Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34984 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 34984 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24887/2021 R.G., proposto da
NOME COGNOME , NOME COGNOME rappresentati e difesi da ll’Avv. NOME COGNOME (pec dichiarata: segreteria@pec.studiogarofalo.eu), in virtù di procure su fogli separati;
-ricorrenti-
nei confronti di
Comune di Belluno , in persona del Sindaco in carica; rappresentato e difeso d all’ Avvocato NOME COGNOME (pec dichiarata: EMAILpec.it), in virtù di procura su foglio separato;
-controricorrente-
nonché di
NOME COGNOME , NOME COGNOME , COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ; Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ;
-intimati- per la cassazione della sentenza n. 750/2021 della CORTE d ‘ APPELLO di VENEZIA, depositata il 23 marzo 2021;
udìta la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
udìto il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l ‘accoglimento dei primi quattro motivi di ricorso, nonché del settimo e dell’ottavo, con assorbimento degli altri;
udìto l’Avv. NOME COGNOME con delega dell’Avv. NOME COGNOME per i ricorrenti;
udìto l’Avv. NOME COGNOME per il controricorrente.
FATTI DI CAUSA
con citazione del 9 aprile 1998, il Comune di Belluno convenne NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME, dinanzi al Tribunale di Belluno, esponendo che:
in data 23 ottobre 1989 aveva indetto una gara d ‘ appalto per i lavori di ampliamento del cimitero della Frazione di Antole;
alla gara erano state invitate quarantaquattro imprese, ma solo sei di queste (tra cui NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) vi avevano partecipato;
il contratto era stato aggiudicato a RAGIONE_SOCIALE in data 21 dicembre 1991;
in relazione alla procedura di evidenza pubblica, era stato però instaurato un procedimento penale per vari reati (turbat iva d’asta, falso, tentata truffa, abuso d’ufficio) a carico sia di dipendenti pubblici e amministratori (tra i quali NOME COGNOME, Capo della Sezione opere pubbliche del Comune di Belluno), sia dei legali rappresentanti e dei collaboratori delle imprese partecipanti alla licitazione privata (NOME COGNOME, legale rappresentan te dell’impresa aggiudicataria; NOME COGNOME consulente della stessa; NOME COGNOME legale rappresentante dell RAGIONE_SOCIALE; NOME COGNOME titolare dell ‘ omonima impresa individuale; Arone Roni, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE;
nel corso del procedimento penale erano state accertate collusioni in ordine alla scelta del contraente ed era emerso, in particolare, che NOME COGNOME aveva contattato i legali rappresentanti delle altre imprese partecipanti alla gara, indicando la percentuale di ribasso da inserire nella busta segreta da consegnare all ‘ amministrazione comunale;
-il procedimento penale si era concluso con l’accertamento del reato di turbata libertà degli incanti (art.353 cod. pen.) e con sentenza di condanna di NOME COGNOME e di ‘patteggiamento’ di NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME mentre NOME COGNOME, pubblico funzionario, aveva ‘ patteggiato ‘ con riferimento al diverso reato di abuso d’ufficio (art.323 cod. pen.);
avuto riguardo a tali vicende, esso Comune, in data 9 settembre 1994, si era svincolato dal contratto stipulato con RAGIONE_SOCIALE, applicando il rimedio della ‘rescissione’ di cui a l l’art.340 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. F.;
in conseguenza di ciò, aveva subìto rilevanti danni patrimoniali e non patrimoniali di cui erano solidalmente responsabili, oltre a RAGIONE_SOCIALE e al suo rappresentante legale NOME COGNOME, anche gli altri concorrenti nelle condotte penalmente illecite (NOME COGNOME, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e la società da lui rappresentata, NOME COGNOME e NOME COGNOME);
RAGIONE_SOCIALE aveva agito contro esso Comune per l’ adempimento dell’obbligazione avente ad oggetto il corrispettivo dei lavori eseguiti in esecuzione dell’appalto e in tale giudizio, pendente presso lo stesso Tribunale di Belluno, essa amministrazione aveva chiamato in causa NOME COGNOME e aveva spiegato domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti alla rescissione del contratto.
S ulla base di queste deduzioni, l’ ente attore domandò la riunione dei procedimenti e, nel merito, la condanna dei convenuti al risarcimento del danno.
Rigettata l ‘ istanza di riunione, il Tribunale di Belluno, con sentenza n. 538/2008, dichiarò il difetto di giurisdizione relativamente alla domanda proposta nei confronti di NOME COGNOME (devoluta alla cognizione del giudice contabile) e condannò gli altri convenuti, in solido tra loro, al pagamento, in favore dell ‘ amministrazione comunale, della somma di Euro 189.627,11, oltre interessi e rivalutazione.
Avverso questa decisione, NOME COGNOME, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE proposero appello dinanzi alla Corte territoriale di Venezia.
N el giudizio d’appello si costitu irono sia il Comune (che propose appello incidentale, anche nei confronti di NOME COGNOME), sia NOME COGNOME che rilevò che nessuna impugnazione era stata proposta nei suoi confronti.
G li appellanti, oltre a contestare l’accertamento della loro responsabilità, nonché la quantificazione del danno risarcibile, dedussero che il separato giudizio vertente tra il Comune, RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME era stato definito dal Tribunale di Belluno con sentenza n.358/2007, passata in giudicato, la quale aveva liquidato in complessivi Euro 79.363,02 (di cui Euro 53.540,18 per danno patrimoniale ed Euro 25.822,84 per danno non patrimoniale) il pregiudizio subìto dal Comune, riconoscendo, peraltro, a seguito della compensazione con il maggior controcredito vantato da RAGIONE_SOCIALE verso l’amministrazione comunale per i lavori eseguiti, un saldo attivo a favore della parte attrice di Euro 26.415,53.
Sulla base di queste deduzioni, invocarono la riforma della sentenza di primo grado e il rigetto della domanda risarcitoria del Comune per estinzione del suo credito a seguito della compensazione operata in favore della società loro condebitrice nel separato giudizio.
Con sentenza 19 giugno 2013, n.1472, la Corte d ‘a ppello di Venezia, sul presupposto che gli appellanti avevano inteso avvalersi dell ‘ articolo 1306, secondo comma, cod. civ., al fine di opporre al creditore gli effetti favorevoli della sentenza pronunciata nei confronti
del loro condebitore, ritenne che, in conseguenza delle statuizioni vincolanti di tale decisione, si era verificata l ‘ estinzione del credito risarcitorio dell’amministrazione comunale .
Conseguentemente, quantificato questo credito nella minor somma di Euro 79.363,02 (conformemente all’accertamento compiuto nella sentenza resa nel giudizio tra il Comune e RAGIONE_SOCIALE, passata in giudicato), lo reputò estinto a seguito della compensazione operata con questa sentenza, dichiarando assorbito l ‘ appello incidentale dell ‘amministrazione comunale (salvo quello proposto nei confronti di NOME COGNOME, ritenuto tardivo); rigettò, infine, le domande ex art. 96 cod. proc. civ., formulate dagli appellanti principali, e compensò le spese del secondo grado di giudizio.
Avverso la sentenza d’appello del 2013 , il Comune di Belluno propose ricorso per cassazione al quale risposero con controricorso, proponendo anche ricorso incidentale, NOME COGNOME e NOME COGNOME mentre restarono intimati, oltre a NOME COGNOME e NOME COGNOME, anche RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE.
Questa Corte, con sentenza 20 aprile 2018, n. 9805, in accoglimento dei primi due motivi del ricorso, ritenne, per un verso, che, alla luce della formulazione dei motivi d’appello , non era stata sollevata un ‘ eccezione ex art. 1306, secondo comma, cod. civ.; per altro verso, che, in ogni caso, ai sensi di questa stessa disposizione, l’opponibilità della sentenza era esclusa poiché fondata su ragioni personali al condebitore nei confronti del quale era stata pronunciata.
D ichiarato l’assorbimento dei due restanti motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale nella sua interezza (sul rilievo che le questioni sottese ai dieci motivi in cui esso era articolato non erano state esaminate dal giudice d’appello ed avrebbero quindi dovuto essere valutate da quello di rinvio), questa Corte, disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, rinviò la causa alla Corte veneziana in diversa composizione.
Q uest’ultima, su riassunzione del Comune, nel contraddittorio con NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (ma non anche con RAGIONE_SOCIALE, con la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e con il Fallimento di questa società), con sentenza 23 marzo 2021, n. 750, ha rigettato l’appello e ha confermato la sentenza n. 538/2008, emessa dal Tribunale di Belluno in primo grado, recante la condanna degli originari convenuti (i quattro appellanti, oltre NOME COGNOME) al pagamento, in favore dell’ente comunale, della somma di Euro 189.627,11, oltre interessi e rivalutazione.
Per la cassazione di questa sentenza ricorrono NOME COGNOME e NOME COGNOME sulla base di ventisette motivi.
Risponde con controricorso il Comune di Belluno.
Non svolgono difese gli altri intimati, NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, nonché il Fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
La trattazione del ricorso, originariamente fissata in adunanza camerale (in vista della quale sia i ricorrenti che il Comune controricorrente avevano depositato memoria), è stata rinviata alla
pubblica udienza con ordinanza interlocutoria 11 giugno 2024, n. 16246.
Il Procuratore Generale, anticipando le medesime richieste formulate in udienza, ha depositato memoria con conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento dei primi quattro motivi del ricorso, nonché del settimo e dell’ottavo, con assorbimento degli altri.
Sia i ricorrenti che il Comune controricorrente hanno depositato ulteriore memoria per l’udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
A. Il ricorso si articola in ventisette motivi.
A.1. Con il primo motivo si denuncia « nullità della sentenza ai sensi dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su tutti i motivi d’appello avanzati da questo patrocinio e riproposti in sede di rinvio o quanto meno sul primo motivo di cui alla comparsa di costituzione in sede di rinvio (inerente alle eccezioni sollevate ex artt. 1292 e 1302 c.c.), in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ».
I ricorrenti deducono che la Corte lagunare, mentre ha esaminato i motivi posti a fondamento del ricorso incidentale per cassazione, reputati assorbiti da questa Corte con la sentenza n. 9805/2018, ha invece omesso di esaminare i motivi dell’appello da loro proposto avverso la sentenza n. 538/2008 del Tribunale di Belluno, con cui non solo avevano invocato, ex art. 1306, secondo comma, cod. civ., l’applicazione, in bonam partem , degli effetti della sentenza emessa nel separato giudizio vertente tra il Comune e RAGIONE_SOCIALE ma, prima ancora, avevano contestato l’accertamento della loro responsabilità e la quantificazione del danno risarcibile, avevano
invocato la declaratoria di estinzione parziale o totale dell’obbligazione solidale in applicazione degli artt. 1292 cod. civ., o, in subordine, dell’art.1302 cod. civ. , ed avevano denunciato l’illegittimità della rescissione unilaterale del contratto posta in essere dal Comune ex art. all’art.340 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. F..
A.2. Con il secondo motivo si denuncia « nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. per omessa motivazione sul rigetto di tutti i motivi d’appello avanzati da questo patrocinio e riproposti in sede di rinvio o quanto meno sul rigetto del primo motivo di cui alla comparsa di costituzione in sede di rinvio (inerente alle eccezioni sollevate ex artt. 1292 e 1302 c.c.,), in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ».
I ricorrenti deducono che, ove si ritenesse che la sentenza impugnata abbia implicitamente rigettato le suddette censure, essa sarebbe comunque viziata da omessa motivazione sulle stesse, dal momento che « l’espressa presa di posizione, da parte della Corte d’appello, sui soli motivi di ricorso incidentale per cassazione rende del tutto immotivata la decisione nella parte in cui avrebbe rigettato (anche) i motivi d’appello ».
A.3. Con il terzo motivo si denuncia « nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. per omessa motivazione sul rigetto del primo motivo d’appello avanzato da questo patrocinio e inerente alle eccezioni sollevate ex artt. 1292 e 1302 c.c., sotto un diverso profilo, e sempre in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ».
I ricorrenti ribadiscono che la sentenza impugnata non reca alcuna comprensibile motivazione in ordine alle ragioni per le quali sono state disattese le eccezioni ex artt. 1292 e 1302 cod. civ., sulla cui applicabilità questa Corte di legittimità non si sarebbe espressa con la sentenza n. 9805/2018, la cui statuizione sarebbe stata circoscritta al rilievo di inapplicabilità dell’art. 1306, secondo comma, cod. civ..
A.4. Con il quarto motivo si denuncia « violazione e falsa applicazione degli artt. 1292 e 1302 c.c., con riferimento alla già avvenuta estinzione integrale o quantomeno parziale del credito del Comune di Belluno, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
I ricorrenti ribadiscono l’eccezione di estinzione del credito della pubblica amministrazione, originaria attrice, per soddisfazione dell’interesse creditorio o per compensazione con il controcredito vantato dalla loro condebitrice, RAGIONE_SOCIALE
A.5. Con il quinto motivo si denuncia « violazione e falsa applicazione dell’art. 1302 c.c., con riferimento alla compensazione tra il credito del Comune di Belluno e quello del condebitore solidale RAGIONE_SOCIALE, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
I ricorrenti deducono che, anche a voler disattendere l’eccezione ex art. 1292 cod. civ., la Corte d’appello avrebbe quanto meno dovuto tenere in considerazione l’eccezione di compensazione invocata sin dal grado d ‘ appello.
A.6. Con il sesto motivo si denuncia « violazione e falsa applicazione dell’art. 1302 c.c., ancora con riferimento alla compensazione tra il credito del Comune di Belluno e quello del
condebitore solidale RAGIONE_SOCIALE ma sotto un diverso profilo, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
I ricorrenti deducono che, nel caso in cui la Corte d’appello avesse ritenuto che il credito del Comune di Belluno si fosse estinto in forza della pronuncia n. 358/2007 solo pro parte e non integralmente (solo nella parte corrispondente all’ammontare liquidato nella stessa pronuncia n. 358/2007), essa avrebbe poi dovuto a passare a scrutinare l’eccezione di compensazione da loro invocata sin dal grado d ‘ appello nei limiti della somma di 26.415,53 Euro, residuata a favore della RAGIONE_SOCIALE; anche a tal riguardo, tuttavia, il giudice del rinvio avrebbe omesso di pronunciare o comunque non avrebbe motivato la sua statuizione.
A.7. Con il settimo motivo si denuncia « nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. stante l’omessa motivazione sul rigetto del secondo motivo d’appello avanzato da questo patrocinio, inerente all’interpretazione dell’art. 340 r.d. 2248/1865, all. F, e dell’art. 26, r.d. 350/1895, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ».
