Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 29933 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 29933 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15281/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati presso l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata presso l’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
(CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 31/2023 depositata in data 11 gennaio 2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 ottobre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
La società RAGIONE_SOCIALE ottenne il 4 febbraio 2014 dal Tribunale di Genova decreto ingiuntivo del pagamento di euro 92.939,66, oltre a interessi e spese, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE – quale debitrice principale – e dei signori NOME COGNOME ed NOME COGNOME -fideiussori-, i quali opposero, proponendo anche domande riconvenzionali.
L’opposta si costituiva, insistendo nella propria pretesa.
Sopravvenuto il fallimento della società e dichiarata l’interruzione del giudizio, la causa veniva riassunta.
Disposta consulenza tecnica d’ufficio contabile, con sentenza n. 964/2020 il tribunale revocava il decreto ingiuntivo e condannava i fideiussori al solidale pagamento in favore dell’opposta della somma di euro 59.717,79, oltre a interessi, rigettando il resto.
Il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE proponevano appello.
La banca rimaneva contumace, mentre interveniva la società RAGIONE_SOCIALE quale mandataria della società RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito della banca stessa.
Con sentenza n. 21/2023 la Corte d’Appello di Genova rigettava il gravame.
Avverso la suindicata sentenza della corte di merito il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE propongono ora ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE, mandataria della società RAGIONE_SOCIALE.
Considerato che:
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli articoli 1175, 1375, 1418 e 1956 c.c.
1.1 Si dolgono non essersi dalla corte di merito considerato che hanno proposto motivo d’appello sulla nullità delle fideiussioni: a) per contrarietà all’articolo 1956 c.c., rilevabile anche d’ufficio trattandosi di violazione di norma imperativa; b) per indeterminatezza dell’oggetto; c) per non avere la banca consentito ai fideiussori di conoscere le obbligazioni garantite quanto alla natura ed entità.
Lamentano essersi dalla corte territoriale erroneamente affermato che la violazione dell’articolo 1956 c.c. non determina nullità ma solo l’inefficacia della fideiussione, da specificamente denunciarsi ad opera della parte, non essendo rilevabile d’ufficio, e che nella specie l’eccezione è stata tardivamente sollevata solo nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli articoli 2, secondo comma, l. 287/1990 e 2969 c.c.
2.1 Nel porre in rilievo che nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado era stata eccepita (anche) la nullità per violazione dell’articolo 2, secondo comma, l. 287/1990, e che per il Tribunale ‘sebbene rilevabile d’ufficio … era anch’essa tardiva’, la corte di merito ha sottolineato che gli appellanti avevano proposto
censura in quanto la violazione dell’articolo 2, secondo comma, cit. era stata allegata come fonte di nullità sin dall’atto introduttivo, come rientrante nella eccezione di violazione delle norme imperative, e che comunque ‘emergerebbe dagli atti di causa’, con conseguente nullità totale o parziale, e quindi l’intervenuta decadenza ex articolo 1957 c.c.
La corte territoriale ha poi richiamato S.U. 41994/2021 e dichiarato che ‘l’eccezione di nullità, pur … svolta solo in comparsa conclusionale dagli allora opponenti, non può essere dichiarata tardiva in quanto trattasi di una sanzione rilevabile d’ufficio … a tutela dell’ordine pubblico economico’. Ha riconosciuto pertanto la nullità parziale delle clausole ABI presenti nelle fideiussioni (quella del RAGIONE_SOCIALE del 1994, e quella della COGNOME del 2009) in quanto ‘corrispondono totalmente a quelle riproducenti’ le clausole ABI illegittime.
Ha peraltro aggiunto: ‘… nel caso di specie avrebbe potuto avere rilevanza unicamente la rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c. e quindi l’eccezione di decadenza dell’azione’ della banca ‘in quanto effettuata oltre il termine di 6 mesi’ appunto ai sensi dell’articolo 1957; l’eccezione di cui all’articolo 1957 avrebbe però dovuto essere ‘tempestivamente allegata … con l’atto di opposizione’ come sarebbe onere della parte per le eccezioni non rilevabili d’ufficio. Perciò, ‘in mancanza della tempestiva eccezione di decadenza, l’eventuale violazione della norma non comporterebbe alcuna conseguenza’.
2.2 I ricorrenti, dunque, lamentano che il giudice d’appello ‘ha ritenuto tempestiva, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio, l’eccezione di nullità … nella comparsa conclusionale in prime cure’, ritenendo peraltro che ‘l’eccezione di decadenza della banca’ ex articolo 1957 c.c. non potesse essere esaminata perché ‘avrebbe dovuto essere allegata già con l’atto di opposizione’.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare in tema di fideiussione per obbligazione futura, ex art. 1956 c.c. l’onere del creditore di richiedere l’autorizzazione del fideiussore prima di far credito al terzo, le cui condizioni patrimoniali siano peggiorate dopo la stipulazione del contratto di garanzia, assolve alla finalità di consentire al fideiussore di sottrarsi, negando l’autorizzazione, all’adempimento di un’obbligazione divenuta, senza sua colpa, più gravosa ( v. Cass., 23/3/2017, n. 7444 ).
Si è al riguardo precisato che il creditore è ex artt. 1337, 1175, 1366, 1375 c.c. tenuto a mantenere un comportamento improntato a buona fede o correttezza nei confronti del garantito e a tutela del garante (Cass. 21730/2010; Cass. ord. 27932/2018), sicché ex art. 1956 c.c. il creditore è tenuto a chiedere l’autorizzazione del fideiussore prima di concedere il credito al garantito, a presidio del diritto del fideiussore di sottrarsi, non autorizzandola, a un’obbligazione divenuta senza sua colpa maggiormente gravosa (Cass. ord. 7444/2017).
A tale stregua, questa Corte ha sottolineato che allorquando la banca concede finanziamenti al debitore principale pur conoscendone le difficoltà economiche, fidando nella solvibilità del fideiussore, senza informare quest’ultimo dell’aumentato rischio e senza chiederne la preventiva autorizzazione, incorre in violazione degli obblighi generici e specifici di correttezza e di buona fede contrattuale ( v. Cass., 9/8/2017, n. 16827 ).
La mancata richiesta di autorizzazione non può infatti configurare una violazione contrattuale liberatoria solo se la conoscenza delle difficoltà economiche in cui versa il debitore principale è comune, o dev’essere presunta tale, come nell’ipotesi in cui debitrice sia una
società nella quale il fideiussore ricopre la carica di amministratore o della quale è socio (Cass. 12456/1997; 7587/2001; 3761/2006).
Ove d’altro canto, in caso di fideiussione per obbligazione futura si sia come nella specie in presenza di clausola di dispensa della banca creditrice dall’onere di conseguire una specifica autorizzazione del fideiussore per nuove concessioni di credito in caso di mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore garantito, la garanzia fideiussoria è nulla ogni qual volta il comportamento della banca beneficiaria della fideiussione non sia improntato, nei confronti del fideiussore, al rispetto dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto ( cfr. Cass., 16/5/2013, n. 11979; Cass. 394/2006 ).
Si è al riguardo posto in rilievo (v., da ultimo, Cass., 28/4/2022, n. 13342) che la clausola generale ( nell’applicazione pratica e in dottrina indicata anche come “principio” o come “criterio” ) di buona fede oggettiva o correttezza ex artt. 1175 c.c. ( cfr. Cass., 20/8/2015, n. 16990; Cass., 2/30/2012, n. 16754; Cass., 11/5/2009, n. 10741 ), oltre che regola ( artt. 1337, 1358, 1375 e 1460 c.c. ) di comportamento , nonché
criterio di determinazione della prestazione contrattuale , quale criterio d’interpretazione del contratto ex art. 1366 c.c. ( v. Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882; Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628) si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte ( v. Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628).
A tale stregua, esso non consente di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte ( v. Cass., 23/5/2011, n. 11295 ) e deponenti per un significato in
contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell’accordo negoziale.
Si è in proposito ribadito ( v. Cass., 28/4/2022, n. 13342 ) che l’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza è invero da valutarsi alla stregua della causa concreta del contratto ( con riferimento dell’incarico conferito al professionista, e al notaio in particolare, cfr. Cass., Sez. Un., 31/7/2012, n. 13617. V. anche Cass., 28/1/2003, n.1228; Cass., 13/6/2002, n. 8470; per il riferimento alla serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi e alla sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell’atto medesimo cfr. altresì Cass., 28/11/2007, n. 24733, e, conformemente, Cass., 5/12/2011, n. 26020 ), e cioè con lo scopo pratico dalle parti perseguito mediante la stipulazione, o, in altre parole, con l’interesse che l’operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare (cfr. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26973; Cass., 7/10/2008, n. 24769; Cass., 24/4/2008, n. 10651; Cass., 20/12/2007, n. 26958; Cass., 11/6/2007, n. 13580; Cass., 22/8/2007, n. 17844; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 27/7/2006, n. 17145; Cass., 8/5/2006, n. 10490; Cass., 14/11/2005, n. 22932; Cass., 26/10/2005, n. 20816; Cass., 21/10/2005, n. 20398. V. altresì Cass., 7/5/1998, n. 4612; Cass., 16/10/1995, n. 10805; Cass., 6/8/1997, n. 7266; Cass., 3/6/1993, n. 3800; e, più recentemente, Cass., 25/2/2009, n. 4501; Cass., 12/11/2009, n. 23941; Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947; Cass., 18/3/2010, n. 6538; Cass., 9/3/2011, n. 5583; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., 27/11/2012, n. 20991).
L’impegno imposto dall’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va pertanto correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti (v. Cass., 30/10/2007, n. 22860), e il contratto deve essere infatti imprescindibilmente interpretato avuto riguardo alla sua ratio , alla
sua ragione pratica o causa concreta, in coerenza cioè con gli interessi che le parti hanno specificamente inteso tutelare mediante la stipulazione contrattuale (v. Cass., 10/3/2021, n. 6579; Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947, con riferimento alla causa concreta del contratto autonomo di garanzia; Cass., 6/7/2018, n. 17718; Cass., 19/3/2018, n. 6675; Cass., 22/11/2016, n. 23701), con convenzionale determinazione della regola volta a disciplinare il rapporto contrattuale ( art. 1372 c.c. ) ( v. Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882 e Cass., 20/10/2021, n. 28996).
Le argomentazioni e conclusioni della corte di merito risultano altresì in contrasto con l’ulteriore principio secondo cui, in presenza come nella specie di una pluralità di rapporti, fondamentale rilievo ai fini della relativa rispettiva interpretazione assume la considerazione dell’eventuale collegamento causale tra di essi sussistenti ( v. Cass., 8/6/2018, n. 14882; Cass., 5/7/2017, n. 16646; Cass., 3/4/2013, n. 8167; Cass., 27/7/2006, n. 17145 ), al fine di verificare le ripercussioni causali sui patrimoni dei soggetti coinvolti delle condotte colpose dei soggetti.
Collegamento che già in base all’impugnata sentenza emerge invero ictu oculi , e che si caratterizza per l’interesse che la complessiva operazione negoziale è volta a realizzare, la cui causa concreta assume specifica e autonoma rilevanza rispetto a quella parzialedei singoli contratti, dei quali connota la reciproca interdipendenza, sicché le vicende dell’uno si ripercuotono sull’altro, condizionandone la validità e l’efficacia nella pur persistente individualità propria di ciascun tipo negoziale ( a tale stregua segnandone la distinzione rispetto al negozio complesso e al negozio misto: v. Cass., 27/7/2006, n. 17145 ).
Orbene, non può revocarsi in dubbio che l’obbligo di buona fede o correttezza non viene meno in presenza di clausola di esonero dall’onere di conseguire una specifica autorizzazione del fideiussore, e che il comportamento della banca creditrice, oltre che
in contrasto con il disposto dell’art. 1956 cod. civ., è idoneo a integrare altresì la violazione del principio di buona fede nell’esecuzione del rapporto ex artt. 2 Cost., 1175 e 1375 cod. civ. ( cfr. Cass., 9/8/2016, n. 16827 ).
In tale ipotesi l’obbligo di comportamento improntato a buona fede o correttezza deve essere mantenuto dal creditore non solo al momento delle trattative e del rilascio della fideiussione ma per tutta la durata di quest’ultima (Cass. 23273/2006), non potendo al riguardo sostenersi che una clausola come l’articolo 5 del contratto de quo possa esonerare il creditore dall’adempimento della fondamentale obbligo di buona fede o correttezza, e legittimare il creditore a favorire la concretizzazione del rischio che la norma di cui all’art. 1956 c.c. e il contratto sono funzionalmente volti a tutelare, la causa concreta di quest’ultimo venendo altrimenti a rimanere conseguentemente vulnerata e vanificata, con conseguente nullità del contratto.
A tale stregua, incombe pertanto al creditore provare di aver adempiuto all’obbligo di avviso al fine di garantire la tutela del fideiussore apprestata dalla legge e dal contratto; ovvero dimostrare che, pur se adeguatamente informato dell’oggettivo peggioramento delle condizioni patrimoniali del garantito, il fideiussore si sia ciononostante consapevolmente indotto a rilasciare la speciale autorizzazione di cui all’articolo 1956 c.c.
Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi.
In particolare là dove è pervenuta ad affermare che <>.
Nella parte in cui ha aggiunto: <>.
Con particolare riferimento al 2° motivo non può d’altro canto sottacersi che, non risultando ancora dichiarata la nullità della clausola contrastante l’articolo 1957 c.c., gli odierni ricorrenti non avrebbero potuto comportarsi come se siffatta declaratoria fosse stata già emessa, avvalendosene conseguentemente dell’articolo 1957 c.c. nell’immediato.
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli articoli 51 e 53, primo comma, lettera b, TUB nonché 1175 e 1375 c.c.
3.1 Il giudice d’appello ha rigettato il quinto motivo del gravame, diretto ad ottenere la condanna della banca a risarcire i danni derivati dall’illegittima segnalazione dei ricorrenti alla RAGIONE_SOCIALE, senza istruttoria preventiva sulla solvibilità dei fideiussori e senza avergli inviato preavviso scritto.
La corte territoriale afferma solo che la segnalazione era obbligatoria, indagini e preventiva informativa ex articolo 125 TUB necessitando unicamente per i consumatori. L’obbligo della banca di effettuare prima una segnalazione con un’istruttoria – osservano i ricorrenti non è regolato dall’articolo 125 TUB, bensì dalla Circolare della RAGIONE_SOCIALE d’Italia n. 139 dell’11 febbraio 1991, emanata in forza del potere regolamentare di cui agli articoli 51 e 53, primo
comma, lettera b, TUB; e l’indagine deve verificare che il debitore non sia soltanto inadempiente, ma che si trovi in una situazione di sofferenza, la quale è minore rispetto a quella di insolvenza (Cass. 23453/2020) e non può derivare automaticamente da un mero ritardo (Cass. 7958/2009). Tale circolare richiede anche il preavviso: ‘in occasione della prima segnalazione a sofferenza’ gli intermediari devono informare il cliente e gli eventuali coobbligati.
3.2 A pagina 4, sub f, nel ricorso si riporta la doglianza avanzata dagli opponenti: ‘la banca aveva eseguito un’illegittima segnalazione alla RAGIONE_SOCIALE procurando un danno agli opponenti’. Nulla poi si aggiunge sul contenuto del quinto motivo d’appello in relazione a quanto era stato affermato dal primo giudice nella sua sentenza.
Il motivo va dichiarato assorbito in conseguenza dell’accoglimento del primo e dal secondo motivo.
Con il quarto motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione dell’articolo 58 TUB.
4.1 In appello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era rimasta contumace, e si era costituita RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE; gli attuali ricorrenti ne avevano eccepito difetto di legittimazione attiva per mancanza di prova documentale che il credito de quo facesse parte della cessione in blocco. La corte territoriale aveva rigettato, affermando che la prova della cessione era nella notizia di cessione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
Oppongono gli attuali ricorrenti che ciò avrebbe violato l’articolo 58, quarto comma, TUB, e che sarebbe stato necessario, per fornire la prova, depositare il contratto di cessione (qui si richiamano Cass. 10200/2021, Cass. 24047/2021 e Cass. 4116/2016).
4.2 Cass. ord. 24798/2020 ha affermato che chi agisce qualificandosi successore a titolo particolare del creditore originario per un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale
disciplina di cui all’articolo 58 TUB ha l’onere di dimostrare l’inclusione di tale credito in detta operazione, fornendo così la prova documentale della sua legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non gliel’abbia riconosciuta.
La corte territoriale, vagliando il relativo motivo d’appello (sentenza, pagina 7, lettera b), dichiara provata la titolarità mediante la depositata Gazzetta Ufficiale – il cui relativo testo scrive a pagina 8 della sentenza e mediante ‘la dichiarazione di RAGIONE_SOCIALE del 22 dicembre 2021 con la quale la cedente dà atto di aver ceduto alla cessionaria i rapporti oggetto del presente giudizio’.
Il riferimento a quest’ultima dichiarazione non è ( quantomeno idoneamente ) dagli odierni ricorrenti censurata, essendosi i medesimi limitati ad argomentare in ordine alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il motivo è pertanto infondato e va rigettato.
Alla fondatezza nei suindicati termini del 1° e 2° motivo di ricorso, assorbito il 3° motivo e rigettato il 4°, consegue l’accoglimento e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Genova, che in diversa sezione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione; dichiara assorbiti il 3° motivo; rigetta il 4° motivo. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 24 ottobre 2025
Il Presidente NOME COGNOME