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Obbligo contributivo società in house: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5229/2025, ha stabilito che una società ‘in house’, interamente partecipata da un ente pubblico e operante nel settore della distribuzione del gas, non è esonerata dall’obbligo contributivo verso un fondo integrativo gestito dall’Istituto Previdenziale. La Corte ha rigettato il ricorso della società, affermando che la sua natura giuridica di società per azioni e l’operare in un regime di concorrenza la equiparano a un’azienda privata ai fini degli obblighi previdenziali, indipendentemente dalla proprietà pubblica del capitale. La scelta di operare tramite uno strumento di diritto privato comporta l’accettazione di tutte le regole relative, inclusi gli oneri contributivi, per non alterare la concorrenza sul mercato.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Diritto Societario, Giurisprudenza Civile

Obbligo contributivo società in house: anche le partecipate pubbliche pagano come i privati

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per le aziende a partecipazione pubblica: l’obbligo contributivo società in house. La questione centrale era se una società interamente posseduta da un ente locale, che gestisce un servizio pubblico come la distribuzione del gas, debba essere soggetta agli stessi oneri previdenziali di un’azienda privata. La risposta dei giudici è stata netta: la forma giuridica privatistica e l’operatività sul mercato prevalgono sulla natura pubblica della proprietà, imponendo una parità di trattamento.

I Fatti di Causa

Una società municipalizzata del gas, qualificata come ‘in house providing’, si opponeva a una cartella di pagamento emessa dall’Agente della Riscossione su richiesta dell’Istituto Previdenziale. L’oggetto del contendere era il versamento di contributi a un Fondo Integrativo specifico per i lavoratori del settore gas per il periodo agosto-dicembre 2008.
La società sosteneva di avere una natura sostanzialmente pubblica, operando non in base a una concessione amministrativa ma tramite un affidamento diretto dal proprio ente controllante. Di conseguenza, riteneva di non rientrare nella categoria delle ‘aziende private del gas’ a cui la normativa di riferimento (L. 1084/1971) imponeva l’iscrizione al Fondo.
La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva dato ragione all’Istituto Previdenziale, spingendo la società a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando integralmente la decisione dei giudici d’appello. I magistrati hanno stabilito che l’obbligo di iscrizione al Fondo si applica a tutte le aziende distributrici di gas, indipendentemente dal fatto che siano di proprietà pubblica o privata. La scelta di operare sul mercato attraverso lo strumento della società per azioni comporta l’accettazione di tutte le regole del diritto privato, inclusi gli obblighi contributivi.

Le motivazioni: perché l’obbligo contributivo delle società in house è equiparato a quello privato

La Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati sia a livello nazionale che comunitario. Il ragionamento dei giudici si articola su alcuni punti fondamentali:

1. Natura Giuridica Privatistica: La scelta di un ente pubblico di gestire un servizio tramite una società di capitali (come una S.p.A.) implica l’assoggettamento di quest’ultima alla disciplina del diritto privato. Il ‘veicolo giuridico’ utilizzato è di natura squisitamente civilistica, e ciò è dirimente a prescindere da chi detenga il capitale sociale.
2. Tutela della Concorrenza: Esentare una società pubblica dagli oneri contributivi cui sono soggette le concorrenti private creerebbe una distorsione del mercato. La Corte ha ribadito che, nel passaggio da una gestione pubblicistica a una privatistica dei servizi pubblici, una finalità essenziale è quella di non ledere la concorrenza. L’obbligo contributivo è parte integrante delle regole del gioco competitivo.
3. Irrilevanza del Controllo Analogo: Anche se la società è ‘in house’ e soggetta a ‘controllo analogo’ da parte dell’ente pubblico, ciò non modifica la sua natura di soggetto di diritto privato nei rapporti con i terzi, inclusi i dipendenti e gli enti previdenziali. Queste caratteristiche rilevano ai fini dell’affidamento diretto del servizio, ma non per derogare all’ordinaria obbligatorietà dei versamenti previdenziali.
4. Interpretazione della Norma: La legge istitutiva del Fondo (L. 1084/1971) si riferisce alle ‘aziende private produttrici e-o distributrici di gas’. La Corte ha interpretato questo riferimento in senso ampio, includendo tutte le entità che operano con strumenti privatistici nel settore, anche se di proprietà pubblica, specialmente alla luce delle evoluzioni normative che hanno progressivamente spinto i servizi pubblici verso modelli di mercato.

Conclusioni

L’ordinanza in commento consolida un principio di fondamentale importanza: le società a partecipazione pubblica che operano sul mercato non possono beneficiare di un regime previdenziale di favore rispetto ai concorrenti privati. La scelta di adottare una forma societaria privata per la gestione di servizi pubblici comporta l’integrale accettazione del relativo quadro normativo, inclusi gli obblighi contributivi. Questa decisione garantisce la parità di condizioni (par condicio) tra le imprese e tutela i principi di concorrenza, riaffermando che la natura della proprietà non può costituire un fattore di esonero da doveri che sono intrinsecamente legati all’attività d’impresa svolta.

Una società ‘in house’ a totale partecipazione pubblica è esonerata dagli obblighi contributivi previsti per le aziende private dello stesso settore?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la forma giuridica privatistica (come una S.p.A.) e l’operatività in un regime di concorrenza comportano l’assoggettamento agli stessi obblighi contributivi delle aziende private, per non alterare le dinamiche del mercato.

Ai fini previdenziali, prevale la natura pubblica della proprietà o la forma giuridica di diritto privato della società?
Prevale la forma giuridica di diritto privato. La Corte ha stabilito che la scelta di operare tramite una società di capitali implica l’accettazione di tutte le regole civilistiche, inclusi gli oneri contributivi, a prescindere dal fatto che il capitale sia detenuto da enti pubblici.

Il fatto che un servizio pubblico sia affidato ‘in via diretta’ a una società in house, anziché tramite concessione, la esonera da qualche obbligo?
No. La modalità di affidamento del servizio (diretto o tramite concessione) non è considerata una discriminante per individuare i soggetti tenuti alla contribuzione. L’elemento rilevante è la natura privatistica del rapporto con i dipendenti e l’operatività nel mercato, che impone il rispetto delle medesime regole applicabili a tutti gli operatori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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