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Obblighi informativi intermediario: la firma conta

Un investitore perde 120.000 euro in operazioni speculative e cita la banca per violazione degli obblighi informativi intermediario. La Cassazione rigetta il ricorso: l’investitore, pur avvisato per iscritto dell’inadeguatezza di ogni operazione, ha scelto di procedere, interrompendo il nesso causale tra la condotta della banca e il danno.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Bancario, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Obblighi Informativi dell’Intermediario: Quando la Firma dell’Investitore Esonera la Banca

L’adempimento degli obblighi informativi dell’intermediario finanziario è un pilastro fondamentale nella tutela degli investitori. Tuttavia, cosa succede quando un cliente, pur essendo stato formalmente avvisato dei rischi, decide autonomamente di procedere con operazioni altamente speculative? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, sottolineando il valore della firma del cliente sulla dichiarazione di inadeguatezza e il suo comportamento complessivo nel rapporto con la banca. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Un Investimento ad Alto Rischio

Un investitore conveniva in giudizio un istituto di credito chiedendo la nullità o la risoluzione di numerose operazioni di acquisto di opzioni put e call su titoli azionari. A seguito di tali operazioni, l’investitore aveva subito una perdita totale del capitale investito, pari a 120.000 euro. La contestazione si fondava sulla presunta violazione, da parte della banca, delle regole di comportamento e degli obblighi informativi previsti dalla normativa di settore.

Emergeva una situazione peculiare: nel contratto quadro, l’investitore aveva dichiarato di non possedere esperienza in materia di investimenti, ma in una scheda allegata aveva invece dichiarato di possedere un’esperienza ‘elevata’. Nonostante questa contraddizione, la banca aveva proceduto a sottoporre al cliente, per ogni operazione, un modulo che ne attestava l’inadeguatezza rispetto al suo profilo di rischio.

Il Percorso Giudiziario: Dalla Condanna all’Assoluzione della Banca

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda di risarcimento del danno. I giudici ritenevano che la banca non avesse provato il corretto adempimento degli obblighi informativi, data l’incertezza sul reale profilo di esperienza del cliente.

La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava completamente la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, la banca aveva adempiuto ai suoi doveri. Per ogni singola operazione, infatti, l’intermediario aveva comunicato per iscritto l’inadeguatezza dell’investimento, specificando che si trattava di prodotti ad altissimo rischio (classe 8 su 8) con la possibilità di perdere l’intero capitale. Nonostante ciò, l’investitore aveva ogni volta sottoscritto una dichiarazione con cui confermava la propria intenzione di ‘dare ugualmente corso all’operazione’, di fatto sconsigliata dalla banca.

L’Analisi degli Obblighi Informativi dell’Intermediario in Cassazione

La questione è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha dichiarato il ricorso dell’investitore inammissibile, confermando la decisione d’appello. La Suprema Corte ha chiarito che il ruolo del giudice non è quello di rivalutare nel merito le prove, ma di verificare la corretta applicazione della legge. In questo caso, la Corte d’Appello aveva correttamente analizzato il comportamento delle parti e applicato i principi normativi in materia di obblighi informativi dell’intermediario.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un concetto chiave: l’interruzione del nesso di causalità. La sentenza impugnata aveva esposto una ratio decidendi cruciale, ovvero l’assenza di un nesso causale effettivo tra la presunta carenza informativa e il danno subito. Questo perché:

1. Consapevolezza Dimostrata: Per ogni singola operazione (quasi 200 in cinque anni), l’investitore aveva firmato una comunicazione in cui prendeva atto che la banca sconsigliava l’operazione perché ‘non adeguata’ al suo profilo finanziario. Questa firma non era una mera formalità, ma una dichiarazione esplicita di voler procedere contro il parere dell’intermediario.
2. Comportamento Reiterato: Il fatto che l’investitore avesse continuato a effettuare questo tipo di operazioni per quasi cinque anni, anche dopo aver subito le prime perdite, dimostrava una sua autonoma e persistente volontà speculativa. Un investitore prudente, di fronte ai primi esiti negativi e agli avvisi costanti della banca, si sarebbe astenuto dal proseguire.
3. Comunicazioni Chiare: Le avvertenze fornite dalla banca erano specifiche e inequivocabili. Precisavano che gli strumenti appartenevano alla classe di rischio più elevata e che il cliente avrebbe potuto perdere ‘interamente il proprio capitale investito’.

La Corte ha quindi concluso che il comportamento complessivo del cliente, che ha sistematicamente ignorato gli avvertimenti scritti e chiari, ha di fatto ‘neutralizzato’ ogni possibile inadempienza informativa della banca, rendendo la sua scelta di investimento autonoma e consapevole. La perdita economica non poteva quindi essere addebitata all’intermediario.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: la tutela dell’investitore non si traduce in un esonero totale dalla responsabilità per le proprie scelte. Quando l’intermediario adempie al suo dovere di informare in modo chiaro e per iscritto sui rischi e sull’inadeguatezza di un’operazione, e l’investitore sceglie consapevolmente di ignorare tali avvertimenti, si assume la piena responsabilità delle conseguenze. La firma apposta sulla dichiarazione di ‘operazione non adeguata’ non è un semplice pezzo di carta, ma un atto che può interrompere il nesso causale e precludere future richieste di risarcimento.

Un investitore che firma una dichiarazione di inadeguatezza può comunque chiedere un risarcimento alla banca?
No, secondo questa ordinanza, la firma ripetuta di dichiarazioni che attestano la consapevolezza dell’inadeguatezza dell’operazione, a fronte di un avviso esplicito della banca, interrompe il nesso di causalità tra la condotta dell’intermediario e il danno, rendendo molto difficile ottenere un risarcimento.

L’intermediario finanziario è sempre tenuto a informare l’investitore dei rischi, anche se quest’ultimo si dichiara esperto?
Sì, la Corte ribadisce che l’obbligo di fornire informazioni sulla natura e sui rischi delle singole operazioni di investimento sussiste anche nell’ipotesi in cui l’investitore abbia dichiarato o mostrato esperienza in materia. L’esperienza del cliente non esonera la banca dai suoi doveri informativi.

Cosa interrompe il nesso di causalità tra la presunta carenza informativa della banca e il danno subito dall’investitore?
Il nesso di causalità è interrotto dal comportamento consapevole dell’investitore. Nello specifico, il fatto di aver compiuto quasi duecento operazioni in cinque anni, sottoscrivendo per ciascuna un’esplicita dichiarazione di voler procedere nonostante l’avviso di inadeguatezza della banca, dimostra una scelta autonoma e consapevole che rende il danno non addebitabile all’intermediario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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