Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8637 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8637 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15858-2020 proposto da:
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
C.I.P.A.G. –RAGIONE_SOCIALE ASSISTENZA GEOMETRI LIBERI PROFESSIONISTI, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 733/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 22/10/2019 R.G.N. 745/2018;
Oggetto
R.G.N.15858/2020
COGNOME
Rep.
Ud.15/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME NOME impugna la sentenza n. 733/2019 della Corte d’appello di Firenze che, accogliendo il gravame della Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti, ha respinto l’opposizione spiegata avverso cartella di pagamento portante contributi previdenziali minimi per l’anno 2013.
Propone quattro motivi di ricorso, illustrati da memoria, ai quali resiste la Cassa con controricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 15 gennaio 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
NOME NOME contesta la pronuncia sulla base di quattro motivi, così rubricati.
‘I motivo) error in procedendo nell’applicazione dell’art. 434 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, n. 4 cod. proc. civ. per non avere la Corte preso atto dell’esistenza di un giudicato interno’ in merito allo svolgimento di attività esclusivamente p roprie dell’amministratore di società e alla posizione di dipendente con funzioni di geometra, con versamento della relativa contribuzione obbligatoria.
‘II motivo) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 22 della legge n. 773/1982, art. 3 legge n. 335/1995, art. 3, comma 12,
d.lgs. n. 509/1994, art. 1, comma 4, lett. a), art. 3, comma 4, e art. 1, comma 3, in combinato disposto con l’art. 1 cod. civ. in relazione all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ. per avere la Corte ritenuto legittimo che le norme regolamentari della Cassa Geometri possano fissare, anche in difformità alla precedente regolamentazione di cui alla legge n. 773/1982, i presupposti dell’obbligo contributivo.
III motivo) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 16 del rd n. 274/1929 in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. per avere la Corte ritenuto che l’attività gestoria di una società edile rientrasse nell’esercizio della professione di geometra e/ o realizzasse di per sé il presupposto dell’obbligo contributivo. IV motivo) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 22 l. n. 773/1982 in relazione all’art. 360, n 3 cod. proc. civ. per avere la Corte non correttamente valutato l’esistenza dell’iscrizione ad altra forma di previdenza obbligatoria’.
La Corte ha così motivato: le norme regolamentari della Cassa possono fissare, anche in difformità alla precedente regolamentazione di cui alla legge n. 773/1982, i presupposti dell’obbligo contributivo, quale facoltà propria della piena autonomia gestionale attribuita per legge alla Cassa; va richiamato l’orientamento di legittimità anteriore all’isolata pronuncia di segno contrario di cui a Cass. n. 5375/2019, orientamento in forza del quale la nuova disciplina regolamentare adottata dalla Cassa è atto legittimo di delegificazione che rispetta i limiti dell’autonomia conferita alle Casse privatizzate nonché i limiti costituzionali; l’art. 5 dello Statuto prevede che, a decorrere dal 1 gennaio 2003, ‘sono obbligatoriamente iscritti alla Cassa i geometri e geometri laureati iscritti all’Albo professionale dei Geometri che
esercitano, anche senza carattere di continuità ed esclusività, la libera professione. L’esercizio della libera professione si presume per tutti gli iscritti all’Albo salvo prova contraria che l’iscritto può dare secondo le modalità che verranno stabilite dal Consiglio di Amministrazione con delibera da sottoporre all’approvazione dei Ministeri vigilanti ai sensi dell’art. 3, comma 2, del D. Lgs. 30/6/1994 n. 509’; l’appellato, iscritto all’albo nell’anno di riferimento, era soggetto all’obbligo di iscrizio ne alla Cassa per due ragioni concorrenti, ossia l’essere socio e amministratore di società il cui oggetto sociale era ‘attività di costruzione di edifici’ e l’aver compiuto specifici atti professionali, costituiti da ‘compilazione di documenti tecnici catastali e presentazione dei relativi a mezzo DOCFA (precisamente nell’anno 2010 in tre casi, nel 2011 in un caso, nel 2012 in otto casi, nel 2013 in cinque casi, nel 2014 in due casi)’.
Posta la suddetta ricostruzione, il secondo ed il quarto motivo, da esaminarsi preliminarmente e congiuntamente per l’intima connessione che li unisce, sono infondati, dovendo darsi continuità al principio di diritto secondo cui, ai fini dell’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa e del pagamento della contribuzione minima, è condizione sufficiente l’iscrizione all’albo professionale, essendo invece irrilevante la natura occasionale dell’esercizio della professione e la mancata produzione di reddito (così Cass. n. 4568/2021 e n. 28188/2022 e successive conformi, tra cui, da ultimo, Cass. n. 15856/2023, n.17823/2023, n.17824/2023, n.19508/2023, n.25363/2023, n. 12695/2024, n. 22880/2024, n. 26330/2024, n.30191/2024, n. 3665/2025, n. 3667/2025, n. 3669/2025).
Come ricordato, ex multis , in Cass. n. 30191/2024, «ai fini dell’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa e del pagamento
della contribuzione minima, è condizione sufficiente l’iscrizione all’albo professionale, essendo invece irrilevante la natura occasionale dell’esercizio della professione e la mancata produzione di reddito (così Cass. nn. 4568 del 2021 e 28188 del 2022, seguite da innumerevoli successive conformi: v. da ult. Cass. n. 12695 del 2024); in particolare, è stato chiarito come le previsioni statutarie che la Cassa ha adottato a seguito della privatizzazione disposta ex lege non hanno esteso l’obbligo di iscrizione a nuove categorie di soggetti rispetto a quanto già previsto dalle leggi nn. 37/1967 e 773/1982, ma si sono limitate a ridefinire, nell’ambito del nuovo assetto normativo, il sistema degli obblighi contributivi, peraltro in linea con i principi di cui alla legge n. 335/1995, che ha consentito interventi finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine delle casse privatizzate».
Inoltre va ribadito che l’art. 22 della legge n. 773/1982, pur prevedendo che ‘l’iscrizione alla Cassa è obbligatoria per gli iscritti agli albi professionali dei geometri, che esercitano la libera professione con carattere di continuità, se non iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria’, «teneva nondimeno fermo a carico del geometra iscritto all’albo che non esercitasse la professione con tale carattere di continuità il pagamento di un contributo di solidarietà nella misura fissata dal precedente art. 10, comma 6°, non senza rimettere ad un regolamento della Cassa la determinazione dei criteri per l’individuazione del requisito della continuità professionale; che, così ricostruita la portata dell’assetto normativo precedente all’innovazione rappres entata prima dal d.lgs. n. 509/1994 e poi dall’art. 3, comma 12, l. n. 335/1995 (per come modificato dall’art. 1, comma 763, l. n. 296/2006, e successivamente interpretato dall’art. 1, comma 488, l. n. 147/2013), deve ritenersi che la
potestà di imporre un contributo obbligatorio a carico degli iscritti all’albo che non svolgono attività professionale continuativa, unitamente a quella di individuare i presupposti di fatto per il riconoscimento del requisito della continuatività medesima , fosse già prevista nella legge regolatrice dell’attività della Cassa ricorrente e che la trasformazione del contributo di solidarietà in contributo (soggettivo) minimo sia coerente vuoi con l’attribuzione della potestà di adottare tutte le determinazioni necessarie ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine, vuoi col principio generale di universalizzazione delle tutele previdenziali fissato dall’art. 2, comma 26, l. n. 335/1995 (di portata chiaramente antitetica a quello che ispirava l’art. 22, l. n. 773/1982), secondo cui a ciascuna della attività lavorative e/o professionali esercitate da una persona fisica deve corrispondere una specifica copertura assicurativa (cfr. in tal senso Cass. n. 28188 del 2022, cit., in motivazione)» (Cass. n. 30191/2024).
Il primo e terzo motivo sono inammissibili.
La Corte fiorentina ha motivato sulla base di due rationes decidendi , fondando l’obbligo di iscrizione del professionista vuoi sul fatto che erano stati compiuti atti propri della professione, vuoi sulla rilevanza della posizione di socio e amministratore di società il cui oggetto sociale era ‘attività di costruzione di ed ifici’. Pertanto, resistendo alle censure la prima ratio , diventa superfluo analizzare le doglianze avverso la seconda, in considerazione del fatto che, qualora la decisione di merito si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza, o inammissibilità, delle censure mosse ad una delle ‘ rationes decidendi ‘ rende inammissibili, per
sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. n. 11493/2018; in senso analogo già Cass. Sez. Un., n. 7931/2013; n. 2108/2012).
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato, con condanna alle spese secondo soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., s e dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso, condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in € 2000,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 15 gennaio