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Obblighi informativi intermediario: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di un risparmiatore che aveva acquistato obbligazioni argentine. A causa della violazione degli obblighi informativi dell’intermediario, i giudici di merito avevano dichiarato la risoluzione del contratto. La Cassazione ha confermato che tale violazione è grave e giustifica la risoluzione, ma ha cassato la sentenza per due aspetti: ha stabilito che l’investitore deve restituire i titoli e le cedole percepite e che gli interessi sulla somma rimborsata dalla banca decorrono dalla domanda giudiziale, non dall’investimento, salvo prova della malafede.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Obblighi informativi intermediario: la Cassazione traccia i confini della responsabilità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a occuparsi di un tema cruciale nel diritto bancario: la responsabilità derivante dalla violazione degli obblighi informativi dell’intermediario finanziario. La decisione analizza le conseguenze che scaturiscono da una carente informativa, confermando principi consolidati e chiarendo aspetti importanti in materia di restituzioni e decorrenza degli interessi. Il caso, relativo all’acquisto di obbligazioni argentine, offre spunti fondamentali per comprendere la tutela del risparmiatore.

I Fatti di Causa

Un risparmiatore aveva acquistato, tramite una nota banca, obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina. Successivamente, a seguito del default di tali titoli, l’investitore citava in giudizio l’istituto di credito, lamentando la violazione dei doveri informativi e chiedendo la risoluzione dei contratti (sia il contratto quadro che il singolo ordine di acquisto) e la restituzione del capitale investito, oltre al risarcimento dei danni.

Il Tribunale di primo grado rigettava le domande del risparmiatore. La Corte d’Appello, invece, ribaltava la decisione, accogliendo l’appello. I giudici di secondo grado dichiaravano la risoluzione di entrambi i contratti per inadempimento della banca, la quale non aveva adeguatamente segnalato all’investitore l’inadeguatezza dell’operazione rispetto al suo profilo di rischio. Di conseguenza, la Corte condannava la banca a restituire la somma di 20.000 euro, ma riteneva prescritta la domanda di risarcimento del danno.

Contro questa sentenza, la banca proponeva ricorso per Cassazione, articolando ben tredici motivi di doglianza.

La violazione degli obblighi informativi dell’intermediario secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i numerosi motivi di ricorso, rigettandone la maggior parte. Ha confermato un principio fondamentale: la violazione degli obblighi informativi dell’intermediario costituisce un inadempimento grave che può giustificare la risoluzione non solo del singolo ordine di investimento, ma anche del contratto quadro che regola il rapporto tra banca e cliente. Questo perché l’assolvimento di tali obblighi è il “ponte endocontrattuale” che lega la funzione generale di investimento alla singola operazione, rappresentando la protezione sostanziale per l’investitore.

Tuttavia, la Corte ha accolto due specifici motivi di ricorso, cassando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello.

Obblighi restitutori e decorrenza degli interessi: le precisazioni della Corte

I due punti su cui la Cassazione ha censurato la decisione di merito sono di grande rilevanza pratica:

1. Restituzione dei titoli e delle cedole: La Corte ha accolto il motivo con cui la banca lamentava l’omessa pronuncia sulla propria richiesta di condannare l’investitore a restituire i titoli e le cedole nel frattempo percepite. La risoluzione del contratto, infatti, ha effetto retroattivo e genera obblighi restitutori reciproci. Se la banca deve restituire il capitale, l’investitore deve restituire i titoli acquistati e i frutti (cedole) percepiti.
2. Decorrenza degli interessi: La Corte d’Appello aveva condannato la banca a pagare gli interessi legali sulla somma da restituire a partire dalla data dei singoli versamenti. La Cassazione ha ritenuto questa statuizione errata. In tema di ripetizione dell’indebito, gli interessi decorrono dalla data della domanda giudiziale, a meno che non sia provata la malafede del soggetto che ha ricevuto il pagamento (in questo caso, la banca). La semplice imputabilità dell’inadempimento non è sufficiente a dimostrare la malafede. Pertanto, spettava all’investitore l’onere di provare che la banca fosse in malafede al momento dell’investimento per ottenere gli interessi da quella data.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ribadito che l’inadempimento degli obblighi informativi è una violazione di norme inderogabili che integrano il contenuto del contratto. Tale inadempimento, se grave, può portare alla risoluzione, come previsto dall’art. 1453 c.c. Questo principio, già affermato dalle Sezioni Unite, trova piena applicazione nei servizi di investimento.

Sul punto degli obblighi restitutori, la Corte ha richiamato l’art. 2038 c.c., sottolineando che la risoluzione fa sorgere un rapporto sinallagmatico di restituzione: il capitale investito contro i titoli e i loro frutti. La mancata pronuncia su questo punto da parte del giudice di merito integra il vizio di omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.).

Per quanto riguarda gli interessi, la motivazione si fonda sull’art. 2033 c.c. La Corte ha chiarito che, in assenza di una prova specifica della malafede dell’intermediario al momento della ricezione del denaro, non si può presumere in re ipsa. Di conseguenza, la decorrenza degli interessi deve essere fissata, come regola generale, al momento della proposizione della domanda giudiziale, che costituisce l’atto di messa in mora.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida la tutela del risparmiatore di fronte alla violazione degli obblighi informativi dell’intermediario, confermando la risoluzione del contratto come rimedio esperibile. Tuttavia, delinea con precisione le conseguenze di tale risoluzione. Per gli investitori, significa che, pur ottenendo la restituzione del capitale, dovranno a loro volta restituire i titoli e le cedole incassate. Inoltre, per ottenere il riconoscimento degli interessi sin dalla data dell’investimento, dovranno fornire la prova rigorosa della malafede della banca. Per gli intermediari, la decisione ribadisce la centralità di una corretta e trasparente informativa, ma al contempo fissa paletti chiari sugli effetti restitutori, evitando automatismi sfavorevoli in assenza di una provata condotta dolosa o gravemente colposa.

La violazione degli obblighi informativi dell’intermediario può causare la risoluzione del contratto?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la violazione degli obblighi informativi, se di non scarsa importanza, costituisce un inadempimento grave che può giustificare la risoluzione sia del singolo ordine di investimento sia del contratto quadro che regola il rapporto tra intermediario e cliente.

In caso di risoluzione del contratto di investimento, l’investitore deve restituire i titoli e le cedole ricevuti?
Sì, la risoluzione del contratto ha effetto retroattivo e comporta obblighi di restituzione reciproci. Pertanto, a fronte della restituzione del capitale investito da parte della banca, l’investitore è tenuto a restituire i titoli acquistati e il valore delle cedole (frutti) percepite nel tempo.

Da quando decorrono gli interessi sulla somma che l’intermediario deve restituire all’investitore?
In caso di risoluzione per inadempimento dell’intermediario, gli interessi sulla somma da restituire decorrono dalla data della domanda giudiziale. Per ottenere che gli interessi decorrano dalla data del versamento, l’investitore deve provare che l’intermediario era in malafede al momento in cui ha ricevuto la somma, in quanto la malafede non può essere presunta dal solo inadempimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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