Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6528 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6528 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9056-2021 proposto da:
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, in persona del Ministro pro tempore, DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO DI TERAMO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, alla INDIRIZZO
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, che li rappresentano e difendono;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 62/2021 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 10/03/2021 R.G.N. 495/2018;
Oggetto
R.G.N. 9056/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 21/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Teramo, con sentenza n. 624/2011, respingeva l’opposizione proposta dalla società cooperativa Florence e COGNOME avverso l’ordinanza-ingiunzione n. 203/2006 SOL, notificata ad entrambi quali debitori solidali, con la quale il Direttore Provinciale del lavoro di Teramo aveva intimato a COGNOME o, in via alternativa, alla citata Cooperativa, di pagare l’importo di euro 239.676, per sanzioni amministrative inflitte per le violazioni delle disposizioni specificamente indicate con le lettere da A) ad I) della medesima ordinanza, sul presupposto della natura subordinata dei rapporti di lavoro intrattenuti con i propri soci, aventi ad oggetto l’assistenza domiciliare e scolastica a disabili.
La Corte d’Appello dell’Aquila, riformando, con sentenza n.1172/2012, la pronuncia del Tribunale di Teramo, ha accolto l’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE e da COGNOME fondando la propria decisione sul fatto che il verbale di accertamento RAGIONE_SOCIALE, su cui si basava l’ordinanza ingiunzione, era stato oggetto di azione giudiziale di accertamento negativo nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, che si era concluso con sentenza passata in giudicato, con cui era stato ritenuto che tutti i rapporti di lavoro, almeno ab initio, ovverosia al momento cui facevano riferimento le infrazioni contestate dalla D.P.L., avessero natura autonoma. Il venir meno dell’accertamento proprio di quel verbale, secondo la Corte, era preclusivo dell’utilizzazione di esso a sostegno delle ragioni della D.P.L.
Con Sentenza n.23045/2018 la Corte di cassazione, nell’accogliere il secondo motivo di ricorso proposto dal
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, cassava la sentenza e rinviava alla Corte di appello di Ancona, affinché decidesse sul proposto appello.
Questa Corte rilevava che il potere di applicare le sanzioni amministrative ha quali fatti costitutivi le circostanze indicate dalle norme che le prevedono e non il verbale di accertamento, che è solo elemento di prova di essi. Pertanto, il venire meno di una fonte di prova non incide direttamente sulla sanzione amministrativa, che ha per oggetto il rapporto sanzionatoriocreditorio e non la validità dei singoli atti di accertamento posti a base dell’istruttoria.
4.- La Corte di appello di Ancona, nel corso del nuovo giudizio, evidenziava che la normativa da cui scaturiva la violazione, relativa all’obbligo di comunicare entro cinque giorni dall’assunzione alla sezione circoscrizionale per l’impiego i dettagli del lavoratore assunto (l’art. 9-bis, co. 2, del D.L. n. 510/1996 (convertito in L. n. 608/1996) era stato esteso anche ai soci lavoratori delle cooperative con l’art. 6, co. 2, del D.Lgs. n. 297/2002. Sulla base di tale rilievo la corte, ritenendo che la normativa non poteva essere applicata retroattivamente ai rapporti stipulati prima della sua entrata in vigore, concludeva che la Cooperativa non poteva essere ritenuta inadempiente ratione temporis, mentre rilevava la regolarità delle comunicazioni verso l’INAIL e procedeva all’annullamento della sanzione.
Per la cassazione della predetta sentenza propone ricorso il Ministero e la Direzione territoriale, con tre motivi, cui resistono con controricorso la Cooperativa e il dr. NOME COGNOME entrambe le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 9 bis del D.L. n. 510 del 1996, così come convertito e modificato, degli artt. 1 e 2 del R.D. n. 1422 del 1924 e dell’art. 1 della L. n. 689 del 1981.
Si duole la amministrazione ricorrente che la Corte d’Appello ha errato nel ritenere che il D.Lgs. n. 297/2002 abbia introdotto ex novo gli obblighi di comunicazione per le cooperative. In realtà, la norma avrebbe soltanto specificato che anche i soci lavoratori di cooperativa sono tra i soggetti destinatari degli obblighi già previsti dall’art. 9 bis. Infatti, già prima della modifica legislativa, l’obbligo assicurativo e contributivo per le cooperative discendeva dal R.D. n. 1422/1924, il cui art. 1 includeva tra i datori di lavoro anche le società cooperative, mentre l’art. 2, co. 3, chiariva che le cooperative sono datori di lavoro anche nei confronti dei soci impiegati nei lavori da esse assunti.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., per difetto di motivazione della sentenza impugnata.
Al riguardo evidenzia l’erroneità della statuizione della Corte di appello che ha osservato come “Quanto alle sanzioni comminate alle lettere F ed I dell’ordinanza ingiunzione, è stata documentata in atti l’avvenuta comunicazione all’INAIL di inizio e di cessazione dei rapporti con i lavoratori in regime di RAGIONE_SOCIALE la qual cosa implica l’annullamento dell’ordinanza anche con riferimento alle fattispecie di illecito ivi descritte’.
Tuttavia, richiamando l’art. 14, comma 2, del D.Lgs. n. 38 del 2000, l’amministrazione ricorrente osserva che le sanzioni erano state irrogate per l’omessa comunicazione non dell’inizio e della
fine dei rapporti di lavoro ma del codice fiscale dei lavoratori. Pertanto, ritenendo la motivazione inconferente rispetto alla ratio delle sanzioni contestate, deduce il vizio della decisione per difetto di motivazione ai sensi dell’art. 132 c.p.c.
8.Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia su una questione decisiva sollevata nel giudizio d’appello.
La sentenza impugnata avrebbe errato non affrontando la principale questione sottoposta al suo esame, ossia la natura del rapporto di lavoro intercorrente tra la cooperativa e i lavoratori, pur sollevata nell’atto di riassunzione .
Il ricorso è infondato.
9.1. Il primo motivo di ricorso appare infondato, poiché la Corte d’Appello ha correttamente applicato il principio , enunciato da questa corte (Sez. L – , Ordinanza n. 33137 del 10/11/2022, Rv. 666014 – 01) secondo cui, nel regime antecedente al D.Lgs. n. 297 del 2002, ‘ il rapporto di lavoro del socio lavoratore di cooperativa non era soggetto alla disciplina dell’avviamento al lavoro; ne consegue che la cooperativa, non essendo tenuta ad effettuare le comunicazioni prescritte dall’art. 21 della legge n. 246 del 1949, per la costituzione e cessazione del rapporto del socio lavoratore, non incorre in alcun illecito amministrativo ove ometta tali comunicazioni ‘ .
9.2. Il secondo motivo è inammissibile. Deducendo l’erroneità della decisione che avrebbe dovuto pronunciarsi relativamente all’omessa comunicazione del codice fiscale piuttosto che dell’inizio e fine dei rapporti di lavoro di ciascun lavoratore, e dolendo si quindi dell’omessa pronuncia su tale punto e della redazione di una motivazione non conferente all’oggetto del giudizio, il ricorso non si confronta con la motivazione resa dalla corte di merito che, sia pure in maniera sintetica, ha inteso
disporre l’annullamento dell’ordinanza per le ‘fattispecie descritte ai punti F e I’, anche alla luce delle affermazioni della controricorrente che ha dedotto come le sanzioni di cui alle lettere F e I non hanno ragion d’essere, perché la cooperativa sin dal principio ha ‘ tempestivamente comunicato all’INAIL l’inizio e la cessazione dei rapporti con i propri collaboratori, indicando i relativi codici fiscali di ciascuno di essi’, localizzando e indicando anche le relative produzioni (doc. 12 e 13 del fascicolo di primo grado). Del resto, le Sezioni unite di questa Corte hanno ritenuto che l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014), nel caso di specie certamente non riscontrabile, alla luce del quadro descritto.
Anche il terzo motivo, con il quale il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., dolendosi della omessa pronuncia su una questione decisiva, la subordinazione del rapporto dei lavoratori di cui alle violazioni oggetto del giudizio, che deduce di aver sollevato nel giudizio d’appello, si palesa inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi , che ha escluso i radice ratione temporis l’applicabilità della disciplina all’avviamento ai soci lavoratori.
Il ricorso pertanto è infondato.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 7000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio, il 21 gennaio