Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8934 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8934 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3324/2019 R.G . proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso sentenza della Corte d’appello di Milano n. 4893/2018 depositata il 15.11.2018.
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17.1.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Milano ha emesso il 2.7.2014 e il 15.9.2014 due decreti ingiuntivi su richiesta del RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE: il primo per la somma di € 221.094,00 per il pagamento dei corrispettivi di concessione d’uso del parcheggio pubblico adiacente al Forum di RAGIONE_SOCIALE, affidato in gestione a RAGIONE_SOCIALE (parcheggio C), per il periodo giugno- dicembre 2013; il secondo per la somma di € 84.831,00 per il pagamento di servizi viabilistici resi dalla RAGIONE_SOCIALE in occasione degli eventi ospitati dal Forum.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto distinte opposizioni, quanto al primo decreto, contestando il quantum in relazione ad alcuni pagamenti eseguiti nel 2014 e lamentando la mancata compensazione con un proprio controcredito derivante da pagamenti indebiti per la somma di € 654.483,81 oggetto della domanda riconvenzionale di cui infra ; negando in radice il credito del secondo decreto, perché le prestazioni erano state rese a discrezionalità del RAGIONE_SOCIALE e in passato erano state pagate solo per errore.
RAGIONE_SOCIALE ha anche proposto domanda riconvenzionale per ottenere la restituzione della somma di € 654.483,81 , per i corrispettivi dei servizi viabilistici non dovuti e versati per errore nel periodo 2004-2013.
Con sentenza dell’8.8.2017 il Tribunale ha accolto parzialmente la prima opposizione, quanto ai pagamenti parziali dedotti, e ha rigettato la seconda, ritenendo fondata la pretesa del RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art.31 del Regolamento di RAGIONE_SOCIALE Municipale.
Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello RAGIONE_SOCIALE, a cui ha resistito l’appellato RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di appello di Milano con sentenza del 15.11.2018 ha respinto l’appello con aggravio di spese.
La Corte di appello ha ritenuto che l’art.7, lettera e), della convenzione del 1988 inter partes dovesse essere interpretato nel
senso che lo svolgimento di certe manifestazioni, fra cui quelle musicali, fosse consentito solo se l’operatore privato avesse richiesto la presenza di personale del RAGIONE_SOCIALE per la viabilità, come del resto era stato costantemente interpretato per circa 25 anni. La Corte ha ritenuto inammissibile, perché nuova, la richiesta di limitare l’obbligo solo ad alcune delle manifestazioni svoltesi presso il Forum.
Secondo la Corte, le conclusioni poggiavano anche sul disposto dell’art.31 del Regolamento del Corpo di RAGIONE_SOCIALE Municipale, mentre non era richiesta la stipulazione di specifici contratti ad hoc per lo scambio di comunicazioni fra le parti circa i dati di affluenza, il numero di vigili necessari e la redazione di un preventivo di spesa.
La Corte ha aggiunto inoltre che nel 2008 era intervenuto fra le parti un incontro per la rideterminazione al ribasso del costo dei servizi; che in parte i servizi erano stati svolti da agenti del RAGIONE_SOCIALE di Milano, al cui riguardo RAGIONE_SOCIALE si era esplicitamente accollata la spesa; che i pagamenti erano stati eseguiti senza contestazioni dal 1988 al 2014; che il 21.1.2014 RAGIONE_SOCIALE aveva anche riconosciuto espressamente il proprio debito.
Avverso la predetta sentenza, notificata in data 16.11.2018, con atto notificato il 15.1.2019 ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, svolgendo sette motivi.
Con atto notificato il 26.2.2019 ha proposto controricorso il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.
Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE con «istanza di prelievo» del 3.10.2022, non notificata, ha chiesto la fissazione della discussione del ricorso con la massima sollecitudine.
Con la stessa istanza il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha dato atto che dopo il deposito del ricorso la controparte aveva provveduto a corrispondergli le somme dovute in forza dei due decreti ingiuntivi, ha affermato che le somme introitate non potevano essere
destinate a spesa corrente perché corrispondenti a credito non ancora certo, e ha manifestato il conseguente persistente interesse alla sollecita definizione del giudizio.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa, senza trattare in alcun modo il tema del versamento addotto dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nella predetta istanza anticipatoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art.1362, commi 1 e 2, cod.civ. quanto all’interpretazione dell’art.7, lettera e), della convenzione inter partes perché la Corte territoriale non aveva considerato l’elemento letterale che prevede solo l’eventualità della prestazione dei servizi viabilistici e aveva adottato una interpretazione della volontà contrattuale diversa da quella espressamente e concordemente riconosciuta dalle parti in giudizio. 8. Il motivo appare infondato.
Da un lato, la ricorrente lamenta la violazione del criterio dell’interpretazione letterale della clausola contrattuale che recita testualmente: « l’operatore privato si impegna, inoltre, a richiedere la preventiva autorizzazione al RAGIONE_SOCIALE per lo svolgimento, all’interno del complesso sportivo polivalente, di manifestazioni diverse dalle manifestazioni sportive, congressuali, spettacolari non musicali e per l’infanzia, le quali potranno essere svolte con il supporto di personale addetto alla viabilità, messo a disposizione dell’operatore privato ».
RAGIONE_SOCIALE sostiene che la nota di eventualità insita nel verbo « potranno » deponeva inequivocabilmente nel senso della discrezionalità della scelta dell’Amministrazione locale.
In tal modo, tuttavia, la ricorrente si limita a proporre una sua lettura della disposizione contrattuale, senza confutare quella, parimenti compatibile con il testo negoziale, adottata dal giudice di merito, nel senso che in occasione delle manifestazioni musicali il RAGIONE_SOCIALE, valutati i dati di prevedibile afflusso, poteva decidere di mettere a disposizione il personale per i servizi di viabilità e in tal caso a pagamento.
Il motivo scivola così perciò inevitabilmente in una censura di merito, con la quale si rimprovera alla Corte territoriale di aver adottato una interpretazione del contratto diversa da quella sostenuta dalla parte ricorrente.
L’opera dell’interprete mira a determinare una realtà storica ed obiettiva, ossia la volontà delle parti espressa nel contratto, e pertanto costituisce accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale posti dagli artt. 1362 cod.civ. e seguenti, oltre che per vizi di motivazione nella loro applicazione. Perciò, per far valere la violazione di legge, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali asseritamente violati; di conseguenza, ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso, non è idonea la mera critica del convincimento espresso nella sentenza impugnata mediante la mera contrapposizione d’una difforme interpretazione, trattandosi d’argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità ( ex multis , Sez. 3, n. 13603 del 21.5.2019; Sez. 3, n. 11254 del 10.5.2018; Sez. 1, n. 29111 del 5.12.2017; Sez. 3, n.
28319 del 28.11.2017; Sez. 1, n. 27136 del 15.11.2017; Sez. 2, n. 18587, del 29.10.2012; Sez. 6-3, n. 2988, del 7.2.2013).
La denunzia della violazione dei canoni legali in materia d’interpretazione del contratto non può costituire lo schermo, attraverso il quale sottoporre impropriamente al giudizio di legittimità valutazioni che appartengono in via esclusiva al giudizio di merito (Sez.2, n.30686 del 25.11.2019); non è quindi certamente sufficiente la mera enunciazione della pretesa violazione di legge, volta a rivendicare il risultato interpretativo favorevole, disatteso dal giudice del merito, ma è necessario, per contro, individuare puntualmente e specificamente il canone ermeneutico violato, correlato al materiale probatorio acquisito.
Con la seconda parte dello stesso primo motivo la ricorrente sostiene che la Corte sarebbe incorsa nella violazione del secondo comma dell’art.1362 cod.civ., per aver adottato una interpretazione difforme da quella concordemente riconosciuta dalle parti in giudizio.
La ricorrente sostiene, cioè, che lo stesso RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, a più riprese, nei suoi atti aveva riconosciuto che l’invio del personale di polizia per i servizi di viabilità avveniva solo allorché gli eventi organizzati ne lasciassero presagire il bisogno, sulla base dei dati di prevedibile afflusso.
