Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9197 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9197 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 00746/2021 R.G. proposto da:
Deutsche Bank s.p.a. RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dal l’avv. NOME COGNOME giusta procura in atti;
–
ricorrente –
Contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in proprio e quali eredi di COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
Oggetto:
intermediazione finanziaria obbligazioni argentine
AC
–
04/04/2025
avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 1421/2020, pubblicata il 27 maggio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Deutsche Bank s.p.aRAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter : ‘la banca’) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza locale Tribunale che l’ aveva condannata a corrispondere a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME la somma di euro 34.758,74, oltre accessori, a titolo di risarcimento del danno cagionato al loro dante causa in relazione a un investimento finanziario da questi effettuato in obbligazioni argentine; danno quantificato nella differenza tra il prezzo pagato per l’ investimento e quello ricavato dalla rivendita dei titoli, al netto delle cedole incassate.
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in proprio e quali eredi di NOME COGNOME deceduta nelle more del giudizio, hanno resistito con controricorso.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che l’eccezione di prescrizione della pretesa risarcitoria, sollevata dalla banca, era infondata, posto che la domanda giudiziale ineriva non alla risoluzione del contratto-quadro, ma dell’ ordine di borsa del 25 novembre 1999, essendo del resto incontestabile che la violazione degli obblighi informativi, rilevante ai fini del decidere, non preesistesse al ridetto ordine, con conseguente natura contrattuale della responsabilità e applicazione del termine decennale di prescrizione, che nella specie aveva iniziato a decorrere
solo dal momento della cognizione del default dello Stato argentino, e dunque dal dicembre 2001, sicché del tutto valida, agli effetti interruttivi, era la missiva spedita per conto del cliente da ll’avvocato NOME COGNOME in data 25 novembre 2006; b) che la banca aveva l’onere di conservazione della documentazione scritta inerente all’ investimento per cui è causa, segnatamente in tema di assolvimento degli obblighi informativi su di essa ricadenti, all’uopo non sussistendo alcuna facoltà di distruzione della medesima decorso un quinquennio dalla stipula del relativo contratto; c) che assolutamente condivisibile era la valutazione del Tribunale di inammissibilità dei capitoli di prova testimoniale formulati in primo grado dalla banca in tema di prova d ell’ assolvimento degli obblighi informativi; d) che dalla copia dell’ordine di acquisto del 25 novembre 1999, unico documento prodotto in atti, si evinceva l’assenza di qualsivoglia indicazione o avvertenza sulla tipologia di informazioni fornite al cliente in tema di adeguatezza dell’operazione rispetto al suo profilo di rischio, non essendovi in atti alcuna prova, che incombeva alla banca fornire , dell’ assolvimento dei relativi obblighi, non desumibili dagli investimenti similari del medesimo cliente, in assenza di prova della non rischiosità dell’operazione, nemmeno evincibile dalla libera rivendita dei titoli negoziati contenuta nell’ offering circular .
4. Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
Primo motivo: « 1) Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2943, quarto comma, cod. civ.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha attribuito efficacia interruttiva
della prescrizione alla lettera datata 25 novembre 2006, che non conteneva alcun riferimento alla domanda giudiziale successivamente proposta, ma solo a una pretesa ‘nullità’, era formulata in modo assolutamente generico, senza riferimenti all’ adeguatezza dell’acquisto e risultava riferita a una pretesa ‘ restituzione ‘, concetto diverso dal risarcimento, poi effettivamente domandato in sede giudiziale.
Il motivo è inammissibile perché, a dispetto della sua formulazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in effetti pretende da questa Corte di sola legittimità non già una valutazione sulla corretta applicazione alla fattispecie della disciplina della prescrizione nella materia in esame, bensì un non consentito riesame in questa fase delle prove acquisite in atti e, segnatamente, del contenuto della lettera che la Corte territoriale ha valutato, peraltro conformemente al primo giudice, come validamente interruttiva della prescrizione; la censura, infatti, non fa alcun riferimento alla violazione dei criteri dell’ermeneutica negoziale, ma contesta il contenuto intrinseco del documento, inammissibilmente confinando l’ accertamento richiesto a questa Corte al piano del puro merito.
b) Secondo motivo: « 2) Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 21 TUF e 28 Reg. Intermediari in relazione all’art. 23, sesto comma, TUF e all’art. 2697 cod. civ. », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha affermato la sussistenza dell’inadempimento della banca agli obblighi informativi su di essa gravanti anteriormente all’ordine di investimento, senza avvedersi che la controparte non aveva in alcun modo specificamente contestato l’ assenza di informazioni
fornite al proprio dante causa al momento della stipula dell’or dine di acquisto dei bond argentini.
Il motivo è inammissibile per una serie di concomitanti ragioni. Innanzitutto, la censura non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che è chiaramente fondata sul difetto di prova, gravante sulla banca, dell’avvenuto adempimento agli obblighi informativi su di essa gravanti, siccome la documentazione inerente alla stipula dell’ ordine non era più nella disponibilità della banca, a tal fine del tutto irrilevante essendo il decorso del termine di cinque anni dalla sottoscrizione, che la Corte di appello espressamente giudicato ininfluente ai fini dell’obbligo di conservazione. Tale ultima valutazione non è in alcun modo censurata in questa sede. Da tanto deriva che il motivo in esame non contrasta efficacemente la ragione della decisione sul punto, risultato quindi inammissibile.
Sotto concorrente profilo, l’ inammissibilità sussiste anche in relazione al fatto che la censura introduce il tema della ‘non contestazione’ dell’ adempimento all’ obbligo informativo, come conseguenza dell’atteggiamento processuale del cliente. Un argomento che va giudicato come nuovo, e pertanto inammissibile, in questa sede, non contenendo la censura alcun riferimento al come, dove e quando tale questione sia stata sollevata e coltivata nella fase di merito, circostanza vieppiù necessaria, ai fini dell’ autosufficienza del motivo, dal momento che la sentenza impugnata di tale questione non fa cenno alcuno.
Terzo motivo: « 3) Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 21 TUF e 28 Reg. Intermediari in relazione all’art.
23, sesto comma, TUF e all’art. 2697 cod. civ. », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha affermato che l’assenza sull’ordine di acquisto della dicitura sull’informativa ricevuta dimostra l’ inadempimento della banca agli obblighi informativi su di essa gravanti.
Il motivo è inammissibile per due concomitanti ragioni. La prima si individua, come già rilevato a commento del primo motivo di ricorso, nel mancato confronto con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha imputato alla banca l’ome ssa conservazione dei documenti e che, de residuo , ha ritenuto insufficiente, ai fini dell’ assolvimento dell’onere probatorio , il contenuto dell’unico documento versato in atti, ovvero l’ ordine di acquisto.
La seconda si individua nella circostanza che la selezione delle prove rilevanti ai fini del decidere appartiene al patrimonio esclusivo del giudice del merito sicché, in assenza di contestazioni sui criteri ermeneutici applicati, quanto dedotto nel motivo in esame deve qualificarsi come una censura di merito, la cui critica in tali sensi è inammissibile in questa sede.
Quarto motivo: « 4) Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 244 cod. proc. civ.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto generici i capitoli di prova formulati dalla banca.
Il motivo è inammissibile perché, in primo luogo, non si confronta con la più volte individuata ratio decidendi della sentenza impugnata. Invero, la Corte territoriale ha valutato inammissibile il capitolato di prova per testi della banca anche perché di tali circostanze doveva essere data prova documentale
(colpevolmente mancante per il mancato reperimento della documentazione, valutato come imputabile alla banca medesima); d’altra parte, la mera doglianza inerente alla genericità della prova testimoniale è insindacabile in cassazione, involgendo una valutazione di fatto che può essere censurata soltanto se basata su erronei principi giuridici, ovvero su incongruenze di ordine logico, (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 34189 del 21/11/2022), nella specie questioni del tutto estranee al contenuto della censura in esame, che pretenderebbe da questa Corte un’ inammissibile rinnovazione del giudizio di ammissibilità dei capitoli di prova formulati nella fase di merito.
Quinto motivo: « 5) Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29 Reg. Intermediari», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto decisiva l’ assenza del questionario di profilatura ai fini del giudizio sull’adeguatezza dell’operazione.
Il motivo è inammissibile perché, ancora una volta, mostra di non cogliere la ratio decidendi della sentenza impugnata, che non ha affatto dedotto l’ inadeguatezza dell’operazione solo dall’ assenza del questionario di profilatura ma, come si evince dalla lettura di pag. 9, 10 e 11 della decisione medesima, sulla base di tutta una serie di circostanze di fatto, oggetto di riscontro probatorio in atti, dalle quali ha complessivamente tratto il convincimento dell’ affermata inadeguatezza.
Le spese di lite della presente fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna Deutsche Bank s.p.a. a rifondere a COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in proprio e quali eredi di COGNOME NOME, le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 aprile 2025.