Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23477 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23477 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 31408 del ruolo generale dell’anno 2021 , proposto da
Russo Ing. NOME , nato a Pagani il 01/01/1949, ed ivi residente alla INDIRIZZO c.f. RSS CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME c.f. MNC CODICE_FISCALE al domicilio eletto presso Studio legale dell’Avv. NOME COGNOME in Campobasso alla INDIRIZZO con dichiarazione di volere ricevere le comunicazioni e le notificazioni di legge al n. di fax NUMERO_TELEFONO e pec EMAIL.
Ricorrente
contro
Comune di Nocera Inferiore, COGNOME ing. NOME COGNOME .
Intimati avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n° 685 depositata l’11 maggio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Gli ingegneri NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ottenevano dal Tribunale di Salerno contro il Comune di Nocera Inferiore i decreti ingiuntivi n° 1791 e 1792 del 1988 per il pagamento di prestazioni professionali.
Su opposizione dell’Ente locale, i decreti, all’esito dei rispettivi giudizi di opposizione, venivano revocati dal Tribunale con le sentenze n° 13 e 14 del 2006, in quanto le prestazioni professionali erano state rese in assenza di contratto scritto.
Nel frattempo, però, i professionisti avevano agito in via esecutiva, ottenendo il pagamento del dovuto in base alle ingiunzioni.
2 .- Il Comune conveniva quindi i tre ingegneri davanti al Tribunale di Salerno e ne chiedeva la condanna alla restituzione di euro 116.962,91, pagata in esecuzione dei decreti poi revocati.
I convenuti si costituivano svolgendo domanda riconvenzionale per il pagamento di un indennizzo ex art. 2041 cod. civ. e il Comune controeccepiva la prescrizione di tale credito.
3 .- Il primo Giudice accoglieva la domanda del Comune, disattendendo la riconvenzionale dei professionisti.
– Quindi la Corte d’appello di Salerno, adita dal COGNOME e dallo COGNOME (Frola contumace), rigettava l’appello principale proposto da questi ultimi, nonché quello incidentale formulato dal Comune in ordine alla compensazione delle spese.
Osservava la Corte che gli appellanti, a fronte dell’opposizione proposta dal Comune avverso i decreti ingiuntivi, avevano omesso di formulare, mediante reconventio reconventionis , la domanda di condanna dell’Ente locale al pagamento dell’indennizzo per ingiustificato arricchimento.
Sicché, tale omissione ed il decorso di dieci anni dall’esaurimento degli incarichi nel 1988 avevano comportato la prescrizione del diritto all’indennizzo preteso in base all’art. 2041 cod. civ.
Era vero che nel 2001 il Comune aveva formalmente incaricato i soli ingegneri COGNOME e COGNOME di adeguare i progetti precedentemente redatti alla normativa sopravvenuta, ma tale prestazione era stata regolarmente retribuita.
La richiesta con la quale l’ingegner COGNOME intendeva essere risarcito del pregiudizio economico derivante dalla perdita di chance e dalla lesione della propria immagine professionale era priva di fondamento, poiché l’incarico di direzione dei lavori, al pari di quello di redazione delle attività progettuali, era affetto dalla medesima nullità, mancando la convenzione scritta ad substantiam .
D’altra parte, neppure poteva configurarsi, rispetto all’incarico conferito a terzi, una legittima aspettativa in capo all’ingegner COGNOME ad essere preferito rispetto ai professionisti successivamente scelti.
Da ultimo, altrettanto infondata era la contestazione da parte degli appellanti della solidarietà passiva ravvisata dal Tribunale, dato che il credito venne azionato dai professionisti senza precisare gli importi di spettanza di ciascuno, con la conseguenza che la pregressa solidarietà attiva, radicata nelle procedure monitorie, rendeva solidale anche la restituzione conseguente alla revoca dei decreti monitori.
5 .- Ricorre per cassazione il solo ingegner COGNOME formulando due motivi.
Il Comune e gli altri due professionisti sono rimasti meramente intimati, nonostante la regolare notificazione del ricorso.
La causa è stata assegnata per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6 .- Col primo motivo , formulato in base all’art. 360 n° 3 cod. proc. civ., il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2041, 2934-2944 e 2946 del cod. civ.
Deduce, in sintesi, che la Corte avrebbe erroneamente individuato quale data iniziale di decorrenza della prescrizione decennale del diritto all’indennizzo ex art. 2041 cod. civ. quella della Delibera di giunta n° 2215/1987, con la quale era stato approvato il progetto esecutivo dei tre ingegneri, mentre il secondo Giudice avrebbe dovuto considerare come dies a quo la data di approvazione della Delibera con cui la Giunta municipale di Nocera Inferiore aveva affidato agli ingegneri COGNOME e COGNOME l’incarico per l’aggiornamento del progetto esecutivo per l’ampliamento del cimitero comunale (primo e terzo lotto), tradottosi poi nell’esecuzione dei lavori avviati il 25 ottobre 2006.
7 .- Il mezzo è inammissibile sia perché, sotto l’egida della violazione di legge, tende ad ottenere da questa Corte una nuova valutazione di elementi fattuali già valutati dalla Corte d’appello (e che sono esclusivamente rimessi al giudice al giudice del merito), sia perché non coglie l’intera ratio decidendi posta a base dell’accoglimento dell’eccezione di prescrizione dell’azione di arricchimento senza causa.
È, infatti, fin troppo noto (Cass., sez. I, 11 novembre 2024, n° 29038; Cass., sez. VI-2, 12 ottobre 2017, n° 24054) che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa.
Viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge ed impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione.
Il mezzo in esame non fa altro che riproporre una tesi, quella della decorrenza del termine dalla delibera di approvazione dell’aggiornamento dei progetti, già smentita dal giudice del merito con
congrua motivazione, che non risulta in alcun modo censurata dal gravame.
Peraltro, il mezzo non coglie, come già anticipato, nemmeno l’intera ratio decidedi .
La Corte d’appello, infatti, ha escluso che il diritto all’indennizzo ex art. 2041 cod. civ. potesse essere esercitato dai professionisti a partire dal 2001 -anno in cui COGNOME e COGNOME vennero incaricati, secondo apposita convenzione, di adeguare i progetti già redatti alla normativa sopraggiunta -in quanto quest’ultimo incarico venne ‘ regolarmente retribuito ‘ (sentenza pagina 5, ultime cinque righe).
Nonostante la laconicità dello snodo logico, è nondimeno chiaro che la Corte ha ritenuto che il diritto all’indennizzo non potesse essere esercitato a partire dalla prestazione professionale di aggiornamento dei progetti, proprio poiché quest’ultima venne debitamente pagata dal Comune, con la conseguenza -non espressa in sentenza, ma nondimeno del tutto evidente -che tale attività professionale non poteva far sorgere alcun diritto all’indennizzo, né poteva determinare l’esigibilità dell’indennizzo per il primo incarico terminato nel 1988.
8 .- Col secondo mezzo il ricorrente, sempre in base all’art. 360 n° 3 cod. proc. civ., denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1292 e 1294 cod. civ.
La Corte territoriale avrebbe erroneamente confermato la sentenza del Tribunale nella parte in cui quest’ultima condannava in solido i tre ingegneri a restituire euro 116.962,91, oltre interessi.
In appello, infatti, il COGNOME aveva dedotto che ciascun professionista, non legato agli altri da vincolo societario, aveva svolto una attività distinta ed emesso per conto proprio fattura: donde la mancanza di qualsivoglia vincolo di solidarietà, che non poteva essere predicato nemmeno in base al rilievo che unica fu l’ingiunzione
di pagamento contro il Comune, dato che venne predisposto un unico ricorso monitorio per mera economia processuale.
Si sarebbe, dunque, in presenza di un’obbligazione parziaria o, in alternativa, di un’obbligazione collettiva, mentre difetterebbe a monte l’identità della prestazione dovuta.
9 .- Il mezzo è inammissibile, in quanto censura la decisione della Corte territoriale sotto un profilo giuridico privo di rilievo, ossia adducendo la diversità e la separatezza delle tre prestazioni professionali.
Va rammentato che il Comune ha convenuto in giudizio i tre ingegneri onde ottenere la restituzione dei danari da questi ricevuti in sede esecutiva o, comunque, in sede di pagamento eseguito dall’Ente locale in ottemperanza ai decreti monitori (poi revocati).
Ora, è evidente che la questione della separatezza della prestazione professionale non ha nulla a che vedere con l’obbligazione restitutoria, in quanto quest’ultima non si conforma affatto in base alla prima, avendo oltretutto causa petendi e petitum del tutto differenti.
La prima, infatti, sorge a seguito dell’esecuzione della prestazione professionale; la seconda, a seguito della ricezione di un certo importo e dell’annullamento (o della revoca) del titolo che aveva giustificato tale percezione.
Dunque, nell’obbligazione restitutoria ciascun soggetto percettore è tenuto per sé stesso e nei limiti dell’importo ricevuto in sede esecutiva o, comunque, pagato dal debitore riconosciuto tale in un provvedimento poi annullato o revocato.
La Corte, invece, ha ritenuto sussistente la coobbligazione in base ad un rilievo del tutto accidentale, ossia sul rilievo della domanda cumulativa avanzata dai tre ingegneri, senza distinguere gli importi spettanti a ciascuno: evenienza che, come non poteva trasformare tre distinti crediti in un unico credito solidale, tantomeno
poteva rendere solidale l’obbligo restitutorio delle somme ricevute da ciascuno dei professionisti.
Nondimeno, il ricorrente non si duole della confusione fatta dalla Corte d’appello tra credito professionale e obbligazioni restitutorie, ma censura la decisione ancora una volta con un argomento del tutto privo di rilievo, ossia allegando -come già detto -la separatezza delle tre prestazioni professionali.
Sul punto, infatti, va rammentato che il ricorso per cassazione fondato sull’art. 360 n° 3 deve necessariamente dimostrare che le ragioni poste a fondamento della decisione impugnata contrastano col dettato normativo ( ex multis : Cass., sez. un., 28 ottobre 2020 n° 23745): requisito che non sembra soddisfatto nel mezzo in esame, posto che la contrarietà del decisum al precetto normativo non deriva, come si è detto, dalla separatezza e differenza tra le tre prestazioni, ma dalla mancata distinzione tra credito professionale e obbligazione restitutoria.
10 .- Nulla spese in ragione della mancata costituzione degli intimati.
Va, nondimeno, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1quater , del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte respinge il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1quater , del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 27 giugno 2025, nella camera di consi-