Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14037 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14037 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19962/2023 R.G. proposto da : COGNOME rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME
NOME
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RICORRENTE- contro
NOMECOGNOME difesa in proprio ai sensi dell’art . 86 c.p.c.
–
CONTRORICORRENTE
–
avverso l’ ORDINANZA del TRIBUNALE di TRANI n. 1116/2022, depositata il 06/09/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ordinanza n. 1116/2022 il tribunale di Trani ha liquidato in favor e dell’avv. NOME COGNOME l’imp orto di € 5600,00 quale compenso per la difesa della ricorrente, unitamente ad altri 14 soggetti, in un giudizio civile, conclusosi con una conciliazione.
Le parti avevano sottoscritto un accordo che prevedeva il riconoscimento, in caso di esito positivo del giudizio, del compenso liquidato dal giudice oltre al 10% del valore intimato con le singole ingiunzioni richieste con autonomi ricorsi. Il difensore aveva agito
per ottenere tale importo aggiuntivo, ma il Tribunale, ritenuto nulla tale pattuizione poiché integrante un patto di quota lite, ha rideterminato il compenso in applicazione dei criteri tabellari di cui al DM 55/2014, in base al valore della domanda proposta da ciascuna parte (€. 89.000,00) e in applicazione dello scaglione compreso tra € 52.000,00 ed € 260.000,00, liquidando € 11.742,50, previa riduzione al 50% dei parametri ivi previsti per la fase di trattazione/istruzione e con la maggiorazione del 25% del parametro relativo alla fase decisionale per avvenuta conciliazione della lite, negando le maggiorazioni in percentuale di cui all’art. 4.2. D.M. cit. alla luce dell’assenza di specifiche questioni di fatto e di diritto affrontate nell’unico giudizio patrocinato dalla resistente.
Per la cassazione della pronuncia NOME COGNOME ha proposto ricorso in due motivi. L’avv. NOME COGNOME resiste con controricorso.
Il Consigliere delegato ha proposto la definizione accelerata del giudizio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ravvisando la manifesta infondatezza del ricorso. Su richiesta di decisione avanzata dal ricorrente, il Presidente ha fissato l’adunanza camerale.
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
Il primo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 4.2 D.M. 55/2014, e degli artt. 1175, 1375 e 1220 c.c. nonché degli artt. 2 e 111 Cost. e dell’art. 88 c.p.c., sostenendo che il Tribunale avrebbe dovuto liquidare un compenso unico per la difesa di più parti aventi la medesima posizione processuale e poi suddividerlo per il numero di assistiti, potendo pretendere da ciascuna solo la quota di personale spettanza.
Il secondo motivo censura la pronuncia per aver ritenuto insufficiente ad estinguere il debito l’offerta di pagamento ex art. 1220 c.c., pari ad € 2000,00 , pur essendo tale importo superiore alla quota del compenso unico dovuto dalla ricorrente.
I due motivi appaiono manifestamente infondati.
Il difensore aveva patrocinato per complessive tredici parti, oltre alla ricorrente, in un giudizio verso il Comune di Ruvo Di Puglia per il pagamento di indennità di esproprio. Nell’atto di incarico sottoscritto da tutti i clienti, era stabilito che, oltre a quanto riconosciuto dal giudice a titolo di spese, sarebbe stato corrisposto un importo pari al 10% del valore ingiunto. In caso di transazione sarebbe spettato al difensore una quota del 10% dell’importo transatto per ciascun firmatario.
Il giudice ha dichiarato nulla la pattuizione ove riconosceva al difensore la quota percentuale, e ha ricalcolato il compenso ai sensi del DM 55/2014, pervenendo a liquidare l’importo di € 11.742,50, quale compenso unico spettante al difensore, come conferma il fatto che il giudice ha pronunciato sulla maggiorazione per la difesa di più parti e l’ha negata solo in considerazione della semplicità delle questioni affrontate ( essendo l’aumento ex art. 4 , comma 2, della tariffa professionale approvata con D.M. 55/2014, meramente facoltativo: Cass. 13595/2021),
Diversamente da quanto si sostiene nella memoria illustrativa, non può riconoscersi natura parziaria all’obblig azione in virtù della clausola del contratto che prevedeva il pagamento, per ciascun assistito, di una somma pari al 10% della somma ottenuta: la clausola, in parte qua, è stata dichiarata nulla, senza nulla riconoscere a tale titolo, avendo il Tribunale provveduto alla liquidazione del compenso unico spettante al difensore secondo i valori tabellari per la complessiva attività svolta.
Il debito aveva natura solidale, essendo unica la prestazione professionale, unico il contratto di incarico e sussistendo inoltre una comunione di interessi determinata, al pari che nel regolamento delle spese processuali (art. 97 c.p.c.), dall ‘ identità delle questioni sollevate e dibattute, ovvero dalla convergenza di atteggiamenti difensivi (cfr., Cass. 20922/2024; Cass. 1729/1976).
Nel caso che più parti del processo siano state assistite, anche in virtù di mandati distinti, dal medesimo difensore, questi ha diritto ad un unico compenso nei confronti di tutte, quando abbia prestato un’attività difensiva sostanzialmente unica; in tal caso l’identità della prestazione cui siano tenuti più debitori importa, a norma dell’art. 1294 c.c., ove la legge o il titolo non disponga diversamente, la solidarietà passiva dell’obbligazione, con possibilità del creditore di pretendere da ciascuno di essi il pagamento dell’interessa somma, ( Cass. 3218/1969), salva l’azione di regresso spettante al debitore che abbia adempiuto nei confronti degli altri obbligati, ai sensi dell’art. 1299 c.c..
Anche il secondo motivo è infondato poiché – per quanto detto -l’offerta di pagamento non poteva estinguere il debito, essendo di importo inferiore al dovuto.
Il ricorso è respinto.
Poiché l’impugnazione è stata definita in senso conforme alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis, c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis, cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96, cod. proc. civ., con conseguente condanna del ricorrente al pagamento in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro nei limiti di legge (non inferiore ad € 500 e non superiore a € 5.000; cfr. Cass. S.u. 27433/2023; Cass. s.u. 27195/2023; Cass. s.u. 27947/2023). Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad € 3000,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del
15%, nonché di € 1500 ,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. e dell’ulteriore importo di € 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione