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Obblighi informativi banca: risoluzione e restituzione

La Corte di Cassazione ha confermato la risoluzione di un contratto di acquisto di titoli ad alto rischio per la violazione degli obblighi informativi della banca. La sentenza chiarisce che il cliente ha diritto alla restituzione del capitale investito, anche se non possiede più i titoli a seguito di operazioni di scambio successive. La Corte ha ritenuto legittima la ‘compensazione impropria’ tra il debito della banca e il credito del cliente per le somme da quest’ultimo incassate, dichiarando inammissibile il ricorso dell’istituto di credito.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Obblighi informativi della banca: Risoluzione e Restituzione Anche Senza i Titoli

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce la centralità degli obblighi informativi della banca nella prestazione dei servizi di investimento. La Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che dichiarava la risoluzione di un’operazione di acquisto di titoli ad alto rischio, sottolineando che l’intermediario deve provare di aver fornito al cliente un’informazione completa e specifica sull’inadeguatezza dell’operazione. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati.

I Fatti del Caso: Un Investimento Rischioso

Gli eredi di un investitore convenivano in giudizio un noto istituto di credito, lamentando che il loro dante causa aveva acquistato, nel 2000, titoli obbligazionari argentini per un controvalore superiore a 500.000 euro. Secondo gli eredi, l’operazione era avvenuta in violazione di diverse norme: la banca non aveva fornito adeguate informazioni sui rischi, aveva agito in assenza di un contratto quadro valido e non aveva segnalato l’inadeguatezza dell’investimento, che assorbiva l’intera liquidità del cliente. A seguito del default dello Stato argentino nel 2001, l’investimento aveva perso gran parte del suo valore.

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda. La Corte di Appello, invece, ribaltava la decisione, accogliendo le richieste degli eredi. I giudici di secondo grado dichiaravano la risoluzione del contratto per grave inadempimento della banca ai suoi doveri informativi, condannandola a restituire le somme investite.

La Decisione della Corte di Cassazione e gli obblighi informativi banca

L’istituto di credito proponeva ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la sentenza d’appello.

Primo Motivo di Ricorso: Risoluzione e Successiva Cessione dei Titoli

La banca sosteneva che la risoluzione del contratto non fosse più possibile. Gli eredi, infatti, non avevano più la disponibilità dei titoli originari, avendo aderito a un’offerta pubblica di scambio e, in parte, venduto i nuovi titoli ricevuti. Secondo la ricorrente, questa operazione configurava una ‘novazione’ del rapporto che precludeva la restituzione.

La Cassazione ha respinto questa tesi, giudicandola inammissibile perché non coglieva la ratio decidendi della Corte d’Appello. I giudici di merito avevano correttamente accertato l’inadempimento originario della banca. La successiva indisponibilità dei titoli non impedisce l’azione di risoluzione e le conseguenti restituzioni, che possono essere regolate tramite il meccanismo della compensazione impropria. In pratica, il giudice accerta il dare e l’avere tra le parti (somma investita da restituire al cliente contro cedole e rimborsi da restituire alla banca) ed effettua un conguaglio.

Secondo Motivo di Ricorso: Produzione di Nuovi Documenti in Appello

L’istituto di credito contestava l’ammissione in appello di nuovi documenti prodotti dagli eredi per quantificare le somme da loro incassate. Secondo la banca, ciò avrebbe invertito l’onere della prova.

Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha chiarito che, una volta accertato l’inadempimento, i documenti erano necessari per la quantificazione della compensazione impropria, operazione che il giudice può effettuare anche d’ufficio. Inoltre, la Corte d’Appello aveva fornito ulteriori motivazioni per l’acquisizione dei documenti, che la banca non aveva adeguatamente contestato.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione si fonda sul principio consolidato secondo cui l’intermediario finanziario ha un preciso dovere di informare il cliente non solo genericamente sui rischi, ma specificamente sull’eventuale inadeguatezza dell’operazione consigliata rispetto al suo profilo. Nel caso di specie, l’investimento assorbiva una parte consistente, se non totale, della liquidità del cliente, rendendolo palesemente inadeguato. La banca non è riuscita a provare di aver avvertito l’investitore in modo specifico e di aver ottenuto una sua conferma scritta e consapevole a procedere comunque.

La Corte ha inoltre stabilito che le vicende successive del titolo, come l’adesione a un’offerta di scambio, non sanano l’inadempimento originario della banca. Il danno si è già verificato al momento dell’acquisto viziato, e il cliente ha diritto a essere riportato nella situazione economica in cui si sarebbe trovato senza l’inadempimento, al netto di quanto eventualmente recuperato.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza rafforza la tutela degli investitori, ribadendo la severità con cui la giurisprudenza valuta gli obblighi informativi della banca. Per gli intermediari, emerge la necessità non solo di fornire l’informativa, ma di documentare scrupolosamente di averlo fatto, specialmente quando si dà corso a operazioni inadeguate su richiesta del cliente. Per i risparmiatori, si conferma la possibilità di agire per la risoluzione e la restituzione delle somme anche se i titoli sono stati nel frattempo ceduti o scambiati, grazie all’applicazione del principio della compensazione impropria che consente di regolare i rapporti di dare e avere tra le parti.

È possibile chiedere la risoluzione di un ordine di acquisto di titoli se l’investitore non li possiede più?
Sì. Secondo la Corte, la risoluzione per inadempimento della banca è possibile anche se l’investitore non ha più la disponibilità dei titoli, ad esempio perché ha aderito a un’offerta di scambio. Le reciproche restituzioni vengono regolate tramite il meccanismo della ‘compensazione impropria’.

Cosa succede se la banca non informa adeguatamente il cliente sull’inadeguatezza di un’operazione finanziaria?
La violazione degli obblighi informativi sull’inadeguatezza dell’operazione costituisce un grave inadempimento contrattuale. Ciò può portare alla risoluzione del singolo ordine di acquisto e all’obbligo per la banca di restituire il capitale investito, al netto di quanto il cliente abbia percepito dai titoli stessi (cedole, rimborsi, etc.).

Come vengono gestite le restituzioni quando entrambe le parti hanno un credito reciproco derivante dalla stessa operazione?
La Corte applica il principio della ‘compensazione impropria’. Il giudice procede a un mero accertamento contabile del dare e dell’avere tra le parti (es. il capitale da restituire al cliente e i proventi dei titoli da restituire alla banca) e liquida la differenza a favore di chi ha diritto, anche senza una specifica richiesta delle parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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