Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32008 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32008 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 4125-2022 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 847/2021 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 06/12/2021 R.G.N. 675/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
Oggetto
Licenziamento giustificato motivo oggettivo
R.G.N. 4125/2022
COGNOME
Rep.
Ud.22/10/2024
CC
Rilevato che :
La Corte d’appello di Firenze ha respinto il reclamo principale proposto da NOME COGNOME ed ha dichiarato improcedibile il reclamo incidentale della RAGIONE_SOCIALE, confermando la sentenza di primo grado che, al pari dell’ordinanza pronunciata all’esito della fase sommaria, aveva dichiarato illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato al lavoratore l’8.11.2016, applicando la tutela indennitaria di cui all’art. 18, commi 7 e 5, della legge 300 del 1970, modificato dalla legge 92 del 2012.
La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha dichiarato improcedibile il reclamo incidentale della società per omessa notifica alla controparte. Nell’esaminare il reclamo principale del lavoratore ha accertato l’effettività del riassetto organizz ativo (‘già prima del licenziamento NOME COGNOME aveva avviato un processo di ridimensionamento e progressivo superamento della funzione Lean’, che era svolta dal COGNOME, sentenza, p. 7, ultimo cpv.) e quindi la sussistenza della ragione economica addotta dalla datrice. Ha, invece, ritenuto che la statuizione del tribunale, sulla mancata prova dell’impossibilità di repêchage (‘in considerazione del fatto che altre e numerose erano le posizioni disponibili non valutate dal datore di lavoro’, p. 6, secon do cpv.), fosse divenuta irrevocabile e che ‘il mancato assolvimento dell’obbligo di repêchage non si (potesse) ritenere evidente, facilmente verificabile e chiaramente pretestuoso’ (p. 6, secondo cpv.), quindi non fosse tale da rendere ‘manifesta’ la insussistenza del fatto, con conseguente applicazione della tutela indennitaria.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi. RAGIONE_SOCIALE ha
resistito con controricorso e ricorso incidentale con due motivi.
È stata depositata memoria nell’interesse del lavoratore.
Considerato che :
Ricorso principale di NOME COGNOME
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 18, commi 5 e 7, della legge 300 del 1970 e successive modifiche, nonché omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per avere la Corte d’appello negato la tutela reintegratoria, di cui al comma 4 del citato art. 18, sul presupposto della non ‘manifesta’ insussistenza del fatto posto a base del licenziamento attribuendo irragionevolmente significato agli inviti del datore di lavoro affinché il dipendente cercasse posizioni a lui gradite nel sistema C.RAGIONE_SOCIALES. oppure alle segnalazioni provenienti da chi non aveva un effettivo potere decisionale all’interno dell’azienda.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 18, commi 5 e 7, della legge 300 del 1970 e successive modifiche, dell’art. 3, legge 604 del 1966, nonché omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per non avere la Corte d’appello considerato che il licenziamento è stato adottato per la soppressione della posizione lavorativa all’interno della società RAGIONE_SOCIALE presso cui il lavoratore era distaccato, dopo che il distacco era già stato revocato.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 18, commi 5 e 7, della legge 300 del 1970 e successive
modifiche, dell’art. 3, legge 604 del 1966, nonché omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per avere la Corte d’appello verificato la sussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento in relazione ad una posizione di lavoro che non era più quella ricoperta in distacco dal dipendente.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 18, commi 5 e 7, della legge 300 del 1970 e successive modifiche, dell’art. 3, legge 604 del 1966, nonché omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per avere la Corte d’appello errato nel considerare definitivamente superata la funzione Lean senza valutare l’evidenza fornita dalla produzione documentale del lavoratore (e-mail del 28.6.2019 e 22.9.2016) e giudicando non decisiva la circostanza che nello stabilimento di Massa fosse aperta una posizione di RAGIONE_SOCIALE, con motivazione apparente, lacunosa e contraddittoria.
Con il quinto motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 18, commi 5 e 7, della legge 300 del 1970 e successive modifiche, nonché omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per avere la Corte d’appello escluso il carattere ritorsivo del licenziamento sul presupposto della sussistenza di un giustificato motivo oggettivo, pur ravvisando la violazione dell’obbligo di repêchage.
Con il sesto motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 18, commi 5 e 7, della legge 300 del 1970 e successive modifiche, nonché omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per avere la Corte d’appello errato nella quantificazione della indennità risarcitoria, non riconosciuta nella misura massima prevista dalla legge, omettendo di valutare le iniziative intraprese dal lavoratore a seguito del licenziamento per ottenere una ricollocazione professionale.
Ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 1, comma 58 della legge 92 del 2012, per avere la Corte d’appello dichiarato improcedibile il reclamo incidentale in base ad una erronea applicazione delle norme che regolano l’appello incidentale.
Con il secondo motivo si censura la sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 e n. 5 c.p.c., per avere erroneamente escluso l’assolvimento dell’obbligo di repêchage da parte datoriale.
Si esamina anzitutto, in quanto logicamente preliminare, il primo motivo di ricorso incidentale della società. Esso è infondato.
Questa Corte ha statuito che, in tema di c.d. rito Fornero, le esigenze acceleratorie previste dall’art. 1, commi 48 e segg. della l. n. 92 del 2012 riguardano l’impulso processuale e la struttura (bifasica) del procedimento di primo grado, mentre la disciplina processuale in tema di reclamo deve necessariamente integrarsi con quella in tema di appello nel rito del lavoro,
sicché, una volta proposto tempestivo reclamo principale, deve ritenersi che il reclamato ben possa proporre (anche ai sensi dell’art. 24 Cost.) reclamo incidentale, nei termini di cui all’art. 436 c.p.c. (Cass. n. 18074 del 2024). L’estensione al rito For nero della disciplina dettata per l’appello incidentale, specificamente quanto ai termini previsti dal citato art. 436 c.p.c., porta a confermare la decisione d’appello sulla improcedibilità del reclamo incidentale depositato fuori termine. 14. L’infondatezza del motivo appena esaminato, determina l’assorbimento del secondo motivo di ricorso incidentale, il cui esame è precluso dall’avvenuta irrevocabilità della statuizione adottata in primo grado sulla illegittimità del licenziamento per man cato assolvimento dell’obbligo di repêchage, e non tempestivamente impugnata col reclamo incidentale.
15. L’esame del ricorso principale deve partire dall’analisi del quinto motivo, che risulta inammissibile. La Corte d’appello (dopo un’affermazione non coerente sulla esclusione del carattere ritorsivo del licenziamento in ragione della accertata sussistenza di un giustificato motivo oggettivo, pur avendo la stessa accertato la violazione dell’obbligo di repêchage e, quindi, l’insussistenza del fatto posto a base della decisione di recesso) ha affrontato il merito della censura di parte reclamante ed ha escluso che ricorressero, nella fattispecie oggetto di causa, elementi probatori rivelatori della natura illecita, perché ritorsiva, della decisione datoriale. In particolare, la sentenza impugnata ha accertato che il presunto comportamento legittimo dedotto dal lavoratore, a cui sarebbe seguita la reazione illecita della società, si era concretizzato nel rifiuto di accettare le posizioni organizzative proposte dalla datrice e si collocava, quindi, non in un tempo anteriore alla decisione di recesso ma successivamente alla stessa ed
esattamente nell’ambito della procedura conciliativa del licenziamento per motivo oggettivo, introdotta dall’art. 1, comma 40 della legge n. 92 del 2012. Il motivo in esame censura tale accertamento in fatto compiuto dai giudici di merito ma inammissibilmente, data la condizione di cd. doppia conforme sul punto e collocandosi le critiche, comunque, al di fuori del perimetro dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (su cui v. Cass., S.U. n. 8053 e n. 8054 del 2014).
Una volta confermata la statuizione d’appello sulla assenza di ritorsività del licenziamento, deve esaminarsi il primo motivo del ricorso principale, che è fondato.
Con il primo motivo il lavoratore censura l’applicazione dell’art. 18, comma 7 cit. quanto al requisito della ‘manifesta’ insussistenza del fatto e deduce, in sostanza, che la Corte d’appello ha sbagliato a non sussumere la violazione dell’obbligo di repêchage, come concretamente accertata, nella categoria della ‘manifesta’ insussistenza, intesa come insussistenza evidente e facilmente verificabile.
Occorre premettere che, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la verifica del requisito della “manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento” previsto dall’art. 18, comma 7, St. lav., come novellato dalla legge n. 92 del 2012, concerne entrambi i presupposti di legittimità del recesso e, quindi, sia le ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa sia l’impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore (cd. “repêchage”) (Cass. n. 10435 del 2018; n. 29102 del 2019).
Tali presupposti, pur nel loro autonomo spazio applicativo, si raccordano tutti all’effettività e alla genuinità della scelta organizzativa del datore di lavoro, quale presidio atto a
garantire che il licenziamento rappresenti «pur sempre una extrema ratio e non il frutto di un insindacabile arbitrio» (Corte Cost. 59 del 2021).
La questione di diritto sulla qualificazione come ‘manifesta’ o meno della violazione dell’obbligo di repêchage ha perso rilevanza a seguito della sentenza della Corte Cost. 125/22, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, settimo comma, secondo periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall’art. 1, comma 42, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92, limitatamente alla parola «manifesta».
La Corte Cost. ha rimarcato la ”irragionevolezza intrinseca della disciplina censurata’ evidenziando, tra l’altro, come ‘Il requisito della manifesta insussistenza demanda al giudice una valutazione sfornita di ogni criterio direttivo e per di più priva di un plausibile fondamento empirico’ (§ 9.2.) e che ‘Il presupposto in esame non ha alcuna attinenza con il disvalore del licenziamento intimato, che non è più grave, solo perché l’insussistenza del fatto può essere agevolmente accertata in giudizio’ ( § 10.1).
Da tale pronuncia discende, come già affermato da questa Corte (v. Cass. n. 18075 del 2024) che, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e all’esito della sentenza della Corte cost. n. 125 del 2022, l’accertamento del giudice che prelude all’applicazione della tutela reintegratoria attenuata prevista dall’art. 18, comma 4, St. Lav. ha ad oggetto la semplice insussistenza del fatto posto a base del recesso datoriale, non essendo più richiesta la verifica di manifesta inesistenza dei presupposti di legittimità dello stesso.
I restanti motivi del ricorso principale, che ribadiscono l’ insussistenza della ragione economica, sono inammissibili in quanto, pur prospettati sotto la specie del vizio di violazione di
legge, sollecitano a questa Corte un diverso apprezzamento delle risultanze processuali, rispetto a quello effettuato dal giudice del merito, al di fuori del paradigma di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ed in un’ipotesi di doppia conforme. Il sesto motivo resta assorbito dovendo il giudice del rinvio rivedere l’apparato sanzionatorio alla luce del principio di diritto su enunciato.
Per le ragioni esposte, accolto il primo motivo del ricorso principale, assorbito il sesto e dichiarati inammissibili gli altri, respinto il ricorso incidentale, deve cassarsi la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, a cui si demanda anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
25. Il rigetto del ricorso incidentale costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il sesto e inammissibili gli altri, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 22 ottobre202
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