Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5103 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5103 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 37554-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
R.G.N. 37554/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 27/11/2024
CC
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
avverso la sentenza n. 1412/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 13/06/2019 R.G.N. 2254/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
1. La Corte d’Appello di Bari, in accoglimento del gravame proposto dall’ INPS, ha riformato la pronuncia di primo grado, con compensazione delle spese di giudizio, confermando la cartella di pagamento emessa da Equitalia SpA avente ad oggetto contributi non pagati da RAGIONE_SOCIALE nel Fondo Integrativo del Gas gestito da INPS, per il periodo gennaio-luglio 2008; ha anche dichiarato assorbito l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE sulla disposta compensazione in primo grado. In particolare, la sentenza di appello ha ritenuto che l’obbligo di iscrizione al Fondo di cui all’art. 7 e 8 L.1084/1971, a s eguito di modifica apportata dall’art. 1 co.4 della L. n.61/1987, riguardasse i dipendenti di tutte le aziende private produttrici eo distributrici di gas, per concessione amministrativa, alla cittadinanza per usi civili, e che non ne fosse esonerata la ricorrente (in quella sede appellata): il tribunale aveva ritenuto che l’RAGIONE_SOCIALE, società ad intero capitale pubblico, non operava nel settore della vendita del gas come soggetto privato bensì in virtù di concessione a cui la vendita del gas era stata affidata in via diretta; la Corte territoriale, invece, premesso che la nuova formulazione dell’art. 8 aveva eliminato il riferimento al gas ‘manifatturato’ allo scopo di includere fra i lavoratori soggetti all’obbligo di iscrizione al Fondo anche i dipendenti de lle aziende distributrici di metano, come risultava dai lavori preparatori
della legge del 1987, ha evidenziato che la gestione dei servizi pubblici mediante società partecipate dagli enti pubblici locali (tale è l’affidamento in house del servizio di distribuzione gas per usi civili ad un soggetto legato all’ente conferente da u na relazione organica) non possa beneficiare dell’esonero del versamento contributivo in quanto, nel passaggio della gestione dal regime pubblicistico a quello privatistico, costituisce finalità perseguita dal legislatore nazionale e comunitario nella promozione di strumenti non autoritativi per la gestione dei servizi pubblici quella di non ledere la concorrenza in ordine all’obbligo contributivo. Richiamata la giurisprudenza di legittimità sull’obbligo contributivo in esame in capo alle società con partec ipazione maggioritaria dell’ente locale, la Corte territoriale ha anche ritenuto che il carattere strumentale dell’ente societario rispetto al perseguimento di finalità pubblicistiche e la forma societaria di diritto privato prescelta dall’ente, in ragione della duttilità dello strumento adottato, evidenzino la accettazione delle regole di diritto privato per il perseguimento dell’obiettivo pubblico, con assolvimento degli obblighi contributivi verso i dipendenti come tutte le aziende private. Insomma, la concessione amministrativa per il servizio pubblico di distribuzione del gas, indicata nel citato art. 8, non costituisce una discriminante per individuare le società soggette alla contribuzione, ma piuttosto un elemento descrittivo delle aziende private de l gas che operavano, all’epoca di entrata in vigore della norma in cui non era diffuso il fenomeno delle partecipate in house, senza beneficiare di una partecipazione pubblica maggioritaria. Ha compensato le spese per l’alterno esito della lite e per la complessità della vicenda, dipanata da recenti pronunce della Suprema Corte.
La società RAGIONE_SOCIALE propone ricorso affidandosi a sei motivi, a cui il INPS interpone controricorso. L’Agenzia Entrate Riscossione, subentrata ad Equitalia, è rimasta intimata.
La causa è stata trattata nell’adunanza camerale del 27 novembre 2024.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti con riferimento alla questione della natura giuridica delle società pubbliche ‘in house’ e rispetto alla dedotta natura sostanziale di società pubblica della RAGIONE_SOCIALE, alla quale era stato affidato il servizio pubblico in via diretta e non per concessione amministrativa; ritiene rilevanti la condizione di influenza dominante in presenza di totale partecipazione pubblica, di destinazione statutaria ad operare in via esclusiva o prevalente in favore della p.a. partecipante, e l’esistenza di un cd. controllo analogo ossia una forma di controllo sulla gestione societaria esercitata dall’ente partecipante, analoga a quella che la medesima p.a. eserciterebbe su una propria articolazione interna; si tratta quindi di una realtà societaria diversa dalle ‘aziende private del gas’ a cui si riferiscono gli artt. 7 e 8 L.1084/71.
Con il secondo motivo deduce la nullità della sentenza ex art. 360 n.4 c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c. per le stesse argomentazioni del punto che precede.
Con il terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 L.1084/71 ed art. 12 preleggi, per avere la sentenza ritenuto applicabile ad RAGIONE_SOCIALE le predette disposizioni concernenti la soggezione agli obblighi contributivi in favore del
Fondo Integrativo gestito da INPS, normativa riferita alle sole aziende private del gas senza dubbi interpretativi essendo sufficiente il tenore letterale della norma, chiaro ed inequivoco. Peraltro la società era già obbligata a versare, in favore del proprio personale, quanto previsto dalla legge a titolo di previdenza complementare nei confronti del Fondo Pensione Complementare RAGIONE_SOCIALE.
Con il quarto motivo deduce l’omesso esame su un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, riferito al mancato assolvimento dell’onere della prova gravante su INPS rispetto al fondamento della pretesa avanzata; trattandosi di attore sostanziale s petterebbe all’ente di provare la fondatezza del credito azionato, ed invece nessuna prova era stata fornita, avendo, per contro, RAGIONE_SOCIALE dimostrato la propria natura di società pubblica.
Con il quinto motivo lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione alla ritenuta assorbita questione, sollevata in appello, sulla compensazione delle spese disposta in primo grado; e con l’ultimo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione alla compensazione delle spese disposta del giudizio di appello, dovendo applicarsi il principio di soccombenza per regolare le spese in suo favore, ove risulti totalmente vittoriosa. Peraltro la compensazione motivata sull’alterno esito della lite denotava l’omessa motivazione sulle gravi ed eccezionali ragioni richieste dall’art. 92 c.p.c.
Nel controricorso l’INPS, premesso che RAGIONE_SOCIALE è inquadrata nel settore industria per esercitare attività di distribuzione di gas metano, evidenzia che ai fini del sorgere dell’obbligo di pagamento contributivo è irrilevante che la società per azioni sia in tutto o in parte in mano di un ente pubblico; inoltre non
ricorrevano le dolute omissioni di esame o pronuncia su un fatto decisivo avendo la Corte d’appello adeguatamente tenuto conto delle caratteristiche e della natura della società; peraltro non era contestato che i dipendenti fossero iscritti al Fondo di previdenza dei lavoratori dipendenti per i quali la società versa la contribuzione IVS, laddove la ricorrente invoca invece l’esenzione dal pagamento di contribuzione integrativa. Sull’ultimo motivo di ricorso oppone la carenza di interesse poiché l’unico a d olersi della compensazione potrebbe essere soltanto l’Istituto previdenziale, rimasto vittorioso in giudizio.
3. I motivi di ricorso sono infondati e vanno respinti.
i primi due motivi possono essere trattati congiuntamente presentando un comune nucleo argomentativo. La sentenza impugnata ha affrontato il tema della natura giuridica della società in house, l’aspetto finalistico e strumentale della struttura, la rilevanza della relazione contributiva a fini previdenziali per i dipendenti in un ambito produttivo in cui non può essere alterata la regola comunitaria della concorrenza, anche nel settore degli obblighi contributivi; è stata anche esaminata la questione afferente il richiamo puramente descrittivo alla concessione amministrativa in un ambito di evoluzione dei modelli di erogazione dei servizi pubblici laddove rilevante è la natura privatistica del rapporto con i dipendenti delle aziende che commercializzano gas ad uso civile. E si osserva che i motivi di ricorso non si confrontano sui predetti temi precipuamente trattati dalla Corte territoriale.
