Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2732 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2732 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME rappresentato e difeso da ll’ Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Verona, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE incorporante per fusione la Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a.RAGIONE_SOCIALE rappresentata dalla RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia n. 447/2020, pubblicata il 10.2.2020, non notificata.
Oggetto:
Intermediazione
finanziaria
obblighi
informativi
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-COGNOME ha convenuto in giudizio Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a., chiedendo che il Tribunale dichiarasse la nullità o la risoluzione di operazioni di acquisto di opzioni put e call su titoli azionari, compiute dalla banca in violazione delle regole di comportamento previste dagli art. 21 d.lgs. n. 51/98 e art. 28 reg. Consob n. 11522/98, che avevano portato alla perdita dell’intero capitale investito di € 120.000,00.
2.─ Il Tribunale di Verona ha respinto le domande volte ad ottenere la risoluzione o la dichiarazione di nullità delle singole operazioni compiute, mentre ha accolto la domanda di risarcimento del danno, rilevando che la banca intermediaria non aveva provato l’adempimento degli obblighi informativi e che essa « non possedeva informazioni univoche sull’esperienza dell’attore in materia di investimenti, posto che questi, nell’intestazione del contratto quadro per la negoziazione degli strumenti finanziari aveva dichiarato di non possedere tale esperienza, mentre nella scheda allegata allo stesso contratto aveva dichiarato di possedere un’esperienza elevata ». Inoltre, secondo il Tribunale, « il fatto che la convenuta considerasse l’attore privo di tale esperienza, lo si desume dalla sottoposizione allo stesso di moduli contenenti la dichiarazione di inadeguatezza degli investimenti realizzati ».
3 .─ RAGIONE_SOCIALE in rappresentanza della Cassa di risparmio del Veneto s.p.a. ha proposto gravame dinanzi alla Corte di appello di Venezia che, con sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello rigettando la domanda di risarcimento del danno proposta dall’attuale ricorrente.
4 .─ Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha precisato che:
la proposta domanda risarcitoria era autonoma ed era fondata sull’inadempimento contrattuale; dopo avere precedentemente
domandato la risoluzione per inadempimento dei contratti di acquisto delle opzioni e la restituzione del denaro investito, l’investitore ha infatti chiesto, « nel merito in via subordinata »: « in ogni caso condannarsi, per l’effetto e comunque in ragione del grave inadempimento, Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. a risarcire al sig. COGNOME i danni tutti cagionati… »;
le allegazioni dell’investitore non erano generiche, poiché aveva dedotto che la banca non gli aveva fornito informazioni chiare e corrette circa la rischiosità delle operazioni, trattandosi di acquisti di opzioni su titoli non in portafoglio che comportavano un « effetto leva con rischio di perdite illimitate » e, nel corso del rapporto, non l’aveva informato sull’andamento degli investimenti, che aveva determinato « l’intero depauperamento delle proprie sostanze »;
il fatto che NOME COGNOME fosse un cliente storico ed avesse chiesto di essere seguito nei suoi investimenti da appositi funzionari della banca non era di rilievo ai fini della decisione della controversia, non esonerando la banca dall’adempimento dei doveri informativi previsti dagli artt. 28 e 29 della delibera Consob n. 11522/98; come aveva esattamente evidenziato il Tribunale di Verona, « l’obbligo di fornire informazioni sulla natura e sui rischi delle singole operazioni di investimento sussiste anche nell’ipotesi in cui l’investitore abbia dichiarato o mostrato esperienza in materia »;
la banca aveva adempiuto agli obblighi previsti dal cit. art. 28; NOME COGNOME aveva sottoscritto il contratto quadro sui servizi di investimento ed aveva dichiarato di non essere un operatore qualificato: più esattamente di non possedere specifica competenza ed esperienza nel settore delle operazioni in strumenti finanziari e, pertanto, di non rientrare nella categoria degli operatori qualificati ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 31 della Delibera Consob 11522/98;
nella « scheda informazioni per l’individuazione del profilo di rischio », allegata al contratto quadro, NOME COGNOME aveva dichiarato che non intendeva fornire indicazioni in merito alla sua
situazione finanziaria, di avere un’esperienza elevata in materia di strumenti finanziari ed un’elevata propensione al rischio;
f) era stato, perciò, rispettato il disposto dell’art. 28, comma 1, che impone all’intermediario di « chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L’eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall’investitore »;
era rimasto indimostrato che la banca avesse sollecitato il cliente a compiere operazioni sui derivati, poi richieste;
COGNOME aveva indicato il capitale di riferimento in € 50.000, e tuttavia doveva osservarsi che egli aveva compiuto 189 operazioni su opzioni relative ad azioni quotate (Fiat, Enel, ecc.) ed il capitale di riferimento era relativo a ciascuna operazione, il che significava che, solo con la perdita di oltre € 25.000 in una singola operazione, la banca era tenuta ad informare per iscritto l’investitore dell’esito negativo dell’operazione stessa, se il cliente già non l’aveva appreso per averne seguito l’andamento; agli atti non vi era prova, ed ancor prima difettava una specifica allegazione, che taluna delle 189 operazioni compiute su opzioni si fosse chiusa con una perdita di oltre € 25.000, non essendo invece rilevante che, dopo anni di attività speculativa, NOME COGNOME avesse accumulato una perdita complessiva di € 120.000 ; rimaneva perciò indimostrato che fosse sorto, in capo a Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a., l’obbligo informativo di cui al terzo comma del cit. art. 28;
in occasione di ciascun ordine, la banca aveva comunicato l’inadeguatezza dell’operazione, precisando per iscritto che « gli strumenti finanziari sono classificati dalla banca in otto classi di rischio, la classe di rischio 8 è la classe più rischiosa e include anche i prodotti derivati regolati sull’I.DE.M. Su questa tipologia di prodotti il cliente può perdere interamente il proprio capitale investito »;
COGNOME aveva sottoscritto questa comunicazione, nella cui prima parte si leggeva: « preso atto di quanto riportato dichiariamo di voler procedere al conferimento dell’ordine »; inoltre espressamente dichiarava: « In riferimento alla citata operazione, da me/noi autonomamente richiesta, prendo/prendiamo atto che la Banca mi/ci sconsiglia di dar conto all’esecuzione poiché tale operazione risulta non adeguata al mio/nostro profilo finanziario, in quanto ha come oggetto strumenti speculativi caratterizzati da un elevato rischio di perdita dell’intero capitale investito, Vi confermo/confermiamo la mia/nostra intenzione di dare ugualmente corso all’operazione »;
l) anche a volere ipotizzare che la banca non avesse adeguatamente illustrato al cliente i rischi connessi alle operazioni in opzioni, rimaneva il fatto insuperabile che egli aveva compiuto quasi duecento operazioni e la perdita del capitale non era conseguita ad una sola di esse, ma al complessivo risultato di quasi cinque anni di attività speculativa.
Dopo la prima operazione in cui aveva incamerato perdite, l’investitore , come chiunque avesse agito con un minimo di attenzione e prudenza, non poteva non rendersi conto della pericolosità dello strumento -peraltro, come detto, ripetutamente fattagli constare per iscritto in occasione della sottoscrizione dei singoli ordini -ed astenersi dal proseguire con tale tipologia di investimenti, come suggerito in quelle avvertenze;
m) la valutazione dei fatti allegati adeguatamente consentiva di escludere la presenza di un effettivo nesso di causalità tra l’asserita carenza informativa dell’intermediario e il danno lamentato.
4. ─ COGNOME NOME ha presentato ricorso per cassazione con due motivi articolati in più censure ed anche memoria.
Intesa San Paolo s.p.a. e, per essa la RAGIONE_SOCIALE, ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce:
5. ─ Con il primo motivo: Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21 d.lgs. n. 58/1998, dell’art. 21 e dell’art. 28 reg. Consob n. 11522/1998, nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione ai profili di violazione da parte dell’intermediario finanziario degli obblighi di informazione con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
6. – Con il secondo motivo: Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21 d.lgs. n. 58/1998, e degli artt. 28 e 29 reg. Consob n. 115221998, in relazione ai profili di violazione da parte dell’intermediario finanziario degli obblighi di informazione e di adeguatezza degli investimenti con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
6.1 ─ I due mezzi sono correlati e possono essere trattati unitariamente.
Le doglianze sono inammissibili.
Esse sono formulate sotto il profilo della violazione di legge, ma lungi dal porre in discussione il significato e la portata applicativa delle disposizioni sostanziali richiamate, sono puntate sulla concreta applicazione che il giudice di merito ne ha fat to, nell’esercizio della propria istituzionale attività di governo del materiale istruttorio acquisito al giudizio. Ed in altri termini si tratta di censure di pieno merito, come è del resto palesato dalla denuncia di violazione dell’articolo 2697 c.c., no rma che, come è noto, può dirsi violata soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una asseritamente incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere (Cass., n. 15107/2013; Cass., n. 11949/1993): ribaltamento del riparto dell’onere probatorio in realtà del tutto estraneo al primo mezzo come proposto.
Ed invero, quanto al primo mezzo, il giudice di merito ha proceduto alla analisi del comportamento posto in essere dall’intermediario ,
ponendo l’accento sulla modulistica sottoscritta di volta in volta dal cliente nonché sul suo complessivo comportamento in un arco temporale di circa cinque anni, così da trarne il convincimento, sottratto al sindacato di legittimità, che l’intermediario finanziario avesse adempiuto gli obblighi su di esso ricadenti.
Eguali considerazioni possono svolgersi con riguardo al secondo mezzo ove si lamenta l’assenza di prova adeguata sull’assolvimento degli obblighi informativi in ordine ai rischi dei prodotti finanziari negoziati. Anche per questo profilo la Corte si dilunga ampiamente nell’analisi degli esiti istruttori , evidenziando l’accertamento di merito compiuto in ordine al corretto assolvimento del comportamento dovuto dall’intermediario.
Ciò senza dire che la sentenza impugnata espone una ulteriore ratio decidendi , consistente nella esclusione della dimostrata presenza di un effettivo nesso di causalità tra l’asserita carenza informativa addebitata all’intermediario e il danno lamentato.
7. ─ Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo
P.Q.M .
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 9.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione