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Obbligo di comunicazione lavoratore: la Cassazione

La Cassazione conferma l’illegittimità del licenziamento di un lavoratore, reintegrato ma non riammesso in servizio, che aveva trovato un altro impiego. Manca l’obbligo di comunicazione se l’azienda non prova di averlo informato sulla sua posizione (es. CIGS) e non fa un’offerta concreta di reintegro.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Obbligo di comunicazione e reintegra: cosa succede se il lavoratore trova un altro impiego?

Un lavoratore, licenziato illegittimamente, ottiene dal giudice un ordine di reintegrazione. L’azienda, però, non esegue l’ordine e il dipendente, nel frattempo, trova un’altra occupazione. Questo scenario solleva una domanda cruciale: esiste un obbligo di comunicazione da parte del lavoratore verso il precedente datore di lavoro? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito chiarimenti fondamentali, ponendo l’accento sugli oneri del datore di lavoro inadempiente.

I Fatti del Caso: Un Licenziamento Contestato

La vicenda riguarda un dipendente di una grande compagnia aerea, licenziato una prima volta e successivamente reintegrato per ordine del Tribunale. Tuttavia, l’azienda non dava seguito effettivo alla reintegra. Trascorsi alcuni anni, la società procedeva a un nuovo licenziamento per giusta causa, accusando il lavoratore di essere diventato irreperibile e, soprattutto, di non aver comunicato di aver intrapreso un’altra attività lavorativa presso un’altra società. Secondo l’azienda, questa omissione violava i doveri di correttezza e buona fede, in quanto il dipendente era stato nel frattempo collocato in Cassa Integrazione (CIGS) e avrebbe dovuto informare della nuova occupazione.

Il lavoratore ha impugnato anche questo secondo licenziamento. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello gli hanno dato ragione, ritenendo il licenziamento illegittimo. I giudici di merito hanno stabilito che il lavoratore non era affatto irreperibile e che, in assenza di un’effettiva offerta di reinserimento e di una provata comunicazione della sua collocazione in CIGS, non sussisteva alcun obbligo di informare il precedente datore di lavoro della nuova attività.

La Decisione della Corte: Quando sorge l’obbligo di comunicazione?

La compagnia aerea ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una presunta violazione delle norme sulla motivazione delle sentenze e dell’art. 2105 c.c. sull’obbligo di fedeltà. La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello e delineando principi chiari in materia.

Il punto centrale della decisione è che l’obbligo di comunicazione non è un dovere assoluto e incondizionato. Esso sorge in adempimento dei doveri di correttezza e buona fede solo quando il lavoratore è a conoscenza di una situazione di potenziale incompatibilità, come la percezione di un’indennità di CIGS. In questo caso, l’azienda non è riuscita a dimostrare di aver mai comunicato al dipendente la sua collocazione in CIGS, né di avergli inviato le relative buste paga. Di conseguenza, il lavoratore non poteva essere a conoscenza di tale situazione e, pertanto, non era tenuto a nessuna comunicazione.

L’onere della prova e l’inadempimento del datore di lavoro

La Corte ha sottolineato che l’onere della prova era interamente a carico del datore di lavoro. Era l’azienda a dover dimostrare non solo di aver comunicato la collocazione in CIGS, ma anche di aver adempiuto al suo obbligo primario: l’ordine di reintegra. La giurisprudenza consolidata, infatti, esige che il datore di lavoro, a seguito di un ordine di reintegrazione, riammetta il lavoratore nella stessa sede e nelle stesse mansioni che svolgeva prima del licenziamento illegittimo. Solo dopo aver adempiuto a questo primo passo, l’azienda può valutare un’eventuale diversa ricollocazione.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su una logica stringente. In primo luogo, il lavoratore non può essere considerato inadempiente se il datore di lavoro è il primo a non rispettare un ordine giudiziale. L’inerzia dell’azienda nel reintegrare il dipendente ha creato un limbo temporale in cui il lavoratore ha legittimamente cercato e trovato un’altra fonte di reddito. Pretendere che in una simile situazione il lavoratore rinunci a lavorare o debba informare un datore di lavoro inadempiente è contrario ai principi di buona fede.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito che le censure mosse dall’azienda erano critiche di merito, mascherate da violazioni di legge. La valutazione dei fatti e delle prove (come la mancata ricezione delle comunicazioni sulla CIGS) è compito dei giudici di merito e non può essere ridiscussa in sede di legittimità, a meno che non vi sia un vizio di motivazione grave, come una motivazione ‘apparente’ o ‘incomprensibile’, che in questo caso era del tutto assente.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Aziende

Questa ordinanza offre importanti lezioni pratiche. Per le aziende, il messaggio è chiaro: un ordine di reintegrazione del giudice deve essere eseguito tempestivamente e in modo concreto, riammettendo il lavoratore nella sua posizione originaria. Qualsiasi comunicazione rilevante, come la collocazione in CIGS, deve essere effettuata con mezzi che ne garantiscano la prova della ricezione. L’inerzia e la mancanza di prove ricadono interamente sull’azienda.

Per i lavoratori, la sentenza conferma il diritto di cercare un’altra occupazione se il datore di lavoro non ottempera all’ordine di reintegra. L’obbligo di comunicare la nuova attività lavorativa non è automatico, ma sorge solo in presenza di specifiche circostanze (come la provata conoscenza di una situazione di incompatibilità) che devono essere dimostrate dall’azienda.

Un lavoratore reintegrato dal giudice può svolgere un altro lavoro mentre attende di rientrare in servizio?
Sì. La Corte ha stabilito che un lavoratore, nel periodo in cui non svolge la prestazione oggetto del contratto di lavoro a causa dell’inadempimento del datore di lavoro, può legittimamente compiere altre attività lavorative per garantirsi un reddito.

L’obbligo di comunicazione di un’altra attività lavorativa è sempre valido per il dipendente?
No. Secondo la sentenza, questo obbligo non è assoluto. Sorge in base ai doveri di correttezza e buona fede, in particolare quando il lavoratore è a conoscenza di circostanze che creerebbero un’incompatibilità (come la percezione dell’indennità CIGS). Se il datore di lavoro non prova di aver informato il dipendente di tali circostanze, l’obbligo di comunicazione non sussiste.

Cosa deve fare il datore di lavoro per reintegrare correttamente un dipendente?
Il datore di lavoro deve innanzitutto ottemperare all’ordine del giudice riammettendo il lavoratore nella stessa sede di lavoro e nelle stesse mansioni che svolgeva al momento del licenziamento illegittimo. Un invito generico non è sufficiente; è necessaria un’offerta concreta e specifica prima di poter valutare eventuali diverse ricollocazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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