Va invece richiamato il principio che informa la materia degli obblighi contributivi relativi alle società partecipate da enti pubblici, più volte affermato da questa Corte (si veda ord. n. 33142/2019) secondo il quale ‘ nessuna deroga all’ordinaria
obbligatorietà del versamento dei contributi previdenziali può discendere dalla origine di tali soggetti, trattandosi di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione pur maggioritaria, ma non totalitaria, da parte dell’ente pubblico (cfr., in tal senso Cass. n. 8591/2017 in tema di contributi per cassa integrazione guadagni) ‘. Con riguardo alla tutela previdenziale obbligatoria, rileva il ‘veicolo giuridico di natura squisitamente civilistica utilizzato, a nulla rilevando che la proprietà del capitale sia in mano di enti locali’ (Cass. n.10155/04, 6300/20).
5. La tematica della esclusione dell’esonero contributivo per le società in house è stata affrontata in ord. n. 25354/2018, che a sua volta richiama le pronunce n. 27513/2013 e n.4274/2016, il cui brano centrale sulla finalità di non ledere le dinamiche della concorrenza e sull’irrilevanza della gestione del servizio in house ai fini dell’esonero del versamento dei contributi previdenziali per il finanziamento di CIGO, CIGS, mobilità, è stato testualmente riportato nella impugnata sentenza (a pag. 3 e 4) come indicato in premessa; a tale orientamento si intende dare piena continuità non essendovi ragioni per discostarsene. Trattasi di analoghe vicende analizzate per dipendenti di società di distribuzione gas e di società costituite fra enti pubblici; e per altre ipotesi di partecipazione pubblica nel settore edilizia residenziale pubblica e nella distribuzione di energia elettrica, si vedano rispettivamente Cass. 5429/2019 e 31055/2021.
In ordine al terzo motivo, e specificamente in tema di aziende private del gas, è stato in modo esplicito affermato ed in particolare, poi, nei confronti della stessa società RAGIONE_SOCIALE e per altre annualità contributive, che ‘ anche le società partecipate in via maggioritaria o totalitaria dall’ente locale sono tenute ad adempiere agli obblighi contributivi previste per tutte le altre società private di commercializzazione del gas, visto che agendo iure privatorum debbono sottostare alle stesse regole, in vista del principio di derivazione comunitaria di tutela della par condicio e di tutela della concorrenza fra imprese ‘ (cfr. Cass. ord. n.25856/2023).
Anche in questo caso, è infondato il correlato quarto motivo non sussistendo nessun omesso esame del materiale istruttorio, che è stato esaminato dalla Corte d’appello e che l’ha portata a concludere nel senso che la società era tenuta al versamento della contribuzione previdenziale obbligatoria presso l’Inps, mentre il motivo proposto, auspica, più che altro, una diversa valutazione del medesimo materiale istruttorio, secondo la tesi prospettata dalla società. L’accennato pagamento al fondo RAGIONE_SOCIALE, stante la sua finalità complementare e la destinazione del suo versamento, non interagisce sull’obbligo contributivo integrativo di cui si controverte.
Infine, il quinto e sesto motivo sono inammissibili per carenza di interesse, essendo stato accolto l’appello di INPS e non già dell’attuale ricorrente, per cui non v’è alcuna violazione del principio di soccombenza, che semmai è stato derogato a svantaggio della controparte vittoriosa, per le ragioni dedotte in sentenza, non censurabili dal ricorrente. L’eventuale subordinata doglianza in caso di accoglimento del presente ricorso resta assorbita nell’esito reiettivo globale del ricorso.
Al rigetto del ricorso fa seguito la condanna alle spese della presente fase di giudizio, liquidate come da dispositivo in ragione del valore della lite. Segue anche la condanna al doppio del contributo unificato ex lege.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la società ricorrente a pagare all’Inps le spese di lite, c he liquida nell’importo di € 3.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, ed al 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27/11/2024