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Obbligo contributivo: quando si applica ai giornalisti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società che contestava l’obbligo contributivo su somme erogate a giornalisti. L’ordinanza ha confermato che, in assenza di una chiara prova della finalità di ‘incentivo all’esodo’, tali somme sono da considerarsi retribuzione imponibile. È stato inoltre ribadito l’assoggettamento a contribuzione dell’indennità sostitutiva del preavviso e la non automatica applicabilità di regimi sanzionatori più favorevoli all’ente previdenziale di categoria, data la sua autonomia regolamentare.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Obbligo Contributivo su Somme Erogate ai Giornalisti: Analisi di una Recente Ordinanza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale in materia di diritto del lavoro e previdenziale: la corretta qualificazione delle somme erogate ai dipendenti al termine del rapporto e il conseguente obbligo contributivo. Il caso, che ha visto contrapposte una società in liquidazione e l’ente previdenziale dei giornalisti, offre spunti fondamentali per comprendere quando un’erogazione economica possa essere considerata un ‘incentivo all’esodo’ e quando, invece, debba essere assoggettata integralmente a contribuzione.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un decreto ingiuntivo emesso nei confronti di una società, con cui l’ente previdenziale di categoria richiedeva il pagamento di contributi omessi e relative sanzioni. Tali contributi si riferivano a somme corrisposte ad alcuni giornalisti a seguito della cessazione del loro rapporto di lavoro. La società si opponeva, sostenendo che tali somme fossero state erogate a titolo di incentivo all’esodo e che, pertanto, non rientrassero nella base imponibile contributiva.

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva comunque condannato la società al pagamento di una cospicua somma, ritenendo che le erogazioni in questione avessero natura retributiva e non di mero incentivo. La società ha quindi proposto ricorso per cassazione, basando le proprie difese su sei distinti motivi.

La qualificazione delle somme e l’obbligo contributivo

I motivi principali del ricorso si concentravano sulla presunta errata interpretazione da parte dei giudici di merito della volontà delle parti e sulla violazione delle norme che regolano la retribuzione imponibile. Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe dovuto riconoscere la natura di incentivo all’esodo delle somme, basandosi sul dato testuale degli accordi sottoscritti.

Inoltre, la società lamentava l’assoggettamento a contribuzione dell’indennità sostitutiva del preavviso, sostenendo che non fosse mai stata versata né richiesta dagli ex dipendenti. Altri motivi di ricorso riguardavano la mancata compensazione con contributi già versati ad altra gestione previdenziale e l’errata applicazione del regime sanzionatorio, ritenuto troppo oneroso.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza, fornendo importanti chiarimenti su ciascuno dei punti sollevati.

In primo luogo, riguardo alla qualificazione delle somme, la Corte ha ribadito un principio consolidato: l’accertamento della volontà negoziale è un’attività di fatto riservata al giudice di merito. In questo caso, la Corte territoriale aveva correttamente operato, non limitandosi alla lettera degli accordi, ma inquadrandoli nel contesto generale. La marcata discontinuità temporale tra la cessazione dei rapporti e la firma degli accordi, unita all’assenza di altri elementi a sostegno della tesi dell’incentivo, ha portato i giudici a concludere che le somme avessero una causa connessa al pregresso rapporto di lavoro, rendendole parte della retribuzione imponibile. Spetta a chi invoca l’esenzione contributiva, ha precisato la Corte, dimostrare puntualmente la genuina finalità di incentivo all’esodo.

Sul tema dell’indennità di preavviso, i giudici hanno affermato che l’obbligo contributivo sorge sul presupposto che l’indennità sia dovuta, indipendentemente dal suo effettivo versamento. L’accertamento di tale debenza da parte dei giudici di primo e secondo grado è stato ritenuto sufficiente a giustificare l’imposizione contributiva.

Infine, la Corte ha respinto le censure relative al regime sanzionatorio, ricordando che l’ente previdenziale dei giornalisti gode di autonomia regolamentare. Pertanto, l’applicazione automatica di regimi sanzionatori previsti per la generalità dei lavoratori (come quello della L. 388/2000) è esclusa, a meno che non sia stata specificamente recepita dall’ente stesso.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida importanti principi in materia previdenziale. La qualificazione di una somma come ‘incentivo all’esodo’ non dipende dal nomen iuris utilizzato dalle parti, ma da una valutazione complessiva del contesto e della reale finalità dell’erogazione. L’onere della prova di tale finalità, per beneficiare dell’esenzione contributiva, grava interamente sul datore di lavoro. Inoltre, viene confermato che l’obbligo contributivo sull’indennità sostitutiva del preavviso è legato alla sua debenza teorica e non al suo pagamento effettivo, sottolineando l’importanza di gestire correttamente la cessazione dei rapporti di lavoro per evitare successive passività previdenziali.

Quando una somma versata al termine del rapporto di lavoro è considerata ‘incentivo all’esodo’ e non retribuzione imponibile?
Secondo la Corte, non è sufficiente la denominazione data dalle parti nell’accordo. È necessario che vi siano elementi concreti che attestino una genuina finalità di incentivare la cessazione volontaria del rapporto. L’onere di dimostrare tale finalità per ottenere l’esenzione contributiva spetta al datore di lavoro.

L’indennità sostitutiva del preavviso è soggetta a obbligo contributivo anche se non viene materialmente pagata al lavoratore?
Sì. La Corte ha chiarito che l’obbligo contributivo sorge sul presupposto che tale indennità sia dovuta per legge o contratto. Il fatto che essa non sia stata corrisposta o richiesta non è rilevante ai fini previdenziali, poiché ciò che conta è l’esistenza del diritto del lavoratore a percepirla.

Il regime sanzionatorio previsto dalla legge n. 388/2000 si applica automaticamente anche ai contributi dovuti all’ente previdenziale dei giornalisti?
No. La Corte ha specificato che, data l’autonomia regolamentare dell’ente previdenziale di categoria, l’applicazione di discipline sanzionatorie esterne non è automatica. L’operatività di tali regimi presuppone un esplicito recepimento da parte dell’istituto stesso attraverso proprie deliberazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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