Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19236 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19236 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7245/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente
–
contro
COGNOME titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE COGNOME, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Vicenza n. 923/2021 depositato in data 1/2/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/5/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudice delegato al fallimento di RAGIONE_SOCIALE non ammetteva al passivo della procedura il credito di € 142.517 vantato da COGNOME, titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE di COGNOME.
Il Tribunale di Vicenza, a seguito dell’opposizione presentata dal COGNOME, rilevava che dal registro I.V.A. agli atti risultava che il debitore era la società fallita, che aveva gestito il cantiere in cui aveva lavorato l’opponente, e riteneva che il sogget to debitore fosse stato esattamente identificato nel fallito, al di là dell’evidente del lapsus calami commesso.
Reputava che le evidenze testimoniali, unite ai documenti prodotti, dessero conto dell’ an debeatur , ma non del quantum del debito vantato, che determinava equitativamente nell’80% dell’ammontare richiesto.
Giudicava che la qualità artigiana dell’impresa potesse essere desunta dal contenuto volume delle fatture emesse, dal suo oggetto e dal fatto che la stessa era un’impresa individuale con soli tre dipendenti.
Accoglieva, pertanto, l’opposizione, ammettendo il credito del COGNOME al passivo per € 115.031,28 in privilegio ex art. 2751bis n. 5 cod. civ.
Il fallimento di RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di tale decreto, pubblicato in data 1° febbraio 2021, prospettando sette motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso NOME COGNOME
Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della decisione impugnata e del procedimento per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 98 e 99, comma 2, n. 4, l. fall., nonché, a men te dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 81, 99 e 101 cod. proc. civ.: il tribunale -rappresenta il ricorrente non ha in alcun modo esaminato l’eccezione di tardività della produzione del registro IRAGIONE_SOCIALEA., che era stata sollevata facendo
rilevare che il documento era stato prodotto solamente con la memoria in replica all’atto di costituzione della procedura.
Inoltre, i giudici di merito, poggiando la propria decisione su tale documento, hanno fatto confusione tra legittimazione a contraddire, oggetto dell’eccezione della curatela, e titolarità del rapporto, questione che doveva essere decisa sulla base della prospettazione compiuta in atti dall’opponente.
Il motivo, nel suo complesso, non è fondato.
5.1. L’omessa pronuncia sull’eccezione di tardività di produzione del documento in considerazione del quale il tribunale ha concluso per l’esatta identificazione del soggetto debitore nella società fallita non comporta alcuna violazione dell’art. 112 cod. proc . civ., perché il vizio di omissione di pronuncia non è configurabile su questioni processuali (Cass. 1876/2018).
5.2. Non merita accoglimento neppure il secondo profilo di censura, attinente alla legittimazione a contraddire del fallimento a cui la domanda di insinuazione era stata rivolta.
Non vi è dubbio che la legittimazione a contraddire, la quale attiene alla titolarità passiva dell’azione, dipenda dal l’individuazione all’interno d ella domanda di un soggetto come titolare dell’obbligo o della diversa situazione soggettiva passiva dedotta in giudizio (Cass., Sez. U., 2951/2016).
Tale ‘ carenza di legittimazione ad agire può essere eccepita in ogni grado e stato del giudizio ‘, essendo ‘ comprensibile che la questione non sia soggetta a preclusioni, in quanto una causa non può chiudersi con una pronuncia che riconosce un diritto a chi, alla stregua della sua stessa domanda, non aveva titolo per farlo valere in giudizio ‘ (idem, § 34).
Nel caso di specie il tribunale, a fronte dell’eccezione della curatela in ordine a un proprio difetto di legitimatio ad causam alla luce del contenuto dell’atto di opposizione, ha ritenuto che l’erronea
identificazione fosse stata frutto di un ‘ evidente e comprensibile lapsus calami ‘.
Una simile affermazione non si presta a censure in questa sede, perché, al di là dell’estemporaneo riferimento iniziale al contenuto del registro I.V.A. che era stato prodotto, risulta essere il frutto proprio dell’esame del contenuto del ricorso in opposizione e della qualificazione del riferimento ivi presente alla società RAGIONE_SOCIALE come un mero errore materiale.
Il secondo motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della decisione impugnata per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., in quanto il tribunale ha totalmente omesso di illustrare le ragioni per le quali ha ritenuto che le evidenze testimoniali, unite ai documenti prodotti, dessero conto dell’ an debeatur .
7. Il motivo è fondato.
Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che, seppur in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 d.l. 83/2012, non sia più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111, comma 6, Cost. e, nel processo civile, dall’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ.; questo obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (Cass. 22598/2018).
Questo obbligo di motivazione involge anche il momento valutativo delle prove (ed in particolare di quelle documentali), in quanto in
questo frangente il giudice di merito è tenuto a dare conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico compiuto al fine di accogliere o rigettare la domanda proposta, dovendosi ritenere viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva o riferita solo complessivamente alle produzioni in atti (Cass. 14762/2019).
Pertanto, sussiste il vizio di motivazione previsto dagli artt. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e 111 Cost. quando la pronuncia riveli un’obiettiva carenza nell’indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. 3819/2020).
Risulta più che evidente come, nel caso di specie, il giudice di merito sia incorso in un simile vizio, laddove ha ‘ ritenuto che le evidenze testimoniali, unite ai documenti prodotti, dato conto dell’an, ma non del quantum del credito vantato, attesa la genericità delle fatture prodotte e delle risposte date dai testi ai generici capitoli di prova … ‘.
Una simile motivazione del provvedimento impugnato, infatti, non indica in alcun modo la ragione giuridica o fattuale che il giudice ha ritenuto di porre a base del proprio apprezzamento delle risultanze probatorie, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio compiuto e, di conseguenza, non raggiunge la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost.
L’accoglimento della censura ha carattere assorbente e rende superfluo l’esame delle ulteriori doglianze presentate.
In conclusione, il provvedimento impugnato deve essere cassato, con rinvio al Tribunale di Vicenza, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Vicenza in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 16 maggio 2025.