Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32213 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32213 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15935/2023 R.G. proposto da
COMUNE DI COGNOME , in persona del Sindaco pro tempore ed elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in MAZARA
Oggetto: Assistenza e beneficenza pubblica -Prestazioni assistenziali presso strutture private Obblighi dell’ente pubblico -Pagamento del corrispettivo delle prestazioni erogate -Comune obbligato -Individuazione – Criteri Residenza effettiva -Onere di previa informazione -Attestazione della copertura finanziaria -Presupposti
R.G.N. 15935/2023
Ud. 05/12/2024 CC
COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO PALERMO n. 612/2023 depositata il 27/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 05/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 612/2023, pubblicata in data 27 marzo 2023, la Corte d’appello di Palermo, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha respinto l’appello proposto dal COMUNE DI CAMPOBELLO DI MAZA RA avverso la sentenza del Tribunale di Marsala n. 42/2020, la quale, in accoglimento della domanda dell’appellata, aveva condannato il COMUNE appellante a corrispondere all’appellata la somma di € 126.645,27, oltre interessi legali ed accessori di legge, a titolo di corrispettivo per prestazioni assistenziali rese da una casa-famiglia gestita dall’appellata medesima in favore di alcuni minori.
La Corte territoriale, ha disatteso le doglianze dell’appellante rilevando, in sintesi, che:
-l’obbligazione doveva ritenersi gravante sul COMUNE DI COGNOME DI COGNOME e non sul Comune di Torretta -come invece dedotto dall’appellante in quanto, alla luce del disposto di cui all’art. 6, comma 4, Legge n. 328/2000, l’individuazione del Comune te nuto a fornire assistenza in favore dei soggetti in stato di bisogno doveva avvenire con riferimento al luogo di residenza effettiva, risultando una
pluralità di dati fattuali che collocavano la residenza effettiva dei minori nel Comune di Campobello di Mazara;
-sebbene debba ritenersi che l’assunzione ex lege degli obblighi di assistenza da parte del Comune non sia incondizionata ma vada contemperata con la disponibilità di risorse economiche del Comune medesimo – il quale, pertanto, deve essere ‘previamente informato’ ex art. 6, comma 4, Legge n.328/2000 in mo do da valutare l’impegno di spesa – detto principio doveva essere adeguato alle specificità del caso concreto, e cioè all’urgenza di provvedere al ricovero in struttura di soggetti minori esposti ad un grave pericolo all ‘ incolumità psico-fisica -attestata da provvedimenti del Tribunale dei Minorenni -fermo restando che, nel caso concreto, la previa informazione risultava provata sia dalla circostanza dell’immediato coinvolgimento dei Servizi Sociali comunali, a ciò incaricati dal Tribunale di Minorenni sia dalla circostanza che l’appellante aveva inizialmente tentato di regolarizzare contabilmente l’impegno finanziario;
-sussisteva adeguata prova sia della effettività delle prestazioni – essenso la medesima attestata dal contenuto dei provvedimenti del Tribunale dei Minorenni che comprovavano la permanenza dei minori nella casa-famiglia – sia della congruità delle somme richieste, desumibile dalla corrispondenza degli importi richiesti con quelli concordati tra le parti per prestazioni analoghe.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Palermo ricorre ora il COMUNE DI COGNOME DI COGNOME.
Resiste con controricorso la COOPERATIVA RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Il primo motivo di ricorso è, testualmente, rubricato:
‘Violazione e/o falsa applicazione del principio dell’art 116 cpc Errato esercizio del principio di prudente apprezzamento della prova ex art. 116 cpc.
Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che hanno formato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.)
Omessa motivazione sotto il profilo dell’omessa considerazione di risultanze documentali avente carattere decisivo (nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n. 4), 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4) c.p.c.’ .
Il COMUNE DI COGNOME DI COGNOME censura la sentenza impugnata per avere quest’ultima individuato la residenza effettiva dei minori presso lo stesso COMUNE.
D educe che la Corte d’appello avrebbe male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova ex art. 116 c.p.c., omettendo di valutare una serie di elementi probatori che conducevano ad escludere che la residenza dei minori fosse collocabile a Campobello di Mazara.
La Corte avrebbe violato le norme che disciplinano ‘la valutazione e l’ambito della prova (115 e 116 c.p.c.) e di quella presuntiva in particolare’ , e quindi avrebbe violato anche il disposto dell’art. 6, comma 4, Legge n. 328/2000.
1.2. Il secondo motivo è, testualmente, rubricato:
‘Violazione e/o falsa applicazione delle norme sull’assunzione di obbligazione delle pubbliche amministrazioni.
Violazione e/o falsa applicazione dell’art 191 del d.lgs 267/2000 in relazione all’art. 153 co 5 del d.lgs 267/2000 (art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.).
Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n. 4), 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4) c.p.c . ‘ .
Il Comune ricorrente, in primo luogo, argomenta che la Corte d’appello avrebbe non correttamente applicato l’art. 6, comma 4, Legge n. 328/2000, in quanto quest’ultimo, nel porre a carico del Comune di residenza gli obblighi connessi all’integrazione econo mica necessaria per il ricovero, farebbe comunque salve, a propria volta, le modalità stabilite dalla Legge n. 142/1990 e in particolare l’obbligo di preventiva informazione dell’ente comunale e di stipula di apposita convenzione.
Ulteriormente, il ricorso deduce il carattere apparente e illogico della motivazione, in quanto la stessa non avrebbe tenuto conto dei profili concernenti le norme sui vincoli di bilancio e la regolare assunzione dell’impegno di spesa, da parte dell’Ente locale.
1.3. Il COMUNE ricorrente, infine, deduce la ‘conseguente illegittimità della condanna al pagamento delle spese del giudizio (di primo e di secondo grado)’ , argomentando che quest’ultima verrebbe meno ‘ove l’odierno ricorso fosse accolto’ , auspicando ‘che con l’annullamento e/o la integrale riforma della sentenza di appello, l’Ecc.ma Corte di Cassazione disponga una diversa regolamentazione delle spese, con riferimento a tutti i gradi del giudizio e a tutte le parti del giudizio ‘ .
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Quanto al vizio di omesso esame di fatto decisivo di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c., va osservato che il motivo risulta sotto questo profilo inammissibile in virtù dell’operare dello sbarramento di cui all’art. 360, penultimo comma, c.p.c. (inserito dall’art. 3, comma 27, lett. a), n. 1), D. Lgs. n. 149/2022, n. 149, e applicabile secondo la disciplina transitoria di cui al successivo art. 35, comma 5, e quindi ai giudizi introdotti con ricorso a far tempo dal 1° gennaio 2023), il quale peraltro ripropone la similare preclusione precedentemente stabilita dall’art. 348ter c.p.c., e ciò in quanto la decisione impugnata non risulta in alcun modo essersi distaccata dal ragionamento del giudice di primo grado, né parte ricorrente ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. L – Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014).
Le residue censure formulate con il motivo, invece, si traducono in una mera critica del merito della motivazione e, soprattutto, nella sollecitazione a procedere ad un’inammissibile sindacato sulla valutazione delle prove da parte del giudice di merito, ponendosi quindi in conflitto con il principio enunciato da questa Corte, per cui, nel procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 13918 del 03/05/2022; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Cass.
Sez. 2 – Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004).
Va ribadito, allora, il principio per cui il giudice non è tenuto a dare conto in motivazione del fatto di aver valutato analiticamente tutte le risultanze processuali, né a confutare ogni singola argomentazione prospettata dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi per giungere alle proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14972 del 28/06/2006; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16034 del 14/11/2002).
Inammissibile è anche il secondo motivo.
In primo luogo, infatti, va osservato che il ricorso omette di impugnare una delle rationes decidendi poste alla base della decisione della Corte d’appello , avendo quest’ultima disatteso le deduzioni dell’odierna ricorrente in ordine all’assenza o inadeguatezza della ‘previa informazione’ del ricovero al Comune anche con la considerazione che tale profilo non era stato inizialmente dedotto nell’appello e che conseguentemente le deduzioni non potevano essere esaminate.
Sarebbe stato, quindi, onere dell’odierna ricorrente impugnare anche tale ratio decidendi , la quale, invece, risulta pienamente idonea a sorreggere la motivazione sul piano logico e giuridico, con conseguente inammissibilità, per sopravvenuto difetto di interesse, delle le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque
condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2108 del 14/02/2012; Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 11493 del 11/05/2018; Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 22753 del 03/11/2011; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12372 del 24/05/2006).
In secondo luogo, la Corte territoriale, ha comunque ritenuto che in concreto l’odierno ricorrente avesse ricevuto adeguata informazione, ricavando la prova di tale circostanza sia dal coinvolgimento immediato dei Servizi Sociali comunali, su incarico del Tribunale di Minorenni, sia dal tentativo iniziale del Comune di procedere all’iscrizione a bilancio della spesa.
Tale ulteriore -ed autonoma -ratio decidendi non è stata adeguatamente impugnata dal COMUNE ricorrente, il quale, ancora una volta, ha formulato, nei confronti della stessa, censure inammissibili, in quanto volte nuovamente a sollecitare quella valutazione delle prove che è rimessa al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, ove motivata.
Inammissibile, infine, è il terzo motivo.
Lo stesso consiste in un motivo meramente ottativo o ipotetico, in quanto finalizzato a prospettare uno scenario alternativo di decisione sulle spese di lite nel giudizio di merito in caso di recepimento delle tesi del ricorrente e di diverso esito del presente giudizio.
È evidente, tuttavia, che un motivo col quale si prospetti quella che avrebbe dovuto -o dovrebbe -essere la diversa regolamentazione delle spese di lite nello scenario di un ipotetico – auspicato – diverso esito del giudizio di merito non costituisce un vero ed ammissibile motivo di censura -non censurandosi nel concreto la decisione sulla spese per la diretta violazione di una delle regole di distribuzione di cui agli artt. 91 segg. c.p.c. – ma una semplice prospettazione alternativa,
destinata ad essere o assorbita dall’eventuale accoglimento degli altri motivi di ricorso -rendendosi in quel caso necessaria una nuova statuizione sulle spese – o, in caso di rigetto dei motivi medesimi, a risultare inammissibile per radicale carenza di autonomia.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 4.700,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione