Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14108 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14108 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 7316-2023 proposto da:
COGNOME NOME , domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4553/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 14/12/2022 R.G.N. 2572/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 20/03/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Napoli, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto la domanda del sig. COGNOME NOME diretta ad ottenere la declaratoria dell’obbligo di assunzione della convenuta società RAGIONE_SOCIALE, con conseguente condanna al risarcimento del danno, in seguito alla cessazione dell’appalto con la RAGIONE_SOCIALE alle cui dipendenze il COGNOME prestava servizio come addetto alle pulizie presso la centrale termoelettrica di Napoli;
la Corte ha innanzitutto condiviso la tesi del primo giudice circa l’inapplicabilità all’impresa convenuta del RAGIONE_SOCIALE per difetto di adesione esplicita o implicita; ha, inoltre, confermato l’accertamento del Tribunale circa il fatto che la RAGIONE_SOCIALE non avesse assunto alcun impegno contrattuale ad assumere un certo numero di lavoratori individuati o individuabili, aggiungendo che ‘la posizione espressa dalla società convenuta, con le organizzazioni sindacali, è sempre stata chiara nel rifiutare qualsiasi vincolo o obbligo di assunzione’;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con due motivi, cui ha resistito la società intimata con controricorso, illustrato anche da memoria; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere sintetizzati come di seguito;
1.1. col primo si denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione di norma di diritto in relazione alla previsione contenuta nell’art.
360 cpc punto 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti stante la deduzione di una motivazione solo apparente’; si critica la sentenza impugnata per avere negato che la società convenuta avesse assunto un impegno negoziale ad assumere lavoratori addetti alle pulizie presso l’impresa che era cessata dall’appalto;
1.2. con il secondo si denuncia ancora: ‘Violazione e falsa applicazione di norma di diritto in relazione alla previsione contenuta nell’art. 360 cpc punto 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti stante la deduzione di una motivazione solo apparente’; si impugna ‘la sentenza in relazione al punto nella quale non si considera il mancato rispetto di controparte degli obblighi da lei assunti nel suo rapporto con la committente che gli imponevano di dovere mantenere in servizio il personale espletante l’appalto in disamina tra cui il ricorrente costituente incontestabilmente contratto a favore del terzo’;
2. il ricorso è inammissibile;
infatti, entrambi i motivi evocano il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi preclusa dalla ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le modifiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022), senza indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774 del 2016; conf. Cass. n. 20944 del 2019); peraltro, il vizio tende ad una rivalutazione di merito ed è dedotto senza tenere conto delle indicazioni offerte dalle Sezioni unite di questa Corte con le sentenze nn. 8053 e 8054
del 2014, che ha rigorosamente interpretato la disposizione novellata;
3. pertanto, dichiarata l’inammissibilità del ricorso, parte ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese secondo soccombenza, liquidate come da dispositivo; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ult eriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 3.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 20 marzo