Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34053 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34053 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30529/2020 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’Avvocatura centrale, rappresentato e difes o da ll’avvocato COGNOME unitamente agli avvocati COGNOME NOMECOGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 337/2020 pubblicata il 25/05/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n.337/2020 pubblicata il 25 maggio 2020, ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME nella controversia con l’RAGIONE_SOCIALE
La controversia ha per oggetto il diritto alla indennità NASpI nel caso di omessa comunicazione del reddito percepito per cariche societarie già rivestite al momento della presentazione della domanda.
Il Tribunale di Milano rigettava la domanda.
La corte territoriale ha ritenuto che le decadenze previste dall’art.11 del d.lgs. n. 22/2015 riguardassero i casi di chi fosse già titolare della indennità NASpI, «e non chi, come l’odierno appellante, non era beneficiario dell’indennità»; e che la fattispecie in esame riguardasse un momento antecedente, ossia quello relativo alla presentazione della domanda. La corte ha poi concluso per la sussistenza dell’obbligo di comunicare, fin dal principio, la sua condizione reddituale.
Per la cassazione della sentenza ricorre il COGNOME con ricorso affidato ad un unico motivo. RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il COGNOME lamenta la violazione degli artt.3, 10, e 11 del d.lgs. n.22/2015 in relazione all’art.2698 cod civ. e 38 Cost.; dell’art.113 cod. proc. civ. e dell’art.2907 cod civ., con riferimento all’art. 360 comma primo n.3 cod. proc. civ..
Deduce che dalla interpretazione del combinato disposto delle disposizioni che si assumono violate non risulta alcun obbligo di
comunicare i redditi da lavoro autonomo già posseduti prima della presentazione della domanda amministrativa per la NASpI.
Il ricorso è fondato.
Sul punto si intende dare continuità all’orientamento di questa Corte, nei termini che seguono: «dal tenore testuale del citato art.10 risulta che la fattispecie cui si correla la decadenza non è necessariamente una ‘nuova attività’ successiva all’inizio del periodo di percezione della Naspi. La norma infatti fa più generico riferimento al fatto che si ‘intraprenda un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale’ durante il periodo di godimento della Naspi, rilevando il solo fatto della contemporaneità tra godimento del trattamento di disoccupazione e svolgimento dell’attività lavorativa.
Non vi è dunque alcuna applicazione analogica di una norma eccezionale, contro il divieto dell’art.14 delle Disposizioni sulla legge in generale, nell’intendere, come fa il motivo di ricorso, che l’obbligo di comunicazione riguardi anche l’attività lavorativa già intrapresa prima della domanda di Naspi. Si tratta piuttosto di una esegesi dell’art.10, co.1 che rimane all’interno del perimetro testuale normativo, anziché esorbitare da esso e riferirsi a fattispecie diverse ma connotate da ‘eadem ratio’. Del resto, che l’art.10, co.1 riguardi pure l’attività di lavoro autonomo iniziata prima della domanda di Naspi e che in tal caso il termine di un mese decorra dalla data di presentazione della domanda di Naspi, è conclusione avvalorata da un’interpretazione sistematica dell’art.10, co.1 alla luce del precedente art.9, co.3 d.lgs. n.22/15. Esso ha riguardo al caso di rapporto di lavoro parziale preesistente alla domanda di Naspi, e richiede la comunicazione del reddito ritraibile dal rapporto di lavoro part-time, entro il termine di 30 giorni decorrente in questo caso dalla domanda di prestazione»
(per tutte, Cass. Sez. Lav. 09/01/2024 n.846).
Nel caso in esame risulta in fatto che il COGNOME abbia omesso di comunicare «il reddito da cariche sociali» già percepito al momento della presentazione della domanda ex art.6 d.lgs. n.22/2015.
Giova rilevare che secondo il combinato disposto degli artt.10 comma 1 ed 11 lettera c) del d.lgs. n.22/2015 la decadenza oggetto di causa si verifica nel concorso di tre requisiti, entrambi condizioni necessarie per il prodursi dell’evento estintivo: a) l’inizio di una attività lavorativa «autonoma o di impresa individuale»; b) la produzione di un reddito per effetto di tali attività; c) l’omessa comunicazione.
La corte territoriale ha ritenuto che l’odierno ricorrente avesse «fin da principio l’obbligo di comunicare correttamente all’istituto la propria condizione reddituale».
Nel fare ciò ha applicato il principio di diritto statuito da Cass. 846/2024 cit.; ma ha ritenuto la sussistenza dei presupposti per la decadenza ex art.11 lettera c) d.lgs. n.22/2015 nonostante il mancato accertamento in fatto di uno degli altri requisiti previsti: ossia che l’attività effettivamente svolta dal COGNOME fosse qualificabile quale «attività lavorativa autonoma o di impresa individuale».
In questi termini il motivo risulta fondato. Il ricorso deve pertanto essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Per l’effetto deve rinviarsi alla Corte d’appello di Milano che, in diversa composizione, dovrà decidere la causa secondo il principio di diritto sopra stabilito.
La corte territoriale nel fare applicazione di questo principio di diritto dovrà inoltre procedere all’apprezzamento in fatto degli altri requisiti previsti dalla legge per il verificarsi dell’evento estintivo ex art.11 lettera c) del d.lgs. n.22/2015, ossia che l’attività effettivamente svolta dal COGNOME fosse qualificabile quale «attività lavorativa autonoma o di impresa individuale.
11. La corte territoriale provvederà infine anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 14/11/2024.