Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9069 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9069 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22314 R.G. anno 2022 proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME;
contro
ricorrente
avverso la SENTENZA n. 906/2022 emessa da CORTE D’APPELLO L’AQUILA.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato, NOME COGNOME conveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE deducendo: che il proprio dante causa, NOME COGNOME, aveva stipulato con la banca un contratto di acquisto di un prodotto finanziario con un determinato rendimento; che deceduto nel 2001 il titolare, essa istante aveva venduto nel 2011 il titolo, ricavandone un utile; che il prodotto finanziario originariamente acquistato dal marito non era conforme al suo profilo di rischio, essendo il prodotto di tipo speculativo; che aveva subito dei danni dall’investimento che quantificava in € 70.000,00, di cui domandava il risarcimento da parte della banca.
Il T ribunale di L’Aquila, nella resistenza di RAGIONE_SOCIALE , ha respinto la domanda.
─ Il gravame proposto avverso la sentenza di primo grado è stato respinto dalla Corte di appello di L’Aquila : secondo detta Corte, «che la COGNOME non abbia potuto beneficiare della cedola pari al 38% del capitale è evidentemente circostanza riconducibile solo ed esclusivamente alla scelta dell’attrice appellante di non attendere la naturale scadenza del contratto, e non può attribuirsi alla banca». Il Giudice distrettuale ha inoltre negato che al rapporto fosse applicabile la delib. Consob n. 16190/2007, ha escluso che la causa fosse stata insufficientemente istruita e ha negato, infine, che la banca avesse violato le regole di correttezza e buona fede, avendo anche riguardo all’assenza di tempestive contestazioni sul punto da parte degli interessati.
─ NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza di appello. L’impugnazione consta di due motivi ed è resistita dal controricorso di RAGIONE_SOCIALE.
E’ stata formulata, da parte del Consigliere delegato, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c.. A fronte di essa, il difensore della parte ricorrente ha domandato la
decisione della causa.
Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. ─ La proposta ha il tenore che segue:
«l il primo motivo ─ che deduce violazione degli artt. 1175, 1176, 1227 c.c., 21 t.u.f., 28 reg. Consob n. 11522/1998, per non avere la Corte territoriale considerato che la ricorrente non ricevette alcuna informazione da parte della banca, dopo il suo subentro al de cuius , sebbene i titoli fossero rimasti depositati sul proprio conto titoli ─ è inammissibile, ai sensi dell’art. 360 -bis , n. 1, c.p.c., in ragione del principio consolidato della S.C., secondo cui, in materia di intermediazione in valori mobiliari, il conferimento di un mero ordine di acquisito di titoli non obbliga la banca a fornire al cliente informazioni successive alla concreta erogazione del servizio: con l’enunciazione del principio di diritto, secondo cui ‘ In materia di investimenti finanziari, gli obblighi informativi gravanti sull’intermediario ai sensi dell’art. 21, 1° comma, lett. b), d.lgs. n. 58 del 1998, sono finalizzati a consentire all’investitore di operare investimenti pienamente consapevoli, sicché tali obblighi, al di fuori del caso del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti, vanno adempiuti in vista dell’investimento e si esauriscono con esso ‘ ( e plurimis , Cass., sez. I, 16.4.2021, n. 10113; Cass., sez. I, 27.8.2020, n. 17949; Cass., sez. I, 22.5.2020, n. 9472; Cass., sez. I, 6.6.2018, n. 14691; Cass., sez. I, 24.4.2018, n. 10112; Cass., sez. I, 3.7.2017, n. 16318; Cass., sez. I, 22.2.2017, n. 4602; Cass., sez. I, 30.1.2013, n. 2185);
«il secondo motivo ─ che deduce violazione degli artt. 1218, 2043 c.c. e 112 c.p.c., per non avere ritenuto provato un danno ─ è inammissibile, sotto plurimi profili: 1) esso non coglie la ratio decidendi , laddove la Corte del merito ha escluso la prova del primo elemento costitutivo della fattispecie, la condotta inadempiente; 2) inoltre, la parte ricorrente, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge,
pretende dalla Corte di legittimità una rivisitazione della vicenda concreta, già scrutinata dai giudici del merito, tramite la lettura degli atti istruttori: ma il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge ed implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, laddove l’allegazione di un’erronea ricognizione della concreta vicenda a mezzo delle risultanze di cau sa è esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità ( e multis , Cass. 15 aprile 2021, n. 10029; Cass. 17 febbraio 2021, n. 4172; Cass. 22 gennaio 2021, n. 1341; Cass. 4 maggio 2020, n. 8444; Cass. 10 marzo 2020, n. 6692; Cass. 6 marzo 2019, n. 6519; Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass. 14 gennaio 2019, n. 640); 3) la motivazione della sentenza impugnata esiste ed è ampia, né non compie nessuna omissione di pronuncia».
2. ─ Il Collegio condivide tali rilievi, che fa suoi.
E’ utile aggiungere quanto segue.
Con riguardo al primo motivo, non ha fondamento la deduzione della ricorrente per cui, in sintesi, un obbligo di comunicazione successivo all’acquisto del prodotto funzionario sarebbe esistente nel caso di successione nella titolarità di quest’ultimo: tale soluzione si rivela contrastante col principio per cui al di fuori di un servizio di consulenza o di gestione patrimoniale, dopo l’erogazione del servizio si è esaurita l’attività dell’intermediario con riferimento all’ordine eseguito (così, in motivazione, Cass. 20 gennaio 2013, n. 2185, non massimata in CED , citata nella proposta di definizione accelerata); rispetto a tale regola è del tutto indifferente che il prodotto finanziario resti nella disponibilità giuridica dell’originario acquirente, venga da questi alienato o cada, piuttosto, in successione mortis causa.
Quanto al secondo mezzo non vale opporre che alla banca incombeva di provare il proprio adempimento (cfr. memoria di parte
ricorrente, pag. 7), dal momento che secondo l’accertamento di fatto della Corte di merito, qui non sindacabile, «non emergono dall’istruttoria elementi dai quali evincere la violazione , da parte della banca, della normativa in vigore all’epoca della stipula del contratto intercorso con il dante causa della COGNOME» (sentenza impugnata, pag. 6). Né, per quanto sopra osservato, l’obbligo informativo andava assolto nei confronti di NOME COGNOME, siccome subentrata nella titolarità del prodotto finanziario.
Non appare da ultimo concludente quanto dedotto, in ricorso, con riguardo alla domanda risarcitoria: avendo cioè riguardo al rilievo per cui la ricorrente aveva individuato il danno risarcibile nella differenza tra quanto ella avrebbe ricavato qualora fosse stata informata della incoerenza dello strumento finanziario con il suo profilo di cliente al dettaglio, priva di conoscenze in materia finanziaria, e si fosse conseguentemente liberata del titolo nell’immediatezza della sua acquisizione (il 15 giugno 2001), e quanto avrebbe, poi, concretamente ricavato dalla vendita del titolo (avvenuta il 31 ottobre 2011). Una volta chiarito ch e l’intermediario non era tenuto a svolgere alcuna attività informativa nel periodo successivo alla negoziazione del titolo, non può certo imputarsi a detto soggetto il pregiudizio patrimoniale che l’istante abbia sofferto per la mancata tempestiva cessione del prodotto finanziario caduto in successione ereditaria.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
─ Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
─ Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va disposta condanna della parte istante a norma dell’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c.. Le dette disposizioni, cui fa rinvio l’art. 380bis c.p.c., sono difatti immediatamente applicabili giusta il primo comma dell’art. 35 del d,lgs. n. 149/2022 ai giudizi ─ come quello in esame ─ introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio (Cass.
Sez. U. 27 settembre 2023, n. 27433, in motivazione).
Vale, poi, rammentare quanto segue: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) ─ che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. ─ codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
In tal senso, la parte ricorrente va condannata, nei confronti di quella controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € 6.000,00 , oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di € 6.000,00 in favore della parte controricorrente, e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione