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Obbligo di repêchage: licenziamento illegittimo

Un’azienda licenzia un dirigente per soppressione del posto. La Cassazione conferma l’illegittimità del licenziamento, ribadendo che l’obbligo di repêchage impone al datore di lavoro di verificare la possibilità di ricollocare il dipendente anche in mansioni inferiori, già svolte in passato, prima di procedere al recesso.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Obbligo di Repêchage: Quando il Licenziamento è Illegittimo?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto del lavoro: l’obbligo di repêchage. Questo principio impone al datore di lavoro, prima di procedere con un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, di verificare ogni possibile alternativa per ricollocare il dipendente all’interno dell’assetto aziendale. La sentenza chiarisce i confini di tale obbligo, estendendolo anche a mansioni inferiori e a quelle già svolte in passato dal lavoratore, rafforzando così la tutela del posto di lavoro.

Il Caso: Licenziamento per Soppressione del Posto di Lavoro

Una società operante nel settore dei trasporti aveva licenziato un dipendente con la qualifica di “Responsabile Ufficio Tecnico” adducendo come motivazione la soppressione della sua posizione e di altre ad essa collegate. Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, sostenendone l’illegittimità.

Mentre il Tribunale di primo grado aveva dato ragione all’azienda, ritenendo provato il giustificato motivo oggettivo, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. I giudici di secondo grado hanno accertato che la società non aveva adempiuto all’obbligo di repêchage, in quanto avrebbe potuto assegnare il lavoratore ad altre mansioni, anche di livello inferiore, che egli aveva già svolto in passato. In particolare, si faceva riferimento a una posizione di “addetto all’esercizio” che si sarebbe potuta protrarre fino al pensionamento di un altro dipendente, liberando così un posto di maggiore responsabilità. L’azienda ha quindi proposto ricorso per Cassazione contro questa sentenza.

La Decisione della Corte: l’Obbligo di Repêchage e le Mansioni Inferiori

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’azienda, confermando la sentenza d’appello e dichiarando illegittimo il licenziamento. I giudici hanno stabilito che la valutazione della Corte territoriale era stata logica, chiara e conforme ai principi consolidati in materia.

La Suprema Corte ha ribadito che l’obbligo di repêchage non si limita alla ricerca di posizioni equivalenti, ma si estende anche a mansioni di livello immediatamente inferiore, a condizione che siano compatibili con il bagaglio professionale del lavoratore e non comportino modifiche sostanziali all’assetto organizzativo aziendale. In questo contesto, il fatto che il lavoratore avesse già svolto in passato le mansioni inferiori proposte è stato considerato un elemento decisivo.

Le Motivazioni della Cassazione: Analisi dell’Obbligo di Repêchage

Le motivazioni della Corte si fondano su una solida interpretazione della normativa e della giurisprudenza esistente, delineando con precisione i contorni dell’onere probatorio che grava sul datore di lavoro.

L’estensione del Repêchage a Mansioni Pregresse

La Corte ha specificato che, ai fini dell’adempimento dell’obbligo, non rilevano tutte le mansioni inferiori presenti in azienda, ma solo quelle compatibili con le competenze professionali del lavoratore o quelle che egli ha effettivamente già svolto, in precedenza o contestualmente. Questo criterio evita di imporre al datore di lavoro un onere di formazione aggiuntiva per il dipendente, ma allo stesso tempo valorizza l’esperienza pregressa come risorsa da preservare.

Il “Congruo Periodo” e la Buona Fede

Un altro punto affrontato è stato quello del “congruo arco temporale” entro cui il datore di lavoro deve astenersi da nuove assunzioni per la qualifica del lavoratore licenziato. La Corte ha chiarito che la valutazione di tale periodo è una questione di fatto, rimessa al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata. Questa valutazione deve essere sempre guidata dai principi di buona fede e correttezza contrattuale, impedendo all’azienda di aggirare l’obbligo di ricollocazione attendendo semplicemente il trascorrere di un breve lasso di tempo.

L’Onere della Prova a Carico del Datore di Lavoro

La sentenza riafferma un principio cardine: spetta al datore di lavoro dimostrare l’impossibilità di ricollocare il lavoratore. Non è sufficiente provare la soppressione del posto di lavoro; l’azienda deve fornire la prova positiva di aver esplorato tutte le alternative praticabili senza successo. In questo caso, l’azienda non è riuscita a dimostrare perché non fosse possibile impiegare il lavoratore nelle mansioni inferiori identificate dalla Corte d’Appello.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Aziende e Lavoratori

Questa ordinanza della Cassazione rappresenta un importante monito per le aziende che intendono procedere a licenziamenti per motivi economici. L’obbligo di repêchage è un adempimento sostanziale e non una mera formalità. I datori di lavoro devono condurre una scrupolosa e documentabile verifica interna per individuare eventuali posizioni alternative, incluse quelle di livello inferiore e quelle già ricoperte in passato dal dipendente, prima di poter considerare legittimo il recesso. Per i lavoratori, la sentenza rafforza la tutela del posto di lavoro, ampliando le possibilità di ricollocamento e ponendo un onere probatorio stringente a carico dell’azienda.

L’obbligo di repêchage si estende anche a mansioni di livello inferiore?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’obbligo di repêchage si estende anche alle mansioni del livello immediatamente inferiore, purché siano compatibili con il bagaglio professionale del lavoratore e non comportino mutamenti dell’assetto organizzativo aziendale.

Il datore di lavoro deve considerare anche le mansioni che il lavoratore ha svolto in passato?
Sì, la sentenza chiarisce che le mansioni già svolte in passato dal lavoratore, essendo compatibili con le sue competenze, devono essere prese in considerazione dal datore di lavoro per adempiere all’obbligo di repêchage.

Cosa si intende per ‘congruo periodo’ in relazione a nuove assunzioni dopo un licenziamento?
La Corte afferma che la valutazione del ‘congruo periodo’ entro cui il datore non dovrebbe fare nuove assunzioni per la stessa qualifica è una valutazione di fatto che spetta al giudice di merito. Tale valutazione deve basarsi sui principi di buona fede e correttezza ed è insindacabile in Cassazione se adeguatamente motivata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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