Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 33028 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 33028 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
COGNOME RINO;
– intimato – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 315/2019 depositata il 05/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12145/2019 R.G. proposto da : COGNOME COGNOME COGNOME NOME rappresentate e difese dagli avvocati COGNOME E NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio NOME COGNOME dinanzi il Tribunale di Padova proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui, in accoglimento del ricorso proposto dal convenuto, era stato loro ingiunto il pagamento della somma di euro 13.851,90 oggetto della fattura numero 3 emessa dall’impresa il 29 marzo 2004 quale corrispettivo a saldo dei lavori di pavimentazione di una terrazza eseguiti su incarico delle predette opponenti.
A fondamento dell’opposizione era lamentata la presenza di difformità e vizi nell’opera di pavimentazione mai eliminati dall’impresa appaltatrice. Le opponenti , pertanto, proponevano domanda riconvenzionale volta ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento e la condanna dello COGNOME al risarcimento del danno.
NOME COGNOME costituitosi in giudizio, chiedeva il rigetto dell’opposizione .
2.1 La causa veniva riunita a quella proposta dallo COGNOME nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE arta geometra NOME RAGIONE_SOCIALE per il risarcimento dei danni a seguito dell’utilizzo dei materiali forniti dall’impresa per l’impermeabilizzazione della terrazza e per negare il diritto della convenuta al pagamento del prezzo dei suddetti materiali.
Il T ribunale di Padova accoglieva l’opposizione , revocava il decreto ingiuntivo, dichiarava risolto il contratto concluso tra le opponenti e COGNOME e condannava quest’ultimo al pagamento delle spese di lite nonché al versamento della somma di euro 344 alla società RAGIONE_SOCIALE
NOME COGNOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
5. La C orte d’ Appello di Venezia accoglieva il gravame. La Corte rilevava che effettivamente il CTU aveva accertato vizi consistenti nella presenza di depositi biancastri negli interstizi delle piastrelle con nocumento dell ‘ aspetto estetico, tuttavia, oltre ad aver ritenuto non determinabile la causa, il medesimo consulente aveva riscontrato che lo strato di deposito superficiale sulle piastrelle, avente la caratteristica di una certa rugosità che favoriva il deposito di inerti, poteva essere eliminato attraverso un’accurata pulizia con un ottimo risultato della pavimentazione. Egli aveva affermato, in conseguenza della segnalazione del tecnico di parte circa il permanere di macchie all’interno delle striature nonostante la pulizia, che sarebbe stato necessario effettuare delle analisi chimiche. Il CTP aveva riferito il diniego delle proprietarie non solo all’effettuazione di analisi chimiche che avrebbero richiesto un adeguato prelievo distruttivo di campioni bensì anche la collaborazione mediante indicazione del fornitore del posatore delle piastrelle dal quale ottenere dei campioni. Infine, il consulente aveva chiaramente affermato che i prodotti utilizzati dallo COGNOME non erano difettosi anche perché il risultato dell’applicazione era stato ottenuto. La Corte precisava anche che lo strato impermeabilizzante era stato oggetto di specifico e successivo incarico allo COGNOME e non era stato effettuato durante la posa della pavimentazione.
In conclusione, vista anche la mancanza di disponibilità allo svolgimento di più approfondite indagini da parte delle opponenti appellate, non sussistevano i presupposti per la dichiarazione di risoluzione del contratto dovendosi tenere conto da un lato che il consulente aveva affermato l’effettuazione
dell’impermeabilizzazione con prodotto risultat o non difettoso e dall’altro la mancata collaborazione delle controparti all’individuazione della causa delle macchie senza neanche fornire il nome dell’impresa fornitrice delle piastrelle.
Pertanto, considerato il corrispettivo dell’opera e il costo per la pulizia finale del pavimento, in accoglimento dell’appello , le appellate dovevano essere condannate al pagamento in favore dell’appellante della somma di euro 10.143,25.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso.
NOME COGNOME è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: illegittimità della sentenza per avere la Corte veneta omesso di esaminare più fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti in particolare due episodi costituenti confessione stragiudiziale posti in essere dall’appaltatore .
L’appaltatore avrebbe riconosciuto espressamente l’esistenza dei vizi individuando quale unica soluzione per la loro rimozione il completo rifacimento della pavimentazione delle terrazze. Tale fatto storico sarebbe stato allegato e provato dalle committenti oltre ad essere pacifico tra le parti.
Il secondo fatto cui si riferiscono le ricorrenti è rappresentato dalla lettera che tale architetto NOME COGNOME, appositamente incaricato dallo S pinello nell’immediatezza dei fatti , aveva inviato alla Carta RAGIONE_SOCIALE fornitrice dei prodotti utilizzati per l’intervento sulle terrazze , con cui denunciava che il pavimento
trattato si era manifestato palesemente deturpato da una macchia dura su tutta la superficie e che l’alterazione cromatica del piano di calpestio era tale da rendere impossibile il ripristino del colore originario dell’ingresso , indicando quale unico rimedio la demolizione mediante raschiatura di tutto il pavimento con conseguente posa in opera di uno nuovo. Anche tale fatto storico sarebbe stato allegato e provato dalle committenti oltre ad essere pacifico tra le parti. Il terzo fatto omesso è rappresentato dalla domanda svolta dall’appaltatore nei confronti della ditta venditrice dei prodotti utilizzati per l’intervento.
La Corte veneta avrebbe preso in esame soltanto il primo dei suddetti fatti riportati e avrebbe completamente omesso di esaminare gli altri due episodi nei quali l’appaltatore aveva riconosciuto il proprio inadempimento.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza della Corte d’Appello di Venezia perché, dopo aver completamente omesso di valutare i due episodi di riconoscimento dei vizi da parte di NOME COGNOME aventi sostanzialmente la natura di confessione stragiudiziale, avrebbe completamente omesso ogni motivazione sul punto, in violazione dell’articolo 132 , n. 4, c.p.c.
La censura è ripetitiva della precedente sotto il profilo dell’omess a motivazione.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 1655 c.c. per avere la Corte veneta erroneamente ritenuto che l’obbligazione dell’appaltatore sia un’obbligazione di mezzi e non di risultato.
Le committenti avevano affidato all’appaltatore il compito di eseguire interventi di ripristino della pavimentazione delle terrazze
del loro edificio, le quali prima dell’intervento non presentavano alcun segno di degrado e dopo l’intervento erano invece gravemente deturpate da bolle e macchie. Secondo la Corte, il mero utilizzo di mezzi tecnici astrattamente idonei sarebbe sufficiente ad esonerare l’appaltatore da responsabilità quando anche il risultato ottenuto non rispetti affatto le regole dell’arte e all’esito dell’intervento le opere si presentino gravemente viziat e. In tal modo risulterebbe violata la norma citata in rubrica che delinea chiaramente a carico dell’appaltatore un’obbligazione di risultato non di mezzi. Sarebbe del tutto irrilevante il fatto che le committenti non abbiano consentito l’effettuazione di prelievi di pavimentazione per eseguire analisi.
I tre motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
La Corte non solo ha escluso che vi sia stato un riconoscimento dei vizi da patre dello COGNOME in occasione del verbale di sopralluogo del 27 giugno allorché si è riscontrata l’esistenza di una macchiatura diffusa di colore grigio che potenzialmente poteva essere eliminata mediante una semplice pulitura, ma ha escluso in radice la sussistenza del vizio in quanto lo strato di deposito superficiale sulle piastrelle poteva essere eliminato attraverso un’accurata pulizia con un ottimo risultato della pavimentazione.
Le ricorrenti ritengono erronea la statuizione che ha negato il riconoscimento del vizio da parte della ditta appaltatrice in quanto risulterebbe l’opposto da gli stessi atti difensivi depositati dallo COGNOME per affermare la responsabilità della ditta COGNOME. Tuttavia, né dalla sentenza né dal ricorso emergono le ragioni per le quali la
responsabilità della ditta Carta sia stata esclusa. In ogni caso, le ammissioni presenti negli atti difensivi, sottoscritti unicamente dal procuratore ” ad litem “, non hanno natura confessoria, ma valore di indizi liberamente valutabili dal giudice per la formazione del suo convincimento mentre, qualora siano contenute in atti stragiudiziali, non hanno neppure tale ultimo valore (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7702 del 19/03/2019, Rv. 653380 – 01).
Inoltre, deve osservarsi che la Corte non ha tenuto conto della portata indiziaria dei suddetti scritti difensivi perché a monte ha escluso la stessa sussistenza dei vizi. Infatti, come si è detto, il CTU ha accertato che i prodotti utilizzati dall’appaltatore non erano difettosi e che il risultato è stato ottenuto in quanto lo strato di deposito superficiale sulle piastrelle poteva essere eliminato attraverso un’accurata pulizia con un ottimo risultato della pavimentazione.
Per lo stesso motivo deve affermarsi l’infondatezza della tesi del ricorrente secondo la quale la Corte d’Appello avrebbe affermato che quella del l’ appaltatore è un’obbligazione di mezzi e non di risultato.
La Corte ha richiamato le conclusioni del CTU secondo cui il risultato dell’ applicazione (impermeabilizzazione) è stato ottenuto e aggiunge anche che le ricorrenti non hanno consentito lo svolgimento di più approfondite indagini proprio per conservare la pavimentazione così come realizzata da terzi ed impermeabilizzata dallo COGNOME dimostrando che il rifacimento non era necessario e che l’opera era ampiamente in grado di assolvere la destinazione per la quale era stata realizzata.
Il ricorso è rigettato.
Nulla sulle spese non essendosi costituita la parte intimata.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione