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Obbligo contributivo socio: il reddito d’impresa conta

Una socia, già iscritta alla Gestione Artigiani per la sua attività lavorativa in una società, ha contestato una richiesta di contributi basata sui redditi percepiti da un’altra società di persone in cui era socia non lavorante. Il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso, stabilendo che l’obbligo contributivo del socio si estende alla totalità dei redditi d’impresa percepiti, inclusi quelli derivanti da partecipazioni societarie, indipendentemente dallo svolgimento di un’attività lavorativa diretta in quella specifica società. La decisione si fonda sull’interpretazione estensiva della base imponibile previdenziale, allineata alla nozione fiscale di reddito d’impresa.

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Pubblicato il 20 dicembre 2024 in Diritto del Lavoro, Diritto Societario, Giurisprudenza Civile

Obbligo Contributivo Socio: Anche il Reddito da Partecipazione Conta

L’obbligo contributivo del socio di una società di persone si estende a tutti i redditi qualificabili come ‘d’impresa’, anche a quelli percepiti da società in cui non si svolge alcuna attività lavorativa. Questo è il principio chiave riaffermato da una recente sentenza del Tribunale di Brescia, che ha chiarito come la base imponibile per i contributi previdenziali di artigiani e commercianti abbia una portata onnicomprensiva. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dall’opposizione presentata da una lavoratrice avverso un avviso di addebito emesso da un ente previdenziale. La ricorrente era socia lavorante in una prima società (e per questo regolarmente iscritta alla Gestione Artigiani) e, allo stesso tempo, socia non lavorante di una seconda società (una snc).

L’ente previdenziale le richiedeva il pagamento di ulteriori contributi, calcolati non solo sul reddito prodotto dalla sua attività lavorativa, ma anche sugli utili percepiti dalla seconda società, in cui ella si limitava a detenere una quota sociale. La ricorrente sosteneva che, non svolgendo alcuna attività lavorativa prevalente e abituale in quest’ultima, tale reddito non dovesse essere assoggettato a contribuzione.

La Decisione del Tribunale e l’Obbligo Contributivo del Socio

Il Tribunale di Brescia ha rigettato il ricorso, confermando la legittimità della pretesa dell’ente. La decisione si fonda su un’interpretazione sistematica della normativa previdenziale e fiscale.

Il giudice ha stabilito che, per i soggetti iscritti alle gestioni previdenziali degli artigiani e dei commercianti, la base imponibile su cui calcolare i contributi è costituita dalla totalità dei redditi d’impresa dichiarati ai fini IRPEF. Questa nozione include, per espressa previsione di legge, anche i redditi derivanti dalla mera partecipazione in società di persone.

le motivazioni

Il percorso argomentativo del Tribunale si sviluppa attraverso alcuni punti fondamentali.

L’Evoluzione Normativa

Il Tribunale ha evidenziato come la legislazione sia passata da un criterio restrittivo a uno estensivo. Inizialmente (con la L. 233/1990), il contributo era calcolato solo sul reddito ‘derivante dalla attività di impresa che dà titolo all’iscrizione’. Successivamente, con l’art. 3-bis del D.L. 384/1992, il riferimento è diventato la ‘totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini Irpef’. Questo cambiamento ha ampliato significativamente la base di calcolo.

La Nozione Fiscale di ‘Reddito d’Impresa’

La chiave di volta della decisione risiede nella definizione di ‘reddito d’impresa’ fornita dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D.P.R. 917/1986). Tale norma qualifica espressamente come redditi d’impresa quelli derivanti dalle società in nome collettivo (snc) e in accomandita semplice (sas), ‘da qualsiasi fonte provengano’. Questi redditi vengono imputati a ciascun socio proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione effettiva. Di conseguenza, anche gli utili di un socio non lavorante rientrano in questa categoria.

Il Ruolo della Corte Costituzionale

La sentenza richiama un’importante pronuncia della Corte Costituzionale (n. 354/2001), che ha già validato la costituzionalità di questo sistema. La Corte ha spiegato che la differenza di trattamento tra i redditi delle società di persone (redditi d’impresa) e quelli delle società di capitali (redditi di capitale) è giustificata. Nelle società di persone, infatti, prevale l’elemento personale e si realizza una ‘immedesimazione’ tra il reddito della società e quello del socio. Questo legame giustifica l’inclusione di tali redditi nella base contributiva previdenziale, correlando l’onere contributivo a un vantaggio in termini di prestazione pensionistica futura.

le conclusioni

La sentenza del Tribunale di Brescia consolida un orientamento ormai chiaro: l’obbligo contributivo del socio iscritto alle gestioni autonome INPS non è frazionabile. Esso non si limita ai proventi dell’attività specifica che ha dato luogo all’iscrizione, ma abbraccia la totalità dei redditi che la legge fiscale qualifica come ‘d’impresa’. Questo significa che un artigiano o un commerciante deve versare i contributi anche sugli utili derivanti da partecipazioni in altre società di persone, anche se in queste ultime non presta alcuna attività lavorativa. Una conclusione che rafforza il principio di solidarietà del sistema previdenziale e l’armonizzazione tra la disciplina fiscale e quella contributiva.

Un socio di una società di persone (snc), che non svolge attività lavorativa in tale società, è tenuto a versare i contributi previdenziali sui redditi percepiti da essa?
Sì. Secondo la sentenza, se il socio è già iscritto a una gestione previdenziale (come la Gestione Artigiani) per un’altra attività, il suo obbligo contributivo si estende alla totalità dei suoi redditi d’impresa, inclusi quelli derivanti dalla mera partecipazione in una società di persone, anche senza prestazione lavorativa.

Qual è la base di calcolo per i contributi previdenziali di un artigiano o commerciante?
La base di calcolo non è solo il reddito derivante dall’attività che ha dato origine all’iscrizione, ma la ‘totalità dei redditi d’impresa’ dichiarati ai fini IRPEF, come stabilito dall’art. 3-bis del d.l. 384/1992. Questo include i redditi da partecipazione in società di persone.

Perché il reddito da partecipazione in una società di persone è trattato diversamente dal reddito di una società di capitali ai fini contributivi?
La sentenza, richiamando la Corte Costituzionale, spiega che nelle società di persone prevale l’elemento personale e vi è una ‘immedesimazione’ tra il reddito della società e quello del socio, qualificandolo come reddito d’impresa. Nelle società di capitali, invece, prevale l’elemento del capitale e gli utili distribuiti sono considerati redditi da capitale, che seguono un regime fiscale e previdenziale diverso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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