Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34457 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34457 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11667/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE NAPOLI NOME, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la RAGIONE_SOCIALE della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME
-controricorrente-
nonché
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata
in ROMA LARGO NOME COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
nonché contro
MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA, RAGIONE_SOCIALE;
-intimati-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 569/2021 depositata il 16/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Università degli Studi di Napoli Federico II conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE chiedendone la condanna al pagamento della somma di € 161.958,07, a titolo di corrispettivo delle attività di docenza e di consulenza specialistica, svolta dal Dipartimento di Ingegneria dei Trasporti ‘NOME COGNOME‘, dal Dipartimento di Informatica e Sistemistica e dal Dipartimento di Progettazione e Gestione Industriale, sulla base di tre distinte convenzioni stipulate con la società convenuta tra il 7 ottobre e il 21 dicembre 2004, rientranti nell’ambito del progetto di formazione denominato ‘Formazione di ricercatori industriali esperti nella sicurezza delle infrastrutture stradali e ferroviarie’, connesso ad un progetto di ricerca finanziato dal MIUR. Sosteneva la Federico II che le prestazioni rese dovevano essere pagate da COGNOME e poi recuperate in sede di rendiconto delle spese finanziate. La COGNOME aveva richiesto ai Dipartimenti di emettere le fatture pro forma entro il 31.01.2006, al fine di ottenere il finanziamento dal MIUR e procedere al pagamento del corrispettivo. Nonostante l’Università avesse
adempiuto inviando le fatture corredate dalle tabelle di rendicontazione, la RAGIONE_SOCIALE non aveva dato seguito ai pagamenti, nonostante gli impegni assunti.
Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 1234/2014, accoglieva la domanda proposta dall’Università e condannava la COGNOME al pagamento della somma di € 161.958,07. Rigettava le restanti domande.
La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza n. 569/2021 pubblicata il 16 febbraio 2021, accogliendo l’appello di COGNOME, rigettava la domanda di adempimento contrattuale proposta dall’Università degli Studi di Napoli Federico II nei confronti dell’appellante; dichiarava inammissibile la domanda di ingiustificato arricchimento proposta, in via subordinata, dall’ateneo e per il resto confermava la sentenza impugnata.
La Corte, interpretando le clausole delle convenzioni, stabiliva che l’Università era tenuta a presentare alla Stopfire un rendiconto dettagliato dei costi relativi alle attività svolte in suo favore, affinché quest’ultima potesse inoltrarlo agli enti erogatori per ottenere il finanziamento. Tuttavia, accertava che l’Università, non avendo presentato il rendiconto, aveva impedito alla Stopfire di fornire la documentazione necessaria per richiedere il finanziamento delle somme dovute.
Propone ricorso per cassazione l’Università degli Studi di Napoli Federico II, sulla base di un motivo.
3.1. Resistono con autonomi controricorsi la RAGIONE_SOCIALE e Intesa San Paolo S.p.A. Quest’ultima ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo del ricorso, parte ricorrente denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c.
L’università sostiene che farebbero parte integrante delle convenzioni anche il contratto di finanziamento stipulato tra Intesa San Paolo, in qualità di soggetto convenzionato con il Miur, e RAGIONE_SOCIALE, Pomigliano Ambiente S.p.A., RAGIONE_SOCIALE e l’Università degli Studi di Napoli Federico II ed avente ad oggetto il progetto di ricerca e sviluppo precompetitivo ‘Sistema robotizzato di spegnimento incendi e monitoraggio ambientale permanente per le gallerie stradali e ferroviarie’.
È, quindi, necessario chiarire che, da un lato, vi è il progetto di ricerca regolato dal contratto di finanziamento con la banca, in qualità di soggetto convenzionato con il Miur e, dall’altro, il progetto di formazione disciplinato dalle singole convenzioni stipulate con i dipartimenti dell’Ateneo.
Ai sensi del punto d ter ) delle premesse e dell’art. 3 del contratto di finanziamento, la RAGIONE_SOCIALE è designata come il soggetto incaricato di custodire copia di tutta la documentazione prevista dal contratto. Inoltre, è obbligata a fornire, con cadenza semestrale, alla Banca ed all’Esperto la documentazione tecnica e contabile attestante le attività svolte.
In conformità dell’art. 4 di ciascuna delle tre convenzioni, l’università è obbligata a presentare un rendiconto dettagliato delle attività svolte, corredato dalla documentazione necessaria a giustificare i costi sostenuti e i risultati ottenuti.
L’Università sostiene che, sulla base della documentazione presentata, il soggetto beneficiario del finanziamento relativo al progetto di formazione debba essere individuato esclusivamente nella Stopfire, la quale, in conformità alle clausole citate, è obbligata alla rendicontazione tecnica e contabile necessaria per l’erogazione del finanziamento.
Il giudice del merito non avrebbe preso in esame il fatto che la RAGIONE_SOCIALE fosse l’unica beneficiaria del finanziamento relativo al progetto di formazione.
5. Il motivo di ricorso è infondato.
Occorre premettere che la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione.
Il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, inoltre, deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione.
Nel caso di specie, la Corte di appello ha certamente preso in esame il fatto di cui la ricorrente deduce l’omesso esame, motivando adeguatamente sul punto.
Infatti, la Corte territoriale ha espressamente considerato il fatto in questione (cfr. a pag. 13 della sentenza impugnata), affermando espressamente che era proprio la RAGIONE_SOCIALE l’esclusiva beneficiaria del finanziamento accordato per il progetto di formazione.
Tuttavia, ha ritenuto che la questione decisiva non fosse l’individuazione del beneficiario del finanziamento, ma piuttosto il fatto che l’Università fosse tenuta a fornire a Stopfire i rendiconti contabili delle spese sostenute per le attività svolte, affinché questa potesse ottenerne il rimborso, e non lo aveva fatto.
Tali rendiconti dovevano essere presentati da COGNOME in modo regolare e tempestivo agli organi di controllo: l’Università, non adempiendo al suo obbligo, aveva impedito a COGNOME di ottenere il rimborso ed era tenuta a rispondere delle conseguenze di tale inadempimento.
D’altra parte, che questa fosse la corretta modalità di svolgimento delle procedure rappresenta un accertamento di fatto insindacabile, in quanto la corte d’appello lo ha affermato sulla base dell’interpretazione del contenuto delle convenzioni.
È principio consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte che, al fine di far valere in sede di legittimità la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., il ricorrente non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (tra le tante, cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021, Rv. 661265 – 01).
Sotto tale profilo, le censure sollevate dalla ricorrente mirano, invece, esclusivamente ad accreditare inammissibilmente una ricostruzione della vicenda e, soprattutto, un apprezzamento delle prove raccolte del tutto divergente da quello compiuto dai giudici di merito. Non essendo questa Corte giudice del fatto, il ricorrente non può, peraltro, limitarsi a prospettare una lettura delle prove ed una ricostruzione dei fatti diversa da quella compiuta dal giudice di merito, svalutando taluni elementi o valorizzando altri ovvero dando ad essi un diverso significato, senza dedurre specifiche violazioni di legge ovvero incongruenze di motivazione tali da rivelare una difformità evidente della valutazione compiuta dal giudice rispetto al corrispondente modello normativo.
6. Il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, nei rapporti tra l’Università ricorrente e RAGIONE_SOCIALE Le spese tra la ricorrente e Intesa San Paolo S.p.A. possono, invece, essere compensate, tenuto anche conto che la ricorrente non ha proposto direttamente domande nei suoi confronti e che il rigetto di tutte quelle che, comunque, la riguardavano, era avvenuto già in primo grado, senza che la statuizione fosse specificamente impugnata.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi Euro 5.800,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali, con distrazione in favore dell’avv. COGNOME. Compensate le spese tra la ricorrente e Intesa San Paolo S.p.A..
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.