LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Obblighi informativi: la banca deve provare tutto

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un istituto di credito al risarcimento dei danni subiti dagli eredi di un cliente per un investimento in obbligazioni argentine. La Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso della banca, ribadendo che l’onere di provare l’assolvimento degli obblighi informativi grava sull’intermediario. I tentativi della banca di contestare la valutazione delle prove e l’interpretazione dei fatti sono stati dichiarati inammissibili, in quanto non rientrano nelle competenze del giudizio di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Obblighi informativi della banca: la prova è tutto

Quando un cliente investe i propri risparmi, si affida alla professionalità del proprio intermediario finanziario. Ma cosa succede se l’investimento va male e il cliente sostiene di non essere stato adeguatamente informato sui rischi? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: in tema di obblighi informativi, spetta alla banca dimostrare di aver agito con la massima diligenza, fornendo al cliente ogni informazione necessaria. Se non lo fa, ne paga le conseguenze.

I fatti di causa

Il caso riguarda un investimento in obbligazioni argentine effettuato da un cliente tramite il proprio istituto di credito. A seguito del default dello Stato argentino, l’investimento ha generato una perdita significativa. Gli eredi del cliente hanno quindi citato in giudizio la banca, chiedendo il risarcimento del danno e sostenendo che il loro parente non fosse stato correttamente informato sui rischi dell’operazione. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione agli eredi, condannando la banca a risarcire la differenza tra il capitale investito e quanto recuperato dalla vendita dei titoli. L’istituto di credito, non soddisfatto, ha presentato ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione e gli obblighi informativi

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso della banca inammissibile, confermando in toto la decisione dei giudici di merito. L’ordinanza è di grande interesse perché analizza e respinge, uno per uno, i cinque motivi di ricorso presentati dall’istituto, offrendo importanti chiarimenti sugli obblighi informativi e sulla ripartizione dell’onere della prova.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato la linea difensiva della banca basandosi su principi procedurali e sostanziali consolidati.

Prescrizione e Onere della Prova

Il primo motivo di ricorso riguardava la presunta prescrizione del diritto al risarcimento. La banca sosteneva che una lettera interruttiva inviata dall’avvocato degli eredi non fosse valida. La Cassazione ha respinto la censura, qualificandola come un tentativo inammissibile di ottenere un nuovo esame del contenuto della lettera, attività riservata al giudice di merito e non consentita in sede di legittimità.

Il secondo e terzo motivo sono il cuore della decisione. La banca lamentava che la Corte d’Appello avesse erroneamente affermato il suo inadempimento agli obblighi informativi, sostenendo che la controparte non avesse mai specificamente contestato l’assenza di informazioni. La Cassazione ha chiarito due punti cruciali:

1. La ratio decidendi: La condanna della banca non si basava su una non contestazione, ma sul suo difetto di prova. La Corte d’Appello aveva correttamente imputato alla banca l’omessa conservazione della documentazione relativa all’investimento. Era onere della banca dimostrare di aver fornito le informazioni, e non avendolo fatto, è risultata inadempiente.
2. Il principio dell’onere probatorio: In materia di intermediazione finanziaria, l’art. 23 del TUF pone a carico dell’intermediario l’onere di provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta. La mancanza di documentazione (come l’ordine di acquisto privo di informative sui rischi o il questionario di profilatura) non può che ricadere sulla banca stessa.

Inammissibilità della Prova Testimoniale

Con il quarto motivo, la banca criticava la scelta dei giudici di merito di non ammettere le prove testimoniali da essa richieste. Anche in questo caso, la Cassazione ha ritenuto il motivo inammissibile. La Corte territoriale aveva giustamente ritenuto che l’adempimento agli obblighi informativi dovesse essere provato per via documentale, e che la prova testimoniale fosse generica e inidonea, soprattutto a fronte di una colpevole mancanza della documentazione che la banca era tenuta a conservare.

L’adeguatezza dell’operazione

Infine, la banca sosteneva che i giudici avessero erroneamente basato il giudizio di inadeguatezza dell’operazione sulla sola assenza del questionario di profilatura. La Cassazione ha evidenziato come questa fosse una lettura parziale della sentenza impugnata. La decisione di merito, infatti, si fondava su una serie di circostanze di fatto e su un complesso di elementi probatori (o meglio, sulla loro assenza), dai quali emergeva in modo complessivo l’inadeguatezza dell’investimento per il profilo di rischio del cliente.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma con forza la centralità della documentazione e della trasparenza nei rapporti tra intermediari finanziari e clienti. Le banche hanno un preciso dovere di conservare tutti gli atti che dimostrino il corretto adempimento dei loro obblighi informativi. Non possono sperare di colmare la mancanza di prove documentali con testimonianze generiche o cercando di invertire l’onere della prova. Per gli investitori, questa decisione è un’importante conferma: in caso di contenzioso, sarà la banca a dover dimostrare, documenti alla mano, di aver agito correttamente.

Su chi ricade l’onere di provare di aver fornito adeguate informazioni al cliente in un investimento finanziario?
L’onere della prova ricade interamente sull’intermediario finanziario (la banca). Secondo la sentenza, è la banca che deve dimostrare di aver assolto a tutti gli obblighi informativi previsti dalla legge, fornendo al cliente informazioni adeguate sui rischi dell’operazione.

Un ricorso in Cassazione può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione delle prove?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove o i fatti (come il contenuto di una lettera o l’adeguatezza di un investimento), ma solo verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. I tentativi della banca di ottenere un riesame delle prove sono stati infatti dichiarati inammissibili.

Perché la Corte ha ritenuto che la banca fosse responsabile nonostante il tempo trascorso dall’investimento?
La Corte ha stabilito che l’obbligo della banca di conservare la documentazione inerente all’investimento è fondamentale per provare l’adempimento dei suoi doveri. La semplice circostanza che fossero passati più di cinque anni non la esonerava da tale obbligo né le consentiva di distruggere la documentazione. La mancanza di tale documentazione è stata imputata alla banca stessa e ha costituito la base per affermare il suo inadempimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati