Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4809 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 4809 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20501-2020 proposto da:
DI NOME COGNOME, NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIANA, in persona del Presidente pro tempore, ASSESSORATO DELLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE DELLA REGIONE SICILIANA, in persona dell’Assessore pro tempore, rappresentati e difesi ope legis
Oggetto
Altre ipotesi pubblico impiego
R.G.N. 20501/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 06/02/2025
CC
dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrenti –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
CURATELA FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE GIA’ IN LIQUIDAZIONE;
– intimata – avverso la sentenza n. 1137/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 11/02/2020 R.G.N. 1217/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
1. i lavoratori in epigrafe, impiegati di concetto di II e III livello, c.c.n.l. Terziario e Commercio, avevano agito dinanzi al Tribunale di Palermo sostenendo l’esistenza di un obbligo di assunzione in capo alla Regione Sicilia o alle società da essa partecipate in virtù della stipula dell’accordo del 29 novembre 2007 con il quale era stato sancito il trasferimento alla Regione Sicilia dell’intero pacchetto azionario di ‘RAGIONE_SOCIALE e garantita l’assunzione presso tale società (o società collegate) delle risorse umane già occupate con
contratti atipici; avevano richiamato altresì – per sostenere l’impegno della Regione ad assorbire tutti i lavoratori cosiddetti provvisori -il verbale di incontro del 19.12.2006, quello del 2.8.2007 nonché il verbale della vertenza collettiva del 12 marzo 2012; in definitiva, avevano rivendicato, in forza di tali documenti, il diritto alla loro assunzione;
il Tribunale ha ritenuto fondata l’eccezione di decadenza ex art. 32 comma 4 lettera c) della legge n. 183/2010 e comunque infondato il ricorso, atteso che l’assunzione era subordinata ad una deliberazione della giunta regionale nella specie mai adottata;
la Corte d’appello, adita dai lavoratori, ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo in sostanza «condivisibile il percorso argomentativo che aveva condotto il Tribunale a escludere l’esistenza di un obbligo giuridicamente vincolante»;
in particolare, era insussistente – per la Regione Sicilia e/o le società da essa partecipate – l’obbligo di assumere i ricorrenti, atteso che gli atti e/o accordi richiamati evocavano solo un «fenomeno negoziale in divenire» volto essenzialmente a sensibilizzare i vertici politicoamministrativi della Regione ai fini di una collocazione dei lavoratori c.d. precari;
difettando un ‘ obbligazione a carico delle amministrazioni e/o società appellate di procedere all’assunzione dei ricorrenti, non era configurabile il denunciato inadempimento e, a valle, non erano fondate le pretese risarcitorie, peraltro riferite a danni non allegati né provati nella loro effettiva consistenza;
né infine poteva affermarsi una violazione delle regole di buona fede e correttezza nella fase della trattativa, la quale non era desumibile nella «serie di atti di natura programmatica» sopra ripercorsi che non potevano valere a integrare un legittimo affidamento nell’assunzione, a cui si
frapponevano ostacoli legati al principio concorsuale ex art. 97 Cost. valevole per tutte le pubbliche amministrazioni, ivi comprese le società da esse partecipate;
contro la sentenza propongono ricorso per cassazione i lavoratori sulla base di sei motivi, al quale si oppongono, con distinti controricorsi, la Presidenza della Regione Sicilia e la RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo si denuncia (art. 360 n. 4 cod. proc civ.) violazione dell’art 112 cod. proc civ., per avere la corte d’appello omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame che riguardava l’inapplicabilità della decadenza ex art. 32 legge n. 183/2010 in relazione a vicende antecedenti la data di entrata in vigore della legge; i ricorrenti citano, a supporto delle loro ragioni, Cass. n. 6649/2020;
il motivo è inammissibile perché non si confronta col decisum che non poggia su una pronuncia di inammissibilità della domanda per intervenuta decadenza ma afferma, piuttosto, alla stregua della documentazione in atti, che nella specie è insussistente l’obbligo di assunzione dei lavoratori de quibus ;
con il secondo mezzo si denuncia (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) violazione e falsa applicazione dell’articolo 1337 cod. civ. e del principio dell’affidamento; dal documento n. 4 ( id est, Accordo del 29 novembre 2007 tra la Regione Sicilia e l’Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa) si evince che la Regione aveva acquistato il 100% delle azioni di RAGIONE_SOCIALE garantendo tutela dei livelli occupazionali di tutto il personale, tra cui i ricorrenti, che erano stati ‘distaccati’ in tale società; ratio dell’Accordo era assicurare tutela non solo ai lavoratori assunti ma
anche a quelli c.d. provvisori che a vario titolo erano presenti in quell’Azienda; anche negli incontri del 19/12/2006 e del 2/8/2007 si conveniva che i lavoratori fossero assunti presso le società collegate a ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e dalla cronistoria degli avvenimenti, nella quale si collocava anche la risoluzione n. 17 dell’Assemblea della Regione Sicilia, si evinceva la sussistenza di un vero e proprio obbligo di assumere, e, comunque, la configurabilità di una responsabilità precontrattuale ex art. 1337 cod. civ. per la lesione dell’affidamento ingenerato nei lavoratori;
il motivo è inammissibile perché, senza formulare censure sulla violazione dei criteri ermeneutici ex art. 1362 e ss. cod. civ., involge la ricostruzione della fattispecie concreta operata dal giudice d’appello nonché l’interpretazione, che si assume condotta erroneamente, degli accordi e/o degli atti processuali, la cui valutazione è rimessa all’esclusivo dominio del giudice del merito;
peraltro, il motivo difetta di specificità, non riportando il contenuto degli atti negoziali richiamati e mancando altresì di localizzarli nel fascicolo di parte, come imposto invece dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ.;
con il terzo motivo si lamenta (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 cod. civ., per avere la corte distrettuale ignorato che l’amministrazione ‘danneggiante’ aveva intrattenuto col ‘danneggiato’ precedenti «rapporti di fatto sufficientemente intensi», sicché doveva rispettarne l’affidamento con conseguente responsabilità ex art. 1218 cod. civ. ovvero ex art. 1337 cod. civ.;
il motivo è inammissibile per le stesse ragioni del motivo precedente;
in sostanza, la censura presuppone una rilettura degli accordi, difforme rispetto a quella operata dal giudice d’appello, e volta ad
accreditare l’insorgenza di un obbligo specifico (a contrarre e/o ad assumere) in favore dei lavoratori e comunque a qualificarne le clausole non già in una logica «politica e programmatica», come ritenuto dai giudici di secondo grado, ma nello sviluppo di una trattativa contrattuale in itinere , ambito escluso dal giudice del merito con argomentazioni non fatte oggetto, peraltro, di specifica censura sul piano della violazione delle regole ermeneutiche;
con il quarto mezzo si deduce (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 cod. civ., per avere la corte territoriale escluso illegittimamente finanche l’esistenza di una responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ., pur potendosi ravvisare comportamenti lesivi del principio del neminem laedere, avendo, in realtà, la condotta delle controparti vanificato legittime aspettative all’assunzione sacrificando ingiustamente le concrete chance di ottenerla;
il motivo è inammissibile per le stesse ragioni dei precedenti motivi nonché per sua palese genericità, non affrontando i ricorrenti il puntuale rilievo della corte d’appello secondo cui si è qui in presenza di atti «di natura politica e programmatica» non idonei come tali a ingenerare un legittimo affidamento, il quale era altresì da escludere a fronte del principio concorsuale fissato nell’art. 97 Cost.;
con il quinto mezzo si denuncia (art. 360 nn. 3-5 cod. proc civ.) violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 cod. civ., avendo il giudice d’appello affermato che «l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di assumere sarebbe preclusa dalla carenza di indicazioni sul contenuto (livello di inquadramento, anzianità, c.c.n.l. applicabile ecc.) degli auspicati contratti di lavoro»; così argomentando, la corte distrettuale aveva omesso l’esame di atti decisivi come il doc. 6
(prospetto qualifiche), il doc. 7 (c.c.n.l. terziario), doc. 15 (buste paga), doc. 16 (C.U.D. ricorrenti); v’erano pertanto tutti gli elementi in atti per emettere una statuizione ex art. 2932 cod. civ.;
11. il motivo è inammissibile sotto diversi profili;
in primis , perché non coglie il decisum che afferma, in limine, la non configurabilità di un obbligo ad assumere;
non è configurabile, poi, il vizio di omesso esame di fatto decisivo nell’omesso esame di documenti, atteso che il ‘fatto’ va inteso in senso storico-naturalistico e non costituiscono ‘fatti’, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato sia stato comunque, come nella specie, preso in considerazione dal giudice del merito, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014);
ancora, la censura è inammissibile perché esiste qui, avendo la corte d’appello apertamente dichiarato di aver condiviso il percorso argomentativo del giudice di primo grado, lo sbarramento della ‘doppia conforme’ ai sensi dell’art. 348 ter, comma 5, cod. proc. civ., norma introdotta dall’art. 54, comma 1, lett. a) del medesimo d.l. n. 83/2012 ed applicabile ai giudizi di appello instaurati, come nella specie, dopo il trentesimo giorno successivo alla entrata in vigore della medesima legge (Cass. n. 7478/2024);
11. con il sesto mezzo si denuncia (art. 360 n. 3 cod. proc civ.) violazione e falsa applicazione degli artt. 1180-1381 cod. civ., avendo la sentenza impugnata escluso la fondatezza della domanda di pagamento dell’indennizzo ex art. 1381 cod. civ. con la laconica considerazione della «inesistenza di una promessa del fatto del terzo, ovvero l’assunzione ad opera di RAGIONE_SOCIALE o di altra società partecipata»; il comportamento
della Regione aveva posto in essere, invece, una promessa del fatto (i.e., assunzione) da parte di RAGIONE_SOCIALE o RAGIONE_SOCIALE
12. il motivo è inammissibile per carenza di specificità (art. 366 n. 6 cod. proc. civ.), non riportando, neanche in parte e nei passaggi salienti, il contenuto degli atti/accordi dai quali si dovrebbe (in tesi) desumere l’esistenza della promessa del fatto del terzo ex art. 1381 cod. civ., e non essendo stata articolata, inoltre, la censura sotto il profilo della violazione delle regole ermeneutiche di interpretazione di tali atti, modalità che soltanto avrebbe consentito di dare ingresso a una diversa lettura dei medesimi;
conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese di legittimità, liquidate in dispositivo, secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte: dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di legittimità, che liquida, in favore di ciascuno dei controricorrenti, in €. 2.500,00 per compensi professionali ed €. 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte suprema di cassazione il 6 febbraio 2025.
La Presidente NOME COGNOME