Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27319 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 27319 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 7880-2023 proposto da:
NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1438/2022 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 07/12/2022 R.G.N. 1179/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Oggetto
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/09/2024
CC
Rilevato che
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stata respinta la domanda di NOME COGNOME intesa all’accertamento del diritto ad essere assunto da RAGIONE_SOCIALE, alla condanna della società alla costituzione del rapporto di lavoro ed alla condanna al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni maturate dalla cessazione del contratto di somministrazione a termine (ottobre 2011), ovvero alla scadenza del termine massimo (settembre 2012) di adempimento dell’obbligo a carico della società fino alla effettiva costituzione del rapporto di lavoro;
la Corte di appello ha dichiarato di condividere l’interpretazione di prime cure degli accordi sindacali posti a base della pretesa del COGNOME; in particolare, ha ritenuto che l’accordo in data 18 maggio 2011 condizionava l’impegno ad assumere della società al raggiungimento di determinati obiettivi produttivi nel limite massimo di efficacia temporale di diciotto mesi; ha quindi escluso che le parti, con successive intese ed in particolare nell’incontro del 18 luglio 2012 , avessero rinviato ad un futur o non precisato l’obbligo di assunzione, dapprima temporalmente limitato; secondo il giudice di appello, infatti, la società, in quella sede, si era limitata a ribadire che non si erano verificate le condizioni per rendere operativo l’obbligo di assunzione (condizionato al realizzarsi di determinati incrementi produttivi) e manifestato solo una generica disponibilità a considerare prioritariamente le venticinque unità non ancora stabilizzate se e quando i volumi produttivi avessero consentito un generico ampliamento
dell’organico; ha ulteriormente osservato che l’onere di provare il raggiungimento nel termine prescritto degli obiettivi condizionanti l’insorgere dell’obbligo di assunzione era a carico del lavoratore e non della società;
per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di un unico articolato motivo; la parte intimata ha depositato controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria;
Considerato che
1. c on l’unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367 e 1372 c.c. censurando la sentenza impugnata per avere interpretato l’accordo del 18 luglio 2012 nel senso di escludere qualsiasi efficacia e vincolatività dello stesso, in particolare negando che con esso le parti avevano voluto rinnovare l’impegno ad assumere oltre il limite temporale di efficacia previsto dall’accordo del 18 marzo 2011. Sostiene, con riferimento all’incon tro del luglio 2012 che, considerata la complessiva situazione della società ed il ricorso alla cassa integrazione, non era ipotizzabile il raggiungimento degli obiettivi di incremento, configuranti condizione sospensiva dell’obbligo di assunzione, entro il termine originariamente fissato (settembre 2012); assume che le dichiarazioni delle parti di cui al verbale del 18 luglio, interpretate alla luce di tale situazione, erano finalizzate alla proroga del termine originariamente stabilito; l’accordo del luglio 2012 sarebbe, diversamente, risultato pleonastico ove si fosse inteso, come aveva fatto il giudice di appello, attribuire allo stesso una valenza meramente ricognitiva, in contrasto con
il criterio di interpretazione secondo buona fede degli atti di autonomia privata;
2. Il ricorso è inammissibile in quanto la modalità di deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di norma di diritto non è conforme alle indicazioni del giudice di legittimità. Va premesso che le valutazioni del giudice di merito in ordine all’interpretazione degli atti negoziali soggiacciono, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente (v. fra le altre, Cass. n. 12360 del 2014, Cass. n. 4851 del 2009, Cass. n. 3187 del 2009, Cass. n. 15339 del 2008, Cass. n. 11756 del 2006, Cass. n. 6724 del 2003, Cass. n. 17427 del 2003); la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica e la denuncia del vizio di motivazione esigono la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata l’anzidetta violazione e delle ragioni della obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento del giudice di merito non potendo le censure risolversi, in contrasto con l’interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006, Cass. n. 12468 del 2004, Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003, Cass. n. 12366 del 2002, Cass. n. 11053 del 2000). In ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. n. 19044 del 2010, Cass.
15604 del 2007, in motivazione, Cass. n. 4178 del 2007) dovendosi escludere che la semplice contrapposizione dell’ interpretazione proposta dal ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata rilevi ai fini dell’annullamento di quest’ultima (Cass. 14318 del 2013, Cass. n. 6641 del 2012, Cass. n. 23635 del 2010);
2.1. parte ricorrente, viceversa, si è limitata a contrappore alla interpretazione della sentenza impugnata una diversa ed a sé più favorevole interpretazione, senza spiegare se ed in che termini si era in concreto consumata da parte del giudice di merito la denunziata violazione dei criteri legali di interpretazione in relazione agli atti negoziali di riferimento dei quali, peraltro, in violazione del principio di specificità ex art. 366, comma 1 n. 6 c.p.c., omette la trascrizione nelle parti di pertinenza, in termini idonei a consentire la verifica della fondatezza delle censure articolate sulla base della sola lettura dell’atto di impugnazione, come prescritto ( fra le altre, Cass. n.29093 del 2018, Cass. n. 16900 del 2015, Cass. n. 26174 del 2014, Cass. Sez. Un. n. 7161 del 2010);
all’inammissibilità rigetto del ricorso consegue la condanna della parte soccombente alla rifusione delle spese processuali ed pagamento, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali, dell’ulteriore importo del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 4.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre
spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 10 settembre