Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20732 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20732 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
Oggetto: società di capitali – delibera assembleare – invalidità
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26902/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo RAGIONE_SOCIALE, sito in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, sito in Roma, INDIRIZZO
–
contro
ricorrenti
–
avverso la sentenza della Corte di appello di Torino n. 911/2022, depositata l’11 agosto 2022 .
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
la RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE (in seguito, RAGIONE_SOCIALE) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Torino, depositata l’11 agosto 2022 , di reiezione dei -riuniti -appelli (principali e incidentali) avverso due sentenze del locale Tribunale le quali avevano annullato le delibere della società del 2 agosto 2018 e del 29 luglio 2019 nella parte in cui avevano disposto la sospensione del pagamento della porzione dei dividendi spettanti a NOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e conseguentemente condannato la società al pagamento dei relativi importi;
la Corte di appello ha riferito che l’art. 9 dello statuto sociale prevedeva che i soci persone fisiche detentori di una quota di partecipazione minoritaria di RAGIONE_SOCIALE, che prestavano anche la propria attività lavorativa per tale società ovvero per società controllate da e/o collegate a questa, erano obbligati a offrire in acquisto pro quota agli altri soci le quote di partecipazione al capitale sociale in loro possesso a un prezzo equivalente al valore del patrimonio netto corrispondente alla cessazione di tale attività lavorativa e che gli appellati rientravano in una siffatta situazione, in quanto già dipendenti della RAGIONE_SOCIALE, facente parte della RAGIONE_SOCIALE, e titolari di quote di partecipazione al capitale di quest’ultima;
ha dato atto che il Tribunale, con due sentenze sostanzialmente conformi, aveva accolto le impugnative dei predetti soci, evidenziando che avente diritto al dividendo è colui che alla data della delibera assembleare è titolare della quota in modo opponibile alla società -e, dunque, nella specie, gli appellati -e che, in assenza del perfezionamento del negozio di cessione di quote all’ avente diritto, l’assemblea dei soci non poteva disporre, come, invece, aveva deliberato, la distribuzione degli utili per una parte RAGIONE_SOCIALE quote di titolarità di alcuni soci e l’acc antonamento per altra parte di titolarità
di altri soci, pena una ingiustificata compressione dei diritti di questi ultimi;
ha, quindi, confermato le sentenze impugnate, evidenziando che non era pertinente il riferimento alla disciplina bancaria che regolamenta la struttura dei sistemi di remunerazione e incentivazione dei dipendenti e non era decisiva la circostanza dell’inadempimento dei soci all’obbligo statutario di cedere le loro quote una volta cessato il loro rapporto di lavoro con la banca;
il ricorso è affidato a quattro motivi;
resistono, con unico controricorso, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
con nota del 13 marzo 2024 i ricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME depositano atto di rinuncia al giudizio, accettato dalla ricorrente , e chiedono dichiararsi l’estinzione del giudizio nei loro confronti;
NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
deve disporsi in conformità con la richiesta dei controricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, attesa la regolarità della rinuncia al giudizio e della relativa accettazione;
il ricorso va, dunque, esaminato con riferimento alla sola posizione di NOME COGNOME;
con il primo motivo la ricorrente denuncia « l’omessa valutazione di un fatto decisivo ai fini del giudizio» e la violazione degli artt. 9.2 dello Statuto sociale e 2473 e 2482, secondo comma, cod. civ., per aver la sentenza impugnata ritenuto che «non sarebbe intervenuta la cessazione della materia del contendere e il difetto ab origine della titolarità del potere di impugnare» in ragione del perdurante qualità di soci degli originari attori, per come risultante dalle evidenze del Registro RAGIONE_SOCIALE imprese, benché si fosse in presenza di un recesso
obbligatorio vincolato, conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro con la RAGIONE_SOCIALE, immediatamente efficace al ricorrere di tale evento;
-con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 2377, primo e secondo comma, cod. civ., per aver la Corte di appello annullato le delibere benché gli attori avessero perso la loro qualità di soci e, per effetto di ciò, non potessero vantare alcun diritto sugli utili distribuiti;
i motivi, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili;
le doglianze muovono dall’assunto che per effetto della clausola espressa dall’art. 9 dello Statuto sociale la cessazione del rapporto di lavoro con la banca avrebbe avuto quale effetto automatico la perdita della qualità di socio del dipendente;
tale assunto risulta smentito dalla sentenza impugnata, la quale ha rilevato che la clausola prevedeva un obbligo di cedere le quote alla ricorrenza dell’evento preso in esame (la cessazione del rapporto di lavoro), con accertamento che, cadendo sull’interpretazione della clausola statutaria, è riservato al giudice di merito (cfr. Cass. 4 settembre 2012, n. 14775; Cass. 13 dicembre 2006, n. 26683);
orbene, il vizio di violazione o falsa applicazione di legge non può che essere formulato se non assumendo l’accertamento di fatto, così come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell’operazione giuridica di sussunzione, là dove, diversamente (ossia ponendo in discussione detto accertamento), si verrebbe a trasmodare nella revisione della quaestio facti e, dunque, ad esercitarsi poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. Cass. 13 marzo 2018, n. 6035; Cass., 23 settembre 2016, n. 18715);
la censura non rispetta tale condizione, risolvendosi in una critica alla interpretazione della clausola statutaria e dei suoi effetti operata dal giudice di merito, non consentita in questa sede;
inammissibile è, del pari, il motivo nella parte in cui fa valere il vizio
motivazionale, attesa la preclusione della cd. doppia conforme, operante per non aver la ricorrente assolto all’onere di indicare che le ragioni di fatto su cui si fondano la pronuncia di primo grado e quella di appello sono diverse (cfr. Cass. 29 gennaio 2024, n. 2630; Cass. 20 settembre 2023, n. 26934);
-con il terzo motivo la ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio, dell’omessa pronuncia e della violazione dell’art. 1460 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata non ha considerato che l’inadempienza de gli attori all’obbligo statutario di cedere le loro quote di partecipazione al capitale della RAGIONE_SOCIALE giustificava la decisione di non distribuire degli utili a loro beneficio e di procedere al relativo accantonamento;
-censura sostanzialmente analoga è formulata con l’ultimo motivo, in relazione al diverso paradigma rappresentato dalla violazione degli artt. 1175, 1372, 1375, 1460, 2377 e 2470 cod. civ. e della circolare della RAGIONE_SOCIALE d’Italia 17 dicembre 2003, n. 285 :
i motivi, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili;
-la questione prospettata, consistente nel legittimo esercizio dell’eccezione di inadempimento, non risulta essere stata esaminata dal giudice di appello, né la ricorrente indica se e in quale sede è stata sottoposta al giudice di merito, non assolvendo, così, all’onere di specificità previsto a pena di inammissibilità;
i motivi di ricorso, infatti, devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni nuove (cfr. Cass. 9 agosto 2018, n. 20694; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430; Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675);
può, in ogni caso, osservarsi che l’eccezione d’inadempimento è un mezzo di autotutela RAGIONE_SOCIALE parti volto a mantenere l’equilibrio sinallagmatico RAGIONE_SOCIALE prestazioni nella fase di esecuzione di contratti a prestazioni corrispettive, per cui non può essere utilizzata nel diverso
ambito dei contratti societari, per essere questi connotati non già dalla corrispettività RAGIONE_SOCIALE prestazioni dei soci bensì da una comunione di scopo, al cospetto della creazione di una nuova e più ampia soggettività quale è quella dell’ente società, il collegamento con la posizione individualistica originaria (cfr. Cass. 2 agosto 2023, n. 23606; Cass. 12 dicembre 2014, n. 26222);
da ciò consegue che la gestione degli inadempimenti trova il suo ordinario componimento, in alternativa al diritto della società o del socio di pretendere l’adempimento, con lo scioglimento il vincolo sociale limitatamente al socio coinvolto con l’esclusione o il recesso di quest’ultimo, in presenza RAGIONE_SOCIALE condizioni previste dalla legge o dallo statuto;
va ribadita, poi, la preclusione all’esame della doglianza per vizio motivazionale articolata con il terzo motivo, stante la preclusione della doppia conforme;
pertanto, per le suindicate considerazioni, il ricorso proposto nei confronti di NOME COGNOME va dichiarato inammissibile;
le relative spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio tra RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e dichiara inammissibile il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME; condanna la ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di giudizio di legittimità in favore di COGNOME NOME, che si liquidano in complessivi euro 10.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale del 9 maggio 2024.