A.8. Con l’ ottavo motivo si denuncia « violazione e falsa applicazione dell’art. 340 r.d. 2248/1865, all. F, e dell’art. 26, r.d. 350/1895, con riferimento alla legittimità della rescissione unilaterale del contratto d’appalto stipulato dal Comune di Belluno con RAGIONE_SOCIALE e dell’art. 2043 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
I ricorrenti deducono che presupposto necessario della rescissione considerata dalla norma speciale è la ‘frode’ dell’appaltatore che interviene nel corso dell’esecuzione dell’appalto, la quale, al pari
dell’inadempimento o della ‘ grave negligenza ‘ , può condizionare lo svolgimento del rapporto contrattuale, fino a determinarne la cessazione. il concetto di ‘frode’ ricavabile dalla predetta disposizione non si estenderebbe quindi ad eventuali illeciti commessi nella fase di gara; di qu i, oltre all’ illegittimità del recesso del Comune (posto in essere proprio sul presupposto dell’illecito penalmente rilevante compiuto nella fase precontrattuale), il vizio motivazionale costituzionalmente rilevante della sentenza impugnata, che non avrebbe motivato sulla dedotta illegittimità del provvedimento.
A.9. Con il nono motivo si denuncia la « nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. stante l’omessa motivazione sul rigetto del terzo motivo d’appello avanzato da questo patrocinio, inerente al nesso di causalità materiale tra la condotta dei sig.ri COGNOME e COGNOME e il danno del Comune di Belluno, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ».
A.10. Con il decimo motivo si denuncia la « violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., con riferimento al nesso di causalità materiale tra la condotta dei sig.ri COGNOME e COGNOME e il danno del Comune di Belluno, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
A.11. Con l’ undicesimo motivo si denuncia la « violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. sotto un diverso profilo, sempre con riferimento al nesso di causalità materiale tra la condotta dei sig.ri COGNOME e COGNOME e il danno del Comune di Belluno, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
A.12. Con il dodicesimo motivo si denuncia la « violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2055 c.c. sotto un diverso profilo,
sempre con riferimento al nesso di causalità materiale tra la condotta dei sig.ri COGNOME e COGNOME e il danno del Comune di Belluno, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
A.13. Con il tredicesimo motivo si denuncia l’« omesso esame di un fatto decisivo per la soluzione della controversia e oggetto di discussione tra le parti, con riferimento al nesso di causalità tra l’asserita condotta illecita dei sig.ri COGNOME e COGNOME e il provvedimento di rescissione, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c. ».
A.14. Con il quattordicesimo motivo si denuncia la « nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. stante l’omessa motivazione sul rigetto del terzo motivo d’appello avanzato da questo patrocinio, inerente al nesso di causalità materiale tra la condotta dei sig.ri COGNOME e COGNOME e il danno del Comune di Belluno, sotto un profilo diverso da quanto fatto valere con il motivo n. 9, sempre in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ».
A.15. Con il quindicesimo motivo si denuncia la « violazione e falsa applicazione degli artt. 340, r.d. 2248/1865, all. F, 1227, comma 1, e 2043 c.c., sotto un profilo ancora diverso, sempre con riferimento al nesso di causalità materiale tra la condotta dei sig.ri COGNOME e COGNOME e il danno del Comune di Belluno, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
A.16. Con il sedicesimo motivo si denuncia la « violazione e falsa applicazione degli artt. 340, r.d. 2248/1865, all. F, 1227, comma 1, e 2043 c.c., sotto un profilo ancora ulteriore, sempre con riferimento al nesso di causalità materiale tra la condotta dei sig.ri COGNOME e COGNOME
NOME COGNOME e il danno del Comune di Belluno, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
A.17. Con il diciassettesimo motivo si denuncia la « violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. stante l’omessa motivazione sul rigetto del quarto motivo d’appello avanzato da questo patrocinio, inerente all’ accertamento della responsabilità dei sig.ri COGNOME e COGNOME in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ».
A.18. Con il diciottesimo motivo si denuncia la « violazione dell’art. 115 c.p.c., sotto il profilo del travisamento della prova , in relazione alle supposte prove della responsabilità dei sig.ri COGNOME e COGNOME in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ».
A.19. Con il diciannovesimo motivo si denuncia la « violazione dell’art. 444 c.p.p., degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2729 c.c., per aver attribuito alla sentenza di patteggiamento un valore probatorio non semplicemente presuntivo, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
A.20. Con il ventesimo motivo si denuncia la « violazione dell’art.132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. stante l’omessa motivazione sul rigetto del quinto motivo d’appello avanzato da questo patrocinio, inerente al quantum del danno asseritamente subito dal Comune di Belluno, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ».
A.21. Con il ventunesimo motivo si denuncia la « violazione dell’art. 112 c.p.c. stante l’omessa pronuncia sul quinto motivo d’appello avanzato da questo patrocinio, nella parte in cui lamentava il mancato accoglimento delle eccezioni sollevate ai sensi dell’art. 1227, commi 1 e 2, c.c. , in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ».
A.22. Con il ventiduesimo motivo si denuncia la « violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. stante l’omessa motivazione sul rigetto del quinto motivo d’appello avanzato da questo patrocinio, nella parte in cui lamentava il mancato accoglimento delle eccezioni sollevate ai sensi dell’art. 1227, commi 1 e 2, c.c. , in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ».
A.23. Con il ventitreesimo motivo si denuncia la «violazione e falsa applicazione dell’art. 1227, comma 1 , con riferimento al quinto motivo di appello e al concorso del Comune di Belluno nella produzione del danno per cui è causa, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
A.24. Con il ventiquattresimo motivo si denuncia la «violazione e falsa applicazione dell’art. 1227, comma 2 , con riferimento al quinto motivo d’appello e al quantum del danno asseritamente patito dal Comune di Belluno, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
A.25. Con il venticinquesimo motivo si denuncia la «violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 c.c. , con riferimento al quinto motivo d’appello e al quantum del danno asseritamente patito dal Comune di Belluno, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ».
A.26. Con il ventiseiesimo motivo si denuncia la « violazione dell’art. 112 c.p.c. , stante la riforma della sentenza di prime cure da parte del Giudice di rinvio pur senza un motivo d’appello interposto sul punto, con riferimento al dies a quo della prevista rivalutazione della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ».
A.27. Con il ventisettesimo motivo si denuncia la « violazione degli artt. 102, 331 e 392 c.p.c., per omessa citazione e omessa
notificazione dell’atto di riassunzione da parte del Comune di Belluno nei confronti del sig. NOME COGNOME litisconsorte necessario, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ».
Assume carattere pregiudiziale il ventisettesimo motivo del ricorso.
I ricorrenti deducono che il Comune di Belluno, in seguito alla cassazione con rinvio della sentenza d’appello, ha omesso di citare in riassunzione COGNOME quale persona fisica, già convenuta e condannata in primo grado, appellante e parte intimata nel giudizio di legittimità.
Evidenziano, richiamando al riguardo gli atti e i documenti ritualmente depositati (in particolare la relata di notifica, prodotta come doc. n.23), che la vocatio in ius e la notifica sono state effettuate nei soli confronti di COGNOME ‘ nella sua veste di legale rappresentante pro tempore e liquidatore della RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ‘ , e non in proprio.
Pertanto, il giudizio di rinvio si sarebbe svolto, nel contraddittorio con gli altri soggetti citati in riassunzione, in assenza di un litisconsorte necessario, che sarebbe stato persino condannato all’esito dello stesso, senza essere citato.
B.1. Il motivo è inammissibile.
B.1.a. L’omessa citazione, in sede di rinvio, di Arone COGNOME quale persona fisica non è contestata dal Comune controricorrente, il quale, peraltro, sostiene che l’omissione sarebbe irrilevante alla luce dell’avvenuta citazione della persona giuridica COGNOME RAGIONE_SOCIALE in
liquidazione e del ricevimento della relativa notifica da parte di COGNOME quale legale rappresentante di essa.
A conforto di questa opinione, l’ente controricorrente cita la massima tralatizia di questa Corte, secondo cui l ‘ obbligo di notificare gli atti processuali (in particolare, l’atto di citazione) in numero di copie corrispondente al numero dei destinatari non sussiste qualora una persona fisica stia in giudizio in nome proprio e, nel contempo, in veste di legale rappresentante di altro soggetto (eventualmente, come nella specie, una società a responsabilità limitata), essendo in tale ipotesi sufficiente la notificazione dell ‘ atto in una sola copia, attesa l ‘ unicità, sul piano processuale, della persona che agisce contemporaneamente in proprio e nella veste di legale rappresentante di altro soggetto ( ex aliis , Cass. n. 14094/2004; Cass. n. 9265/2010; Cass. n. 18761/2011).
Va, però, osservato che la massima invocata dal Comune si riferisce alla fattispecie in cui, con l’atto di citazione, un soggetto venga convenuto in giudizio in proprio e quale legale rappresentante della persona giuridica; in tale ipotesi, poiché il conte nuto dell’atto coinvolge entrambe le posizioni (quella della persona fisica e quella della società da questa rappresentata), il soggetto che riceve la notifica è in grado di predisporre le proprie difese sotto entrambi i profili senza che un ‘ eventuale seconda notifica possa a tal fine incidere in alcun modo (cfr., in termini, la citata Cass. n. 14094/2004).
Diversa è invece la fattispecie in cui -come nel caso in esame -venga convenuta soltanto la persona giuridica, in persona del legale rappresentante, e non anche quest’ultimo, in proprio, quale persona fisica.
In consimile distinta fattispecie, questa Corte, già in epoca risalente, ha avuto modo di chiarire che l ‘ atto di citazione non è idoneo ad interrompere la prescrizione nei confronti del predetto soggetto (legale rappresentante) in proprio, perché la società destinataria della citazione è soggetto diverso dalla persona fisica che la rappresenta, la quale non è stata costituita in mora, dovendosi tale effetto riconoscere solo nei confronti della società alla quale la citazione è stata esclusivamente destinata (Cass. n.3933/1979; v. anche Cass. n. 3074/1991).
In termini più generali, deve osservarsi che, in questa ipotesi, il rapporto processuale si instaura soltanto nei confronti della persona giuridica, unico soggetto citato in giudizio, sia pure in persona del legale rappresentante, e non anche nei confronti di quest’ultimo in proprio, che non è stato convenuto nel giudizio stesso.
Nel caso di specie, l’atto di citazione in riassunzione, essendo diretto alla società a responsabilità limitata RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, non era idoneo ad instaurare il giudizio di rinvio anche nei confronti di COGNOME in proprio; ciò, tanto più se si tenga conto che la stessa società RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) era stata dichiarata fallita, sicché nei rapporti che la riguardavano si era verificata una vicenda successoria in favore del Fallimento della medesima società.
B.1.b. La mancata citazione di NOME COGNOME in proprio si è tradotta nell’indebita pretermissione di un litisconsorte necessario, poiché egli, originario convenuto, era stato condannato con la sentenza di primo grado, aveva proposto appello contro tale sentenza ed era stato parte intimata nel giudizio di legittimità instaurato dal Comune di Belluno per
la cassazione della sentenza d’appello che lo aveva veduto vittorioso; in proposito, costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale, in conseguenza della cassazione con rinvio, tra il giudizio rescindente e quello rescissorio deve esservi perfetta correlazione quanto al rapporto processuale, che non può costituirsi davanti al giudice di rinvio senza la partecipazione di tutti i soggetti nei cui confronti è stata emessa la pronuncia rescindente e quella cassata; la citazione in riassunzione davanti a detto giudice si configura, infatti, come atto di impulso processuale, in forza del quale la controversia dà luogo ad un litisconsorzio necessario fra coloro che furono parti nel processo di cassazione, senza che abbia rilievo alcuno la natura inscindibile o scindibile della causa, né l ‘ ammissibilità di una prosecuzione solo parziale del giudizio di sede di rinvio (Cass. n. 975/2020; v. anche, in precedenza, Cass. n. 5061/2007 e Cass. n. 21096/2017).
B.1.c. Il giudice del rinvio, in ragione dell’omessa citazione e dell’indebita pretermissione del litisconsorte necessario, avrebbe quindi dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art.102 cod. proc. civ. (Cass. n.975/2020, cit .; Cass. n. 18853/2014); invece, la Corte lagunare, lungi dal provvedere in tal senso, non solo ha indebitamente celebrato il giudizio, ma ha persino emesso la pronuncia nei confronti (anche) del litisconsorte indebitamente pretermesso, condannando, tra gli altri, sia la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, sia RAGIONE_SOCIALE in proprio.
B.1.d. Peraltro, ferma la facoltà di Arone COGNOME ove contumace inconsapevole, di dolersi della pronuncia di condanna emessa nei suoi
confronti, le parti costituitesi in quel giudizio, interessate a far valere la nullità, avrebbero avuto l’onere di dedurla, sopperendo all’omessa rilevazione officiosa della stessa.
Ai sensi dell’art.157, terzo comma, cod. proc. civ., nell’interpretazione datane da questa Corte nel suo massimo consesso, non solo la parte che ha dato causa alla nullità con il suo comportamento ma anche quella che, omettendo di rilevarla, abbia contribuito al permanere della stessa (Cass., Sez. Un., n. 21381/2018), non può dedurre il vizio come motivo di nullità della sentenza, salvo che la violazione abbia riguardato una situazione di litisconsorzio necessario iniziale (art. 102 cod. proc. civ.) o di litisconsorzio necessario processuale determinata dall ‘ ordine del giudice (art. 107 cod. proc. civ.), fattispecie che non si integrano nella vicenda in esame, in cui il litisconsorzio tra le parti del processo di cassazione e quelle del giudizio di rinvio, pur necessario, è pur sempre un litisconsorzio determinato da ragioni processuali, mentre, sul piano sostanziale, vengono in considerazione rapporti obbligatori solidali, rispetto ai quali era inizialmente configurabile un mero litisconsorzio facoltativo.
B.1.e. Il ventisettesimo motivo di ricorso è dunque inammissibile, in quanto i ricorrenti avevano l’onere di dedurre la nullità nell’ambito del giudizio in cui si era verificata e, omettendo di rilevarla, hanno contribuito al permanere della stessa sicché, ex art.157, terzo comma, cod. proc. civ., deve reputarsi loro preclusa la deducibilità della questione nella presente sede di legittimità.
Vanno pertanto esaminati gli altri motivi di ricorso.
I primi quattro motivi -da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione -sono fondati per quanto di ragione.
Con essi viene posta, in sintesi, la questione se i ricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOMEe, più in generale, i soggetti tenuti in solido al risarcimento del danno in favore del Comune di Belluno, all’esito del giudizio concluso con la sentenza impugnata), oltre a poter eccepire in compensazione al comune creditore il credito della loro condebitrice, RAGIONE_SOCIALE, accertato nel separato giudizio definito con la sentenza del Tribunale di Belluno n. 358/2007, ai sensi dell’art. 1302 cod. civ. , fossero anche legittimati ad opporre la vicenda estintiva-satisfattiva del debito risarcitorio, verificatasi, con effetto liberatorio ultra partes , in conseguenza dell ‘avvenuto accoglimento, nel separato giudizio, della eccezione di compensazione dello stesso debito solidale con il proprio controcredito personale, sollevata dalla detta condebitrice, RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 1292 cod. civ..
La delibazione di questa specifica questione non è preclusa dal dictum della sentenza di questa Corte n. 9805/2018, con cui è stata delibata, con statuizione negativa, la diversa questione dell’opponibilità, ex art. 1306 , secondo comma, cod. civ., della sentenza del Tribunale di Belluno n. 358/2007.
Tale statuizione esclude infatti l’opponibilità in compensazione del credito del condebitore riconosciuto dalla predetta sentenza, ex art. 1302 cod. civ., ma non anche, ex se , l’opponibilità dell’eventuale effetto liberatorio di tutti i debitori solidali, verificatosi, ex art. 1292 cod. civ., in conseguenza della vicenda estintiva-satisfattiva posta in essere da uno di essi.
C.1. La soluzione di questa specifica questione postula una ricognizione del regime delle eccezioni opponibili nelle obbligazioni soggettivamente complesse ex latere debitoris connotate dal requisito della solidarietà.
Come è noto, questa disciplina è improntata alla regola della separatezza delle vicende giuridiche incidenti sulle singole posizioni debitorie o, più precisamente, dell’ efficacia relativa di tali vicende allorché concernano i singoli rapporti.
La regola in parola trova il suo fondamento nel rilievo della struttura pluralistica e della funzione non unitaria dell’obbligazione solidale passiva, la quale, secondo la prevalsa tesi dottrinale (condivisa dalla giurisprudenza, che da questa tesi ha tratto implicazioni soprattutto sul piano processuale: Cass. n. 1032/1971; Cass. n.2623/1987; Cass. n.379/2005; Cass. n. 20860/2018; Cass., Sez. Un., n.14700/2010), è costituita, non già da un rapporto unico, bensì da una pluralità di rapporti obbligatori caratterizzati dall’identità e unicità della prestazione ed è connotata da una funzione di garanzia e di agevolazione della realizzazione del credito, di volta in volta integrata dalla causa del titolo che ne costituisce la fonte.
Per effetto di questa regola, ogni condebitore può opporre senza limiti al comune creditore le eccezioni che hanno ad oggetto cause di invalidità, di estinzione o di inesigibilità concernenti tutti i rapporti obbligatori (cc.dd. eccezioni comuni : ad es., la nullità del contratto plurilaterale; l’impossibilità sopravvenuta non imputabile della prestazione di dare una cosa specifica; la mancata scadenza del termine per l’adempimento comune ad ogni rapporto) .
Il condebitore non può invece, di massima, opporre le eccezioni fondate su vicende relative ad altra singola posizione debitoria (cc.dd. eccezioni personali : ad es., l’annullabilità del contratto per il vizio del consenso o l’incapacità del singolo debitore; la remissione del debito fatta dal creditore al singolo debitore; la mancata verificazione della condizione sospensiva dell’efficacia del contratto o la mancata scadenza del più lungo termine o il mancato esperimento del beneficium excussionis riguardanti la singola posizione debitoria, in ragione della possibilità che i singoli rapporti siano sottoposti a differenti modalità di esecuzione della prestazione che possono riguardare il locus , il quando o anche l’ an della prestazione: art.1293 cod. civ.); tali eccezioni possono essere opposte solo dal titolare del rapporto a cui la vicenda di invalidità, estinzione o inesigibilità specificamente si riferisce (art.1297, primo comma, cod. civ.).
Alla regola dell’efficacia relativa delle vicende giuridiche concernenti i singoli rapporti (che discende, quale implicazione sistematica, dalla ricostruzione della struttura pluralistica e della funzione non unitaria dell’obbligazione solidale passiva) si accompagna, peraltro, un’altra regola, che trova invece fondamento nell’esigenza di porre un temperamento alla scelta politica di addossare ad ogni condebitore il rischio dell’insolvenza degli altri: essa consiste nella regola della comunicazione degli effetti favorevoli e della non comunicazione degli effetti sfavorevoli e consente una limitata opponibilità, da parte del singolo condebitore, delle cause di invalidità e delle cause estintive concernenti le altre posizioni debitorie.
C.2. Il composito regime delle eccezioni opponibili nelle obbligazioni solidali passive si basa, dunque, sulla reciproca interazione delle due regole sopra illustrate.
Per effetto di tale interazione, le cause di invalidità del titolo concernenti un singolo rapporto obbligatorio -il cui verificarsi presuppone la diversità della fonte delle diverse obbligazioni e, pertanto, per un verso, la non operatività della presunzione legale di solidarietà (la quale postula, al contrario, l’identità della fonte e della prestazione: art. 1294 cod. civ.), per altro verso la sussistenza, comunque, del vincolo di solidarietà per previsione legale (ad es.: più contratti di assicurazione stipulati per il medesimo rischio, in relazione ai quali la legge prevede il vincolo di solidarietà passiva tra i diversi assicuratori: art.1910 cod. civ.) o negoziale (ad es.: pluralità di vendite di appartamenti dello stesso stabile in cui i compratori si obbligano negozialmente per l’intero verso il venditore mentre nei rapporti interni le singole quote corrispondono al valore dei singoli appartamenti) -possono essere opposte per intero soltanto dal condebitore titolare dello specifico rapporto contrattuale a cui esse si riferiscono, mentre possono essere opposte dagli altri condebitori solo nei limiti della quota del rapporto invalido .
Analogamente, le cause di estinzione dell’obbligazione diverse dall’adempimento, ove relative ad un singolo rapporto, possono essere opposte dagli altri condebitori solo nei limiti della quota del rapporto estinto (artt.1300-1303 cod. civ.).
C.3. Vi sono, però, delle ipotesi in cui, in deroga al regime basato sulla interazione tra la regola della separatezza delle vicende giuridiche
incidenti sulle singole posizioni debitorie e la regola della comunicazione degli effetti favorevoli di tali vicende, l’ordinamento consente la prevalenza di quest’ ultima regola sulla prima.
Una di queste ipotesi è quella in cui il rapporto interessato dalla causa di estinzione dell’obbligazione o dalla causa di invalidità del titolo è quello facente capo al condebitore nel cui interesse esclusivo è stata assunta l’obbligazione.
In questa ipotesi non trova applicazione la norma generale che governa il c.d. ‘lato interno’ dell’obbligazione solidale, secondo cui ‘ l’obbligazione in solido ( recte : il carico della prestazione che ne forma oggetto) si divide tra i diversi debitori ‘ (art. 1298 cod. civ.; cfr. anche l’art.2055 cod. civ.).
La circostanza che l’obbligazione sia stata assunta nell’interesse esclusivo di uno dei condebitori (c.d. debitore principale) impone, infatti, che il carico della prestazione sia sopportato per intero da tale debitore, cosicché, se egli adempie, non ha regresso verso gli altri, mentre, se adempie un altro debitore , ha regresso per l’intero nei suoi confronti.
Al rilievo interno dell’interesse esclusivo corrisponde un rilievo esterno : proprio in quanto il carico della prestazione è sopportato unicamente dal debitore titolare del rapporto principale, le vicende che riguardano questo rapporto obbligatorio incidono integralmente anche sugli altri. In deroga alla regola generale sopra illustrata, gli altri condebitori, dunque, possono opporre per intero al creditore le eccezioni personali al debitore nel cui interesse esclusivo l’obbligazione plurisoggettiva è stata costituita .
Questa diversa regola trova la sua formulazione positiva nell’art.1945 cod. civ., dettato in tema di fideiussione, quale modello tipico di obbligazione solidale ad interesse esclusivo, in ordine alla quale è infatti espressamente previsto che il fideiussore può opporre al creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salva quella derivante dall’incapacità.
Al riguardo, l’autorevole dibattito dottrinale sulla questione se la regola sia analogicamente applicabile a tutte le obbligazioni ad interesse esclusivo oppure, in quanto norma eccezionale, riguardi unicamente la fideiussione, può essere superato prendendo atto che l’art.1945 c od. civ., in tema di fideiussione, costituisce piuttosto espressione di una regola generale che trova fondamento nelle implicazioni, sul lato esterno della solidarietà passiva (riguardante le eccezioni opponibili al creditore da ogni condebitore), della inoperatività della regola della divisione della prestazione nel lato interno .
Essa, dunque, trova tendenziale operatività in tutte le obbligazioni solidali ad interesse esclusivo, salvo il peculiare regime del contratto autonomo di garanzia, nel quale la mancanza di accessorietà propria della fideiussione implica l’inopponibilità delle eccezioni di merito derivanti dal rapporto principale, ad eccezione del rimedio generale dell’ exceptio doli , esperibile in ipotesi di escussioni abusive o fraudolente da parte del creditore (Cass. n. 16345/2018; Cass. n.31956/2018; Cass. n.33866/2023).
C.4. Un’altra ipotesi in cui, in deroga al regime generale dell’inopponibilità delle cause estintive personali ad altri debitori se non
nei limiti del la quota del rapporto estinto, l’ordinamento consente la prevalenza della regola della comunicazione degli effetti favorevoli sulla regola della separatezza delle vicende giuridiche incidenti sulle singole posizioni debitorie, si ha allorché la causa estintiva, pur relativa al singolo rapporto, abbia tuttavia efficacia satisfattiva dell’interesse creditorio (art.1174 cod. civ.).
In questa ipotesi, infatti, si determina una fattispecie estintiva dell’obbligazione analoga a quella dell’ adempimento, talché, da un lato, sul piano sostanziale, all’ effetto satisfattorio dell’interesse del creditore, pur realizzato mediante l’attività materiale o giuridica di uno solo dei condebitori , consegue l’effetto liberatorio anche per gli altri (arg. ex art.1292 cod. civ.); dall’altro la to, sul piano processuale, il rilievo del duplice e reciproco effetto (satisfattorio per il creditore e liberatorio per tutti i debitori) neppure deve essere dedotto dalla parte interessata entro la barriera preclusiva delle eccezioni in senso stretto, formando piuttosto oggetto -analogamente all’ eccezione di adempimento -di una mera difesa, rilevabile anche officiosamente dal giudice ove risulti comunque provata (Cass. n.11051/2012; Cass. n.9965/2016; Cass. n.17598/2017; Cass. n.41474/2021).
C.5. Tale duplice effetto, si riscontra, ad es., nella disciplina pretoria della datio in solutum , quale causa estintiva non tipizzata del rapporto obbligatorio solidale.
Quale modo di estinzione dell’obbligazione avente carattere satisfattivo , la prestazione in luogo dell’adempimento con il consenso del creditore (art.1197 cod. civ.) ha efficacia liberatoria totale.
Pertanto, se posta in essere da uno dei condebitori solidali, libera tutti gli altri, i quali possono oppor re per l’intero al comune debitore la vicenda estintiva-satisfattiva verificatasi per effetto della prestazione da quegli eseguita.
Fermo l’effetto liberatorio verso il creditore, l’obbligazione restitutoria nei confronti del condebitore che ha eseguito la prestazione ha, poi, ad oggetto la minor somma tra il valore della quota commisurata alla prestazione originariamente dovuta e il valore della quota commisurata alla prestazione eseguita in luogo dell’adempimento (Cass. n.5852/1988).
Questa d isciplina, con riguardo al lato interno dell’obbligazione solidale, trova fondamento nel rilievo che, diversamente dall’adempimento, che costituisce un atto giuridico in senso stretto , la dazione in pagamento è un negozio giuridico , qualificandosi, precisamente, come negozio solutorio reale . Essa, dunque, può ricevere o meno l’ accettazione dei condebitori non partecipi del negozio estintivo. Se gli altri condebitori la accettano, saranno liberati verso il creditore e nei rapporti interni saranno tenuti a rimborsare al debitore adempiente, in proporzione alle rispettive quote, il valore della prestazione effettuata. Se invece non la accettano, saranno ugualmente liberati ma saranno tenuti a rimborsare al debitore adempiente, in proporzione alle rispettive quote, il valore della prestazione originariamente dovuta, salvo che questo valore sia maggiore di quello della prestazione effettuata, nel qual caso saranno obbligati, pro quota , a rimborsare il minor valore della prestazione effettuata.
In sostanza, il condebitore non adempiente beneficia del vantaggio derivante dall’eventuale minor valore (ma non subisce il danno derivante dall’eventuale maggior valore) della prestazione eseguita rispetto a quella originaria se non ha accettato la datio in solutum .
C.6. Con riguardo al lato esterno dell’obbligazione solidale , deve reputarsi soggetta ad un regime analogo a quello della datio in solutum -fondato sulla prevalenza della regola della comunicazione degli effetti favorevoli rispetto a quella della separatezza delle vicende giuridiche incidenti sulle singole posizioni debitorie -anche la compensazione , quale modo di estinzione dell’obbligazione di carattere satisfattivo , che produce l’effetto di estinzione delle reciproche obbligazioni sino al limite della loro concorrenza (Cass. n. 14861/2001).
Pertanto, la disciplina posta dall’art. 1302 cod. civ., circa i limiti entro i quali il condebitore può opporre in compensazione al comune creditore il credito personale di un altro debitore, va integrata con quella generale posta dall’art. 1292 cod. civ., in ordine agli effetti complessivamente liberatori dell’adempimento da parte di uno dei condebitori e con quella altrettanto generale che riconosce effetto satisfattivo alla compensazione quale specifica causa estintiva dell’obbligazione (art. 1241 cod. civ.).
In base al combinato disposto di queste tre regole, deve distinguersi tra l’eccepibilità della compensazione del debito solidale con il credito personale di un altro debitore e l’ opponibilità della vicenda estintiva-satisfattiva, con effetto liberatorio ultra partes , verificatasi per effetto della eccezione in compensazione di un proprio credito, da quegli sollevata .
La prima è espressamente disciplinata dall’art. 1302, primo comma, cod. civ. e soggiace pienamente al sopra illustrato regime generale basato sulla reciproca contaminazione tra la regola della separatezza delle vicende giuridiche incidenti sulle singole posizioni debitorie e la regola della comunicazione degli effetti favorevoli di tali vicende: il condebitore, infatti, può opporre in compensazione al comune creditore il credito di cui è titolare un altro condebitore solo nei limiti della quota interna di q uest’ultimo.
Invece, l’opponibil ità, da parte del condebitore, della vicenda estintiva-satisfattiva verificatasi per effetto dell’ eccezione di compensazione sollevata da altro condebitore con riguardo ad un proprio credito personale, pur non essendo espressamente disciplinata, deve reputarsi consentita con riferime nto all’ intero debito, sebbene la sua esistenza dipenda dall’esito di un separato giudizio (Cass. n.11732/2024) e senza preclusioni di carattere processuale, atteso, da un lato, che in seguito al l’ estinzione, per la quantità corrispondente al credito solidale, del debito di cui è titolare verso il singolo condebitore, il comune creditore vede soddisfatto il proprio interesse e, ove conseguisse ( nuovamente ) la prestazione, otterrebbe un indebito arricchimento; e considerato, dall’altro lato, che, provata la causa estintivasatisfattiva dell’obbligazione solidale, l’effetto liberatorio ad essa conseguente può essere rilevato dal giudice anche in difetto di una richiesta di parte.
In altre parole, con riguardo alla compensazione , la regola generale secondo cui, ove la causa estintiva sia personale ad un condebitore, gli altri possono opporla nei limiti della quota del rapporto estinto
(art.1302 cod. civ.) va coordinata con il carattere satisfattivo della causa estintiva, in base al quale, ove il condebitore eccepisca in compensazione un proprio credito in modo da estinguere il debito solidale, anche gli altri condebitori sono liberati verso il comune creditore (e l’effetto liberatorio va dichiarato dal giudice), restando però obbligati per la loro quota verso il condebitore titolare del credito eccepito in compensazione.
La circostanza che l’ effetto estintivo della compensazione operi sino al limite della concorrenza dei due controcrediti impone, però, di distinguere secondo che il debito solidale sia inferiore o superiore al credito opposto in compensazione.
Nel primo caso (debito solidale inferiore al credito opposto in compensazione), il condebitore che ha opposto in compensazione il proprio credito resta creditore della differenza nei confronti del creditore dell’obbligazione solidale e ha regresso nei confronti dei propri condebitori in base alle loro diverse quote (art.1299 cod. civ.).
Nel secondo caso (debito solidale superiore al credito opposto in compensazione) tutti condebitori restano solidalmente obbligati per la differenza verso il comune creditore: se tale differenza viene pagata dallo stesso condebitore che ha opposto in compensazione il proprio credito, egli avrà regresso nei confronti degli altri in proporzione alle loro quote; se, invece, la differenza è pagata da altro condebitore, i rapporti interni tra i condebitori sono disciplinati dal rapporto tra il credito opposto in compensazione e la quota del debito solidale spettante al titolare di questo credito.
C.7. Nella fattispecie in esame, nel giudizio definito con la sentenza n. 358/2007 del Tribunale di Belluno, passata in giudicato, RAGIONE_SOCIALE aveva opposto all’ amministrazione comunale la compensazione del debito risarcitorio solidale con il proprio controcredito personale al corrispettivo dei lavori eseguiti.
Si è dunque verificata una vicenda estintiva dell’obbligazione solidale con liberazione di tutti i debitori e con soddisfacimento dell’interesse dell’ente creditore (comb. disp. artt. 1241 e 1292 cod. civ.), il quale, pur non percependo materialmente il pagamento della somma di denaro che formava oggetto del proprio credito risarcitorio, aveva tuttavia incamerato nel proprio patrimonio un valore pecuniario tale da estinguere totalmente o parzialmente il proprio debito verso il condebitore eccipiente la compensazione; tale vicenda estintivasatisfattiva ben poteva essere opposta nel presente giudizio dai condebitori della società eccipiente, i quali erano legittimati ad eccepire, a loro volta, all’ente creditore che aveva agito per l’adempimento dell’obbligazione solidale l’intervenuta estinzione di tale obbligazione per effetto della compensazione con il credito del proprio consorte.
Inoltre, l’effetto liberatorio di tutti i condebitori, una volta emersa la prova della vicenda estintiva-satisfattiva, avrebbe dovuto essere rilevato anche d’ufficio da parte del giudice del merito, posto che, in difetto di tale rilievo, il Comune di Belluno avrebbe potuto continuare a pretendere l'( ulteriore ) adempimento da parte di ciascuno dei condebitori in solido, così conseguendo un indebito arricchimento.
C.8. In questi termini, vanno accolti i primi quattro motivi di ricorso e va cassata, in relazione ad essi, la sentenza impugnata.
Il giudice del rinvio, rilevata la causa estintiva-satisfattiva derivante dall ‘ avvenuta compensazione del debito solidale con il controcredito vantato da RAGIONE_SOCIALE, con effetto liberatorio per tutti i condebitori, accerterà, nel libero apprezzamento delle risultanze istruttorie, se tale effetto è totale o parziale, previa quantificazione del debito gravante sui ricorrenti e sugli altri debitori solidali condannati nell’ambito del presente giudizio.
Diversamente dal controcredito spettante a RAGIONE_SOCIALE, già liquidato in via definitiva nel separato giudizio definito con la sentenza n. 358/2007 del Tribunale di Belluno, la determinazione dell’ammontare del debito solidale verso l’ amministrazione comunale (se superiore, inferiore o pari a quello liquidato con la detta sentenza) è, nel presente giudizio, ancora sub iudice perché la statuizione sul quantum è stata debitamente censurata in appello.
Per effetto dell’accoglimento dei primi quattro motivi, restano assorbiti sia il quinto e il sesto (con cui viene ulteriormente denunciata la violazione dell’art. 1302 cod. civ., con riferimento alla compensazione tra il credito del Comune di Belluno e quello del condebitore solidale RAGIONE_SOCIALE, sotto diversi profili) sia i motivi dal nono al ventiseiesimo, con cui vengono poste questioni attinenti all’ an e, soprattutto, al quantum del debito risarcitorio, riservate all’apprezzamento di m erito del giudice del rinvio.
Vanno invece esaminati i motivi settimo e ottavo, con i quali si lamenta l’illegittimo esercizio , da parte del Comune di Belluno, del
rimedio della ‘rescissione’ autoritativa del contratto di appalto per frode o grave negligenza dell’appaltatore, previsto dagli artt. 340 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, All. F., e 26 del Regolamento per la direzione, contabilità e collaudo dei lavori, approvato con R.D. 25 maggio 1895 n. 350, entrambi ancora in vigore all’epoca dei fatti di causa.
E.1. I ricorrenti sostengono la tesi -condivisa dal Pubblico Ministero anche attraverso il richiamo di diversi precedenti di questa Corte -secondo cui l’istituto in parola sarebbe un rimedio contrattuale destinato ad operare in caso di difetto funzionale della causa per inadempimento dell’appaltatore.
Esso sarebbe applicabile in ipotesi di gravi irregolarità o ritardi nell’esecuzione dei lavori e, dunque, unicamente in ragione di mancanze commesse dall’appaltatore nel corso dell’esecuzione del contratto .
La sentenza impugnata sarebbe pertanto censurabile sia sotto il profilo motivazionale sia sotto il profilo della violazione e falsa applicazione delle surrichiamate norme di diritto, per aver reputato legittimo l’esercizio, da parte del Comune di Belluno, del potere di autotutela contrattuale da esse previsto, sulla base di comportamenti fraudolenti tenuti dalla società appaltatrice nella fase precedente la stipula del contratto di appalto, sul presupposto che « il solo inizio di un procedimento penale per frode ovvero il solo fatto che il fatto possa dar luogo a procedimento penale » fossero condizioni sufficienti per la rescissione del contratto, in quanto circostanze atte a ledere « il rapporto fiduciario con l’appaltatore », senza verificare, peraltro, se
detti comportamenti fossero stati tali da pregiudicare il regolare svolgimento del rapporto contrattuale e da rendere configurabile un inadempimento della stessa società appaltatrice.
E.2. Questa tesi non può essere condivisa.
E.2.a. In primo luogo, può osservarsi che i precedenti di legittimità richiamati dal Procuratore Generale (Cass., Sez. Un., n.2856/1973; Cass., Sez. Un., n.775/1999; Cass. n.11151/2014; Cass. n.4454/2018; Cass. n. 7463/2020) , nell’ affermare che l’ inadempimento dell’ appaltatore di opere pubbliche legittima la dichiarazione di rescissione del contratto da parte dell’ente appaltante, ai sensi dell’art. 340 della legge n. 2248 /1865, All. F., chiariscono che tale istituto costituisce espressione di un potere di autotutela esercitato in via autoritativa dalla pubblica amministrazione e per questo soggetto ad una specifica sequenza procedimentale amministrativa (regolata dagli artt. 26 ss. del R.D. n.350/1985) diretta ad accertarne i presupposti ad emanare i susseguenti provvedimenti; essi precedenti, tuttavia, non individuano affatto tali presupposti unicamente e necessariamente nella mancata o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto delle obbligazioni derivanti dal contratto di appalto.
Piuttosto, la circostanza che il potere di ‘ rescissione ‘ debba essere esercitato attraverso atti provvedimentali e messi all’esito di uno specifico procedimento amministrativo induce a ritenere che si tratti di un potere di scioglimento del contratto fondato sulla valutazione, da parte della pubblica amministrazione appaltante (valutazione di carattere discrezionale ma comunque idonea a ledere posizioni di
diritto soggettivo, ove esercitata in mancanza dei presupposti previsti dalla legge), che la condotta dell’ appaltatore abbia leso il rapporto di fiducia che concorre ad integrare la causa del contratto di appalto pubblico.
E.2.b. Peraltro, la condotta fraudolenta o gravemente negligente lesiva del rapporto di fiducia (che giustifica l’ esercizio del potere di ‘ rescissione ‘ ) non si identifica unicamente nell’ inadempimento, il quale non ne costituisce né condizione necessaria (potendo il rapporto di fiducia risultare leso anche dall’accertamento di condotte illecite o addirittura delittuose poste in essere nella fase precontrattuale, come tali integranti fattispecie di responsabilità civile in contrahendo o persino fattispecie di responsabilità penale incompatibili con il permanere della fiducia), né condizione sufficiente (potendo l’ inadempimento consistere in lievi inesattezze qualitative, quantitative o temporali della prestazione, inidonee a ledere il rapporto fiduciario).
Al riguardo, del resto, questa Corte ha statuito che, allorché il rimedio in esame venga esercitato dalla pubblica amministrazione appaltante sul presupposto dell’ inadempimento dell’ appaltatore, l’importanza dell’inadempimento non va commisurata alla sola incidenza economica di quella sola vicenda nella proiezione del valore economico complessivo dei ricavi dell’appaltatore, bensì all’elemento della fiducia che costituisce la causa del contratto (Cass.n.11151/2014, cit. ).
E.2.c. I rilievi che precedono trovano conferma, oltre che nella natura autoritativa e nel fondamento pubblicistico, anche nel nomen iuris dell’ istituto contemplato dal citato art. 340, che risponde alla
categoria dogmatica della ‘ rescissione ‘ del contratto, e non a quella della ‘ risoluzione ‘, tradizionalmente collegata ai casi di difetto funzionale della causa per inadempimento, impossibilità sopravvenuta non imputabile o eccessiva onerosità della prestazione.
In favore della tesi qui promulgata sembra poi potersi trarre decisivo argomento dal testo della norma in esame, la quale, nell’ individuare i presupposti del diritto di ‘ rescissione ‘ della pubblica amministrazione appaltante, non si limita a prevedere la contravvenzione dell’ appaltatore « agli obblighi e alle condizioni stipulate » (dunque, il suo inadempimento) ma contempla altresì, in alternativa, la « frode » e la « grave negligenza » dell’ appaltatore medesimo, senza precisare che le stesse devono essere perpetrate nel corso dell’ esecuzione del contratto (e quindi integrare fattispecie di inadempimento), purché ovviamente siano tali da giustificare la rottura del rapporto negoziale per il sopravvenuto venir meno della necessaria fiducia che il pubblico committente deve riporre nell’impresa preposta alla realizzazione dell’opera pubblica .
E.2.d. Deve dunque concludersi -in conformità ad un risalente ma autorevole arresto di questa Corte nel suo massimo consesso (Cass., Sez. Un., n. 1224/1976) -che il rimedio di cui all’art. 340 della legge n. 2248/1865, All. F., non integra un rimedio specifico contro l’inadempimento doloso o gravemente colposo destinato ad operare nell’ipotesi di difetto funzionale della causa del contratto , ma piuttosto un più ampio potere di autotutela di natura pubblicistica, concretante un ‘ ipotesi di risoluzione che, contrariamente a quella connessa all ‘inadempimento dell’appaltatore, non è necessariamente collegata
alle vicende del singolo contratto di appalto, ma alla persona dell ‘ appaltatore medesimo, allorché venga meno il rapporto fiduciario costituitosi fra quest ‘ ultimo e la pubblica amministrazione.
E.2.e. Non sussistono, pertanto, i vizi della sentenza impugnata denunciati con il settimo e l ‘ ottavo motivo di ricorso, avendo il giudice del merito accertato, con motivato ed insindacabile apprezzamento, che il potere autoritativo di rescissione contrattuale era stato esercitato dal Comune di Belluno in ragione di condotte fraudolente della società appaltatrice e dei suoi rappresentanti legali, le quali, pur essendo state poste in essere precedentemente alla stipula del contratto, avevano determinato l ‘instaurazione di un processo penale , nonché l’accertamento di responsabilità penali, ed integravano quindi circostanze atte a ledere il rapporto fiduciario con l’appaltatore.
Il settimo e l’ottavo motivo di ricorso vanno dunque rigettati.
F. In definitiva, vanno accolti, nei sensi di cui in motivazione, i primi quattro motivi di ricorso, vanno rigettat i il settimo e l’ottavo , va dichiarato inammissibile il ventisettesimo e vanno dichiarati assorbiti gli altri.
La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’ appello di Venezia, in diversa composizione, la quale, conformandosi ai principi enunciati ( supra , in particolare sub C.4., C.5., C.6., C.7., C.8. ), provvederà, come detto, a rilevare la vicenda estintiva-satisfattiva del debito risarcitorio solidale verificatasi per effetto della compensazione di tale debito con il credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE (e accertato nel separato giudizio definito con la sentenza n. 358/2007 del Tribunale di Belluno, passata in giudicato)
e verificherà se l’effetto liberatorio ultra partes , ex art. 1292 cod. civ., sia totale o parziale, previo accertamento, mediante libero apprezzamento delle risultanze istruttorie, del quantum del debito solidale.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità (art.385, terzo comma, cod. proc. civ.).
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, i primi quattro motivi di ricorso, rigetta il settimo e l’ottavo , dichiara inammissibile il ventisettesimo e dichiara assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione