Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25552 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 25552 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33411/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
nonché
COGNOME NOME, NOME COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 540/2019 depositata il 26/08/2019, RG 413 del 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’ Appello di Firenze, con la sentenza n. 540 del 2019, ha rigettato l’impugnazione proposta da NOME COGNOME nei confronti del Comune di Arezzo, avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Arezzo.
La ricorrente aveva adito il Tribunale impugnando il conferimento di due posizioni organizzative in quanto effettuate senza valutazione comparativa degli aspiranti, nonché la revoca anticipata, rispetto al termine triennale, degli incarichi di P.O. precedentemente ottenuti (servizi demografici, conferito il 3.2.2014 e revocato il 16.6.2015) con conseguente demansionamento per essere stata assegnata a incarichi di minor rilievo.
Il Tribunale rigettava la domanda in quanto il Comune aveva adeguatamente motivato la scelta di conferire le P.O., senza che la lavoratrice avesse contestato l’idoneità dei controinteressati, nonché di tutti gli altri aspiranti, a ricoprire gli incarichi in questione. Inoltre, le domande relative alla perdita di chances, al demansionamento ed allo svolgimento di mansioni superiori non erano adeguatamente allegate e dimostrate.
Il giudice di appello ha rigettato l’impugnazione.
Ha affermato la Corte d’Appello che è corretto ritenere che gli atti di scelta della PA devono essere motivati con riguardo alla valutazione comparativa degli aspiranti, secondo i criteri individuati dal regolamento e dalle norme collettive.
Ma per l’accoglimento della domanda proposta non basta va che la lavoratrice avesse dimostrato di essere stata scavalcata rispetto, nella specie, ai due colleghi prescelti, dovendo piuttosto dare la dimostrazione anche rispetto agli altri candidati.
Ciò, in quanto, nella specie, la domanda della lavoratrice, sia di conferimento di PO che di risarcimento del danno, non faceva valere solo una carenza procedurale relativa alla mancata comparazione fa tutti gli idonei, ma argomentava che la corretta valutazione comparativa avrebbe portato necessariamente a conferire ad essa entrambe le PO.
Nel caso di specie le determinazioni di conferimento delle PO non contenevano una effettiva motivazione comparativa dei due aspiranti prescelti rispetto agli atri (10 in un caso e 3 nell’altro), ma la ricorrente non aveva dimostrato in alcun modo come una corretta valutazione comparativa avrebbe necessariamente portato a conferire a lei entrambe le PO.
Per le stesse ragioni non poteva essere accolta la domanda di risarcimento del danno per perdita di chance .
Con riguardo alla revoca anticipata, il giudice di appello ha affermato che la questione del termine di cinque anni previsto dal CCNL, che sarebbe stato violato dal Regolamento che lo fissava in tre anni, era stata proposta per la prima volta in appello.
Ha osservato che la revoca della PO è consentita in presenza di determinati presupposti correlati alla modifica della struttura organizzativa dell’ente, ovvero ad una valutazione negativa del risultato raggiunto.
Nella specie era intervenuta la riorganizzazione, con delibera della Giunta comunale 4 novembre 2017 n. 537, alla quale erano seguite ulteriori deliberazioni.
Con la suddetta delibera era stato approvato il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, l’organigramma e la mappa delle funzioni della struttura
L’ampiezza e la portata di tali atti di organizzazione erano tali da ricadere anche sulla posizione della ricorrente, per quanto non direttamente interessata dagli atti stessi.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la lavoratrice prospettando tre motivi di ricorso.
Resiste il Comune di Arezzo con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 2-5 del d.lgs. n. 165/01, degli artt. e 9 CCNL Enti Locali 1999 in tema di motivazione degli atti di conferimento delle posizioni organizzative (PO) , dell’art. 2697 , c.c., e segg., in tema di onere della prova dei requisiti per il riconoscimento delle PO, e dell’art. art. 22 del Regolamento Comune di Arezzo, in relazione all’art. 360 , n. 3, c.p.c.
Osserva la ricorrente che gli atti di PO sono atti negoziali rispetto ai quali vige l’obbligo di motivazione previsto dall’art. 9 del CCNL.
La stessa Corte d’Appello ha accertato che gli atti di PO impugnati non contenevano effettiva valutazione comparativa.
Pertanto, il giudice di appello non poteva escludere il diritto della ricorrente all’assegnazione delle PO, incombendo sull’Ente la prova di aver svolto la valutazione comparativa.
Con il secondo motivo è prospettata la violazione degli artt. 8 e 9 CCNL Enti Locali 1999 in tema di durata e limiti alla revoca degli
incarichi di PO, dell’art. 1362 cc in tema di interpretazione degli artt. 8 e 9 CCNL cit, in relazione all’art. 360 n° 3 c.p.c.
La previsione di un’anticipata cessazione dell’incarico (da effettuarsi con atto scritto e motivato) è ricollegata dall’art. 9 del CCNL a intervenuti mutamenti organizzativi e a uno specifico accertamento di risultato negativi.
La disposizione persegue quei principi di continuità dell’azione amministrativa diretto a impedire l’intervento di profili di arbitrarietà nell’adozione dei poteri di rimozione di questi incarichi, poteri causalmente giustificabili soltanto nell’ottica del buon andamento dell’azione amministrativa.
La Corte d’ Appello, concentrandosi, nella specie, su atti di modifica di strutture che non riguardavano la posizione della ricorrente, ma, anzi, secondo l’accertamento contenuto nella sentenza, effettuati senza che la posizione della ricorrente ne fosse investita ha ritenuto erroneamente corretta l’azione dell’Amministrazione.
I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.
Gli stessi sono fondati.
Ai fini della verifica del rispetto dei principi di correttezza e buona fede da parte del datore di lavoro pubblico che conferisca incarichi con determinazioni negoziali di natura privatistica scegliendo tra più aspiranti, deve infatti ritenersi imprescindibile (Cass., n. 36209 del 2023) che l’Amministrazione dia contezza dei criteri della scelta con una congrua motivazione, trovando applicazione i medesimi principi espressi da questa Corte con riferimento al conferimento di incarichi dirigenziali nell’ambito del pubblico impiego privatizzato. Questa Corte ha affermato che tale conferimento integra una determinazione negoziale di natura privatistica, per l’adozione della quale l’amministrazione datrice di lavoro è tenuta, alla stregua delle clausole generali di correttezza e buona fede di cui agli artt.
1175 e 1375, c.c. (e degli stessi principi evocati dall’art. 97 Cost.), ad una valutazione comparativa con gli altri candidati che contempli adeguate forme di partecipazione ai processi decisionali e sia sorretta da una congrua motivazione circa i criteri seguiti e le ragioni giustificatrici delle scelte adottate (Cass. n. 6485/2021).
La sentenza impugnata, pur avendo ritenuto che la natura discrezionale della procedura comporta, come logico corollario, che il sindacato giurisdizionale possa essere condotto solo nei limiti in cui vengono allegati e provati comportamenti discriminatori, ovvero contrari ai principi di buona fede e correttezza, non si è espressa sull ‘ esistenza e sulla congruità di una motivazione che giustificasse le scelte effettuate dall ‘ Ente all ‘ esito delle previste procedure selettive e va, pertanto, cassata sul punto.
Da tempo questa Corte, chiamata a pronunciare sulla posizione giuridica soggettiva dell’aspirante alla promozione nell’ambito dell’impiego privato, ha evidenziato che a fronte dell’obbligo contrattuale del datore di lavoro di procedere alla valutazione comparativa dei titoli e della capacità professionale dei partecipanti alla selezione, sorge in capo a ciascun candidato una posizione soggettiva di credito, con la conseguenza che, ove la prestazione non venga correttamente adempiuta dal datore, il dipendente-creditore può esercitare sia l’azione di esatto adempimento, al fine di ottenere la ripetizione delle operazioni concorsuali, sia l’azione di risarcimento del danno (cfr. (Cass., n. 26966 del 2019).
Nella specie, come sintetizza il giudice di appello (pag.2) la lavoratrice impugna l ‘esito della selezione in quanto effettuata senza una valutazione comparativa degli aspiranti.
La stessa ha prospettato con riferimento al proprio curriculum gli elementi, a proprio avviso, di prevalenza rispetto agli altri aspiranti, non vagliati in sede di valutazione comparativa.
Dunque, la ricorrente ha adempiuto al proprio onere della prova, dovendo la Corte d’Appello valutare la congruenza degli atti di conferimento delle PO (e dunque della motivazione) rispetto al profilo professionale della stessa, con riguardo al bando e alle disposizioni contrattuali.
Anche la censura relativa alla mancanza delle condizioni di revoca anticipata della posizione organizzativa è fondata, atteso che la stessa Corte d’ Appello ha affermato che la posizione della lavoratrice non era stata direttamente interessata dalla riorganizzazione che era intervenuta.
Di talché il giudice di appello non ha fatto corretta applicazione del principio, già affermato da questa Corte (Cass., n. 2972 del 2017) in materia di enti locali, applicabile anche alla fattispecie in esame, che la revoca anticipata dell’incarico dirigenziale per ragioni organizzative, prevista dalla contrattazione collettiva, deve essere adottata con un atto formale e richiede una motivazione esplicita, fondata su ragioni attinenti al settore cui è preposto il dirigente.
Con il terzo motivo di ricorso è prospettata la violazione degli artt. 1218 c.c. e ss., 2043 c.p.c. e 2697 e ss, in tema di perdita di chance e di demansionamento, in relazione all’art. 360 n° 3 c.p.c.
Assume la ricorrente che in tema di procedure selettive ogni volta che il datore di lavoro abbia omesso il rispetto delle regole procedimentali o si sia discostato dai criteri valutativi, il pretermesso in alternativa all’azione di esatto adempimento, può esercitare quella di risarcimento del danno.
L’azione non richiede null’altro se non l’allegazione, da parte del lavoratore, di avere partecipato alla selezione e/o di essere stato ingiustamente escluso dalla stessa (Cass., n. 27159 del 2019).
Il motivo è assorbito in ragione dell’accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso.
6. La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso. Assorbito il terzo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi primo e secondo accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso. Assorbito il terzo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al primo e al secondo motivo di ricorso accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro