Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16140 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16140 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 11484/2020 r.g. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi come da procura speciale rilasciata in calce al ricorso, dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliati, unitamente a questi ultimi, in Roma, alla INDIRIZZO, presso il AVV_NOTAIO, con espressa dichiarazione, ad ogni effetto di legge, di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato
-ricorrenti –
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, incorporante RAGIONE_SOCIALE, in virtù di fusione perfezionata con atto per notaio COGNOME del 17/11/2014, rep. 43405/racc. 13401, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME, in virtù di procura speciale alle liti rilasciata su foglio separato, come prescritto ai fini RAGIONE_SOCIALEa notifica a mezzo pec del controricorso e da ritenersi apposta in calce ad esso
-controricorrente –
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Salerno n. 70/2020, depositata in data 22 gennaio 2020;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 22/5/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOMEAVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME e NOME COGNOME acquistavano titoli obbligazionari RAGIONE_SOCIALE 5,125%-04 Eur, emittente RAGIONE_SOCIALE, con ordine del 6/6/2003, nel quale si leggeva che il conto corrente era intestato ai coniugi e che l’operazione era «eseguita in contropartita diretta, fuori dai mercati regolamentati», trattandosi di un’operazione «avente ad oggetto valori mobiliari soggetti a notevole rischio di oscillazione dei corsi e dei cambi. Operazione espressamente consentita dopo motivata informazione RAGIONE_SOCIALEa sua ritenuta inadeguatezza».
Si aggiungeva che «il presente ordine viene da noi impartito intendendo dar corso all’operazione pur essendo stati da voi informati, in base alla normativa vigente, RAGIONE_SOCIALEa non adeguatezza RAGIONE_SOCIALEa stessa per: oggetto (in rapporto a: obiettivi; esperienza; propensione al rischio). Il sottoscritto dichiara di aver preso visione
RAGIONE_SOCIALEe disposizioni riportate a tergo del presente documento e di approvarle integralmente. Firma (NOME)».
Gli attori citavano in giudizio dinanzi al tribunale di Salerno la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE al fine di vederla condannare alla restituzione RAGIONE_SOCIALE‘importo di euro 70.530,76 per gli inadempimenti posti in essere dall’istituto, filiale di Ravello, nell’attività di intermediazione.
Gli attori denunciavano le seguenti violazioni: a) mancato raggiungimento di un apprezzabile livello di conoscenza dei prodotti finanziari compravenduti, non avendo la banca adempiuto all’obbligo di informare il cliente, oltre ad avere disatteso l’obbligo di informarsi per conoscere dettagliatamente i prodotti finanziari oggetto RAGIONE_SOCIALEe proprie intermediazioni (trattandosi peraltro di titoli senza ‘rating’ e ‘non quotati’); b) inadempimento degli obblighi preliminari alla prestazione dei servizi di investimento, per aver proposto ad un risparmiatore, inesperto, l’acquisto di titoli emessi, non dalla RAGIONE_SOCIALE, con sede in Italia, ma da una società straniera in uno Stato estero (la RAGIONE_SOCIALE) ove non vigevano gli stringenti limiti all’emissione di prestiti obbligazionari (si trattava di titoli non quotati nei mercati regolamentati e negoziati solo nei servizi di scambi organizzati, privi di uno specifico prospetto informativo «in quanto destinati ad un pubblico di investitori professionali»); c) mancata informazione ai risparmiatori sulla inadeguatezza RAGIONE_SOCIALE‘investimento rispetto all’entità complessiva del suo patrimonio mobiliare e mancata consegna di copia del Regolamento del titolo; d) la banca non chiedeva informazioni agli attori sulla loro capacità patrimoniale di sopportare i notevoli rischi RAGIONE_SOCIALE‘investimento, con insufficienti indicazioni che, peraltro, «interessavano solo il sig. COGNOME, unico sottoscrittore, e non la coniuge».
Dopo l’espletamento RAGIONE_SOCIALEa CTU il tribunale, con sentenza n. 2199 del 2012, accoglieva la domanda, evidenziando che l’ordine di acquisto sottoscritto il 6/6/2003 non conteneva alcuna indicazione «sulla natura del titolo, sulla circostanza che la negoziazione fosse stata posta in essere o meno per un titolo non quotato e in assenza di rating, sull’adeguatezza RAGIONE_SOCIALEa operazione in ragione RAGIONE_SOCIALEe caratteristiche degli investitori e sul rischio ad essa connesso».
Il modulo, infatti, «presentava clausole del tutto generiche, di stile circa la sussistenza di un notevole rischio e l’inadeguatezza RAGIONE_SOCIALE‘investimento».
Inoltre -aggiungeva il tribunale -«successivamente alla sottoscrizione del modulo d’ordine e all’acquisto dei titoli in data 11/12/2003, quando era ormai acclarata la crisi del gruppo RAGIONE_SOCIALE, gli attori sottoscrivevano una variazione del codice di conto deposito titoli in custodia e un contratto dal quale emergeva sia che non avevano ritenuto di fornire informazioni in ordine alla loro situazione finanziaria, sia che l’istituto aveva fornito informazioni adeguate sulla natura e sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari».
Inoltre, si precisava che le schede cliente del dicembre 2003 e del marzo 2004 erano state fatte sottoscrivere dalla banca «ben dopo l’ordine del giugno 2003 e solo dopo il noto crack».
Peraltro, l’ordine non recava alcuna dicitura in ordine alla natura del titolo, alla circostanza che la negoziazione sia stata posta in essere o meno per un titolo non quotato in assenza di rating, e infine in ordine alla adeguatezza RAGIONE_SOCIALEa operazione in ragione RAGIONE_SOCIALEe caratteristiche degli investitori e sul rischio ad essa connesso.
Non erano stati forniti gli obblighi informativi e, soprattutto, vi era stata la sottoscrizione di un contratto di una scheda cliente «molti mesi dopo l’acquisto RAGIONE_SOCIALEe obbligazioni»; di qui, la considerazione che
«la convenuta non rispettato l’obbligo di diligenza che su di essa incombeva».
Il funzionario dinanzi al quale l’ordine era stato sottoscritto aveva riferito «di non aver consegnato alcun Regolamento agli attori, che il rischio di insolvenza RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE al momento RAGIONE_SOCIALEa sottoscrizione non c’era e che il NOME non gli aveva riferito nulla di particolare in ordine alla propria situazione finanziaria, così confermando di aver fornito al cliente scarse informazioni e di non aver richiesto al cliente quanto necessario ai fini RAGIONE_SOCIALEa verifica RAGIONE_SOCIALE‘adeguatezza RAGIONE_SOCIALE‘investimento; non aveva comunicato che si trattava di titoli emessi all’estero, non venivano assunte informazioni dettagliate sulla situazione RAGIONE_SOCIALEa società emittente e l’acquisto del bond RAGIONE_SOCIALE».
La Corte d’appello di Salerno accoglieva il gravame proposto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, dopo aver riportato stralci RAGIONE_SOCIALEe due CTU redatte dalla AVV_NOTAIOssa COGNOME il 13/5/2010 ed il 12/10/2011, rilevava che il titolo aveva il rating BBB assegnato da RAGIONE_SOCIALE, sufficiente per la commercializzazione che era stato preceduto da una regolare prospetto informativo, offering circular del 16/7/2001, aggiungendo che «il crack RAGIONE_SOCIALE non si è verificato in base ad elementi già noti al momento RAGIONE_SOCIALE‘acquisto del titolo, avvenuto a giugno 2003, bensì per una mancanza di liquidità, che era stata dolosamente occultata da un certificato falso, prodotto a bella posta, cosa che è stata scoperta ufficialmente solo il 18 dicembre 2003».
Inoltre, per quel che soprattutto qui interessa, le dichiarazioni attoree erano contrastate dalla missiva del 6/6/2003 firmata da NOME COGNOME «il quale agisce per conto di NOME, non essendo mai l’operato del primo disconosciuto dalla seconda».
La Corte territoriale, poi, aggiungeva che i mittenti NOME e COGNOME NOME affermavano di aver ricevuto dalla banca «la nota informativa e di avere riscontrato la conformità RAGIONE_SOCIALE‘operazione eseguita all’ordine da loro impartito, che l’operazione era eseguita in contropartita diretta, fuori dei mercati regolamentati, aveva per oggetto valori mobiliari soggetti a notevole rischio di oscillazione dei corsi o dei cambi e che era stata espressamente consentita dopo motivata informazione RAGIONE_SOCIALEa sua ritenuta inadeguatezza».
Anche la deposizione di NOME COGNOME, direttore RAGIONE_SOCIALEa filiale, avrebbe confermato le circostanze sopra individuate.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME, depositando anche memoria scritta.
Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE, incorporante banca RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE in virtù di fusione del 17/11/2014.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono la «violazione e falsa applicazione (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) degli articoli 276 e 352 c.p.c., con derivata nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza (art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.), per violazione del principio di immutabilità del collegio».
Vi sarebbe stata, dunque, discordanza tra il collegio innanzi al quale erano state rassegnate le conclusioni (verbale di udienza del 27/6/2019) e quello risultante dall’intestazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza.
Dal verbale di udienza risultava che il Collegio era composto dai magistrati COGNOME, COGNOME e COGNOME, mentre l’intestazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza recava i nominativi dei magistrati COGNOME, COGNOME, COGNOME.
1.1. Il motivo è infondato.
Costituisce costante insegnamento di questa Corte quello per cui la non corrispondenza del collegio, così come riportato nell’epigrafe RAGIONE_SOCIALEa sentenza, con quello innanzi al quale sono state precisate le conclusioni è causa di nullità RAGIONE_SOCIALEa decisione solo in caso di effettivo mutamento del collegio medesimo; l’onere RAGIONE_SOCIALEa prova di tale divergenza grava sulla parte che se ne dolga, dovendosi altrimenti presumere, in mancanza di elementi contrari ed in difetto di autonoma efficacia probatoria RAGIONE_SOCIALE‘intestazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza, che i magistrati che hanno partecipato alla deliberazione coincidano con quelli indicati nel verbale d’udienza, e che, pertanto, la pronunzia sia affetta da mero errore materiale (Cass., sez. 2, 6 dicembre 2016, n. 24951; Cass., sez. 1, n. 24427 del 2019).
Peraltro, si è evidenziato che la sentenza, nella cui intestazione risulti il nominativo di un magistrato, non tenuto alla sottoscrizione, diverso da quello indicato nel verbale RAGIONE_SOCIALE‘udienza collegiale di discussione, o non risulti affatto tale nominativo (nella fattispecie a causa RAGIONE_SOCIALEa ripetizione del nome del presidente del collegio), deve presumersi affetta da errore materiale, come tale emendabile con la procedura di correzione di cui agli artt. 287-288 cod. proc. civ., considerato che detta intestazione è priva di autonoma efficacia probatoria, esaurendosi nella riproduzione dei dati del verbale d’udienza, e che, in difetto di elementi contrari, si devono ritenere coincidenti i magistrati indicati in tale verbale come componenti del collegio giudicante con quelli che in concreto hanno partecipato alla deliberazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza medesima (Cass., sez. 1, 19 ottobre 2006, n. 22497; in termini anche; Cass., 11 aprile 2011, n. 8136).
Più recentemente si è ritenuto che l’indicazione, nell’intestazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza, del nome di un magistrato diverso da quelli facenti parte del collegio che, secondo le risultanze del verbale d’udienza,
ha riservato la decisione, ha natura di mero errore materiale, come tale emendabile ai sensi degli artt. 287 e 288 cod. proc. civ. Infatti, in difetto di elementi contrari dedotti dal ricorrente, si devono ritenere coincidenti i magistrati indicati nel predetto verbale con quelli che in concreto hanno partecipato alla deliberazione, atteso che l’intestazione è priva di autonoma efficacia probatoria, esaurendosi nella riproduzione dei dati del verbale d’udienza (Cass., 5 febbraio 2010, n. 2691).
Allo stesso modo, la mancata indicazione, nell’intestazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza, del nome di un magistrato facente parte del collegio che, secondo le risultanze del verbale d’udienza, ha riservato la decisione, ha natura di mero errore materiale, come tale emendabile ai sensi degli artt. 287 e 288 cod. proc. civ. poiché, in difetto di elementi contrari dedotti dal ricorrente, si devono ritenere coincidenti i magistrati indicati nel predetto verbale con quelli che in concreto hanno partecipato alla deliberazione, atteso che l’intestazione è priva di autonoma efficacia probatoria, esaurendosi nella riproduzione dei dati del verbale d’udienza (Cass., sez. 5, 11 aprile 2011, n. 8136).
2. Con il secondo motivo di impugnazione i ricorrenti si dolgono RAGIONE_SOCIALEa «violazione e falsa applicazione (art. 360, primo comma, numeri 3 e 4, c.p.c.) RAGIONE_SOCIALE‘art. 158 c.p.c., con conseguente nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza, giacché resa da organo collegiale invalidamente composto per la partecipazione di un giudice onorario, con funzione di relatore, alla luce RAGIONE_SOCIALEe ordinanze di remissione RAGIONE_SOCIALEa questione di legittimità costituzionale degli articoli 62 e seguenti del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, per contrasto con gli articoli 106 e 102 RAGIONE_SOCIALEa Costituzione, siccome rese da Cass. Civ., sez.III, nn. 32032 e 32033 del 9/12/2019. Derivata violazione degli articoli 25 RAGIONE_SOCIALEa Costituzione e 174 c.p.c. (art. 360, primo comma, numeri 3 e 4, c.p.c.)».
Il collegio giudicante, alla data RAGIONE_SOCIALEa deliberazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza (9 gennaio 2020), «è risultato illegittimamente composto per la partecipazione di un magistrato onorario, per giunta, con funzione di relatore».
2.1. Il motivo è infondato nei termini che seguono.
2.2. Infatti, con la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale n. 41 del 2021 sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi gli artt. 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72 d.l. 21 giugno 2013, n. 69, conv., con modif., in l. 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e RAGIONE_SOCIALEe funzioni RAGIONE_SOCIALEa magistratura onoraria nei tempi stabiliti dall’art. 32 d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116.
La previsione ad opera RAGIONE_SOCIALEe disposizioni censurate RAGIONE_SOCIALEo svolgimento di funzioni (nient’affatto di giudici singoli, ma) di giudici collegiali presso le corti d’appello, dove i giudici ausiliari sono strutturalmente inseriti, risulta essere del tutto fuori sistema e si pone in radicale contrasto con l’art. 106 Cost. I giudici ausiliari d’appello, infatti, non sono riconducibili a figure di «giudici singoli», perché chiamati a esercitare la giurisdizione in composizione stabilmente collegiale, qual è la Corte d’appello, e in giudizi di regola di secondo grado.
Tuttavia, l’interazione dei valori in gioco evidenzia, nell’immediato, il pregiudizio all’amministrazione RAGIONE_SOCIALEa giustizia e quindi alla tutela giurisdizionale, presidio di garanzia di ogni diritto fondamentale, in relazione all’esigenza di evitare carenze nell’organizzazione giudiziaria.
Occorre allora -come soluzione, nella specie, costituzionalmente adeguata alla protezione di tali valori – che la declaratoria di illegittimità RAGIONE_SOCIALEe disposizioni censurate lasci al
legislatore un sufficiente lasso di tempo che assicuri la necessaria gradualità nella completa attuazione RAGIONE_SOCIALEa normativa costituzionale.
A tal fine la reductio ad legitimitatem può farsi, con la sperimentata tecnica RAGIONE_SOCIALEa pronuncia additiva, inserendo nella normativa censurata un termine finale entro (e non oltre) il quale il legislatore è chiamato a intervenire.
In tale periodo rimane – anche con riguardo ai giudizi a quibus – legittima la costituzione dei collegi RAGIONE_SOCIALEe corti d’appello con la partecipazione di non più di un giudice ausiliario a collegio e nel rispetto di tutte le altre disposizioni che garantiscono l’indipendenza e la terzietà anche di questo magistrato onorario.
Con il terzo motivo di impugnazione i ricorrenti lamentano la «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto: d.lgs. n. 58 del 1998, art. 23, 6º comma, articoli 1218 e 2697 c.c., art. 115 c.p.c., secondo comma, art. 21, nonché articoli 28 e 29 Regolamento Consob n. 11522 del 1998, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Per i ricorrenti vi sarebbe stata una manifesta violazione degli articoli 28 e 29 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998, in quanto il rapporto dedotto si è svolto in epoca antecedente alle direttive comunitarie n. 39 del 2004 n. 73 del 2006.
La Corte territoriale ha travolto i «conclamati principi di diritto» di cui alle richiamate disposizioni.
È sufficiente soffermarsi sull’ordine del 6/6/2003, «generico e con sterili clausole di stile», sottoscritto peraltro solo dal COGNOME, mentre la coniuge, COGNOME, «non riceveva neppure le informazioni riportate nel sintetico atto».
La banca, infatti, non ha avuto alcun rapporto diretto con la COGNOME e dunque «non ha ad essa fornito né le informazioni previste dal cit. Regolamento Consob né quelle fissate nel TUF», non avendo
acquisito «informazioni sulla esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, sulla situazione finanziaria, sugli obiettivi di investimento, sulla propensione al rischio, né ha fornito le informazioni di legge, aventi funzione preventiva, di cui al suddetto art. 29».
La violazione degli obblighi informativi, peraltro, riguardava anche il COGNOME, in quanto le clausole contenute nell’ordine del 6/6/2003 erano «standardizzate», costituendo «formule di stile, formule vuote».
I ricorrenti erano stati persino invitati a sottoscrivere due schede clienti dopo l’esplosione del crac finanziario, solo in data 11/12/2003, mentre tale documento «avrebbe dovuto essere quantomeno contestuale all’ordine di investimento».
Pertanto, del tutto errata è la valutazione RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello quando afferma che le argomentazioni dei risparmiatori sulle violazioni degli obblighi informative «contrastano con la missiva del 6/6/2003 firmata da NOME COGNOME, il quale agisce anche per conto di NOME, non essendo mai l’operato del primo disconosciuto dalla seconda».
In realtà, nessuna informazione era stata fornita nella fase precontrattuale e «nulla prova la banca pur avendone l’onere», non essendovi alcuna sottoscrizione del modulo da parte RAGIONE_SOCIALEa COGNOME.
Il giudice d’appello non ha tenuto conto RAGIONE_SOCIALEa circostanza che le informazioni «vanno fornite obbligatoriamente per ogni singolo ordine, per ogni singolo investimento».
Con il quarto motivo di impugnazione i ricorrenti si dolgono RAGIONE_SOCIALEa «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto: d.lgs. n. 58 del 1998, art. 23, 6º comma, articoli 1218 e 2697 c.c., art. 115 c.p.c., 2º comma, art. 21, nonché articoli 28 e 29 Regolamento Consob n. 11522 del 1998, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma
uno, n. 3. Errata valutazione RAGIONE_SOCIALEe prove. Nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza e/o omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 115 c.p.c. ex art. 360, primo comma, numeri 4 e 5 , c.p.c.».
Vi è stata la palese violazione degli articoli 28 e 29 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998.
La sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello, pur valorizzando la espletata CTU, giunge ad affermare che l’assunto dei risparmiatori non era condivisibile, in quanto collegava la mancanza di rating del titolo ed il fatto che lo stesso fosse illegittimamente non quotato, ad un ipotetico crac RAGIONE_SOCIALE, avvenuto dopo appena poche settimane dall’acquisto.
In realtà, invece, il titolo aveva il rating BBB, sufficiente per la commercializzazione ed era stato preceduto da un regolare prospetto informativo del 16/7/2001. Il crac RAGIONE_SOCIALE era emerso solo quando era stata scoperta la documentazione occultata, riferita alla liquidità, in data 18 dicembre 2003.
Con riferimento al rating BBB, però, la CTU di prime cure aveva rilevato che «sin dal febbraio del 2003 era oggetto di indiscrezioni circa la disastrosa situazione finanziaria da parte degli operatori del mercato mobiliare che rilevavano una insussistente liquidità evidenziata in scritture contabili sostanzialmente ritenute non veritiere».
Il rating TARGA_VEICOLO era, in realtà, il gradino più basso del livello di investimento.
Un altro elemento inserito nella motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza, pur se evidenziato dal CTU, era costituito dalla presenza RAGIONE_SOCIALE‘ Offering circular. In realtà, per il CTU dalla lettura del documento emergeva che «in ogni caso era stata indicata una restrizione alla vendita dei titoli limitandone la commercializzazione».
La Corte territoriale, pur richiamando le risultanze RAGIONE_SOCIALEa CTU, di fatto, se ne discosta, senza darne alcuna motivazione.
Peraltro, l’istituto di credito non ha dato la prova positiva di aver fornito le informazioni previste dalla legge in ordine alle caratteristiche del prodotto, essendo state richiamate esclusivamente «formule di stile».
In realtà, la COGNOME era del tutto esclusa RAGIONE_SOCIALEe operazioni; non sono state fornite informazioni in ordine al prodotto finanziario acquistato; non v’è alcuna informazione sulla irragionevolezza RAGIONE_SOCIALE‘operazione; il titolo RAGIONE_SOCIALE è stato emesso dalla RAGIONE_SOCIALE, con sede in Olanda e luogo di emissione in Lussemburgo, senza che tali indicazioni fossero fornite agli investitori.
Pur in mancanza di elementi informativi forniti dagli investitori, la banca non era esonerata dalle opportune indagini al riguardo, in quanto le necessarie informazioni potevano essere ricavate in altro modo, «soprattutto se si considera che si tratta di piccoli risparmiatori che tendono alla conservazione del capitale».
Era, poi, errato sostenere che l’azione degli investitori non poteva consistere solo nell’annullamento di un singolo ordine.
Gli obblighi informativi, peraltro, vanno disposti anche «in caso di consapevoli scelte rischiose del risparmiatore». Infatti, l’accettazione consapevole di un investimento finanziario non può che fondarsi sulla preventiva conoscenza RAGIONE_SOCIALEe caratteristiche specifiche del prodotto.
I motivi terzo e quarto, che vanno esaminati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono inammissibili.
5.1. L’art. 1 comma 5, del d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 (TUF) stabilisce, infatti, che «per servizi e attività di investimento si intendono i seguenti, quando hanno ad oggetto strumenti finanziari:
a) negoziazione per conto proprio; b) esecuzione di ordini per conto dei clienti…ricezione e trasmissione di ordini ».
L’art. 21 del medesimo d.lgs. prevede che «nella prestazione dei servizi e RAGIONE_SOCIALEe attività di investimento ed accessori i soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti ed operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati».
L’art. 23, comma 6, del d.lgs. n. 58 del 1998, in materia di onere RAGIONE_SOCIALEa prova, dispone che «nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere RAGIONE_SOCIALEa prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta».
Con riguardo, poi, alla valutazione del merito creditizio ed alla ‘profilazione’ RAGIONE_SOCIALE‘investitore i l Regolamento Consob n. 11522 del 1° luglio 1998 all’art. 28, comma 1, recita: «Prima RAGIONE_SOCIALEa stipulazione del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e RAGIONE_SOCIALE‘inizio RAGIONE_SOCIALEa prestazione di servizi di investimento e dei servizi accessori a questi collegati, gli intermediari devono: a) chiedere all’investitore notizi e circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L ‘eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di cui al successivo art. 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall’investitore; b) consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari di cui all’allegato n. 3 ».
Il comma 2, RAGIONE_SOCIALE‘art. 28, del Regolamento Consob, con riferimento alle necessarie notizie da fornire in ordine al prodotto finanziario che si intende vendere, aggiunge che «gli intermediari
autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni RAGIONE_SOCIALEa specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento».
L’art. 29 del Regolamento Consob, poi, stabilisce al comma 3 che «gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e RAGIONE_SOCIALEe ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora l’investitore intenda comu nque dare corso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute».
6. La giurisprudenza di legittimità, con univoche decisioni, ha stabilito il contenuto degli obblighi informativi che l’intermediario finanziario deve fornire agli investitori: la natura e le caratteristiche peculiari del titolo, con particolare riferimento alla rischiosità del prodotto finanziario offerto (Cass., 11 ottobre 2022, n. 29616; Cass. n. 15708 del 2019); la precisa individuazione del soggetto emittente, non essendo sufficiente l’indicazione che si tratta di un ‘paese emergente ‘; il rating del prodotto; l’eventuale offering circular esplicativa RAGIONE_SOCIALEe caratteristiche del prodotto; le caratteristiche del mercato in cui il prodotto è collocato (Cass. n. 10111 del 2018; Cass., n. 8619 del 2017; Cass. n. 19891 del 2022); eventuali situazioni di gray market (Cass., n. 12990 del 2023; Cass., n. 8314 del 2017); il probabile rischio di default RAGIONE_SOCIALE‘emittente, sempre che resti apprezzabile da esso intermediario (Cass., n. 12544 del 2017;
Cass., n. 10111 del 2018; più recentemente Cass., sez. 1, 23 marzo 2023, n. 8353; Cass., sez. 1, 6 luglio 2023, n. 19104).
6.1. Sono state, del pari, cristallizzate anche le informazioni «passive» relative all’investitore, soprattutto in ordine alla sua propensione al rischio.
6.2. La mancata prestazione RAGIONE_SOCIALEe informazioni dovute ai clienti da parte RAGIONE_SOCIALEa banca ingenera una presunzione di riconducibilità alla stessa RAGIONE_SOCIALE‘operazione finanziaria, dal momento che l’inosservanza dei doveri informativi da parte RAGIONE_SOCIALE‘intermediario, costituisce di per sé un fattore di disorientamento RAGIONE_SOCIALE‘investitore (Cass., sez. 1, 16 febbraio 2018, n. 3914).
6.3. Le regole di riparto RAGIONE_SOCIALE‘onere RAGIONE_SOCIALEa prova risultano ormai chiare.
Nelle azioni di responsabilità per danni subiti dall’investitore, nelle quali occorre accertare se l’intermediario abbia diligentemente adempiuto alle obbligazioni scaturenti dal contratto di negoziazione, il riparto RAGIONE_SOCIALE‘onere RAGIONE_SOCIALEa prova si atteggia nel senso che l’investitore ha l’onere di allegare l’inadempimento RAGIONE_SOCIALEe citate obbligazioni da parte RAGIONE_SOCIALE‘intermediario, nonché fornire la prova del danno e del nesso di causalità fra questo e l’inadempimento anche sulla base di presunzioni; l’intermediario, a sua volta, avrà l’onere di provare l’avvenuto adempimento RAGIONE_SOCIALEe specifiche obbligazioni poste a suo carico, allegate come inadempiute dalla controparte e, sotto il profilo soggettivo, di aver agito con la specifica diligenza richiesta (Cass. sez. 1, 24 maggio 2019, n. 14335). Con la precisazione che l’ art. 23, comma 6, del d.lgs. n. 58 del 1998, lungi dal comportare un’inversione RAGIONE_SOCIALE‘onere probatorio altrimenti discendente dall’ art. 2697 c.c., si pone in perfetta armonia e continuità con la regola generale stabilita dall’ art. 1218 c.c., che, in presenza
RAGIONE_SOCIALE‘inadempimento, pone a carico del debitore la prova RAGIONE_SOCIALEa sua non imputabilità (Cass., 24 aprile 2018, n. 10111).
Inoltre, si è recentemente affermato che per la valutazione di adeguatezza e per le omissioni ravvisabili nelle informazioni fornite, non rileva né che il cliente abbia dichiarato, in sede di stipula del contratto quadro di investimento, di possedere un’es perienza «alta» con riferimento ai prodotti finanziari da acquistare, o un’elevata propensione al rischio, né, men che meno, che gli si sia eventualmente rifiutato di dare indicazioni sulla propria situazione patrimoniale (Cass., sez. 1, 15 marzo 2022, n. NUMERO_DOCUMENTO).
7. Il caso in esame, però, si incentra sulla circostanza che il solo NOME abbia dato ordine scritto alla banca di procedere all’acquisto del prodotto, pur se l’intermediario finanziario ha sconsigliato l’investimento.
Deve, dunque, esaminarsi il caso in cui l’investitore dia un ordine scritto all’intermediario finanziario di procedere all’acquisto del prodotto.
Trova qui applicazione la giurisprudenza di questa Corte per cui la sottoscrizione, da parte del cliente, RAGIONE_SOCIALEa clausola in calce al modulo d’ordine, contenente la segnalazione di inadeguatezza RAGIONE_SOCIALE‘operazione sulla quale egli è stato avvisato, è idonea a far presumere assolto l’obbligo previsto in capo all’intermediario dall’art. 29, comma 3, del Regolamento Consob n. 11522 del 1998 (Cass., n. 29616 del 2022).
Si è però precisato che, a fronte RAGIONE_SOCIALEa contestazione del cliente, il quale alleghi l’omissione di specifiche informazioni, grava sulla banca l’onere di provare, con qualsiasi mezzo, di averle specificamente rese (Cass., n. 29616 del 2022; Cass., sez. 1, 5 maggio 2022, n. 14208; Cass., 3 agosto 2017, n. 19417; Cass., sez. 1, 6 giugno 2016, n. 11578).
Si è anche chiarito che, con riferimento all’art. 29 del Regolamento Consob citato, la segnalazione di inadeguatezza ivi contemplata, al comma 3, laddove menziona «esplicito riferimento alle avvertenze ricevute», non richiede l’indicazione del contenuto RAGIONE_SOCIALEe informazioni al riguardo somministrate dall’intermediario.
In tal caso, e quindi in mancanza di indicazione del contenuto RAGIONE_SOCIALEe informazioni omesse, la sottoscrizione da parte del cliente RAGIONE_SOCIALEa segnalazione di inadeguatezza non incide sul riparto del relativo onere di allegazione prova, né tantomeno costituisce prova RAGIONE_SOCIALE‘adempimento, da parte RAGIONE_SOCIALE‘intermediario, RAGIONE_SOCIALE‘obbligo informativo posto a suo carico, ma fa soltanto presumere che l’obbligo sia stato assolto, sicché, ove il cliente alleghi quali specifiche informazioni siano state omesse, grava sull’intermediario l’onere di provare, con ogni mezzo, che invece quelle informazioni siano state specificamente rese, ovvero non fossero dovute (Cass., sez. 3, 1 ° settembre 2023, n. 25635; Cass., sez. 1, 8 giugno 2023, n. 16184, in motivazione; Cass., sez. 1, n. 29616 del 2022; Cass., sez. 1, 15 marzo 2022, n. 8463; Cass., sez. 1, 27 ottobre 2020, n. 23570; Cass., sez. 1, 22 ottobre 2020, n. 23113; Cass., sez. 1, 24 aprile 2018, n. 10111; Cass., sez. 1, 3 agosto 2017, n. 19417; Cass., sez. 1, 6 giugno 2016, n. 11578).
I principi che si ricavano dagli insegnamenti giurisprudenziali sono dunque i seguenti: 1) ove si faccia luogo al compimento di un’operazione inadeguata occorre che l’intermediario offra all’investitore, in assolvimento degli obblighi di informazione attiva di cui all’art. 28, comma 2, e dunque nel colloquio verbale, tutte le informazioni in grado di renderlo edotto RAGIONE_SOCIALEe ragioni per le quali reputi che l’operazione sia inadeguata in modo che, anche riguardo ad essa, la scelta che l’investitore effettuerà possa dirsi che sia
avvenuta in modo consapevole; 2) qualora, ricevute le informazioni intese ad evidenziare l’inadeguatezza RAGIONE_SOCIALE‘operazione, l’investitore intenda insistere per la sua esecuzione e la autorizzi perciò in forma espressa, la dichiarazione che egli renda al riguardo in forma scritta è fonte di una presunzione che l’intermediario abbia assolto il dovere di informazione specificatamente gravante su di sé in relazione alle operazioni inadeguate; 3) la presunzione che in tal modo si determina non vale, tuttavia, a sollevare l’intermediario dall’onere di provare di aver assolto il dovere di informazione ove l’investitore alleghi che talune informazioni, in grado di orientarne diversamente le scelte e di farlo desistere dall’intraprendere l’operazione rivelatasi pregiudizievole se ne fosse stato a conoscenza, gli siano state taciute, ricadendo in tal caso sull’intermediario l’onere di provare che le informazioni asseritamente taciute sono state invece rese o che sono altrimenti rilevanti (Cass., sez. 1, n. 29616 del 2022).
Le informazioni possono essere date anche nel corso del colloquio verbale, a prescindere da quanto riportato nell’ordine scritto di acquisto (Cass., n. 12990 del 2023).
Pertanto, poiché l’informazione deve porre l’investitore nelle condizioni di apprezzare i rischi che l’operazione presenta, mentre l’adeguatezza e l’appropriatezza si basano sulla relazione tra la tipologia RAGIONE_SOCIALE‘investimento ed il flusso informativo proveniente dal cliente, si comprende come la segnalazione RAGIONE_SOCIALE‘intermediario «il quale sconsigli l’operazione per aspetti concernenti la generica non congruità RAGIONE_SOCIALE‘operazione rispetto al profilo del cliente, senza dar conto RAGIONE_SOCIALEe specifiche caratteristiche RAGIONE_SOCIALEo strumento finanziario e RAGIONE_SOCIALEa sua intrinseca rischiosità -elementi, questi ultimi, indispensabili per consentire una consapevole scelta di investimento – non escluda affatto l’inadempimento del detto soggetto» (Cass., sez. 1, 5 maggio 2022, n. 14208).
I ricorrenti, dunque, pur articolando i motivi terzo e quarto di ricorso come violazione di legge, in realtà chiedono una nuova e diversa valutazione RAGIONE_SOCIALEe risultanze istruttorie.
8.1. Inoltre, nel ricorso per cassazione – riportando quanto sostenuto nell’atto di citazione di prime cure – vengono indicate le informazioni omesse che avrebbero impedito l’operazione, ma esse non assurgono a specifiche informazioni con valore dirimente nella scelta di effettuare o meno l’ordine di acquisto dei bond RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE.
Si fa riferimento, in particolare, alla circostanza che il titolo era privo di rating e non quotato, ma dalla CTU espletata, in base a quanto riportato nella motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello, in realtà vi era l’indicazione del rating («da parte di RAGIONE_SOCIALE pari a BBB»); come pure alla mancanza di uno specifico prospetto informativo, anche se dalla pronuncia RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale «la commercializzazione del titolo era stata preceduta da un prospetto informativo, offering circular , redatto da RAGIONE_SOCIALE in lingua inglese»).
Non è dirimente neppure la circostanza che i bond fossero emessi dalla RAGIONE_SOCIALE con sede in Olanda.
8.3. La Corte d’appello, dunque, con adeguata motivazione, ha ritenuto che ai due coniugi fossero state fornite le informazioni necessarie prima RAGIONE_SOCIALE‘acquisto del prodotto, avendo peraltro provveduto i dipendenti RAGIONE_SOCIALEa banca ad indicare come inadeguata l’operazione, pretendendo l’ordine scritto da parte degli investitori.
In particolare, la Corte territoriale, sul punto, ha affermato che la prova RAGIONE_SOCIALE‘adempimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligo informativo si ricavava dal contenuto stesso RAGIONE_SOCIALE‘ordine di acquisto del 6/6/2003 («contrastante con le dichiarazioni attore è altresì la missiva del 6/6/2003, firmata da NOME COGNOME, il quale agisce anche per conto di COGNOME
NOME, non essendo mai l’operato del primo disconosciuto dalla seconda. Con tale missiva i mittenti NOME e COGNOME affermano di avere ricevuto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Salerno, filiale di Ravello, la nota informativa e di avere riscontrato la conformità RAGIONE_SOCIALE‘operazione eseguita all’ordine da loro impartito, che l’operazione era eseguita in contropartita diretta, fuori dei mercati regolamentati, aveva per oggetto valori mobiliari soggetti a notevole rischio di oscillazione dei corsi o dei cambi e che era stata espressamente consentita dopo motivata informazione RAGIONE_SOCIALEa sua ritenuta inadeguatezza»).
10. Il giudice di appello, poi, rafforza il proprio argomentare riportando anche il contenuto RAGIONE_SOCIALEa deposizione testimoniale del direttore RAGIONE_SOCIALEa filiale, NOME COGNOME, il quale riferiva di aver fornito le informazioni necessarie all’acquisto del prodotto («illustrai loro i tipici rischi connessi a questa operazione. Segnalai in particolare il rischio di insolvenza RAGIONE_SOCIALEa società emittente. Rischio che in quel momento non esisteva anche per il breve termine RAGIONE_SOCIALE‘operazione. Aggiungo che il cliente era già obbligazionista RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE ed andava ad investire il ricavato di un titolo scaduto. Il NOME era titolare di conto corrente presso la nostra RAGIONE_SOCIALE, non mi riferì particolari circa le sue eventuali proprietà o suoi debiti e crediti ed insistette per sottoscrivere il titolo attratto dal suo alto rendimento anche se io volevo far diversificare i suoi investimenti»).
Pertanto, nella motivazione RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale si dà atto che i funzionari RAGIONE_SOCIALEa banca hanno fornito le specifiche informazioni sul prodotto da acquistare, hanno espresso dubbi sul rischio di insolvenza RAGIONE_SOCIALEa società emittente, hanno tentato di scoraggiare l’acquisto, ma ciònonostante il NOME ha insistito per l’acquisto.
Inoltre, il giudice di merito ha seguito le conclusioni RAGIONE_SOCIALEe due CTU redatte dalla AVV_NOTAIO COGNOME, la quale ha ritenuto che «nel
corso RAGIONE_SOCIALE‘anno 2003 la RAGIONE_SOCIALE aveva un rating da parte di RAGIONE_SOCIALE pari a BBB, che il rating, definito accettabile, era rimasto tale fino a dicembre 2003».
Il CTU ha, poi, chiarito che il default RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE si era verificato quando era emersa l’assenza di liquidità RAGIONE_SOCIALEa società nel dicembre del 2003 («il giorno stesso – per motivi di fuso orario in Italia era già il 18 dicembre – la Bank of America ha fatto conoscere che il documento era falso. Con ciò si è arrivati alla scoperta decisiva»).
La Corte territoriale ha anche chiarito che:1) «il titolo aveva il rating BBB sufficiente per la commercializzazione»; 2) «era stato preceduto da un regolare prospetto informativo, offering circular del 16/7/2001»; 3) «il crack RAGIONE_SOCIALE non si è verificato in base ad elementi già noti al momento RAGIONE_SOCIALE‘acquisto del titolo avvenuto a giugno 2003».
Anche con riferimento alla posizione del coniuge NOME COGNOME, pur essendo evidente, in base ai documenti prodotti, che alla stessa non è stata mai fornito alcuna informazione, né la COGNOME ha impartito alcun ordine scritto alla banca di acquisto del prodotto RAGIONE_SOCIALE , tuttavia, con giudizio di merito pieno la Corte d’appello ha ritenuto che NOME COGNOME agiva «anche per conto di COGNOME NOME, non essendo mai l’operato del primo disconosciuto dal la seconda».
Tale affermazione si è basata su un completo esame RAGIONE_SOCIALEe risultanze istruttorie da parte del giudice di merito, sicché non è sindacabile in questa sede.
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste, per il principio RAGIONE_SOCIALEa soccombenza, a carico dei ricorrenti e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti a rimborsare in favore RAGIONE_SOCIALEa controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 3.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario RAGIONE_SOCIALEe spese generali nella misura del 15%, Iva e cpa.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 comma 1-q uater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 maggio