la più grave: il lavoratore ha diritto a tornare al suo posto di lavoro e a ricevere un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte Suprema ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando la decisione della Corte d’Appello. Le motivazioni si basano su due pilastri. In primo luogo, non si era formato alcun giudicato sulla questione del repêchage, come invece sosteneva l’azienda, e la Corte del rinvio aveva correttamente riesaminato le prove. L’assunzione di nuovi dipendenti in concomitanza con il licenziamento è stata considerata la prova regina della natura pretestuosa del recesso. In secondo luogo, la Corte ha respinto l’argomento dell’azienda relativo al cosiddetto prospective overruling, chiarendo che tale principio si applica solo a mutamenti imprevedibili delle norme processuali, e non a quelle sostanziali come l’obbligo di repêchage.

Le Conclusioni

Questa sentenza invia un messaggio chiaro ai datori di lavoro: il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è l’ultima risorsa (extrema ratio). Prima di procedere, è indispensabile un’esplorazione attiva, seria e dimostrabile di tutte le possibili alternative per salvaguardare il posto di lavoro. La semplice affermazione di una crisi non è sufficiente, soprattutto se smentita da fatti concreti come nuove assunzioni. Per i lavoratori, questa pronuncia rafforza la tutela del posto di lavoro, sottolineando che il datore di lavoro ha un onere probatorio rigoroso non solo sulle ragioni economiche, ma anche e soprattutto sull’impossibilità di una ricollocazione.

Quando un licenziamento per giustificato motivo oggettivo è considerato illegittimo?
Un licenziamento per giustificato motivo oggettivo è illegittimo quando il datore di lavoro viola l’obbligo di repêchage, ovvero non dimostra di aver cercato di ricollocare il lavoratore in altre mansioni disponibili all’interno dell’azienda prima di procedere al recesso. La violazione è palese se l’azienda effettua nuove assunzioni per posizioni compatibili.

Cosa deve dimostrare il datore di lavoro per un licenziamento legittimo?
Il datore di lavoro deve provare due elementi: l’effettiva sussistenza delle ragioni oggettive (produttive, organizzative) che motivano la soppressione del posto di lavoro e, contestualmente, l’impossibilità di impiegare il lavoratore in altre mansioni, anche inferiori, presenti in azienda.

Perché in questo caso è stata applicata la reintegrazione e non solo un risarcimento economico?
La tutela reintegratoria è stata applicata perché la violazione dell’obbligo di repêchage, unita alle nuove assunzioni, ha reso “manifestamente insussistente” il fatto posto a base del licenziamento. La condotta dell’azienda è stata giudicata pretestuosa, facendo scattare la sanzione più severa prevista dalla legge per i licenziamenti illegittimi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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