Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1599 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1599 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
PARENTI CARLA E BRANDI NOME , rappresentate e difese dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME (EMAIL) e NOME (EMAIL)
-ricorrenti-
Contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze n.1223/2020 del 1°.7.2020, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 .1.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Oggetto: intermediazione finanziaria Obblighi informativi
1. -Con atto di citazione, le ricorrenti, quali cointestatarie di c/c ed eredi legittime del signor NOME COGNOME, deceduto in data 28 febbraio 2009, convenivano in giudizio avanti al Tribunale di Prato RAGIONE_SOCIALE Sanpaolo con riferimento all’acquisto per nominali € 950.000 di obbligazioni emesse dalla banca RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE statunitense Lehman Brothers Holdings RAGIONE_SOCIALE, effettuato dai coniugi signori NOME COGNOME e NOME COGNOME in più tranches nelle date 30 gennaio 2008, 31 gennaio 2008 e 5 febbraio 2008, tramite la filiale della Banca sita in Prato. A seguito del default della banca RAGIONE_SOCIALE Lehman Brothers, le attrici lamentavano di aver perso totalmente il capitale investito ed i frutti attesi, non essendovi « allo stato, evidenze di rimborsi da parte dell’emittente o della procedura ». Le attuali ricorrenti contestavano, quindi, alla Banca, oltre all’assenza di un valido contratto quadro di negoziazione, una serie di inadempimenti agli obblighi previsti dalla normativa di settore in tema di sollecitazione, informativa, inadeguatezza e conflitto d’interessi.
2 . -Il Tribunale adito rigettava le domande.
Le ricorrenti proponevano gravame dinanzi alla Corte di Appello di Firenze che con la sentenza qui impugnata rigettava l’appello e confermava la sentenza di primo grado.
3 . -Per quanto qui di interesse la Corte di merito statuiva:
l’art. 23 TUF opera in funzione informativa a tutela degli interessi dell’investitore e la mancanza della sottoscrizione della Banca non determina pregiudizio per il cliente;
le dichiarazioni degli investitori sul ricevimento della copia del contratto hanno valenza confessoria;
il conflitto di interesse della Banca nella negoziazione dei titoli è da escludere poiché gli appellanti non hanno allegato « in cosa fosse consistito in concreto il preteso conflitto di interessi », né hanno provato il nesso causale tra il preteso conflitto di interessi e il preteso danno patito;
d) è stata correttamente applicata la disciplina dettata dall’art. 21, comma 1, lett. a) e b), d.lgs. n. 58/1998 e dagli artt. 26 e 28 Reg. Consob n. 11522/1998 che, in merito agli obblighi informativi, impone all’intermediario di attivarsi per ottenere una conoscenza preventiva adeguata del prodotto finanziario, alla luce di tutti i dati disponibili che ne possano influenzare la valutazione effettiva della rischiosità, e quindi assicurare un’informazione adeguata all’investitore sulle caratteristiche del prodotto; nel rispetto di tale norma l’intermediario avrebbe dovuto segnalare all’investitore, in relazione alla sua accertata propensione al rischio, la non adeguatezza delle operazioni di investimento che si accinge a compiere (cd suitability rule ); tale segnalazione deve contenere specifiche indicazioni concernenti: 1) la natura e le caratteristiche peculiari del titolo, con particolare riferimento alla rischiosità del prodotto finanziario offerto; 2) la precisa individuazione del soggetto emittente, non essendo sufficiente la mera indicazione che si tratta di un « Paese emergente »; 3) il rating nel periodo di esecuzione dell’operazione ed il connesso rapporto rendimento/rischio; 4) eventuali carenze di informazioni circa le caratteristiche concrete del titolo (situazioni cd. di grey market ); 5) l’avvertimento circa il pericolo di un imminente default dell’emittente, così come precisato da questa Corte di legittimità;
la negoziazione era avvenuta in un arco temporale nel quale i titoli in questione erano di rating A;
doveva essere escluso che la clausola Patti Chiari imponesse obblighi informativi e di monitoraggio del titolo dopo la negoziazione.
4 . –COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno presentato ricorso per cassazione con quattro motivi ed anche memoria.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Le ricorrenti deducono:
5 . -Con il primo motivo: Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., degli artt. 2697 e 2730 c.c. ed art. 23 TUF. La Corte ha erroneamente attribuito natura confessoria alla sottoscrizione del contratto che includeva la clausola nella quale si precisava l’avvenuta consegna della copia del contratto, poiché gli attori avevano sempre negato di aver ricevuto la copia del contratto e, quindi, non hanno mai avuto la consapevolezza del suo contenuto.
5.1 -Pur trascurando l ‘ erroneità di denuncia della violazione dell’articolo 360 c.p.c., che la Corte d’appello non può aver violato, visto che non è volta a disciplinare la sua attività, la censura si infrange contro i seguenti consolidati principi:
-) la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass., n. 15107/2013; Cass., n. 19064/2006; Cass., n. 2155/2000; Cass., n. 1194971993); nel caso di specie la censura non denuncia alcun ribaltamento del riparto degli oneri probatori, ma rivolge la propria inammissibile doglianza al governo del materiale probatorio operato dai giudici di merito, nel ritenere che l’intermediario COGNOME con segnato ai clienti il contratto in discorso;
-) il giudizio espresso dal giudice del merito intorno al contenuto confessorio, o meno, di una dichiarazione della parte è insindacabile in sede di legittimità, purché sia immune da vizi logici o giuridici (Cass., n. 1427/1997), ovviamente nei limiti in cui il sindacato motivazionale è oggi consentito (Cass., Sez. Un., n. 8053/2014): nel
caso di specie, allora, non resta se non prendere atto che la Corte d’appello, con motivazione eccedente la soglia del minimo costituzionale, ha ritenuto che COGNOMEro valore confessorie un le dichiarazioni « di aver ricevuto in data odierna la Vostra proposta inerente l’accensione presso codesta Filiale dei rapporti sotto indicati in qualità di consumatori » ivi compreso il contratto di « negoziazione, ricezione e trasmissione ordini », con successiva sottoscrizione dei clienti in calce alla seguente dichiarazione: « Preso atto di quanto sopra, vi confermiamo la volontà di stipulare i rapporti suddetti ».
6 . -Con il secondo motivo: Violazione dell’art. 360, comma 1, n n. 3,4 e 5, c.p.c. con riferimento agli artt. 26,28 e 29 TUF, all’art. 132 c.p.c., all’art. 112 c.p.c. Nullità della sentenza per omessa pronuncia su domanda ed in subordine su fatto decisivo. La Corte ha desunto dalle prove testimoniali che il defunto sig. COGNOME seguiva attentamente le sue negoziazioni e che poteva operare sul conto cointestato anche disgiuntamente dalle sue eredi. In tal modo ha ignorato la domanda diretta ad accertare se la cointestataria COGNOME COGNOME effettivamente ricevuto informazioni sui titoli negoziati. Ha escluso, inoltre, l’applicazione del Regolamento MIFID, nonostante che le singole operazioni fossero avvenute successivamente al gennaio 2008 e, ritenen do che la Banca non COGNOME l’obbligo di segnalare l’inadeguatezza delle operazioni , non aveva svolto alcuna verifica sulle concrete informazioni fornite. La Corte ha ignorato, inoltre che le operazioni in questione erano state poste in essere dalla sig.ra COGNOME e non dal sig. COGNOME.
6.1 -Anzitutto occorre rammentare che in tema di ricorso per cassazione è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c. non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di
norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass., n. 11222/2018; Cass., n. 2954/2018; Cass., n. 27458/2017; Cass., n. 23265/2017; Cass., n. 16657/2017; Cass., n. 15651/2017; Cass., n. 8333/2017; Cass., n. 8335/2017; Cass., n. 4934/2017; Cass. 18 ottobre 2016, n. 21016, Sez. II; Cass., n. 19133/2016; Cass., n. 3248/2012; Cass., n. 19443/2011). Una tale impostazione, che assegna al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente al fine di decidere successivamente su di esse, è inammissibile, perché sovverte i ruoli dei diversi soggetti del processo, e rende il contraddittorio aperto a conclusioni imprevedibili, gravando l’altra parte del compito di farsi interprete congetturale delle ragioni che il giudice potrebbe discrezionalmente enucleare dal conglomerato dell’esposizione avversaria. Nel caso di specie si versa in ipotesi di motivo composito, nel quale è incomprensibile delimitare l’area concernente ciascuna censura, con conseguente inammissibilità delle medesime.
D’altronde, il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato comporta il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda di merito. In giurisprudenza è stato in tal senso più volte affermato che il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione, attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum, rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto che, essendo diretta ad impugnare il diritto fatto valere
in giudizio dall’attore, può essere sollevata soltanto dall’interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo ( causa petendi ) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda (Cass., n. 1145572004; Cass., n. 19475/2005; Cass., n. 455/2011; Cass., n. 18868/2015). Va da sé che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica, in particolare, quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (Cass., n. 20311/2011; Cass., n. 21612/2013; Cass., n. 17956/2015). Sicché, nel caso di specie, è agevole osservare che di violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato non ha senso discorrere, dal momento che il giudice d’appello ha integralmente respinto le censure spiegate avverso la sentenza di primo grado e, conseguentemente, l’intera originaria domanda proposta.
Ed ancora, le censure di violazione di legge come proposte nulla hanno a che vedere con il significato e la portata applicativa delle disposizioni richiamate in rubrica, ma mirano esclusivamente a rimettere in discussione la concreta valutazione del materiale probatorio operata dal giudice di merito, cosa evidentemente inammissibile. Dalla violazione o falsa applicazione di norme di diritto va difatti tenuta nettamente distinta la denuncia dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell’ambito dell’interpretazione e applicazione della norma di legge. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi -violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta -è segnato
dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass., n. 195/2016; Cass., n. 26110/2015; Cass., n.8315/2013; Cass., n. 16698/2010; Cass., n. 7394/2010; Cass., Sez. Un., n. 10313/2006). La censura che riguarda la mancata applicazione del Regolamento MIFID, nonostante che le operazioni, successive alla stipula del contratto quadro erano state compiute nel gennaio 2008, è censura non evocata in appello, dove il motivo di ricorso era formulato come segue: « Violazione dell’art. 27 regolamento Consob 11522/1998 Errata valutazione delle istanze istruttorie », ed è pertanto inammissibile. Le censure relative alla mancata applicazione dello stesso sono pertanto assorbite. La circostanza che la scelta tra le operazioni astrattamente presentate era rimessa esclusivamente e costantemente al sig. COGNOME e che la moglie si limitasse a svolgere soltanto le susseguenti operazioni esecutive è un fatto accertato e non contestato in I grado che ha motivato il giudice di I grado e poi la Corte di merito, pertanto, ad escludere che il modus operandi dei coniugi secondo il quale tutte le informazioni erano riferite al primo (o, in prima istanza, a suoi collaboratori) ed eseguite dalla seconda era del tutto irrilevante perché il conto era cointestato con facoltà di operazioni disgiunte.
7. -Con il terzo motivo: Viol azione dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in ordine all’int erpretazione ed applicazione degli artt. 23, comma 6, e 21 TUF, degli artt. 26, 28 e 29 Regolamento Consob n. 11522/1998 in tema di informazione attiva e passiva. Inadempimento degli obblighi di diligenza: contraddittorietà, errore e falsa applicazione di legge. La Corte aveva ritenuto adempiuti gli obblighi informativi con la consegna del documento generale sui rischi degli strumenti finanziari e dell’opuscolo Patti Chiari senza considerare l’obbligo di informazione delle specifiche caratteristiche dell’emittente i titoli negoziati e la specifica rischiosità dell’operazione richiesta anche alla sig.ra COGNOME .
7.1 -La censura è inammissibile poiché si focalizza su una parte della motivazione, isolandola dagli altri elementi presi in considerazione. La Corte di merito non ha affermato che gli obblighi informativi erano stati assolti con la semplice consegna del documento generale sui rischi degli strumenti finanziari, poiché ha precisato che tale attività « assolve una funzione strumentale e propedeutica consistendo in una informativa doverosa ma preliminare e sommaria che serve a rendere il cliente più consapevole rispetto ai rischi dell’investimento e del mandato conferito alla banca ». In materia di servizi di investimento mobiliare, l’intermediario finanziario è tenuto a fornire al cliente una dettagliata informazione preventiva circa i titoli mobiliari e, segnatamente, con particolare riferimento alla natura di essi ed ai caratteri propri dell’emittente, ricorrendo un inadempimento sanzionabile ogni qualvolta detti obblighi informativi non siano integrati e restando irrilevante, a tal fine, ogni valutazione di adeguatezza dell’investimento (Cass., n. 15936/2018). L’intermediario non è esonerato, pure in presenza di un investitore aduso ad operazioni finanziarie a rischio elevato che risultino dalla sua condotta pregressa, dall’assolvimento degli obblighi informativi previsti dal d.lgs. n. 58 del 1998 e dalle relative prescrizioni di cui al regolamento Consob n. 11522 del 1998 e successive modificazioni, permanendo in ogni caso il suo obbligo di offrire la piena informazione circa la natura, il rendimento ed ogni altra caratteristica del titolo (Cass., n. 18153/2020; Cass., n. 35789/2022). Nel caso di specie nei giudizi di merito è stato accertato che alla consegna del documento informativo generale è seguita l’acquisizione e la messa a disposizione del cliente di ulteriori informazioni dettagliate relative ai titoli negoziati relative alla situazione conoscibile alla data della negoziazione che risale fino al 5 febbraio 2008, epoca nella quale il rating dei titoli Lehman Brothers era ancora in A+ e quindi l’indice di rischio molto basso. (p.14). La Corte di merito, nel valutare
l’informativa specifica fornita agli investitori, ha evidenziato una serie di elementi che la rendevano adeguata e sufficiente. Correttamente la Corte ha escluso che dopo la negoziazione dei titoli la Banca, sulla base della tipologia del contratto instaurato vi fosse un obbligo di monitoraggio dell’andamento degli investimenti effettuati dal cliente. In materia di investimenti finanziari, gli obblighi informativi gravanti sull’intermediario ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lett. b, d.lgs. n. 58 del 1998, sono finalizzati a consentire all’investitore di operare investimenti pienamente consapevoli, sicché tali obblighi, al di fuori del caso del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti, vanno adempiuti in vista dell’investimento e si esauriscono con esso (Cass., n. 10112/2018; Cass., n. 17949/2020; Cass., n. 24655/2023). In tema di intermediazione finanziaria, l’intermediario assolve l’obbligo informativo su di lui gravante ai sensi dell’art. 28 del Reg. Consob n. 11522 del 1998 allorché raccolga preventivamente, all’atto della sottoscrizione del contratto-quadro, il profilo finanziario dell’investitore e sottoponga a quest’ultimo schede contenenti le caratteristiche descrittive degli strumenti d’investimento recanti la specifica e separata indicazione della rischiosità e della inadeguatezza dell’operazione (Cass., n.22513/2021).
8. -Con il quarto motivo: Violazione dell’art. 360, comma 1, n n. 3 e 4 , c.p.c. in ordine all’interpretazione ed applicazione degli artt. 23, comma 6, e 21 TUF, dell’art. 27 , Regolamento Consob n. 11522/1998 in tema di informazione attiva e passiva. Nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. Inadempimento degli obblighi di diligenza: contraddittorietà, errore e falsa applicazione di legge. La Corte di Appello non ha verificato la rilevanza, ai fini dell’esistenza del conflitto di i nteressi, delle allegazioni dell’attrice e si è limitata ad affermare che non era stato allegato « in cosa fosse consistito in concreto il preteso conflitto di interessi ». Anche al conflitto di interessi era cor relato dall’assenza di
informazioni adeguate e, pertanto, l’esistenza del nesso causale costituiva una presunzione legale.
8.1 -La censura è inammissibile poiché non coglie la ratio decidendi della decisione impugnata. Sotto altro profilo, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che il conflitto d’interessi idoneo, ex art. 1394 c.c., a produrre l’annullabilità del contratto, richiede l’accertamento dell’esistenza di un rapporto d’incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare non in modo astratto od ipotetico ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell’utile di un soggetto mediante il sacrificio dell’altro ( ex multis , Cass., n. 23300/2007). La Corte, applicando il suesposto orientamento di questa Corte, ha ritenuto che le censure dell’appellante non fossero adeguate a dimostrare l’esistenza in concreto del conflitto e ha, esplicitamente e motivatamente, condiviso sul punto la sentenza di I grado ove più dettagliatamente le motivazioni vengono esplicitate (il Tribunale ha ritenuto che la circostanza che RAGIONE_SOCIALE SanRAGIONE_SOCIALE vantasse crediti nei confronti della Lehman Brothers non fosse elemento sufficiente a far derivare la sussistenza del conflitto di interessi e che le altre indicazioni relative alla proprietà della Banca del mercato EuroTLX fosse priva di prova). La motivazione della sentenza, con rinvio per relationem a provvedimenti giudiziari resi in altro processo, è ammissibile e rispetta il minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., purché la condivisione della decisione avvenga attraverso un autonomo esame critico dei motivi d’impugnazione, con richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia ( ex multis , Cass., n. 21443/2022).
-Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 20.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione