Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3835 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3835 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/02/2025
Oggetto: Intermediazione finanziaria
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al RG 19874/2020 proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avv.ti prof. NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME e NOME, quali eredi di NOME COGNOME, rappresentati e difesi da ll’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-controricorrenti –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 1191/2020 depositata il 27.3.2020, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Con atto di citazione notificato il 12 marzo 2009 NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME eredi di NOME COGNOME (deceduto il 23 dicembre 2003), esponevano quanto segue:
dopo il decesso del loro dante causa erano venuti a conoscenza dell’acquisto, da parte sua, in data 9 ottobre 2000, tramite la Banca Monte dei Paschi di Siena, di titoli obbligazionari Argentina 00/07 10%, per il controvalore di € 516.615,50, prima della pubblicazione dell’ offering circular contenente le informazioni che l’intermediario era tenuto a rendere al cliente;
dalla circolare di offerta risultava che l’investimento presentava “particolari rischi” poiché il debito pubblico argentino era pari a oltre il 300% del prodotto interno lordo e non vi era certezza “che sarebbero stati onorati gli obblighi di pagamento del debito estero”, per cui “le obbligazioni erano adatte solo ad investitori speculativi ed in condizioni di valutare rischi speciali”;
all’epoca il rischio d’insolvenza dello Stato argentino era talmente elevato che le agenzie internazionali avevano attribuito un rating altamente speculativo e, infatti, dopo dodici mesi, nel dicembre del 2001, si era verificato il default; prima dell’acquisto dei titoli non era stato stipulato alcun valido contratto di negoziazione, né erano state rilasciate le informazioni sul tipo e l’oggetto dell’investimento, sulla frequenza e dimensione eccessiva dell’operazione, peraltro in mancanza di un ordine scritto con l’indicazione dei vincoli e con le formali autorizzazioni del cliente;
-la banca aveva pertanto violato l’obbligo di buona fede nella fase di formazione del contratto; il contratto era nullo perché non preceduto da un contratto quadro; la banca aveva violato le regole di comportamento previste dagli artt. 21 e 29 d.lgs. n. 58/1998, aveva agito in conflitto d’interesse ed in ogni ca so avrebbe dovuto risarcire il danno ex art. 23, comma 6 d.lgs. n. 58/1998.
2.─ Il tribunale di Napoli con sentenza n. 5749/2011 rigettava le domande e condannava gli attori alle spese di lite.
3 .─ COGNOME NOME VittoriaCOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME e NOME NOME proponevano gravame dinanzi alla Corte di appello di Napoli. Banca Monte dei Paschi di Siena proponeva appello incidentale.
Con la sentenza qui impugnata la Corte adita ha accolto l’appello e in riforma della sentenza appellata ha dichiarato la risoluzione del contratto e in accoglimento delle contrapposte domande restitutorie ha individuato le somme effettivamente dovute agli appellanti.
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha precisato che: a) la violazione, da parte dell’intermediario, dei propri obblighi informativi (compreso quello di segnalazione dell’eventuale inadeguatezza dell’operazione) e di corretta esecuzione delle operazioni non determina, in mancanza di una specifica previsione normativa, la nullità né del contratto quadro né dei singoli atti negoziali posti in essere in esecuzione di esso (Cass., Sez.U., n. 26724/07), così come appare del tutto estranea alla fattispecie l’ipotesi del contratto in frode alla legge (art. 1344 c.c.), che presuppone l’illiceità della causa per l’utilizzo del contratto quale strumento per eludere l’applicazione di una norma imperativa. Quanto all’eventuale violazione del divieto di effettuare operazioni con o per conto del cliente in presenza di un interesse conflittuale non segnalato, essa rileva come possibile causa di annullamento ex artt. 1394 e 1395 c.c. e, nella specie, non emerge dagli atti, posto
che nell’ordine di acquisto, è specificato che la vendita avvenne per conto terzi;
b) l’ordine di acquisto sottoscritto da NOME COGNOME riproduce, nel modulo a stampa, la dichiarazione, riferita all’investitore, di avere ricevuto le dovute informazioni sulla natura e sui rischi dell’operazione, e di intendere dare corso ad essa benché avvertito della sua inadeguatezza Non risulta, però, spuntata nessuna delle quattro caselle che individuano le specifiche ragioni d’inadeguatezza, per tipologia, frequenza, oggetto e dimensioni, e, in più, mentre nel riquadro in calce sono previsti due righi distinti per ciascuna firma, il secondo con l’indicazione sottostante “Per conferma ordine”, l’investitore ha firmato solo sul primo rigo, non anche su quello destinato a contenere la sottoscrizione di conferma dell’ordine, conferma che, evidentemente, è quella richiesta dall’articolo 29 del regolamento Consob, dopo che l’intermediario abbia segnalato l’inadeguatezza dell’operazione;
c) il modulo sottoscritto dal de cuius non documenta che l’operazione sia stata ritenuta inadeguata e che, di conseguenza, la banca intermediaria abbia informato di ciò l’investitore, poiché non soltanto non vi è la spunta sul l’apposito riquadro su alcuna ragione d’inadeguatezza, ma, soprattutto (e in via risolutiva), non v’è la firma di conferma dell’ordine, specificamente richiesta nel modulo predisposto dalla banca;
d) la contestazione del cliente, il quale alleghi l’omissione di specifiche informazioni, impone all’intermediario l’onere di provare, con qualsiasi mezzo, di averle specificamente rese, atteso peraltro che l’obbligo di forma riguarda soltanto l’avvertimento in oggetto, nel quale non devono essere riprodotte tutte le informazioni e motivazioni che l’intermediario è comunque tenuto a fornire con libertà di forma (sarebbe dunque sufficiente che il cliente, nel sottoscrivere l’ordine, attesti di esserne stato dissuaso, onde è onere
dell’investitore indicare le informazioni che assuma di non aver ricevuto ed onere della banca provare di averle, invece, fornite);
anche considerando la precedente propensione manifestata dal COGNOME (come desumibile dalle operazioni riferite dalla banca), si può desumere l’inadeguatezza dell’operazione in questione, perché destinata ad assorbire una consistente liquidità o meglio l’intera liquidità del cliente;
una corretta informazione sull’inadeguatezza dell’operazione avrebbe presumibilmente dissuaso l’investitore dall’acquisto dei titoli argentini, considerate le informazioni in possesso delle banche intermediarie (si veda, sul punto, l’audizione informale della Consob alla Commissione Finanze della Camera dei Deputati, in data 27 aprile 2004, in atti) riguardo alla destinazione di tali titoli unicamente ad investitori speculativi ed in condizione di valutare e sostenere rischi speciali, e al progressivo peggioramento del rating assegnato allo Stato argentino, da parte delle agenzie internazionali (in atti è la tabella della Moody’s), già a partire, quanto meno, dall’anno precedente a quello di sottoscrizione dei titoli, di cui la stampa dell’epoca aveva dato conto (come si evince dalle copie di quotidiani nel fascicolo di parte degli attori);
la risoluzione dei singoli ordini di acquisto è configurabile anche in assenza del contratto quadro e pertanto la Banca ex art. 2033 c.c. è tenuta a restituire le somme indicate negli stessi ordini oltre interessi esclusa la rivalutazione monetaria trattandosi di debito di valuta;
Banca Monte dei Paschi di Siena ha specificamente richiesto sia la restituzione delle cedole, sia dei rimborsi percepiti per effetto della vendita o della disposizione dei titoli. la mancata disponibilità dei titoli, da parte degli eredi dell’investitori, per alcuni in virtù dell’adesione all’offerta pubblica di scambio della Repubblica Argentina e della successiva vendita dei titoli ottenuti in sostituzione, e per NOME COGNOME, del rimborso ottenuto grazie
all’adesione all’accordo tra lo Stato emittente e la cosiddetta TFA (Task Force delle Banche), con la correlativa estinzione del titolo, resta regolata dai principi dettati dall’articolo 2038 c.c., con la compensazione delle reciproche restituzioni, nei limiti della coesistenza dei crediti, tanto più che, trattandosi di debiti e crediti aventi origine da un unico rapporto, si tratta di compensazione cosiddetta impropria, cui può procedersi anche in assenza di eccezione di parte, nell’ambito di un mero accertamento di dare e avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza. Dalla documentazione prodotta dagli appellanti si evince che questi non sono più nel possesso dei titoli e, pertanto, sono tenuti alla restituzione sia delle cedole riscosse sia dei rimborsi ottenuti.
─ Monte dei Paschi di Siena s.p.a. ha presentato ricorso per cassazione con due motivi ed anche memoria.
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOME hanno presentato controricorso, ricorso incidentale condizionato ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
5. ─ Con il primo motivo: Erroneità della sentenza per violazione dell’art. 1453 c.c., nonché falsa applicazione degli artt. 2033 e 2038 c.c. La Corte di Appello di Napoli ha erroneamente dichiarato la risoluzione dell’ordine di acquisto avente a oggetto i titoli Argentina, pur avendo accertato che l’investitore non aveva più la disponibilità di detti titoli per aver aderito all’Offerta Pubblica di Scambio dell’emittente, nonché a quella di ristrutturazione integrale del debito dell’emittente.
5.1 ─ La censura è inammissibile perché non coglie esaurientemente la ratio decidendi . La Corte ha accertato le inadempienze contrattuali sulla verifica della non esistenza di effettiva informazione
sull’adeguatezza della operazione non fornita all’investitore. Una volta accertato il danno la Corte ha verificato la mancata disponibilità dei titoli da parte dei ricorrenti, per alcuni di loro in virtù dell’adesione all’offerta pubblica di scambio della Repubblica Argentina e della successiva vendita dei titoli ottenuti in sostituzione e per NOME COGNOME, del rimborso ottenuto grazie all’adesione all’accordo tra lo stato emittente e la cd Task Force delle Banche con correlativa estinzione del titolo e ha dato seguito all’applicazione de ll’art. 2038 c.c. con la compensazione delle reciproche restituzioni nei limiti della coesistenza dei crediti trattandosi, come si è visto, di compensazione impropria, cui può procedersi anche in assenza di eccezione di parte, nell’ambito di un mero accertamento di dare e avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca soccombenza.
Tali conclusioni non sono in contrasto con la precedente statuizione di questa Corte citata dalla ricorrente per i titoli oggetto dell’operazione conclusa in data 23.7.2001 dal Governo argentino, poiché la lettura della decisione nella sua completezza, al di là dalla massimazione, rivela che, nella fattispecie esaminata dalla statuizione, la Corte di merito aveva rigettato le domande perché non era possibile stabilire quale fosse l’entità del danno scaturito quale conseguenza della novazione del rapporto sottostante. In quella fattispecie la Corte di merito aveva accertato che: «nel 2010 gli odierni appellanti hanno aderito alla già ricordata OPVS del Governo Argentino e che di conseguenza per un verso essi hanno restituito tutte le obbligazioni di cui è causa, per altro verso hanno ricevuto in concambio nuove obbligazioni il cui valore nominale è suscettibile di superare il prezzo complessivamente pagato a suo tempo », escludendo l’esistenza del danno derivante dalla novazione. Pertanto, la individuata carenza di interesse, definita dalla statuizione di legittimità, è correlata in quella fattispecie alla accertata inesistenza del danno derivante dalla adesione all’ OPVS del
Governo Argentino (Cass., n. 13994/2018). Fermo restando che l ‘ adesione all’operazione surricordata comporta la novazione del rapporto preesistente, nel giudizio in esame il danno è adeguatamente ed efficacemente provato ed accertato nel giudizio di merito.
6. -Con il secondo motivo: Erroneità della sentenza per violazione dell’art. 345 c.p.c., nonché falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 23 TUF. La Corte di Appello di Napoli, una volta esclusa la possibilità di dichiarare la risoluzione del rapporto e il conseguente effetto restitutorio, ha erroneamente ammesso nel giudizio di secondo grado la produzione di nuovi documenti da parte degli appellanti; così invertendo il riparto dell’onere probatorio a danno della BANCA e accogliendo la domanda di restituzione del controvalore dei titoli determinata sulla base di siffatta nuova produzione documentale.
6.1 -La censura è inammissibile. La Corte una volta ritenuto che sia configurabile la compensazione impropria di cui innanzi anche senza eccezione di parte ha correttamente ammesso la documentazione dei documenti idonei a documentare la precisa quantificazione delle somme riscosse dagli appellanti per le operazioni prima descritte, anche se ritiene si siano verificate successivamente alla proposizione dell’appello, contrariamente a quanto documentato dalla ricorrente che deduce dalla dichiarazione a verbale in sede di gravame che gli eredi abbiano aderito OPS nel 2010 e cioè durante il giudizio di I grado. E’ necessario, inoltre, considerare le altre rationes poste a fondamento nella decisione di acquisire la documentazione. La Corte, infatti, ha specificato che l’esibizione da parte degli eredi della documentazione consente di trarre elementi sfavorevoli alla parte che li ha prodotti e favorevoli all’altra parte e , pertanto, può essere legittimamente utilizzata dal giudice indipendentemente dalla sua provenienza.
Ed, inoltre ha evidenziato che le operazioni in questione per alcuni eredi sono avvenute proprio attraverso la Banca ora ricorrente che
così poteva «eventualmente dimostrare che questi abbiano riscosso somme superiori a quelle documentate e, per la conoscibilità dei dati, è in grado di verificare se i titoli in questione abbiano eventualmente fruttato agli altri investitori rendimenti maggiori di quelli dichiarati» Queste rationes decidendi sul punto non sono state efficacemente censurate e valgono a sorreggere autonomamente la decisione impugnata.
7. ─ L’inammissibilità del ricorso principale rende il ricorso incidentale condizionato assorbito.
8. ─ Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo
P.Q.M .
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito il ricorso incidentale; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 10.200 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione