Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6735 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6735 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 19465/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale EMAIL; EMAIL;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMENOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale EMAIL; EMAIL;
– controricorrente-
N. NUMERO_DOCUMENTO R.G.
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Firenze n. 3138/2019, depositata il 30.12.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17.1.2024 dal AVV_NOTAIO relatore AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, con atto del 30.5.2008, convenne NOME COGNOME -con la quale aveva intrattenuto una convivenza more uxorio dal 1996 al 2007 -dinanzi al Tribunale di Firenze, sez. dist. di Empoli, chiedendo accertarsi la sua comproprietà (in misura del 30% indiviso) dell’immobile sito in Capraia e Limite, INDIRIZZO, acquistato dalla convenuta con atto del 31.10.2000 da potere della società RAGIONE_SOCIALE, e per l’effetto emettersi sentenza ex art. 2932 c.c. in forza di un pactum fiduciae in essere con la predetta; chiese anche accertarsi che egli aveva pagato la metà del prezzo d’acquisto del detto immobile, con conseguente condanna della convenuta al pagamento della relativa somma, nonché la condanna della stessa al pagamento di € 20.000,00 a titolo di risarcimento del danno, di € 30.915,99 per l’acquisto del mobilio e ancora di € 1 .542,00 per ICI versata. Costituitasi, NOME COGNOME contestò le avverse domande e, in via riconvenzionale, chiese la condanna dell’attore al pagamento di € 18.075,99 e di € 10.000,00, rispettivamente corrispostegli per l’estinzione di un mutuo personale e per completare l’acqu isto di una sua autovettura. Espletata l’istruttoria, il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 69/2016, accolse le domande del COGNOMECOGNOME fatta eccezione per quella ex art. 2932 c.c. e per quella concernente l’acquisto del mobilio; rigettò tutte le domande della COGNOMECOGNOME Questa propose quindi gravame e, nel contraddittorio con
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il COGNOME, la Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 30.12.2019, lo accolse parzialmente, rigettando tutte le domande proposte dalle parti, ad eccezione di quella dall’attore avanzata in subordine, ex art. 2041 c.c., e per l’effetto condannando la COGNOME al pagamento di € 42.272,88, oltre interessi. Osservò il giudice d’appello che nessuna prova era stata fornita dal COGNOME circa il preteso patto fiduciario sull’intestazione dell’immobile in discorso, ma che erano invece risultate provate dazioni di denaro, da parte dello stesso, per l’acquisto del bene, nella misura suddetta, sicché la COGNOME se ne era corrispondentemente arricchita senza giusta causa. Quanto alle restanti domande, la Corte toscana ha ritenuto trattarsi di adempimento di obbligazioni naturali, come tali irripetibili.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, affidandosi a sei motivi, cui resiste con controricorso NOME COGNOME. Le parti hanno depositato memoria. Ai sensi dell’art. 380 -bis .1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. e con riferimento all’azione di arricchimento senza giusta causa promossa da RAGIONE_SOCIALE unitamente all’azione per l’ accertamento e l’ esecuzione di un negozio fiduciario -si denuncia la violazione o comunque falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 c.c., per aver la Corte toscana ritenuto ammissibile l’azione di arricchimento senza giusta causa, mancando di tener conto della sussidiarietà dell’azione stessa e della impossibilità di dar corso alla sua delibazione qualora,
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come nella specie, la domanda fondata su titolo sia stata rigettata per difetto di prova, imputabile all’attore ; ancora, nel corpo dello stesso mezzo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. , si censura la decisione impugnata per essere stata accolta la domanda proposta dal AVV_NOTAIO ai sensi dell’art. 2041 c.c., omettendo di valutare la contestuale domanda ordinaria, fondata su titolo contrattuale, di accertamento ed esecuzione di un negozio fiduciario: si sostiene, cioè, che la Corte toscana abbia violato o comunque falsamente applicato l’art. 112 c.p.c., e dunque il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, giacché il COGNOME aveva continuato a chiedere primariamente la pronuncia di trasferimento del 30% dell’immobile, ex art. 2932 c.c.
1.2 -Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. , si lamenta la violazione o comunque erronea applicazione dell’art. 132 c.p.c. e la nullità della sentenza per contrasto tra dispositivo e motivazione, per essere stata omessa la declaratoria, nel dispositivo stesso, di rigetto della domanda di accertamento della comproprietà dell’immobile, con conseguente ordine di cancellazione della trascrizione della relativa domanda giudiziale, del tutto manchevole.
1.3 -Con il terzo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. , si denuncia la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., per insufficienza argomentativa in ordine alla pedissequa adesione, da parte della C orte d’appello, alle conclusioni del CTU circa la provenienza dei pagamenti per l’acquisto dell’immobile, quantunque col gravame si fosse sollecitato il controllo della decisione di prime cure.
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1.4 -Col quarto motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., si denuncia omesso esame circa un elemento probatorio decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla testimonianza di NOME COGNOME , minimamente presa in considerazione dalla Corte d’appello, laddove ha rigettato la domanda riconvenzionale di condanna da essa ricorrente proposta contro il COGNOME, per indebito arricchimento, alla restituzione della somma di € 10.000,00 oltre interessi, a lui corrisposta allo scopo di acquistare un’auto propria; ancora, in rel azione all’art. 360, comma 1, n. 3 , c.p.c., la violazione o comunque falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. e dell’art. 2034 c.c. per aver la Corte d’appello ritenuto erroneamente sussistente la proporzionalità, nella convivenza more uxorio , tra esborsi e doveri morali, con riguardo alla predetta somma.
1.5 -Con il quinto motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 , c.p.c., si denuncia la violazione o comunque falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. e dell’art. 2034 c.c., per aver la Corte d’appello ritenuto erroneamente sussistente la proporzionalità, nella convivenza more uxorio , tra esborsi e doveri morali, con riguardo alla domanda di indebito arricchimento avanzata dalla COGNOME contro il COGNOME per la somma di € 18.075,99, a lui consegnata per l’estinzione di un mutuo personale.
1.6 -Con il sesto motivo, infine, i n relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 , c.p.c., si lamenta la violazione o comunque falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., con riferimento alla liquidazione delle spese di lite e di CTU, essendosi erroneamente applicato il principio della soccombenza.
2.1 -Il primo motivo è infondato in relazione ad entrambi i profili articolati. Va tuttavia premesso che, contrariamente a quanto sostenuto dal controricorrente (anche in memoria), sulla domanda subordinata da lui proposta, allo stato non s’è formato alcun giudicato interno, perché la COGNOME ha sempre contestato la stessa sua ammissibilità, anche con l’atto d’appello, come pure risulta dalla sentenza impugnata.
Ciò posto, quanto alla lamentata violazione del principio di residualità e di sussidiarietà, assai di recente -risolvendo il contrasto di giurisprudenza esistente sul tema -s’è pronunciato il Massimo Consesso di questa Corte, con principio di diritto così massimato : ‘ Ai fini del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c., la domanda di ingiustificato arricchimento (avanzata autonomamente ovvero in via subordinata rispetto ad altra domanda principale) è proponibile ove la diversa azione – sia essa fondata sul contratto ovvero su una specifica disposizione di legge ovvero ancora su clausola generale – si riveli carente ab origine del titolo giustificativo, restando viceversa preclusa ove quest’ultima sia rigettata per prescrizione o decadenza del diritto azionato o per carenza di prova del pregiudizio subito o per nullità der ivante dall’illiceità del titolo contrattuale per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico ‘ (Cass., Sez. Un., n. 33954/2023).
Ora, la domanda principale del COGNOME, fondata su titolo contrattuale, è stata rigettata perché questi non ha dato prova del patto fiduciario, dunque per generale infondatezza, non essendo rimasto conclamato, nel corso del giudizio, il titolo giustificativo del l’azione, ossia il pactum fiduciae .
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Ritiene la Corte che il senso dell ‘arresto appena citato – contrariamente a quanto opinato dalla ricorrente, in memoria – sia che la sussidiarietà (e quindi l’ammissibilità) dell’azione deve escludersi quando l’azione principale non sia meramente infondata, ma quando sia rigettata per fatto sostanzialmente imputabile all’attore (testualmente il citato arresto, in motivazione: ‘ resta precluso l’esercizio dell’azione di arricchimento ove l’azione suscettibile di proposizione in via principale sia andata persa per un comportamento imputabile all’impoverito e, quindi, con riferimento ai casi di più frequente applicazione, per la prescrizione ovvero per la decadenza ‘ ) o per illiceità del titolo; se, invece, il titolo contrattuale è allegato dall’attore, è contestato dal convenuto, ma il primo non ne dà prova, ciò significa semplicemente che il titolo non c’è : dunque, nulla osta alla proponibilità della domanda subordinata ex art. 2041 c.c. e alla sua delibazione nel merito (v. in particolare par. 6 della citata Cass., Sez. Un., n. 33954/2023, pp. 27-28).
Così stando le cose, è evidente come, nella specie, non possano porsi ostacoli alla ammissibilità dell’azione spiegata , in subordine, dal COGNOME ex art. 2041 c.c., perché il potenziale concorso tra azioni s’è risolto in un concorso meramente apparente: molto semplicemente, l’azione contrattuale proposta dal predetto è infondata perché il titolo non esiste ab origine ( id est , non è mai esistito), come appunto accertato dal giudice del merito, sicché del tutto correttamente la Corte fiorentina -una volta rigettata detta domanda -ha esaminato l’azione di arricchimento senza causa.
2.2 -Va pure disattesa la censura s ulla pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c., perché la C orte d’appello , a seguito del rigetto della domanda principale, ha
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delibato (e accolto) la domanda subordinata , seguendo l’ordine di proposizione delle domande prescelto proprio dal COGNOME. Pertanto, non è configurabile alcuna violazione del principio della domanda.
3.1 -Il secondo motivo è parzialmente fondato.
Va anzitutto premesso che non v ‘è nessuna contraddittorietà tra dispositivo e motivazione della sentenza impugnata, poiché -per quanto lo stesso dispositivo sia stato redatto in modo non del tutto lineare -non v’è dubbio che la Corte abbia deciso su tutte le domande avanzate dalle parti, accogliendo solo quella ex art. 2041 c.c. proposta dal COGNOME e rigettando tutte le altre. Tuttavia, la Corte territoriale ha certamente omesso di disporre la cancellazione della trascrizione della domanda proposta dal COGNOME ex art. 2932 c.p.c., a quel punto doverosa, la stessa essendo stata rigettata con statuizione sulla quale può dirsi formato il giudicato interno: a quella dovrà provvedere il giudice del rinvio. 4.1 -Il terzo motivo è inammissibile, così come proposto.
Il denunciato vizio di ‘ insufficienza argomentativa ‘ richiama inevitabilmente quello della mera insufficienza della motivazione, ormai non più proponibile, a seguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., operata nel 2012 , neppure potendo assurgere il vizio, così come prospettato, ad una delle ipotesi per le quali la giurisprudenza di questa Corte ha individuato la denunciabilità in sede di legittimità per violazione del ‘minimo costituzionale’ ex art. 111, comma 6, Cost. (v. Cass., Sez. Un., n. 8053/2014, e successive).
In ogni caso, proprio l’ampiezza della motivazione autonomamente svolta dalla Corte toscana esclude ogni dubbio di idoneità degli sviluppi argomentativi a
sostegno della decisione , che ha in tal modo recepito e fatta propria l’indagine commissionata al CTU.
5.1 -Vanno ora affrontati, per ragioni di ordine logico, il secondo profilo del quarto motivo e il quinto motivo, da valutarsi congiuntamente, perché afferenti alla medesima questione. Essi sono fondati, nei termini che seguono.
Infatti, sia con riguardo all ‘ erogazione di € 10.000,00 operata dalla COGNOME per il saldo del l’auto del COGNOME, sia al l’erogazione della somma di € 18.075,99, al lo stesso consegnata -in tesi per l’estinzione di un mutuo personale , la Corte fiorentina ha completamente omesso qualsiasi esplicita valutazione sul rapporto di proporzionalità e adeguatezza delle elargizioni, pur richiamando giurisprudenza pertinente.
Ancora di recente, è stato condivisibilmente affermato che ‘ Le unioni di fatto, quali formazioni sociali che presentano significative analogie con la famiglia formatasi nell’ambito di un legame matrimoniale e assumono rilievo ai sensi dell’art. 2 Cost., sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale di ciascun convivente nei confronti dell’altro, doveri che si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale, sicché le attribuzioni finanziarie a favore del convivente “more uxorio”, effettuate nel corso del rapporto per far fronte alle esigenze della famiglia (nella specie, versamenti di denaro sul conto corrente del convivente con quindici bonifici per un importo complessivo di € 74.0 00), configurano l’adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 c.c., a condizione che siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza, per la cui valutazione occorre tener conto di tutte le circostanze fattuali, oltre che
dell’entità del patrimonio e delle condizioni sociali del ‘solvens’ ‘ (Cass. n. 16864/2023).
Ebbene, la Corte d’appello, pur avendo nella sostanza effettuato la valutazione necessaria, sul punto, nella delibazione della domanda subordinata proposta dal COGNOME (come s’è visto, accolta) , non altrettanto ha fatto con le suddette domande avanzate dalla COGNOME, essendo del tutto mancato ogni vaglio critico circa la proporzionalità e adeguatezza delle elargizioni in discorso, rispetto alle condizioni personali delle parti, nell’ottica del comune percorso di vita che, al tempo, le odierne parti avevano deciso di effettuare; il che stride vieppiù con l’analoga valutazione nella sostanza espressa sulle rivendicazioni del COGNOME , essendo rimasta del tutto inesplorata ogni valutazione comparativa tra le rispettive elargizioni degli ex conviventi. Così facendo – dunque considerando quelle della COGNOME come obbligazioni naturali, come tali irripetibili – la Corte toscana ha finito col falsamente applicare l’art. 2034 c.c. ad una vicenda fattuale che, invece, ha omesso di delineare in tutti i suoi necessari ed indispensabili contorni, incorrendo insomma nel relativo vizio di sussunzione.
6.1 -Il primo profilo del quarto motivo e il sesto motivo restano conseguentemente assorbiti.
7.1 In conclusione: sono accolti il secondo e il quarto motivo (per quanto di ragione), nonché il quinto motivo; è rigettato il primo; è inammissibile il terzo; restano assorbite le restanti censure.
La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che si atterrà ai superiori principi e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie, per quanto di ragione, il secondo e il quarto motivo, nonché il quinto motivo di ricorso, rigetta il primo, dichiara inammissibile il terzo e assorbite le restanti censure. Cassa la sentenza impugnata in relazione, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno