Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8314 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8314 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
Oggetto:
intermediazione
finanziaria
obblighi
informativi
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona n. 462/2019, depositata il 5.4.2019 emessa nel giudizio r.g. n. 151/2013, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’11 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Ancona -Sezione distaccata di Senigallia, in accoglimento della domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE -poi dichiarata fallita in corso di causa, con subentro in giudizio del curatore -nei confronti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a., accertata la nullità dei contratti quadro sottoscritti dalla società per violazione del requisito della forma scritta, prevista ad substantiam dall’art. 23 d.lgs. n. 58/1998, nonché di tutti i contratti di compravendita a termine di divisa stipulati con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) Filiale RAGIONE_SOCIALE Senigallia, per violazione delle norme imperative ex art. 1418 c.c. in difetto della sottoscrizione del contratto quadro e/o per difetto di causa ex art. 1325 c.c., condannava la convenuta RAGIONE_SOCIALE alla restituzione, a titolo di indebito oggettivo, delle somme versate per la stipula dei contratti di compravendita a termine , pari ad € 132.949,03, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE proponeva gravame dinanzi alla Corte di Appello di Ancona che, con la sentenza qui impugnata accoglieva parzialmente l’appello.
Per quanto qui di interesse la Corte statuiva:
le eccezioni proposte sulla ultrapetizione relative alla dichiarazione di nullità del contratto quadro non erano meritevoli di accoglimento poiché le relative domande erano state formulate sin dall’atto di citazione;
il contratto quadro non aveva difetto di forma scritta per mancata sottoscrizione della banca, poiché dagli esiti probatori risultano presenti tutti gli elementi richiesti per la sua validità. Il contratto contiene quanto richiesto dalla disciplina dell’art. 30 reg. Consob , diversamente da come ritenuto dal Tribunale di I grado;
la causa del contratto è individuata nello scambio tra due rischi che, assunti dai contraenti derivano dall’entità degli importi che
matureranno a carico o a favore di ciascuno a seconda delle oscillazioni del cambio, diversamente da come ritenuto dal Tribunale di I grado;
non risulta consegnato al cliente il documento sui rischi generali per investimenti finanziari, né redatta la scheda di profilatura dello stesso contenente le notizie sulla sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché la sua propensione al rischio, né è stata fornita informativa relativa ai rischi connessi allo specifico strumento finanziario nei singoli contratti di compravendita sottoscritti e la cliente non è qualificabile come cliente professionale. L’inadempimento va considerato grave per giustificare la risoluzione
ex art. 1453 c.c.;
e ) ne consegue l’obbligo di restituzione delle somme versate per gli atti di compravendita risolti.
Contro la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso con tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
Con il primo motivo: Erroneità della sentenza della Corte di Appello per violazione degli artt. 112 e 99 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.). La Corte di Appello di Ancona ha pronunciato oltre i limiti della domanda dichiarando la risoluzione del contratto quadro di investimento in assenza di una specifica richiesta del RAGIONE_SOCIALE in tal senso;
1.1 La censura è inammissibile per difetto di specificità ed autosufficienza. La ricorrente, infatti, si limita a riprodurre, nel ricorso, le sole conclusioni rassegnate dall’attrice con l’atto di citazione e con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c., senza fornire alcuna illustrazione degli argomenti addotti da quest’ultima a sostegno di tali conclusioni. La circostanza, perciò, che
effettivamente dette conclusioni comprendano la risoluzione dei contratti di investimento non è decisiva, restando non chiaro se siffatte conclusioni presuppongano la risoluzione anche del contratto quadro oppure la escludano. E sarebbe stato onere della ricorrente integrare la illustrazione del motivo di ricorso con sufficienti riferimenti al contenuto delle difese di parte attrice, se necessario riproducendone il testo, al fine di porre questa Corte nelle condizioni di apprezzare, in funzione della verifica del dedotto vizio di extrapetizione, l’effettivo contenuto de lla domanda attorea, che non si riduce alle sole conclusioni.
Con il secondo motivo: Erroneità della sentenza per violazione dell’art 23 TUF (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.). La Corte di Appello ha erroneamente statuito che non fosse necessario procedere alla verifica del nesso causale tra la violazione delle regole di condotta dell’intermediario e il danno lamentato dall’investitrice.
2.1 La censura è inammissibile. È vero, infatti, che la Corte d’appello afferma la non necessità di tale verifica, ma è anche vero che tale affermazione costituisce, a ben guardare, un mero obiter dictum non rilevante in funzione della ratio decidendi. La Corte, infatti, ha condannato la banca alla restituzione della somma di cui si è detto non già a titolo di risarcimento del danno, bensì a titolo di restituzione dell’indebito conseguente alla disposta risoluzione contrattuale. Discutere, perciò, di nesso causale tra inadempimento e danno è privo di rilevanza, non essendo stato disposto appunto un risarcimento del danno; rilevante è invece la verifica di gravità dell’inadempimento, funzionale invece alla disposta risoluzione. Ma tale verifica è dalla Corte affidata a una diversa affermazione -quella, cioè, secondo cui l’inadempimento degli obblighi informativi era stato ‘determinante nell’indurre la RAGIONE_SOCIALE ad effettuare gli ordini di compravendita’ (cfr. p. 13 della sentenza impugnata) che però non viene fatta oggetto di censura dalla ricorrente.
Con il terzo motivo: Erroneità della sentenza per falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., nonché per violazione dell’art. 2697
c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.). La Corte di Appello ha erroneamente condannato la RAGIONE_SOCIALE a restituire all’investitore l’importo di € 132.949,03 sul presupposto che detta somma non fosse stata oggetto di specifica contestazione;
3.1 La censura è inammissibile. Nel vigore del novellato art. 115 c.p.c., a mente del quale la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l’effetto della relevatio ab onere probandi , spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte, e il suo apprezzamento è censurabile in Cassazione esclsuivamente per vizio di motivazione (Cass. 3680/2019; 27490/2019), nella specie non dedotto dalla ricorrente.
Per quanto esposto il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 9.000 per compensi e € 200 per esborsi , oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima