Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25847 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25847 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13133/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante protempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1172/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 19/03/2020;
lette le conclusioni scritte depositate dal Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/09/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE ha adito il Tribunale di Napoli al fine di sentir condannare la RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE, quale incorporante RAGIONE_SOCIALE, al pagamento in proprio favore, a titolo di risarcimento del danno, dell’importo di euro 123.000,00, pari al costo degli interventi necessari all’eliminazione dei vizi dell’imbarcazione modello ‘Conam 58 Sport HT’ – venduta dalla convenuta alla RAGIONE_SOCIALE e da quest’ultima concessa in locazione finanziaria all’attrice -consistenti in distacchi e spaccature nella vernice cangiante, nella mancata chiusura del pozzetto in cristallo specchiato, nonché nel montaggio del tetto scorrevole dell’ hard top in vetroresina, anziché in cristallo; difetti che la venditrice aveva riconosciuto con verbale del 25.09.2009, impegnandosi ad eliminarli, ma ai quali non aveva posto rimedio.
Il giudice di prime cure ha respinto la domanda, sul rilievo che sarebbe stata sufficiente una semplice ricognizione della barca, all’atto della riconsegna, per verificare la mancata o inesatta esecuzione degli interventi previsti nel verbale del 25.09.2009, cosicché, ai sensi dell’art. 1491 c.c., doveva escludersi la garanzia per i vizi, in ragione della loro facile riconoscibilità.
La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 1172/2020, in riforma della decisione del Tribunale, ha invece accolto la domanda
dell’attrice, condannando la RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 118.000,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
La Corte distrettuale ha osservato, a fondamento della propria decisione, che: a) il primo giudice aveva errato ad applicare l’art. 1491 c.c., in quanto la venditrice aveva riconosciuto i vizi della cosa e si era impegnata ad eliminarli, assumendo così un’autonoma obbligazione di facere , assoggettata alla disciplina generale delle obbligazioni, il cui inadempimento non doveva essere contestato dalla RAGIONE_SOCIALE, a pena di decadenza, al momento della riconsegna del natante; b) era pacifico che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non aveva provveduto né alla chiusura del pozzetto in cristallo specchiato, né alla realizzazione del tetto scorrevole dell’ hard top in cristallo; c) era priva di rilievo l’affermazione delle parti, contenuta nel verbale di riconsegna del 31.03.2010, che i difetti della verniciatura cangiante erano stati eliminati, in quanto i distacchi e le spaccature della vernice si erano ripresentati poco dopo, nel mese di giugno 2010, e la RAGIONE_SOCIALE non aveva allegato né provato di aver eseguito a regola d’arte gli interventi di ripristino, a fronte di una puntuale relazione tecnica sullo stato dell’imbarcazione depositata dalla RAGIONE_SOCIALE, nella quale si dava atto che per porre rimedio ai vizi sarebbe stato necessario procedere all’integrale sverniciatura dell’imbarcazione e alla successiva posa in opera della vernice cangiante; d) non poteva essere accolta l’eccezione dell’appellata, secondo cui sarebbe stato onere della RAGIONE_SOCIALE dimostrare che le crepe e i distacchi non erano dovuti alla normale usura o ad altri fattori, poiché era sulla venditrice che incombeva l’onere di provare che i difetti della verniciatura non erano ad essa imputabili.
Contro tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso sulla base di otto motivi, cui la RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza, il Pubblico Ministero ha depositato memoria, concludendo per il rigetto del ricorso.
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, nel denunciare, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 2697 c.c., la ricorrente censura la pronuncia impugnata nella parte in cui la Corte distrettuale ha onerato la RAGIONE_SOCIALE della prova della insussistenza dei difetti nella verniciatura cangiante, che la RAGIONE_SOCIALE si era limitata ad allegare. Deduce che l’impegno assunto dalla venditrice alla eliminazione dei vizi della cosa compravenduta, dando luogo ad un’obbligazione di facere priva di carattere novativo della garanzia originaria, avrebbe avuto il solo effetto di sollevare l’acquirente dagli stringenti termini di prescrizione e decadenza propri delle azioni edilizie, ma non sarebbe valso ad invertire l’onere probatorio della sussistenza dei vizi, pacificamente gravante sul compratore. Denunzia, altresì, la violazione del principio di vicinanza della prova, per non aver considerato, il giudice di merito, che la RAGIONE_SOCIALE non aveva lamentato l’inadempimento tout court , ma l’inesatto ademp imento dell’obbligazione di ripristino della verniciatura, cioè un fatto positivo, il cui onere probatorio avrebbe dovuto essere posto a carico dell’attrice secondo le regole ordinarie, anche tenuto conto che i vizi erano stati denunciati a notevole distanza di tempo dalla riconsegna, dopo che il natante era fuoriuscito dalla sfera di controllo della ricorrente.
La censura è infondata.
Secondo il costante insegnamento di questa Corte, l’obbligazione di facere assunta dal venditore con l’impegno di eliminare i vizi della cosa venduta si affianca, senza alterarne la natura, alla garanzia ex art. 1490 c.c., rimanendo ad essa esterna: le azioni edilizie, infatti, non prevedono l’obbligo del venditore di eliminare i vizi, ma accordano al compratore la sola scelta tra domandare la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo. Dunque, ove il compratore non intenda esperire l’ actio redhibitoria o l’ actio quanti minoris , ma intenda far valere l’inadempimento dell’obbligazione di eliminazione dei vizi assunta dal venditore, l’azione così proposta è soggetta alla disciplina ordinaria, e non a quella speciale prevista in tema di contratto di compravendita (cfr. Cass. Sez. U., Sentenza n. 19702 del 13/11/2012, Rv. 624018; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14005 del 06/06/2017, Rv. 644332).
Nella specie, la domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE non è riconducibile al paradigma delle azioni edilizie, in quanto l’attrice ha chiesto il risarcimento del danno patito in conseguenza dell’inadempimento dell’obbligazione di eliminazione dei vizi assunta dalla venditrice con il verbale del 25.09.2009. Il tentativo della ricorrente di sussumere la fattispecie nell’ambito della garanzia per i vizi non coglie dunque nel segno, dovendosi far luogo, come ha correttamente affermato il giudice di merito, alla disciplina generale delle obbligazioni, anche per quel che concerne l’onere probatorio dell’inadempimento.
A nulla rileva, in proposito, che l’originaria attrice, con riferimento ai difetti della verniciatura cangiante, avesse lamentato l’inesatto adempimento e non l’inadempimento in toto – della convenuta, in quanto il principio di diritto enunciato dalle Sezioni
Unite di questa Corte con la sentenza n. 13533 del 2001 opera anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma appunto il suo inesatto adempimento: anche in tale caso, infatti, al creditore istante è sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento (cfr., ex plurimis , Cass. Sez. U., Sentenza n. 13533 del 30/10/2001, Rv. 549956; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15677 del 03/07/2009, Rv. 609003; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15659 del 15/07/2011, Rv. 618664; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 826 del 20/01/2015, Rv. 634361).
Con il secondo motivo, nel denunziare, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1218 e 2697 c.c., la RAGIONE_SOCIALE deduce che il giudice di seconde cure avrebbe errato a gravare la venditrice dell’onere della prova dell’assenza di nesso eziologico tra l’inesatto adempimento alla medesima imputato e i difetti nella vernice cangiante lamentati dall’acquirente; osserva che nel verbale di riconsegna del 31.03.2010 le parti avevano espressamente dato atto che i vizi della verniciatura erano stati risolti, cosicché, tenuto conto che in seguito l’imbarcazione era stata pacificamente usata in acqua, sarebbe stato piuttosto onere dell’acquirente dimostrare la sussistenza del nesso causale tra i danni lamentati e l’inadempimento ascritto alla venditrice.
La censura è infondata.
La Corte distrettuale, infatti, non ha invertito l’onere della prova del nesso eziologico tra l’inesatto adempimento della
venditrice e i difetti riscontrati nella verniciatura dell’imbarcazione, ma si è limitata ad osservare che la RAGIONE_SOCIALE non aveva provato di aver esattamente adempiuto l’obbligazione di eliminare i vizi in commento. In particolare, il giudice di merito ha ritenuto irrilevante che nel verbale di riconsegna del 31.03.2010 le parti avessero dato atto che la verniciatura dell’imbarcazione era stata ripristinata, in quanto i distacchi e le spaccature della vernice si erano ripresentati poco tempo dopo; ha osservato, ancora, che, a fronte sia della ripresentazione di difetti della medesima natura di quelli che la RAGIONE_SOCIALE aveva già riconosciuto e si era impegnata ad eliminare, sia delle puntuali contestazioni dell’acquirente, anche sotto il profilo tecnico, circa l’inesattezza dei lavori di ripristino adottati, l’appellata non aveva allegato né provato che gli interventi di ripristino della verniciatura erano stati eseguiti a regola d’arte (cfr. pagg. 7 -8 della sentenza).
A ben vedere, la doglianza in esame muove dall’errato presupposto che sarebbe stato onere dell’attrice provare l’inesattezza dell’adempimento della RAGIONE_SOCIALE (dimostrando la riconducibilità dei vizi nella verniciatura agli interventi di ripristino eseguiti dalla venditrice), laddove, come si è visto in relazione al primo motivo di ricorso, era sulla convenuta che gravava l’onere della prova di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione.
Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1218, 1223 e 2697 c.c., per aver il giudice di merito mancato di procedere ad una valutazione probabilistica della sussistenza del nesso causale, secondo il canone della preponderanza dell’evidenza, tra l’opera di ripristino eseguita dalla venditrice sulla verniciatura e i danni ex
post lamentati dall’attrice, anche in considerazione del fatto che, sul punto, nel verbale del 25.09.2009, le parti avevano rimesso alla RAGIONE_SOCIALE l’onere di individuare ‘ gli interventi necessari sulla verniciatura cangiante ‘.
La censura, che prende le mosse dal medesimo errore di prospettiva circa la distribuzione dell’onere probatorio dell’inesattezza dell’adempimento di cui si è già detto in relazione al precedente motivo, è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha osservato che la RAGIONE_SOCIALE non solo non aveva provato, ma a monte non aveva allegato di aver eseguito a regola d’arte gli interventi di ripristino della verniciatura cangiante, a fronte della significativa circostanza che i vizi ripresentatisi nella verniciatura poco tempo dopo la riconsegna della barca (distacchi e spaccature) erano della medesima natura di quelli che la venditrice aveva già riconosciuto e che avevano appunto reso necessari gli interventi di cui la RAGIONE_SOCIALE aveva lamentato l’inesatta esecuzione (cfr. pagg. 7 -8 della sentenza).
Con il quarto motivo, la RAGIONE_SOCIALE denunzia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame del fatto decisivo che la RAGIONE_SOCIALE, dopo la riconsegna, aveva varato ed usato in acqua l’imbarcazione; circostanza, questa, che avrebbe dovuto indurre il giudice di merito a valutare in concreto se i danni alla verniciatura lamentati dall’appellante fossero effettivamente riconducibili all’inesatto adempimento ascritto alla venditrice, anziché all’uso che ne aveva fatto l’acquirente.
La censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata e, al pari dei precedenti motivi di ricorso, muove
dall’erroneo presupposto che sarebbe stato onere dell’attrice provare l’inesatto adempimento ascritto alla convenuta.
Invero, la Corte d’Appello non ha ignorato che l’imbarcazione, dopo la riconsegna, era stata utilizzata dall’acquirente ed ha, anzi, espressamente respinto l’eccezione della convenuta, secondo cui la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto provare la non riconducibilità sul piano eziologico dei distacchi di vernice alla normale usura dovuta all’utilizzo del natante, osservando, come si è più volte detto, che era sulla venditrice che gravava l’onere della prova dell’esatto adempimento della propria obbligazione di facere .
Non ricorre, dunque, il vizio di omesso esame denunciato dalla ricorrente, dovendosi ribadire che ‘ In tema di giudizio di cassazione, il motivo di ricorso di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio ‘ (cfr. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10525 del 31/03/2022, Rv. 664330).
Con il quinto motivo, nel denunciare, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 c.c., la ricorrente lamenta che il giudice di merito avrebbe erroneamente interpretato l’accordo del 25.09.2009 circa gli interventi che la venditrice avrebbe dovuto eseguire sulla verniciatura cangiante, nel senso di ricomprendervi la sverniciatura e la successiva integrale riverniciatura dell’imbarcazione. Deduce
che l’opera di ripristino avrebbe dovuto essere riferita piuttosto a singoli e circoscritti interventi sulla verniciatura già esistente, in coerenza con i tempi ridotti previsti per la riconsegna del natante, anche tenuto conto dello scopo pratico del verbale del 25.09.2009, che sarebbe stato semplicemente quello di perfezionare la compravendita con interventi contenuti, mirati ad adeguare il bene ai desiderata dell’acquirente.
La censura è inammissibile, in quanto la ricorrente si è limitata a proporre una lettura dell’accordo del 25.09.2009 alternativa a quella fatta propria dal giudice di merito, senza prospettare alcuna effettiva violazione dei canoni ermeneutici indicati in rubrica.
Secondo il costante e consolidato insegnamento di questa Corte, dal quale non vi è ragione di discostarsi, l’accertamento della volontà delle parti espressa nel contratto si traduce in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solamente per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale posti dagli artt. 1362 e ss. c.c.: pertanto, il ricorrente per cassazione, non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante speci fica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni che si assumono violati. Di conseguenza, ai f ini dell’ammissibilità del motivo di ricorso, non può essere considerata idonea la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata mediante la contrapposizione di una difforme (e più favorevole) interpretazione rispetto a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di argomentazioni che riportano
semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità (cfr. ex plurimis Cass. Sez. L, Sentenza n. 15381 del 09/08/2004, Rv. 575326; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5475 del 14/03/2006, Rv. 590099; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17717 del 29/08/2011, Rv. 619031; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 873 del 16/01/2019, Rv. 652192). Infatti, ‘ Per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra ‘ (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009, Rv. 610944; conf. Cass, Sez. L, Ordinanza n. 18214 del 03/07/2024, Rv. 671915).
Con il sesto motivo, nel denunciare, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1223, 1225, 1226 e 1227 c.c., la ricorrente si duole della quantificazione del danno alla verniciatura cangiante dell’imbarcazione nella misura di euro 95.000,00, che assume operata dal giudice di merito sulla scorta di un’acritica adesione alle conclusioni della consulenza di parte depositata dall’originaria attrice. Sostiene che la Corte distrettuale avrebbe omesso di svolgere il necessario giudizio ipotetico di differenza tra il danno riscontrato e la situazione quale sarebbe stata in mancanza dello stesso, così finendo per accordare alla RAGIONE_SOCIALE un importo ‘ del tutto spropositato ‘, collegato alla sverniciatura e alla riverniciatura dell’intera imbarcazione, anziché alla riparazione delle sole zone dello scafo ove si erano manifestati
distacchi ed ammaccature. Lamenta, inoltre, la mancata considerazione da parte del giudice di merito del comportamento dell’acquirente, la quale aveva accettato l’opera di ripristino della verniciatura eseguita dalla venditrice e, per altro verso, dopo la riconsegna, aveva fatto uso della barca.
La censura è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale non ha quantificato i costi necessari al ripristino della verniciatura cangiante sulla base di una pedissequa accettazione della consulenza tecnica di parte depositata dall’attrice, che sul punto recava una stima di euro 100.000,00, ma sulla base del preventivo del 19.09.2009 della stessa RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE, secondo cui ‘ il prezzo della pitturazione cangiante, della manodopera e della fornitura di materiali è pari ad euro 95.000.000 ‘, somma appunto liquidata dal giudice di merito, il quale ha osservato che trattavasi di ‘ importo non sensibilmente diverso da quello indicato dalla società RAGIONE_SOCIALE (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata).
Quanto alla dedotta omessa considerazione, da parte della Corte distrettuale, del contegno tenuto della RAGIONE_SOCIALE dopo la riconsegna della barca, che, a dire della ricorrente, avrebbe giustificato una riduzione del risarcimento ai sensi dell’art. 1227 c.c., la censura, oltre ad essere generica, sollecita apprezzamenti in fatto cui non è possibile procedere in questa sede, tenuto conto peraltro che la RAGIONE_SOCIALE non ha dedotto alcuno specifico elemento emerso dall’istruzione probatoria in relazione a l quale il giudice di merito avrebbe dovuto rilevare la sussistenza di un concorso di colpa dell’attrice nella causazione del danno lamentato.
Con il settimo motivo, la RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli
artt. 1491, 1667 e 2226 c.c., nonché del principio generale di buona fede; sostiene che la Corte distrettuale avrebbe errato ad escludere la decadenza dell’acquirente dalla garanzia per i vizi facilmente riconoscibili non denunziati al momento della riconsegna dell’imbarcazione. Deduce che, anche ad escludere l’applicabilità dell’art. 1491 c.c., all’obbligazione di facere gravante sulla ricorrente avrebbero comunque dovuto applicarsi i principi desumibili dalla disciplina del contratto d’opera e dell’appalt o, secondo cui l’accettazione dell’opera senza contestazioni vale in ogni caso ad escludere la garanzia per i vizi e i difetti conosciuti o facilmente riconoscibili dal committente.
La censura è infondata, in quanto mira, al pari del primo motivo di ricorso, a ricondurre l’obbligazione di facere assunta dalla venditrice alla disciplina speciale della garanzia per i vizi, invocando l’applicazione – se non della disciplina prevista per il contratto di compravendita – almeno di quella prevista in tema di appalto e di contratto d’opera. La censura no n tiene peraltro conto che anche ‘ In tema di appalto o di contratto d’opera, l’impegno ad eliminare i vizi della cosa o dell’opera, assunto dall’appaltatore o dal prestatore, alla stregua di principi generali non dipendenti dalla natura del singolo contratto, costituisce fonte di un’autonoma obbligazione di “facere”, la quale si affianca all’originaria obbligazione di garanzia, senza estinguerla, a meno di uno specifico accordo novativo, e rimane, pertanto, soggetto non ai termini di prescrizione e decadenza stabiliti per quella garanzia, ma all’ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l’inadempimento contrattuale ‘ (cfr., ex plurimis , Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13613 del 30/05/2013, Rv. 626504; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 62 del 04/01/2018, Rv. 646616).
Con l’ottavo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame del fatto decisivo consistente nella avvenuta sottoscrizione da parte del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE del verbale di riconsegna dell’imbarcazione del 31.03.2010, contenente espressa accettazione delle opere eseguite (e non eseguite) dalla venditrice.
La censura è inammissibile per difetto di specificità, in quanto la ricorrente si è limitata a rinviare al verbale del 31.03.2010, senza tuttavia riportarne il contenuto, così impedendo a questa Corte, alla quale è precluso l’esame diretto degli atti di causa, d i valutare la fondatezza della doglianza (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015, Rv. 636120). D’altra parte, dalla lettura del ricorso (cfr. pag. 38) e della sentenza impugnata (cfr. pag. 3), emerge che la RAGIONE_SOCIALE all’atto della riconsegna , si era riservata di verificare dopo il varo le condizioni del natante; dalla sentenza impugnata emerge, altresì, che nel verbale del 31.03.2010 non vi erano riferimenti alla chiusura del pozzetto con cristallo specchiato, mentre, in relazione alla fornit ura del tetto scorrevole dell’ hard top in cristallo, si dava atto che il fornitore si era reso disponibile alla consegna entro il mese di maggio 2010 (cfr. pag. 7).
Non ricorre, dunque, il vizio di omesso esame denunciato dalla ricorrente, la cui censura, nella parte in cui si sostiene (peraltro in contrasto con le risultanze di cui il giudice di merito ha puntualmente dato atto) che la sottoscrizione del verbale del 31.03.2010 avrebbe dovuto essere interpretata come accettazione pura e semplice del bene riconsegnato, implicante la rinuncia a far valere qualsivoglia diritto, si risolve piuttosto in una contestazione mossa alla lettura del materiale probatorio da parte della Corte
distrettuale, inammissibile in questa sede siccome involgente apprezzamenti di merito.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese che liquida in complessivi euro 8.500 per compensi, oltre euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile in data 18 settembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME