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Obblighi informativi: l’onere di allegazione spetta

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di due investitori contro un istituto di credito, stabilendo un principio chiave sugli obblighi informativi. La Corte ha chiarito che, in caso di presunta violazione, non è sufficiente per l’investitore lamentare genericamente una mancata informazione. Spetta a quest’ultimo l’onere di allegare in modo specifico e circostanziato quali informazioni l’intermediario avrebbe omesso di fornire. In assenza di tale allegazione specifica, la sottoscrizione di una clausola di inadeguatezza dell’operazione fa presumere l’adempimento degli obblighi da parte della banca.

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Pubblicato il 22 agosto 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Obblighi Informativi: La Cassazione Sottolinea l’Onere di Allegazione Specifica dell’Investitore

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di intermediazione finanziaria, chiarendo la ripartizione degli oneri probatori tra cliente e banca. Al centro della questione vi sono gli obblighi informativi che gravano sull’intermediario e, soprattutto, il ruolo attivo che l’investitore deve assumere in giudizio per far valere una loro presunta violazione. La decisione sottolinea che non basta una lamentela generica; è necessario specificare nel dettaglio quali informazioni siano mancate.

I Fatti di Causa

Due risparmiatori convenivano in giudizio un importante istituto di credito, lamentando la grave responsabilità della banca per l’inadempimento degli obblighi informativi legati a un’operazione di investimento conclusa nel 2005. Gli investitori chiedevano la risoluzione del contratto e la restituzione delle somme versate o, in alternativa, il risarcimento dei danni.

Le loro domande venivano respinte sia in primo grado che in appello. La Corte territoriale, in particolare, aveva ritenuto che la banca avesse assolto ai propri doveri, poiché dalla documentazione prodotta, inclusa la sottoscrizione dell’ordine di acquisto, emergeva che l’investitore era stato reso edotto dell’inadeguatezza dell’operazione rispetto ai suoi obiettivi e della rischiosità dell’investimento. Insoddisfatti, i risparmiatori proponevano ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte: il Principio degli Obblighi Informativi

La Corte Suprema di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo le argomentazioni degli investitori infondate. Il fulcro della decisione si basa su un preciso onere processuale a carico del cliente: l’onere di allegazione specifica.

Gli Ermellini hanno stabilito che l’investitore che lamenta la violazione degli obblighi informativi non può limitarsi a una contestazione generica. Egli ha il dovere di “allegare specificamente l’inadempimento”, individuando in modo circostanziato le informazioni che l’intermediario avrebbe omesso di fornirgli. Solo a fronte di una contestazione così dettagliata, scatta per la banca l’onere di provare, con qualsiasi mezzo, di aver invece fornito quelle specifiche informazioni.

Nel caso di specie, i ricorrenti si erano limitati a denunciare una mancata informativa “chiara, appropriata e completa”, senza però indicare puntualmente quali notizie rilevanti non fossero state comunicate. Questa genericità ha reso le loro doglianze inammissibili.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte si articola su due punti cardine. In primo luogo, viene chiarito il valore della sottoscrizione, da parte del cliente, della clausola che segnala l’inadeguatezza dell’operazione. Secondo la Cassazione, tale firma non costituisce una prova assoluta dell’adempimento dell’intermediario, ma fa sorgere una presunzione che l’obbligo informativo sia stato assolto. Di conseguenza, spetta all’investitore superare questa presunzione, non con lamentele vaghe, ma allegando precisamente quali specifiche informazioni, cruciali per comprendere l’inadeguatezza, gli siano state omesse. In mancanza di tale specificazione, l’onere probatorio della banca non viene neppure attivato. La Corte afferma che l’investitore deve chiarire “i precisi contorni del thema decidendum”, ovvero definire l’oggetto del contendere, cosa che non può avvenire attraverso allegazioni generiche.

In secondo luogo, la valutazione del materiale probatorio, come i moduli d’ordine, rientra nella discrezionalità del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, a meno che non si configuri un vizio di omesso esame di un fatto decisivo, cosa che la Corte ha escluso nel caso in esame. La Corte d’appello aveva correttamente valutato la documentazione, ritenendo che da essa emergesse la piena consapevolezza dell’investitore circa l’inadeguatezza dell’operazione.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Per gli investitori, il messaggio è chiaro: per contestare efficacemente l’operato di un intermediario finanziario in tribunale, è indispensabile costruire la propria difesa su allegazioni fattuali precise e dettagliate fin dal primo grado di giudizio. Non è sufficiente affermare di essere stati informati male; è necessario dimostrare quali informazioni essenziali sono mancate e perché erano decisive per una scelta consapevole. Per gli intermediari, la decisione conferma che, pur rimanendo titolari di stringenti obblighi informativi, la corretta documentazione delle avvertenze fornite, specialmente riguardo all’inadeguatezza delle operazioni, costituisce un solido elemento presuntivo a loro favore, difficile da superare senza contestazioni specifiche dalla controparte.

A chi spetta l’onere di provare la violazione degli obblighi informativi da parte di una banca?
Inizialmente, spetta all’investitore l’onere di allegare in modo specifico e circostanziato quali precise informazioni la banca avrebbe omesso di fornire. Solo dopo questa allegazione specifica, l’onere della prova si trasferisce sulla banca, che dovrà dimostrare di aver effettivamente fornito quelle informazioni.

Che valore ha la firma del cliente su una clausola che avverte dell’inadeguatezza dell’investimento?
Secondo la Corte, la sottoscrizione di tale clausola non è una prova assoluta dell’adempimento della banca, ma crea una presunzione che l’obbligo informativo sia stato assolto. Per superare questa presunzione, l’investitore deve indicare quali specifiche informazioni mancavano nonostante l’avvertimento.

Una lamentela generica sulla mancanza di informazioni è sufficiente per avviare una causa contro l’intermediario?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che una contestazione generica è inammissibile. L’investitore deve indicare puntualmente quali notizie rilevanti non gli sono state comunicate, definendo così i contorni precisi della presunta inadempienza contrattuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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