Anche questa osservazione non può essere condivisa.
Il fatto che il RAGIONE_SOCIALE abbia ammesso di essersi riservato una discrezionalità nel valutare la necessità dell’intervento del personale di polizia municipale per regolare il traffico a seconda della prevedibile consistenza dell’afflusso di pubblico all’evento, non significa affatto che nel caso di esercizio in senso positivo della predetta discrezionalità il servizio non fosse oneroso, come ritenuto dalla Corte milanese.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.4 ovvero n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia nullità della
sentenza per motivazione apparente ed error in procedendo ovvero comunque per violazione di legge con riferimento all’art.345 cod.proc.civ., laddove la Corte di appello ha ritenuto che il secondo motivo di appello, volto a richiedere la revoca del secondo decreto ingiuntivo, con riferimento ai minori importi per eventi diversi da quelli musicali, configurasse una domanda nuova rispetto all’opposizione al decreto, pertanto inammissibile.
12. La prima censura del secondo motivo è infondata.
La motivazione della sentenza impugnata esiste ed è chiara.
Secondo la Corte distrettuale, la richiesta di limitare l’erogazione compensativa dei servizi viabilistici con riferimento soltanto ad alcune delle manifestazioni svoltesi presso il Forum non era stata proposta in sede di opposizione al decreto ingiuntivo e costituiva pertanto domanda nuova e inammissibile ex art.345 cod.proc.civ., con inevitabile ripercussione sul motivo di appello.
Il motivo è invece fondato nella sua seconda censura volta a stigmatizzare l’ error in procedendo.
Il Tribunale aveva applicato l’obbligo di pagamento del servizio a tutte le manifestazioni, musicali e non, svoltesi presso il Forum, rigettando integralmente la richiesta di compensazione e la domanda riconvenzionale restitutoria avanzata da RAGIONE_SOCIALE, in modo indifferenziato sia per gli importi pagati per manifestazioni musicali, sia per manifestazioni non musicali (comunque compendiati nell’atto di appello per voci).
La Corte di appello non poteva ravvisare una domanda nuova in una deduzione che focalizzava il thema decidendum su una parte soltanto di quanto richiesto in primo grado, che riguardava l’intero complesso pecuniario pagato in modo asseritamente indebito per ogni tipologia di manifestazioni, musicali e non.
Dunque correttamente la ricorrente invoca la consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il giudizio di appello ha per oggetto la medesima controversia decisa dalla
sentenza di primo grado, entro i limiti della devoluzione, quale risulta dagli specifici motivi di appello, che in nessun caso possono ampliare la materia del contendere mediante l’introduzione di domande nuove. Il suddetto principio, tuttavia, non risulta violato qualora in appello venga proposta in via subordinata, ed accolta, una domanda implicitamente contenuta in quella avanzata con il ricorso di primo grado e riproposta in grado di appello (Sez. L, n. 23563 del 12.9.2008).
Del resto, è ovvio che nella originaria domanda di pagamento di un credito sia ricompresa quella subordinata di accoglimento della pretesa per un importo minore (Sez. 3, n. 13027 del 21.12.1995).
Le variazioni puramente quantitative del petitum , che non alterino i termini sostanziali della controversia e non introducano nuovi temi di indagine, non sono vietate, perché non comportano alcuna violazione del principio del contraddittorio, né menomazione del diritto di difesa dell’altra parte (Sez. 3, n. 9522 del 20.4.2007; Sez. L, n. 4003 del 21.2.2007; Sez. L, n. 16262 del 19.8.2004).
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art.16 del r.d. 2440 del 1923, applicabile ai Comuni in base all’art.192 del d.lgs. 267 del 2000 e degli artt.1326 e 1327 cod.civ.
La ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia ritenuto, in violazione del principio della forma scritta ad substantiam per la conclusione dei contratti della Pubblica Amministrazione, che comportamenti concludenti delle parti fossero idonei a modificare la convenzione del 1998 e comunque a fondare l’obbligo di pagamento dei servizi viabilistici.
16. Il motivo è infondato.
La Corte milanese ha fondato la sussistenza dell’obbligazione sul contratto scritto costituito dalla convenzione stipulata fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nel 1998 e in particolare sul predetto art.7,
lettera e), e si è limitata a corroborare l’interpretazione testuale del contratto con elementi fattuali tratti dal comportamento tenuto dalle parti, nel rispetto dell’art.1362, comma 2, pienamente applicabile anche alla Pubblica Amministrazione che agisca negozialmente iure privatorum, secondo il quale per determinare la comune intenzione delle parti si deve valutare il loro comportamento complessivo anche successivo alla stipulazione del contratto.
Principio questo neppur contestato dalla ricorrente, che anzi vi ha fatto leva con le argomentazioni della seconda parte del suo primo motivo, e che è stato esplicitamente affermato sin da risalente giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nell’interpretazione di un contratto concluso da un ente pubblico, ove la clausola da interpretare, per la sua estrema sinteticità, non fornisca, da sola, gli elementi utili al fine di intenderne il contenuto effettivo, può ricercarsi la volontà manifestata dall’ente pubblico, sia con riferimento al contenuto dell’atto deliberato dall’ente, sia con riguardo al comportamento tenuto da quest’ultimo successivamente all’approvazione della deliberazione da parte dell’autorità tutoria. (Sez. 1, n. 1651 del 25.5.1972).
Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.4, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione dell’art.112 cod.proc.civ. per omesso esame delle eccezioni di nullità e/o inefficacia sollevate da RAGIONE_SOCIALE con riferimento al verbale del 2008 e alla nota del 31.10.1990.
Da un lato, la ricorrente si duole che siano state ignorate le sue eccezioni di invalidità e inefficacia del verbale del 22.2.2008, non sottoscritto dai titolari degli organi di rappresentanza esterna degli Enti, ma da soggetti completamente privi di potere (in particolare per il RAGIONE_SOCIALE il Comandante dei Vigili e non il Sindaco).
Dall’altro , la ricorrente lamenta inoltre che siano state ignorate le sue eccezioni di invalidità della nota del 31.10.1990 di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE), relativamente all’accollo delle spese del servizio di vigilanza mediante personale del RAGIONE_SOCIALE di Milano, perché priva dei requisiti formali richiesti dalle leggi di contabilità pubblica e relativa a una parte delle somme pagate al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
Le censure così mosse sono prive del carattere di decisività e non sono idonee a scuotere l’impianto argomentativo della sentenza impugnata.
La Corte milanese non ha fondato le obbligazioni di RAGIONE_SOCIALE su tali documenti, che ha invece utilizzato come elementi presuntivi, collaterali ed accessori, per convalidare e rafforzare l’interpretazione accolta.
Da un lato, l’accordo del 22.2.2008 è stato valorizzato solo quale elemento circostanziale di fatto per dimostrare la piena consapevolezza di RAGIONE_SOCIALE circa il carattere oneroso del servizio di vigilanza, tanto più che con tale accordo si era preso atto del miglioramento della circolazione stradale per mutate condizioni viabilistiche e si era concordata una revisione al ribasso della tariffa (cfr sentenza impugnata, pag.8-9).
D’altro canto, la nota del 31.10.1990 è stata valorizzata a pagina 9 della sentenza impugnata solo come elemento interpretativo marginale e collaterale, ancora una volta volto a dimostrare che RAGIONE_SOCIALE era ben conscia del fatto che i servigi di vigilanza venivano prestati a titolo oneroso, cosa questa financo ovvia, visto che li aveva regolarmente pagati per anni.
Con il quinto motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art.23 Cost e dell’art.7 della legge n.65 del 1985 per il caso in cui la sentenza impugnata abbia inteso attribuire al Regolamento di RAGIONE_SOCIALE Municipale valenza impositiva di un obbligo di pagamento a carico di RAGIONE_SOCIALE.
20. Il motivo è inammissibile perché la sentenza impugnata non ha affatto attribuito all’art.31 del Regolamento di RAGIONE_SOCIALE Municipale la valenza in questione, posto che il vincolo obbligatorio è stato ricondotto all’art.7 del contratto inter partes.
L’art.31 predetto prevede semplicemente che gli agenti del Corpo possano essere autorizzati a svolgere servizi per conto o su richiesta di enti privati o cittadini, e che in tal caso le spese da sostenere per i compensi vengano incamerate dall’Amministrazione comunale.
Tale norma disegna quindi la cornice in cui va calata la disposizione contrattuale dell’art.7 della convenzione che le dà concreta applicazione nel caso concreto.
Di conseguenza, poco importa che il giudice di prime cure abbia o meno fondato sull’art.31 del regolamento l’obbligo de quo , perché non lo ha fatto la Corte territoriale.
Con il sesto motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art.2033 cod.civ. con riferimento alla parte in cui la sentenza impugnata ha escluso la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’azione di ripetizione di indebito in ragione del fatto che RAGIONE_SOCIALE aveva ritenuto per molti anni di essere obbligata a pagare i servizi viabilistici.
22. Il motivo è fuori fuoco.
Infatti la ricorrente fraintende la ratio decidendi, poiché a pagina 9 la Corte di appello non ha affatto fondato su tale circostanza, proposta come argomento di mero contorno e rafforzamento, il rigetto della domanda di restituzione di indebito, invece giustificato essenzialmente dalla interpretazione accolta quanto alla clausola dell’art.7 della convenzione.
Analoga considerazione vale per l’ulteriore argomentazione prospettata dalla Corte di appello, secondo cui l’accoglimento della
pretesa restitutoria avrebbe comportato un ingiustificato arricchimento della RAGIONE_SOCIALE, che aveva sempre scaricato a valle i costi del servizio sugli organizzatori degli eventi, visto che tale argomentazione, svolta ad abundantiam, quand’anche caducata non inficerebbe comunque la logica della decisione, fondata sulla ratio principale.
Con il settimo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art.1988 cod.civ. , laddove la sentenza impugnata ha ritenuto che un riconoscimento di debito, peraltro di una sola parte delle somme oggetto di giudizio, costituisse atto idoneo a fondare una fonte di obbligazione di pagamento.
Anche in questo caso la ricorrente, sostenendo che il riconoscimento di debito, che determina solo una inversione dell’onere probatorio, non potrebbe resistere alla dimostrazione dell’insussistenza dell’obbligazione riconosciuta, sfoga la propria censura su una argomentazione collaterale e rafforzativa, svolta ad abundantiam , la cui eliminazione non inficerebbe comunque la logica della decisione, fondata sulla ratio principale.
Per le ragioni esposte la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinti o inammissibili ut supra gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Il giudice del rinvio dovrà altresì accertare, nel contraddittorio delle parti, se e quando i pagamenti delle somme ingiunte menzionati nel precedente § 5 da RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE siano stati eseguiti, e soprattutto il titolo dei predetti versamenti e l’eventuale accompagnamento con riserva di ripetizione all’esito del giudizio, traendone le opportune conseguenze ai fini della
determinazione della materia del contendere e delle pronunce da emettere.
Infatti, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non è, invero, limitato alla verifica delle condizioni di ammissibilità e validità del decreto, ma si estende anche all’accertamento dei fatti costitutivi, modificativi ed estintivi del diritto in contestazione, con riferimento alla situazione esistente al momento della sentenza; ne consegue che la cessazione della materia del contendere verificatasi successivamente alla notifica del decreto -nella specie per avvenuto pagamento della somma portata dal medesimo – travolge anche il medesimo decreto che deve essere revocato, senza che rilevi, in contrario, l’eventuale posteriorità dell’accertato fatto estintivo rispetto al momento di emissione dell’ingiunzione (Sez. L, n. 4531 del 10.4.2000; Sez. 1, n. 13085 del 22.5.2008; Sez. L, n. 21432 del 17.10.2011).
P.Q.M.
La Corte
accoglie il secondo motivo di ricorso, respinti o inammissibili gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione