Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11191 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 11191 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
Oggetto
Accordo di risoluzione contratti lavoro
Transazione
Obblighi contributivi
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 14/11/2023
PU
SENTENZA
sul ricorso 29547-2021 proposto da: RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE), società con socio unico, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
ricorrente principale –
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrenti – ricorrenti incidentali nonchŁ contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE), società con socio unico, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE;
– ricorrente principale – controricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 2497/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/08/2021 R.G.N. 328/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/11/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale AVV_NOTAIO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale e l’accoglimento dell’incidentale; uditi gli avvocati COGNOME NOME, NOME COGNOME; udito l’avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Roma, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rigettato quello incidentale di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e di seguito solo RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE), ha condannato l’ RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE al pagamento di contributi, sanzioni e interessi di mora, per gli importi e le causali come specificati nella parte dispositiva.
Non in discussione la sussistenza di un accordo di risoluzione consensuale incentivata in relazione ad una serie di rapporti di lavoro, i profili controversi in causa hanno riguardato la sussistenza o meno d ell’ obbligo contributivo:
per le somme erogate in via transattiva al «dichiarato ed espresso fine di evitare il rischio di un contenzioso sulla quantificazione del TFR»;
per le somme dovute a titolo di mensilità aggiuntive, anche se, in concreto, non erogate.
La Corte di appello ha osservato, in premessa, che il negozio transattivo non spezza, necessariamente, il collegamento con il rapporto di lavoro; per interrompere tale nesso, è, infatti, necessaria una clausola novativa (nella specie implicitamente esclusa) tale da attribuire alla dazione in danaro un titolo nuovo ed autonomo, riconducibile al contratto transattivo, rispetto al precedente contratto di lavoro.
Ha, quindi, ritenuto, quanto agli effetti del delineato ragionamento sul piano contributivo, che, ai sensi dell’art. 12, co.4, lett. a), della legge nr. 153 del 1969, le somme corrisposte a titolo di trattamento di fine rapporto andassero escluse dalla base imponibile contributiva. Per i Giudici, gli importi ai quali si riferiva la pretesa contributiva «partecipa(va)no» della medesima natura giuridica del TFR per cui erano attribuite; di conseguenza, erano esenti dall’obbligo contributivo.
In relazione alle mensilità aggiuntive, invece, la Corte di merito ha ritenuto che fossero dovuti i contributi, in applicazione del principio del minimale contributivo. Le somme, infatti, erano dovute ai lavoratori, benché, in concreto, non fossero state corrisposte.
Ha osservato che le mensilità aggiuntive, in base alla disciplina di riferimento, avevano la funzione di sostituire l’indennità di mancato preavviso e non, come sosteneva la società datrice di lavoro, quella di incentivo all’esodo. Pertanto, rientravano nell’imponibile contributivo, ai sensi del medesimo art.12.
Avverso la decisione, ha proposto ricorso principale l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE , con quattro motivi.
Ha resistito l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, con controricorso, contenente ricorso incidentale, articolato in un motivo.
Ha resistito, a sua volta, con controricorso, l ‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE che ha, successivamente, depositato memoria.
Il PG ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la violazione degli artt. 1362 e ss. cod.civ. nonché dell’art. 12 della
legge nr. 159 del 1963 e dell’art. 6 , comma 4, del d.lgs. nr. 314 del 1997.
L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE imputa alla Corte di appello una erronea interpretazione della disciplina legale e contrattuale di riferimento e l’inesatta ricostruzione giuridica dell’istituto delle mensilità aggiuntive, come costantemente applicato dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE .
È denunciata la violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale che, viceversa, correttamente applicati, avrebbero condotto a ravvisare il collegamento tra le somme controverse e la finalità di incentivare la risoluzione dei rapporti di lavoro.
Con il secondo motivo ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta la violazione di norme di diritto e dei contratti collettivi nazionali di lavoro con riferimento alla disciplina collettiva applicabile e all’onere della prova ex art. 2967 cod.civ.
È criticata la statuizione secondo cui le mensilità aggiuntive, non erogate, erano invece dovute ai lavoratori che hanno sottoscritto gli accordi risolutivi.
L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE deduce che l’erogazione delle cd. mensilità aggiuntive era prevista in favore dei soli lavoratori che cessavano dal rapporto di lavoro, con diritto a pensione, pur avendo la possibilità di rimanere in servizio. Le mensilità non erano state corrisposte perché non sussistevano i presupposti per la loro erogazione, né l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, come era suo onere, aveva dimostrato il contrario.
Con il terzo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. -le censure di cui ai precedenti mezzi di impugnazione sono argomentate in termini di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
L’omissione è riferita al mancato esame della circostanza che le mensilità aggiuntive, giudicate dalla Corte di appello dovute e non erogate, in realtà non erano spettanti.
Con il quarto motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta la violazione degli artt. 1362 e ss e 2967 cod.civ. nonché dell’art. 12 della legge nr. 159 del 1963 e dell’art. 6 comma 4 del d.lgs. nr. 314 del 1997.
La sentenza di appello è censurata anche con riferimento ai lavoratori aderenti al piano ex art. 4 della legge nr. 92 del 2012.
Parte ricorrente deduce, in particolare, che nelle ipotesi di risoluzioni consensuali ai sensi del citato art. 4, il presupposto -certificato dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE era proprio quello di non aver raggiunto il diritto al pensionamento; pertanto, neppure in astratto, vi erano le condizioni per ottenere le mensilità aggiuntive.
I motivi del ricorso principale possono congiuntamente esaminarsi, ponendo tutti, nella sostanza, la questione della sottoposizione a contribuzione previdenziale delle somme previste a titolo di cd. mensilità aggiuntive, nell’ambito di accordi conclusi in sede di risoluzione consensuale dei rapporti di lavoro.
Come sinteticamente riportato nello storico di lite, la ratio decidendi della sentenza impugnata risiede, innanzitutto, nell’affermazione secondo cui l’obbligazione contributiva può essere insensibile al fatto che determinate somme siano erogate in esecuzione di un contratto di transazione. Ciò che rileva è, infatti, il nesso che intercorre tra le somme e il rapporto di lavoro; se tra i due termini persiste il nesso di dipendenza (e non di mera occasione), nel senso che le somme erogate dipendono dal contratto
di lavoro e non da quello, diverso, di transazione, gli importi corrisposti costituiscono imponibile contributivo.
24. Sulla base di tale premessa teorica, l’indagine del giudice di merito si è conclusa nel senso della natura retributiva delle somme erogate ai lavoratori, in occasione degli accordi raggiunti, e della assoggettabilità a contribuzione di quelle in discussione, non ricorrendo le tassative ipotesi di esclusione stabilite dall’ art. 12 legge nr. 153 del 1969.
25. Come noto, la disposizione indicata individua la retribuzione imponibile ai fini previdenziali ricomprendendo nella relativa nozione, sostanzialmente, tutte le erogazioni provenienti dal datore di lavoro che trovano la loro giustificazione nel rapporto di lavoro, con la sola esclusione delle somme erogate per uno dei titolo tassativamente indicati nel capoverso del medesimo art. 12.
26. In particolare, per quanto rileva nella fattispecie, sono escluse dalla base imponibile le somme corrisposte a titolo di «trattamento di fine rapporto» e le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori, nonché quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione «fatta salva l ‘ imponibilità dell’indennità sostitutiva del preavviso».
27. La Corte di appello ha ritenuto, però, che le mensilità aggiuntive avessero, in base alla disciplina contrattuale di riferimento, una funzione sostitutiva dell’indennità di preavviso ; di conseguenza, permaneva, in relazione alle stesse, l’obbligo datoriale di contribuzione.
28. Osserva il Collegio che il giudizio espresso, condotto conformemente ai principi regolatori della materia, involge, altresì, valutazioni che costituiscono l ‘esito di un tipico accertamento di merito. Esso è, infatti,
il frutto dell’esegesi di plurime fonti , in gran parte negoziali, di natura aziendale, non sindacabile in sede di legittimità.
29. Fermo è l’ orientamento di questa Corte (cfr., ex plurimis, Cass. nr. 36337 del 2023; Cass. nr. 7978 del 2023; Cass. nr. 10745 del 2022 anche nelle rispettive motivazioni) in base al quale l’interpretazione degli atti privati, governata da criteri giuridici cogenti e tendente alla ricostruzione del loro significato in conformità alla comune volontà dei contraenti, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile, in sede di legittimità, solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale (e, in questo caso, con imprescindibile specificazione dei canoni e delle norme ermeneutiche che in concreto sarebbero state violate e con indicazione puntuale – al di là della indicazione degli articoli di legge in materia -del modo e dei passaggi motivazionali in cui il giudice di merito se ne sarebbe discostato) o in presenza di una motivazione talmente lacunosa da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione in sé.
30. Altrettanto costante è l’insegnamento secondo cui l’interpretazione data dal giudice di merito, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non deve essere l’unica possibile, o la migliore in astratto, ma solo una delle possibili e plausibili interpretazioni. Pertanto, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice, non è consentita alcuna censura in sede di legittimità per il solo fatto che sia stata privilegiata l’altra (su tali principi, cfr., ex plurimis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nr. 7978 del 2023; Cass. nr 15612 e 9461 del 2021; Cass. nr. 23132 del 2015).
31. In altri termini, il sindacato della Corte di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé ed è, quindi, inammissibile ogni critica alla ricostruzione operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (cfr ., ex aliis , Cass., sez.un. nr. 2061 del 2021; Cass. n. 2465 del 2015; Cass. n. 10891 del 2016); con l ‘ulteriore precisazione che quando, come nella specie, è applicabile il nuovo testo dell’art. 360, comma 1, nr. 5 cod.proc.civ., l’omesso esame della questione relativa all’interpretazione del contratto neppure è riconducibile a detto vizio, in quanto l’interpretazione di una clausola negoziale non costituisce «fatto» decisivo per il giudizio, poiché, in tale nozione, rientrano gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi (cfr. Cass. nr. 21779 del 2019; Cass. nr. 5795 del 2017).
32. I rilievi di cui al ricorso principale non soddisfano le rigorose indicazioni qui tracciate. Essi, a ben vedere, si limitano ad offrire una diversa lettura delle fonti di riferimento esaminate dal Giudice del merito che, per quanto innanzi, resta del tutto irrilevante in questa sede.
33. Deve aggiungersi, in ultimo, che non sono decisivi i precedenti di legittimità richiamati in ricorso (vale a dire Cass. nr. 97 del 1986, nr.1222 del 1994 e nr. 2213 del 1995).
34. La Corte di legittimità, in epoca oramai risalente, si è, in effetti, occupata, sia pure ad altri fini, dell’interpretazione di alcune clausole contrattuali e della natura delle mensilità aggiuntive di cui anche qui si controverte, confermando, con le pronunce citate, sentenze di merito che avevano ritenuto che l’istituto delle mensilità aggiuntive costituisse un incentivo all’esodo. Tuttavia, le controversie sottoposte al vaglio del giudice di
legittimità hanno un oggetto delimitato dalle ragioni che sorreggono la statuizione impugnata, in relazione alla causa petendi prospettata nei giudizi di merito e ai motivi di ricorso, e a tale oggetto è radicalmente estranea la verifica della fondatezza della domanda ogni qualvolta essa dipenda da un accertamento di fatto, qual è, come anzidetto, la volontà negoziale espressa in un contratto o accordo di carattere aziendale (cfr. Cass. nr. 11807 del 2003); e ciò costituisce un insopprimibile limite logico alla pur condivisibile esigenza (evidenziata, tra le altre, da Cass. nr. 8297 del 2007 e nr. 25139 del 2010) che nell’interpretazione dei contratti collettivi aziendali propri di imprese di rilievo nazionale si pervenga a soluzioni ermeneutiche uniformi, stante la loro riferibilità ad una serie indeterminata di destinatari e il loro carattere sostanzialmente normativo: tanto è vero che letture diverse delle medesime clausole contrattuali sono state parimenti ratificate da questa Corte, in ragione della decisiva rilevanza, in ciascun giudizio in sede di legittimità, solo dell’adeguatezza e della congruità delle valutazioni interpretative svolte nelle singole decisioni di merito. In particolare, diversamente dai precedenti indicati dalla ricorrente, in altre sentenze (v. Cass. nr. 6396 del 1995 e Cass. nr. 11128 del 1996) è stata ritenuta plausibile l ‘imputazione delle mensilità aggiuntive corrisposte dall’allora RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE. all’ indennità sostitutiva del preavviso .
Da quanto precede, s egue l’inammissibi lità del ricorso principale.
Ad un rilievo di inammissibilità -e per analoghe ragioni – si arresta anche il ricorso incidentale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE .
Con l’ u nico motivo di ricorso, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod.civ. nonché dell’art. 12 della legge nr. 153 del 1969,
come modificato dall’art. 6, comma 1, del d.lgs nr. 314 del 1997, per avere la Corte di appello escluso dalla base imponibile le somme corrisposte, in sede transattiva, «al fine di evitare il rischio di contenzioso sulla quantificazione del T.F.R.».
38. La Corte territoriale ha proceduto all’interpretazione del contenuto dell’accordo transattivo. A ll’esito , ha ritenuto che le somme controverse «partecipassero» della stessa natura del TFR. In estrema sintesi, ha ritenuto che le somme stesse costituissero TFR. Ha quindi escluso gli importi a detto titolo erogati dall’imponibile contributivo, ai sensi e per gli effetti dell’art. 12, comma 4, lett. 4, legge nr. 153 del 1969 più volte citato.
39. All’evidenza, a nche in parte qua , si è in presenza dell’ esegesi di un atto negoziale, in relazione al quale il controllo della Corte è segnato, come si è già detto, da limiti rigorosi, risultando imprescindibile la specificazione, in concreto, dei canoni violati e del punto, e del modo, in cui il giudice di merito si sia discostato dagli stessi. Nella specie, pure i rilievi dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE si risolvono nella mera contrapposizione tra l’interpretazione preferita e quella accolta nella decisione impugnata e incontrano gli stessi ostacoli evidenziati in relazione allo scrutinio del ricorso principale.
40. Conclusivamente, entrambi i ricorsi, principale e incidentale, vanno dichiarati inammissibili, con le spese che si compensano per la reciproca soccombenza.
41. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principale e incidentale, del raddoppio del contributo unificato ex art. 13, comma 1quater D.P.R. nr. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi. Compensa le spese del giudizio di cassazione.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, principale e incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2023