Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3671 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 3671 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13993-2020 proposto da:
AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA CONSORZIALE RAGIONE_SOCIALE BARI, in persona del Direttore Generale pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo PEC del difensore
– controricorrente –
nonché contro
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI “ALDO COGNOME“;
– intimata –
Oggetto
Retribuzione pubblico impiego
R.G.N. 13993/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 23/01/2025
CC
avverso la sentenza n. 2003/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 08/10/2019 R.G.N. 233/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/01/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
il COGNOME, dipendente dell’Università e appartenente al personale tecnico e amministrativo (non medico) in servizio presso l’Azienda Ospedaliera Policlinico di Bari in virtù di conferimento in convenzione, inquadrato nella cat. D (ex VIII q.f.) c.c.n.l. comparto Università, aveva avanzato il diritto, ai sensi dell’art. 1 legge n. 200/1974 e dell’art. 21 d.P.R. n. 761/1979, all’indennità di equiparazione (o indennità ‘piccola De Maria’) determinata in base alla tabella D allegata al d.i. 9.11.1982, non più corrispostagli dall’Università dal settembre 2012 in esecuzione delle prescrizioni del c.d. lodo Volpe del 20/4/2012;
il Tribunale di Bari con sentenza 5/12/2017 accoglieva la pretesa del dipendente verso l’Università , la quale proponeva gravame dinanzi alla Corte d’appello, che, con sentenza dell’8/10/2019, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riteneva il Policlinico di Bari obbligato a tenere indenne l’Università di tutte le somme da questa corrisposte al COGNOME, ciò in accoglimento della domanda di garanzia impropria avanzata sin dapprincipio dalla stessa Università degli Studi e sulla quale il Tribunale aveva, tuttavia, omesso di statuire;
la Corte barese rilevava che sulla statuizione del Tribunale che aveva ad oggetto il diritto del COGNOME a vedersi corrispondere dall’Università, datrice di lavoro, le somme de quibus si era formato il giudicato interno; sottolineava, poi, che il Policlinico, in base al rapporto di provvista, come (ri)disciplinato dal lodo arbitrale COGNOME,
che aveva accertato l’obbligo dell’A.O. di assicurare le risorse finanziarie , e recepito nell’atto di intesa del 30/10/2013, era a sua volta tenuto a manlevare l’Università per quanto corrisposto, in applicazione dell’art. 1 legge n. 200/1974;
4. avverso tale sentenza l’Azienda Ospedaliera Policlinico di Bari ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, resistiti con controricorso del COGNOME; entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ. nonché dei limiti di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, e del divieto di domande nuove in appello, atteso che l’Università degli Studi di Bari ha giustificato in origine la chiamata in causa nei confronti della Azienda Ospedaliera Policlinico richiamando genericamente il concetto di “comunanza” di causa, ritenendo l’Università co-obbligata (perché datrice di lavoro) in solido con il Policlinico, e non già prospettando una obbligazione di manleva che era stata introdotta tardivamente in appello;
1.1 il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato;
il motivo è inammissibile perché , in violazione dell’art. 366 comma 1 n. 6 cod. proc. civ.) l’atto al quale si fa riferimento (del quale si trascrivono le conclusioni e uno stralcio) non è specificamente indicato in quanto mancano dati inerenti alla sua localizzazione e perché non è stato indicato neppure nell’indice in calce al ricorso;
infondato perché dagli stralci dell’atto di chiamata in causa notificato in primo grado al Policlinico emerge chiaramente la volontà dell’Università opponente «nella denegata ipotesi di accoglimento delle pretese dell’istante» di essere «lasciata indenne per essere responsabile l’Azienda ospedaliera consorziale Policlinico»: non v’è chi non veda che la locuzione ‘lasciare indenne’
sia chiara e inequivoca nell’esprimere la volontà di riversare in via esclusiva, beninteso nei rapporti interni con il condebitore solidale, sull’Azienda Ospedaliera Policlinico le conseguenze pregiudizievoli sul piano patrimoniale dell’azione del COGNOME;
con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 7611/1979 ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio nonché errata interpretazione e applicazione del Lodo Arbitrale inter partes ; secondo la ricorrente il cd. ‘ lodo COGNOME ‘ sarebbe stato male interpretato non prevedendo in realtà che le somme dell’indennità di perequazione siano a carico dell’Azienda ospedaliera né che su di essa ricada un obbligo di provvista o di manleva, se non limitatamente ai pregressi trattamenti in cessazione (non anche per quelli successivi al settembre 2012, obbligo, invece, ingiustificatamente ravvisato dal giudice d’appello );
2.1 il motivo è inammissibile sotto vari concorrenti profili;
il motivo è inammissibile sia perché formulato senza il rispetto degli oneri di allegazione e di specificazione (fa riferimento, si noti, a documenti non localizzati – come il lodo COGNOME, l’atto di intesa 30.10.2013 tra il Rettore dell’Università e il Direttore generale del Policlinico e la delibera del Policlinico n. 1371 del 3.12.2013 e la decisione del C.d.A. dell’Università del 29.11.2013 -in relazione ai quali si ignora dove e quando gli stessi siano stati prodotti) sia perché non tiene conto del decisum della sentenza impugnata che, quanto alla spettanza della indennità nei termini accertati dal Tribunale, ha fatto leva sulla formazione del giudicato interno e, in relazione alla fondatezza della domanda di garanzia, ha richiamato l’intesa che ha fatto seguito al lodo arbitrale e in relazione a questa interpretazione il motivo sollecita un esame diretto degli atti senza denunciare la violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale;
nel motivo si formulano una serie di eccezioni, in ordine alla non spettanza dell’indennità COGNOME per mancato svolgimento di incarichi dirigenziali ed alla disparità di trattamento (p. 13-14 ricorso per cassazione) che si verrebbe a creare con gli altri dipendenti ospedalieri dello stesso profilo tecnico-amministrativo del COGNOME che si appalesano nuove perché di esse non ne fa menzione la sentenza impugnata: ed è evidentemente onere della ricorrente chiarire quando e dove avesse formulato tali deduzioni e contestazioni che involgono l’accertamento di profili di fatto non sottoponibili all’esame del giud ice di legittimità;
infine, le considerazioni della Corte barese in ordine alla fondatezza della domanda di manleva poggiano, in primis, sull’art. 1 legge n. 200/1974 e sul l’ art. 4 della legge n. 213/1971 (che prevede un rimborso dei costi del personale universitario a carico degli enti ospedalieri), e, solo in termini rafforzativi (cfr . l’incipit di p. 8, I cpv. della sentenza, con l’avverbio ‘peraltro’), sul lodo COGNOME, che avrebbe «accertato l’obbligo dell’Azienda (ospedaliera, che intrattiene il rapporto di servizio con il dipendente universitario destinato ad attività assistenziale giusta convezione tra gli aneti) di assicurare la provvista finanziaria relativamente ai pagamenti effettuati dall’Università», sicché esse non sono, nel complesso, inficiate dai rilievi di parte ricorrente, i quali si appuntano solo sulla lettura del lodo arbitrale e non anche sul prioritario passaggio argomentativo secondo cui è la disciplina legislativa che pone comunque a carico del Policlinico l’obbligo di provvista per le indennità de quibus ;
3. con il terzo mezzo si denuncia violazione o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli art. 100 e 112 cod. proc. civ.: la Corte di appello di Bari con la sentenza impugnata ha esteso la pronuncia di condanna alla terza chiamata, senza considerare che il COGNOME (ossia la parte attrice in senso sostanziale, creditore
opposto o convenuto formale) aveva in ogni caso chiesto in via principale il rigetto dell’opposizione dell’Università e la mera conferma del decreto, violando il combinato disposto delle disposizioni sopra richiamate;
3.1 il motivo è inammissibile perché non coglie il decisum ;
se il COGNOME aveva ri chiesto il rigetto dell’opposizione, altra era invece la domanda proposta, ancorché in via subordinata, dall’Università, la cui azione di manleva è stata accolta dalla Corte barese senza che si possa qui configurare alcuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del principio dell’interesse ad agire;
con il quarto, ed ultimo, mezzo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.: la statuizione sulle spese viene specificamente impugnata, in quanto muove dall’omessa considerazione del fatto che il Policlinico ha versato all’Università esattamente la somma indicata nel lodo e non già una somma inferiore;
4.1 il motivo è inammissibile;
basti dire che il fatto (i.e., avvenuto pagamento della somma indicata nel lodo COGNOME) non è in sé decisivo, se è vero che la somma versata afferisce -come fa intendere la stessa parte ricorrente -ai crediti maturati fino al centoventesimo giorno dal dì del lodo arbitrale e non ai crediti (oggetto del contendere) successivamente maturati, dal mese di settembre 2012, dal personale universitario in relazione ai quali il giudice d’appello ha ritenuto che gli oneri dovessero ricadere su chi in concreto utilizzava le prestazioni professionali in regime di convenzione, ossia sull’AO Policlinico;
segue l’inammissibilità del ricorso; spese di legittimità secondo soccombenza;
quantunque l’Università sia stata invalidamente evocata nel giudizio di cassazione, in quanto il ricorso è stato notificato via PEC
all’Avvocatura distrettuale e non all’Avvocatura Generale in Roma,