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Obbligo comunicazione CIGS: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8285/2024, ha stabilito che l’obbligo di comunicazione CIGS per il datore di lavoro sussiste anche in caso di cessazione di attività di una singola unità produttiva. L’azienda deve specificare i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e le ragioni della mancata rotazione, anche se l’attività viene trasferita. La genericità della comunicazione rende la procedura illegittima e comporta il diritto al risarcimento del danno per i lavoratori.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

CIGS e Chiusura Sito: L’Obbligo di Comunicazione Resta Fondamentale

Quando un’azienda affronta una crisi che porta alla chiusura di una sede, l’attivazione della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) è uno strumento cruciale. Tuttavia, la procedura deve seguire regole precise per essere legittima. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 8285 del 27 marzo 2024, ha ribadito l’importanza dell’obbligo di comunicazione CIGS, anche quando la sospensione dei lavoratori riguarda un’intera unità produttiva destinata a chiudere. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Una CIGS Contestata

Una nota società di contact center avviava una procedura di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria per i dipendenti di una specifica sede romana, motivandola con la cessazione totale delle attività in quel sito. Di conseguenza, l’azienda riteneva di non dover applicare il criterio della rotazione tra i lavoratori, né di dover specificare nella comunicazione alle organizzazioni sindacali i criteri di scelta del personale da sospendere, dato che la scelta era obbligata e legata all’appartenenza a quella sede.

I lavoratori interessati impugnavano la procedura, sostenendo che la comunicazione fosse illegittima per la mancata indicazione dei criteri di scelta e delle modalità di rotazione. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello davano ragione ai dipendenti, condannando la società al risarcimento del danno, pari alla differenza tra la normale retribuzione e l’indennità di integrazione salariale percepita. La società decideva quindi di ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte e l’Obbligo di Comunicazione CIGS

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della decisione è che l’obbligo di comunicazione CIGS, previsto dalla Legge n. 223/1991, ha una funzione di garanzia procedimentale. Deve rendere trasparente e verificabile la scelta del datore di lavoro, tutelando i lavoratori coinvolti.

Anche in caso di chiusura di un’intera unità produttiva, la comunicazione iniziale alle organizzazioni sindacali deve essere completa ed esaustiva. L’azienda deve esplicitare:
1. L’eventuale decisione di non applicare il criterio della rotazione.
2. I motivi tecnico-organizzativi alla base di tale decisione.
3. I criteri alternativi utilizzati per individuare i lavoratori da sospendere in modo univoco.

La Corte ha sottolineato che era onere dell’azienda dimostrare non solo la chiusura del sito, ma anche l’effettiva cessazione delle attività ivi svolte (e non un loro mero trasferimento altrove) e la non fungibilità delle mansioni dei lavoratori sospesi con quelle di altri dipendenti in altre sedi.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su diversi punti cardine:

* Trasparenza e Verificabilità: La comunicazione non è una mera formalità. Serve a garantire che le scelte aziendali siano coerenti con le cause della sospensione e non arbitrarie. Questo controllo deve poter essere esercitato sia dai sindacati che, in ultima istanza, dal lavoratore e dal giudice.
* Onere della Prova: L’azienda che invoca l’esenzione dal criterio di rotazione deve provare i presupposti fattuali. Nel caso di specie, la società non ha fornito prova adeguata né della cessazione definitiva delle attività (che avrebbero potuto essere trasferite), né dell’infungibilità delle mansioni. Anzi, un successivo accordo sindacale che prevedeva la rotazione tra i lavoratori di quella sede e quelli di altre sedi romane è stato visto come un ‘indice sintomatico’ della fungibilità delle loro professionalità.
* Specificità dei Criteri: Un criterio di scelta generico, come la mera appartenenza a un sito, non è sufficiente. Deve essere un criterio che permette una selezione effettiva e verificabile. La genericità della comunicazione viola l’obbligo di legge e determina l’inefficacia dei provvedimenti aziendali.
* Irrilevanza del Decreto Ministeriale: Il fatto che il Ministero del Lavoro avesse successivamente approvato il programma di CIGS non sana il difetto originario della comunicazione. La valutazione ministeriale si concentra sugli aspetti formali della cessazione, non sull’eventuale trasferimento delle attività o sulla fungibilità delle mansioni, aspetti cruciali per la tutela dei lavoratori.

Conclusioni

L’ordinanza n. 8285/2024 rafforza un principio fondamentale del diritto del lavoro: le procedure di gestione delle crisi aziendali devono sempre rispettare i principi di trasparenza e correttezza. Anche in un contesto drastico come la chiusura di una sede, il datore di lavoro non è esonerato dal fornire una comunicazione dettagliata che permetta ai sindacati e ai lavoratori di comprendere e verificare le ragioni delle sue scelte. La mancanza di una comunicazione completa e specifica rende la procedura di CIGS illegittima e apre la strada al risarcimento del danno per i lavoratori ingiustamente sospesi.

Quando un’azienda chiude un sito, è comunque tenuta a comunicare i criteri di scelta per la CIGS e le modalità di rotazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che anche in caso di cessazione dell’attività di una singola unità produttiva, l’azienda deve fornire alle organizzazioni sindacali una comunicazione completa e trasparente. Questa deve indicare i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e, se non applica la rotazione, deve spiegare dettagliatamente le ragioni tecniche e organizzative di tale esclusione.

Quali informazioni deve contenere la comunicazione di avvio della procedura CIGS per essere considerata valida?
La comunicazione deve essere specifica e non generica. Deve rendere la scelta dei lavoratori trasparente e verificabile. In particolare, deve specificare: a) l’autonomia organizzativa ed economica dell’unità produttiva interessata; b) che le attività sono effettivamente cessate e non trasferite altrove; c) che le professionalità dei lavoratori coinvolti non sono fungibili, ovvero non utilizzabili in altri siti dell’azienda.

Cosa rischia l’azienda se la comunicazione di avvio della CIGS è generica o incompleta?
Se la comunicazione è generica e non permette una valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori, la procedura di CIGS è illegittima. Questo determina l’inefficacia del provvedimento di sospensione e dà diritto ai lavoratori di agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno, solitamente pari alla differenza tra la retribuzione che avrebbero percepito e l’indennità di cassa integrazione ricevuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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