Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9198 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9198 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19764/2021 R.G. proposto da:
Banca Agricola Popolare di Sicilia s.c.p.a., rappresentata e difesa da ll’ avv. NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
Contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi da ll’ avv. NOME COGNOME giusta procura in atti;
– controricorrenti –
Oggetto:
intermediazione finanziaria obbligazioni argentine
AC – 04/04/2025
avverso la sentenza della Corte di appello di Catania n. 396/2021, pubblicata il 22 febbraio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La Banca Agricola Popolare di Sicilia s.c.p.aRAGIONE_SOCIALE, già Banca Agricola Popolare di Ragusa s.c.p.aRAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter : ‘la banca’) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Catania, in riforma della sentenza del Tribunale di Ragusa, l’ ha condannata a corrispondere a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di eredi di NOME COGNOME, la somma di euro 36.295,00, oltre accessori, a titolo di risarcimento del danno da violazione degli obblighi informativi inerenti a un acquisto di obbligazioni argentine.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che erronea era la decisione del Tribunale che aveva dichiarato prescritta la domanda risarcitoria atteso che, nella specie, la prescrizione aveva iniziato a decorrere solo dal dicembre 2001, epoca nella quale il default dei titoli argentini aveva iniziato a manifestare le sue conseguenze sulle obbligazioni emesse e collocate presso gli investitori, e risultava interrotta in data 24 giugno 2010, epoca nella quale l’ investitore aveva accettato un acconto sul controvalore dei titoli, espressamente dichiarando di voler procedere al recupero della differenza rispetto al capitale investito; b) che fondata era anche la doglianza con cui gli investitori lamentavano l’ erroneità della sentenza del Tribunale, laddove aveva escluso la
sussistenza di un inadempimento della banca in relazione all’ assolvimento degli obblighi informativi su di essa gravanti, siccome la banca non aveva assolto all’onere su di essa gravante di dimostrare che l’ ordine di acquisto dei bond argentini, del tutto speculativi, fosse stato preceduto da una specifica informazione resa all’ investitore sulla rischiosità dell’ operazione, all’uopo non essendo sufficiente la generica dicitura sull’ordine di acquisto, né le generica risultanza della prova testimoniale sul punto, sicché la domanda risarcitoria poteva trovare accoglimento, pur in mancanza di domanda di risoluzione dell’ ordine di acquisto.
4. Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
a) «I motivo: nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 324 e 342 c.p.c. con riferimento all’omessa impugnazione del capo di motivazione sub a) del Tribunale di Ragusa, nella parte in cui ha escluso la sussistenza di un particolare livello di rischio e conseguentemente dell’obbligo di informazione (art. 360, n. 4, c.p.c.)», deducendo la nullità della sentenza impugnata per aver omesso di rilevare che in nessuna parte dell’atto di appello gli investitori avevano impugnato il capo a) del dispositivo della sentenza di primo grado, laddove esso accertava l’ infondatezza nel merito della pretesa per insussistenza di alcun rischio specifico all’epoca dell’ acquisto dei titoli, tale da creare uno specifico obbligo informativo in capo alla banca.
b) «II motivo: nullità del procedimento e/o della sentenza per violazione degli artt. 112, 324 e 342 c.p.c. (in collegamento con gli artt. 21 e 29 TUB) con riferimento all’omessa o carente
impugnazione del capo di motivazione sub b) del Tribunale di Ragusa, non avendo l’appellante contestato la sussistenza dell’avvertimento scritto di inadeguatezza e dell’ ordine scritto di dare ugualmente esecuzione all’acquisto , né indicato le specifiche informazioni sul rischio che sarebbero state omesse dalla Banca (art. 360, n. 4, c.p.c.)», deducendo la nullità della sentenza impugnata, per aver omesso di rilevare che in nessun parte dell’atto di appello gli investitori avevano specificamente impugnato il capo b) del dispositivo della sentenza di primo grado, laddove esso accertava la sufficienza delle indicazioni fornite sul l’ ordine di acquisto e il consenso espresso all’acquisto da parte dell’ investitore ai fini della adeguatezza dell’operazione e delle informazioni su di essa fornite al cliente.
I primi due motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati poiché, dalla lettura dei motivi di appello formulati dagli investitori e trascritti dalla stessa ricorrente nella censura in esame, si evince che la domanda di accertamento dell’ inadempimento della banca agli obblighi informativi è stata oggetto delle doglianze in appello degli investitori (primo e secondo motivo di appello). Tanto consente di escludere la lamentata sussistenza dell’ error in procedendo , identificato dalla censura in una pronuncia ultra petita partium . Le medesime doglianze vanno dichiarate inammissibili nella parte in cui censurano nel merito l’accertamento compiuto dalla Corte di appello in riferimento alla situazione di rischio del titolo negoziato al momento del suo acquisto (primo motivo) e alla valutazione in concreto dell’adeguatezza delle informazioni fornite agli investitori (secondo motivo), appartenendo essa in via esclusiva al giudice
del merito e non risultando la stessa oggetto di contestazione in questa sede in relazione all’applicazione dei criteri ermeneutici dell’interpretazione delle prove.
A tanto va aggiunto che la valutazione di adeguatezza dell’operazione, in presenza di accertata violazione degli obblighi informativi, è stata giudicata del tutto ultronea da questa Corte (Sez. 1, Ordinanza n. 19891 del 20/06/2022; Sez. 1, Ordinanza n. 12990 del 12/05/2023), ben potendo la banca rispondere per violazione degli obblighi informativi anche ove la propensione del cliente al rischio sia elevata (Sez. 1, Ordinanza n. 8333 del 04/04/2018).
c) «III motivo: violazione degli artt. 1223, 1453 e 2033 c.c., nella parte in cui la domanda subordinata di risarcimento del danno pari alla somma versata dall’investitore in esecuzione dell’ ordine di acquisto non è stata qualificata quale domanda di restituzione dell’ indebito e conseguentemente respinta, ma è stata erroneamente accolta con interessi e rivalutazione (art. 360, n. 3, c.p.c.)», deducendo l ‘erroneità della sentenza impugnata laddove ha accolto la domanda di risarcimento del danno negli stessi termini in cui sarebbe stata accolta la (mai proposta) domanda di risoluzione dell’ ordine di acquisto, ovvero in termini di ripetizione dell’indebito.
Il motivo è infondato alla luce dell’ insegnamento di questa Corte ( Sez. 3, Ordinanza n. 7288 del 13/03/2023), che va espressamente ribadito, secondo cui la carenza di prova di avere dato adeguate informazioni determina una presunzione in ordine all ‘ esistenza di un danno risarcibile in favore del cliente, posto che l’inosservanza dei doveri informativi da parte dell’intermediario è, in ogni caso, fattore di disorientamento
dell’investitore, che condiziona le sue scelte di investimento. Tanto determina, come conseguenza, che la violazione degli obblighi informativi può essere fonte di danno risarcibile del tutto autonomamente rispetto all’eventuale risoluzione del relativo ordine di acquisto ; con l’ ulteriore conseguenza che il giudice del merito è libero di quantificare tale risarcimento, in ipotesi anche in misura pari all’importo totale dell’ investimento perduto, proprio perché la quantificazione del danno e un ‘ operazione giuridica del tutto diversa e concettualmente non ricollegabile alla diversa disciplina dell’indebito conseguente alla risoluzione del contratto di acquisto dei titoli.
d) «IV motivo: violazione degli artt. 1219 e 2943 c.c., nella parte in cui si è ammessa la natura interruttiva della prescrizione della lettera del 21.6.2010, in mancanza di richiesta di pagamento della somma dovuta, rinviando a un accordo bonario (art. 360, n. 3, c.p.c.)», deducendo l ‘erroneità della sentenza impugnata laddove ha attribuito efficacia interruttiva alla citata missiva, la quale conteneva solo la generica manifestazione dell’ investitore di voler ‘ rie ntrare’ dell’intera somma investita, senza alcuna intimazione o richiesta del relativo pagamento.
Il motivo è infondato ove sembra alludere anch’esso a un error in procedendo , poiché il più volte ricordato tenore delle censure in appello degli investitori convince che la questione dell’ erroneità della sentenza di primo grado in tema di valutazione della fondatezza dell’ eccezione di prescrizione è stata oggetto di impugnazione.
Per il resto, la censura è inammissibile, poiché totalmente versata in fatto, pretendendo da questa Corte di sola legittimità un riesame del tenore della lettera di interruzione della
prescrizione, in assenza di alcuna censura inerente alla comprensibilità della motivazione o all’ applicazione degli ordinari criteri dell’ermeneutica.
Le spese di lite della presente fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna Banca Agricola Popolare di Sicilia s.c.p.a. a rifondere a COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 aprile 2025.