Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5624 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 5624  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28392-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante  pro  tempore,  domiciliata  in  INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,  rappresentata  e  difesa  dall’avvocato  NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE ,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro tempore,  elettivamente  domiciliata  in  ROMA,  INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
nonché contro
NOME ;
– intimato –
Oggetto
Rapporto di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
R.G.N. 28392/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 09/01/2025
CC
avverso  la  sentenza  n.  976/2019  della  CORTE  D’APPELLO  di PALERMO, depositata il 06/11/2019 R.G.N. 227/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/01/2025 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Palermo, con la sentenza impugnata, in sede di rinvio disposto da questa Corte con ordinanza n. 29962 del 2017, ha così disposto: ‘a) dichiara che tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE è intercorso, dal 18.12.2002, un rapporto di lav oro subordinato a tempo indeterminato e, per l’effetto, condanna tale ultima società al ripristino del rapporto nonché al pagamento in favore dell’appellante di una indennità pari a sei mensilità della retribuzione globale di fatto percepita, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal 26.1.2012 al saldo; b) condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di COGNOME NOME delle retribuzioni maturate a partire dal 26.1.2012 fino alla effettiva riammissione in servizio, oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge; c) condanna RAGIONE_SOCIALE a manlevare RAGIONE_SOCIALE delle somme corrisposte a COGNOME NOME per effetto delle prescrizioni di cui ai predetti capi a) e b)’; la Corte siciliana ha poi confermato nel resto la sentenza di primo grado, provvedendo sulle spese;
la Corte, per quanto qui ancora rileva e nei limiti di quanto devoluto  con  il  giudizio  di  rinvio,  ha  accolto  la  domanda  di manleva formulata da RAGIONE_SOCIALE avverso RAGIONE_SOCIALE, affermando che nel contratto commerciale fra loro intercorso era indicata la causale  per  la  quale  si  faceva  ricorso  alla  somministrazione, causale che, ben nota all’RAGIONE_SOCIALE, non era stata riprodotta nel successivo contratto a tempo determinato
intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e il COGNOME, determinando così la declaratoria di illegittimità del termine ivi apposto, con conseguente  condanna  di  RAGIONE_SOCIALE,  quale  utilizzatrice,  alla riassunzione del lavoratore e alla corresponsione in suo favore delle connesse poste risarcitorie;
la Corte del rinvio ha quindi argomentato: ‘la palese inottemperanza di RAGIONE_SOCIALE all’osservanza degli obblighi contrattuali sulla stessa gravanti, come originati dal combinato disposto degli artt. 1175  e  1375  c.c., costituisce valido presupposto  legittimante  le  pretese  risarcitorie  articolate  da RAGIONE_SOCIALE, da limitarsi, tuttavia, […] al ristoro esclusivamente dell’indennità ex art. 32, comma 5, l. n. 183/2010 e delle spese di lite come liquidate in dispositivo’;
3. per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE con tre motivi; ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE, mentre non ha svolto attività difensiva NOME COGNOME; all’esito  della  camera  di  consiglio,  il  Collegio  si  è  riservato  il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
1. i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati; 1.1. il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, l. n. 196 del 1997, 1218, 1175 e 1375 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., sostenendo che, ‘in materia di somministrazione di RAGIONE_SOCIALE, la norma non prevede alcun obbligo di manleva sussistente in capo alle agenzie di somministrazione, in quanto è proprio essa a prevedere, quale unica conseguenza diretta della nullità (o illegittimità) del contratto di somministrazione, la costituzione del rapporto di RAGIONE_SOCIALE in capo all’utilizzatore’;
1.2. il secondo motivo denuncia, in via subordinata, la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., ‘per contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo’, atteso che la sentenza impugnata, dopo aver affermato nella motivazione che la Ali era condannata ‘al ristoro esclusivamente dell’indennità ex art. 32, comma 5, l. n. 183 del 2010 e delle spese di lite’, nel dispositivo ha poi condannato detta società a manlevare RAGIONE_SOCIALE anche per le somme di cui al punto b), contenente la condanna al pagamento, in favore del COGNOME, delle retribuzioni maturate a partire dal 26.1.2012 sino alla effettiva riammissione in servizio;
1.3.  il  terzo  mezzo,  in  via  ancor  più  gradata,  deduce  la violazione dell’art. 32 della l. n. 183 del 2010, in quanto la Corte del rinvio avrebbe disatteso, con la condanna al pagamento di ulteriori  somme,  il  principio  di  diritto  stabilito  dalla  sentenza rescin dente che aveva limitato le poste risarcitorie all’indennizzo previsto dalla norma richiamata;
il  ricorso  deve  essere  accolto  limitatamente  al  secondo motivo di censura;
2.1. il primo motivo è inammissibile perché non si confronta, né confuta  adeguatamente,  la ratio  decidendi della  sentenza gravata  che  ha  ravvisato  la  fonte  dell’obbligo  di  manleva riconosciuto in capo all’RAGIONE_SOCIALE non nella l. n.  196  del  1997,  di  cui  si  lamenta  la  violazione  o  falsa applicazione, bensì negli obblighi nascenti dal contratto commerciale intercorso tra le due società, interpretato alla luce dell’osservanza degli obblighi di correttezza e buona fede;
2.2. il secondo motivo è, invece, fondato;
come noto le Sezioni unite di questa Corte (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014) hanno sancito che l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge
costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo che comporta  la  nullità  della  sentenza  nel  caso  di  “mancanza assoluta  di  motivi  sotto  l’aspetto  materiale  e  grafico”,  di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”;
si è ulteriormente precisato che di ‘motivazione apparente’ o di ‘motivazione perplessa e incomprensibile’ può parlarsi laddove essa non renda ‘percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscer e l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice’ (Cass. SS.UU. n. 22232 del 2016; v. pure Cass. SS.UU. n. 16599 del 2016);
in  ossequio  si  è  ribadito  che  la  motivazione  deve  ritenersi apparente quando pur se graficamente esistente non consente alcun  controllo  sull’esattezza  e  la  logicità  del  ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost. (Cass. n. 13248 del 2020);
orbene,  la  statuizione  contenuta  nel  dispositivo  con  cui  si condanna RAGIONE_SOCIALE a manlevare RAGIONE_SOCIALE delle  somme  corrisposte  a  COGNOME  NOME  anche  avuto riguardo alle somme di cui al punto b), contenente la condanna al pagamento delle retribuzioni maturate a partire dal 26.1.2012 sino alla  effettiva  riammissione in servizio, non è sorretta da alcuna motivazione idonea a rendere percepibile le ragioni che hanno indotto il Collegio a tale determinazione;
anzi,  la  motivazione  sul  punto  è  radicalmente  contraddittoria nella parte in cui la condanna alla manleva è limitata ‘ al ristoro
esclusivamente  dell’indennità  ex  art.  32,  comma  5,  l.  n. 183/2010 e delle spese di lite’ ;
il vizio radicale impone la cassazione della sentenza impugnata in  questa  parte,  con  nuovo  esame  sul  punto  demandato  al giudice del rinvio;
2.3. l’accoglimento del secondo  motivo assorbe il terzo, esplicitamente formulato in via subordinata;
pertanto,  respinto  il  primo  motivo,  deve  essere  accolto  il secondo, con declaratoria di assorbimento del terzo; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo ritenuto fondato  e  rinvio al giudice indicato in dispositivo che  si uniformerà a quanto statuito, provvedendo pure sulle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara  assorbito  il  terzo;  cassa  la  sentenza  impugnata  in relazione  al  motivo  accolto  e  rinvia  alla  Corte  di  Appello  di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 9 gennaio 2025.