Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15408 Anno 2025
Oggetto
Data pubblicazione: 09/06/2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15408 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
contributi
R.G.N.34318/2019
COGNOME
Rep.
Ud.13/03/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 34318-2019 proposto da: NOME COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME
NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– resistenti con mandato -nonché contro
RAGIONE_SOCIALEAGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE (già E.RAGIONE_SOCIALE);
– intimata – avverso la sentenza n. 1525/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 06/11/2018 R.G.N. 1243/2015; nella dal
udita la relazione della causa svolta camera di consiglio del 13/03/2025 Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Corte d’appello di Catanzaro confermava la pronuncia di primo grado, che aveva respinto l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso due cartelle esattoriali notificate dal concessionario Equitalia Sud RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, ora Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER), aventi ad oggetto il recupero di contributi dovuti all’INPS nel periodo da gennaio 1994 a gennaio 2000, accogliendola soltanto in ordine al regime sanzionatorio applicabile.
La Corte di merito: escludeva che fosse maturata la prescrizione per i contributi anteriori al marzo 1995; confermava le risultanze probatorie dell’accertamento ispettivo a base delle due cartelle, non contestato efficacemente con documentazione probatoria contraria dell’opponente .
Avverso la sentenza ricorre NOME COGNOME sulla base di diciotto motivi, illustrati da memoria.
L’RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale procuratore speciale della RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva, essendosi limitata a conferire procura mentre è rimasta intimata AdER.
In sede di odierna udienza camerale, il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
RILEVATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.26, 27, 47, 48 l. n.88/89 e 2969 c.c., per avere la Corte territoriale reputato irrilevante il fatto che l’Inps, in sede amministrativa, avesse rinunciato ai contributi dovuti fino al marzo 1995, siccome prescritti.
Il motivo è infondato.
Correttamente la Corte d’appello ha ritenuto che l’affermazione dell’Inps , in sede amministrativa, di intervenuta prescrizione dei contributi antecedenti al marzo 1995 (contraria al vero, per non essere maturata tale prescrizione) non poteva avere effetto negoziale di rinuncia all’obbligazione contributiva. Vige in materia, infatti, il principio di indisponibilità dell’obbligazione contributiva da parte dell’autonomia privata (Cass.395/24, Cass.7698/20, Cass.4399/88), ritraibile da ll’art.2115, co.3 c.c. L’Inps non può quindi rinunciare al proprio credito, sulla base di una erronea affermazione di intervenuta prescrizione.
Con il secondo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.116, 132 n.4, 214 c.p.c. , dell’art. 118 d.a. c.p.c., degli artt.2702-2704 c.c., nonché il travisamento della prova, per avere la Corte di merito dato rilievo ad atti interruttivi provenienti dall’opponente, ovvero i modelli 01/M e 03/M sul rilievo che gli stessi non erano stati efficacemente disconosciuti e recavano l’intestazione della società e la sottoscrizione. Sostiene il ricorrente che il giudice de ll’appello avrebbe travisato il contenuto dell’informazione probatoria recata dai documenti, i quali non presentavano né il timbro della società né la sottoscrizione del legale rappresentante.
Il motivo è inammissibile.
Nel caso di specie, dove è questione di errore di giudizio sulla riconducibilità logica dell’informazione probatoria al fatto probatorio (v. Cass. S.U. n.5792/24), la violazione ricade nel perimetro del l’art.360, co.1, n.5 c.p.c. Il motivo non argomenta sulla decisività delle circostanze di fatto non considerate dalla Corte -ovvero l’assenza della sottoscrizione e della intestazione dei modelli -alla luce delle ulteriori considerazioni espresse dalla sentenza ovvero che: l’opponente non aveva mai negato in modo specifico di aver inviato i modelli 01/M e 03/M; mai aveva allegato di aver inviato altri specifici modelli in sostituzione di quelli.
Con il terzo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione degli artt.112, 115, 273 c.p.c. in relazione a ll’ error in procedendo commesso dai giudici d’appello . Espone che le due cartelle erano state oggetto di due opposizioni distinte, poi riunite ai sensi dell’art.274 c.p.c.
e che soltant o in uno dei due giudizi l’Inps aveva prodotto i modelli interruttivi della prescrizione; assume che- per il principio di autonomia delle cause, seppur riunite- le prove documentali non avrebbero potuto essere utilizzate nell’altro giudizio di opposizione.
Il motivo è infondato.
Pacifico essendo che i due giudizi nacquero tra le stesse parti e che la questione della prescrizione era comune ad entrambi , vale l’insegnamento di questa Corte di legittimità secondo cui le prove raccolte in uno dei giudizi riuniti sono automaticamente utilizzabili nell’altro, essendo sufficiente, affinché il giudice possa esaminarle e trarne elementi per il suo convincimento, che esse siano state legittimamente raccolte in contraddittorio e discusse fra le parti (Cass.15189/01). Peraltro (Cass.517/20, Cass.25067/18), il giudice può sempre utilizzare quale fonte del proprio convincimento anche prove acquisite in altro giudizio tra le stesse o altre parti (c.d. prova atipica).
Con il quarto motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione degli artt.112, 414, 434 c.p.c. in relazione all’ error in procedendo commesso dai giudici d’appello per non aver pronunciato su argomenti contenuti nel secondo motivo d’appello , in cui si deduceva che i modelli 01/M e 03/M non avevano una data certa di deposito presso l’Inps e che non era certo a quale causale essi si riferissero. Ancora, la Corte non avrebbe pronunciato sul motivo d’appello in cui si affermava che le copie fotostatiche di detti modelli non potevano valere quale attestazione fidefacente. Infine, la Corte non avrebbe pronunciato sul motivo d’appello con cui si deduceva che
l’Inps, contrariamente a quanto dichiarato, non aveva provveduto a scomputare gli importi dovuti ante marzo 1995, che l’ ente stesso aveva ritenuto prescritti.
Il motivo è infondato.
Da un lato, la Corte territoriale ha riportato in modo sintetico il contenuto di tutti i motivi di appello, respingendoli, sicché eventuali argomentazioni contenute nel motivo e non specificamente rigettate in sentenza devono dirsi rigettate implicitamente. Dall’altro lato, è principio consolidato quello per cui, al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il giudice del merito non è tenuto a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo sufficiente che egli indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass.8767/11, Cass.12123/13).
Con il quinto motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione degli artt.112, 115, 116, 132, 416 c.p.c., dell’art. 118 d.a. c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.; la violazione del giudicato interno; la insanabile contraddittorietà della motivazione. Si espone che l’INPS in sede amministrativa aveva ritenuto prescritti i crediti accertati dagli ispettori per il periodo antecedente al marzo 1995 e che nonostante tale decisione entrambe le cartelle esattoriali contenevano addebiti relativi al periodo prescritto. L ‘Inps , costituendosi, aveva affermato che per il periodo fino a marzo 1995 si erano considerate soltanto le somme indicate dalla stessa
società nei modelli 01m e 03m, atti interruttivi della prescrizione. Il Tribunale aveva recepito tali difese; in appello si era dedotto che i fatti costitutivi della pretesa erano stati modificati, perché nelle cartelle esattoriali si indicavano quale titolo altri modelli, i modelli DM 10/V e DM 10/S. La Corte territoriale aveva respinto la censura, affermando che il fatto costitutivo della pretesa non erano i modelli, che venivano richiamati solo come atto interruttivo della prescrizione. Del resto, la pretesa conseguiva all’addebito alla società di non aver presentato in alcuni periodi i modelli DM/10 e DM 10/S e si estendeva al periodo anteriore al marzo 1995 solo per le somme oggetto di denuncia.
A giudizio di parte ricorrente, tale affermazione sarebbe inconciliabile con le difese dell’INPS, recepite dal Tribunale, sulle quali si era formato il giudicato interno ed in contrasto irriducibile con altro passaggio motivazionale della sentenza, in cui si faceva riferimento al verbale ispettivo quale fondamento del diritto di credito dell’Inps, verbale che richiamava gli stessi modelli.
Il motivo è infondato. Per i contributi ante marzo 1995, sia il Tribunale sia la Corte hanno escluso dalla prescrizione i soli crediti Inps rispetto ai quali erano state inviate dalla società le denunce all’Inps, valevoli come riconoscimento di debito. La pretesa contributiva dell’Inps, come rettamente affermato dalla Corte, si basava per il resto sulla omessa denuncia di alcuni periodi lavorati, con conseguente omessa trattenuta contributiva sulle retribuzioni versate. Non c’è alcuna contraddizione tra tale assunto della sentenza e quello successivo in cui si presta rilevanza probatoria alle
risultanze del verbale ispettivo, che si basava su tali fatti costitutivi.
Con il sesto e settimo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione dell’art.24, co.3 l. n.46/99 e d il vizio di extrapetizione (art.112 c.p.c.), per avere la Corte di merito reputato legittima la condanna al pagamento delle sanzioni civili benché l’Inps , costituendosi nel giudizio di opposizione alla cartella esattoriale, non avesse svolto una domanda di condanna ed essendo essa stata annullata la cartella e rideterminato il minor importo del dovuto per sanzioni nonché per avere accertato il credito per contributi in ragione di modelli diversi ( i modelli 01m e 03m) rispetto a quelli indicati nelle cartelle esattoriali.
I motivi sono infondati.
Come questa Corte ha affermato in plurime pronunce (tra le altre: Cass.19469/18, Cass. ), l’opposizione avverso la cartella esattoriale di pagamento ex art. 24 d.lgs. n.46/99 dà luogo ad un giudizio ordinario di cognizione cui si applicano i principi che reggono la opposizione a decreto ingiuntivo; pertanto l’Inps, benché convenuto, riveste la qualità di attore in senso sostanziale e non è tenuto a proporre domanda riconvenzionale per il pagamento della minor somma eventualmente dovuta, poiché già ricompresa in quella di conferma della cartella e di riconoscimento dell’intera pretesa contributiva. Per quanto concerne l’imponibile contributivo, correttamente la Corte territoriale ha affermato che i modelli non costituiscono fatto costitutivo della pretesa contributiva, sicché alcun vizio di extrapetizione è addebitabile alla sentenza.
Con l’ottavo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.2700, 2702, 2704, 2727, 2729 c.c., dell’art. 132 n.4 c.p.c. e dell’ art. 118 d.a. c.p.c., per avere la Corte territoriale reso motivazione apparente laddove ha escluso il rilievo della deposizione di un teste, ispettore dell’ Inps- il quale aveva affermat o l’inesistenza di atti interruttivi (denunce) per il periodo ante marzo 1995- senza valutare l’intero contesto probatorio in cui essa si inseriva.
Il motivo è infondato.
La motivazione è sufficientemente specifica e argomentata al fine di integrare il minimo costituzionale chiesto dall’art.132 n.4 c.p.c. (Cass. S.U. 8053/14). La Corte ha infatti evidenziato che l’ispettore aveva solo supposto l’inesistenza delle denunce , aventi effetto interruttivo e che tale supposizione non era dirimente, in quanto l’Inps aveva prodotto le denunce.
Tale motivazione esprime un apprezzamento del materiale istruttorio e, come tale, è denunciabile nei limiti dell’art.360, co.1, n.5 c.p.c., di cui però il ricorso non deduce i presupposti costitutivi, esclusa come detto la carenza assoluta di motivazione.
Con il nono motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione dell’art.112 c.p.c. , ai sensi dell’art. 360, co.1, n.4 c.p.c., nonché la violazione e falsa applicazione degli artt.5, co.5 d.l. n.726/84 conv. in l. n.863/84, 1 d.l. n.338/89 conv. con modif. in l. n.389/89, nonché dell’art.2126 c.c., perché la Corte territoriale avrebbe applicato la contribuzione sul contratto di lavoro a tempo pieno in ragione del l’assenza di prova scritta d el
contratto part-time per due dipendenti, non considerando che il minimale contributivo andava calcolato non sul contratto a tempo pieno, bensì sul minimale previsto dall’art.5, co.5 , d.l. n.726/84.
Il motivo è inammissibile per un verso ed infondato per altro verso.
È inammissibile laddove contesta che non potesse applicarsi la disciplina del rapporto part-time, in presenza di prova testimoniale sul punto. Nella sostanza il motivo deduce l’ omesso esame di un fatto storico contenuto nelle dichiarazioni testimoniali, ma nulla argomenta in relazione ai presupposti dell’art.360, co.1, n.5 c.p.c.
Il motivo è infondato laddove pretende l’applicazione del minimale contributivo parametrato sulle ore effettivamente prestate ex art.5, co.5 d.l. n.726/84, conv. in l. n.863/84, anziché sul minimale contributivo di cui all’art.1 d.l. n.338/89, conv. con modif. in l. n.389/89. Questa Corte, a partire dalla pronuncia a sezioni unite del 2004 (S.U. 12269/04, seguita da Cass.17271/04, Cass.11011/08), ha affermato che il sistema contributivo regolato dal predetto art.5, co.5 d.l. n.726/84 è applicabile solo in presenza di tutti i presupposti previsti dai precedenti commi ed è condizionato, in particolare, all’osservanza dei prescritti requisiti formali. Risulterebbe privo di razionalità un sistema che imponesse, per esigenze solidaristiche, a soggetti rispettosi della legge l’osservanza del principio del minimale, con l’applicazione ad essi di criteri contributivi da parametrare su retribuzioni anche superiori a quelle in concreto corrisposte al lavoratore, e
nel contempo esentasse da tali vincoli quanti, nello stipulare il contratto di lavoro part-time, mostrano, col sottrarsi alle prescrizioni di legge, di ricorrere a tale contratto particolare per il perseguimento di finalità non istituzionali, agevolando così di fatto forme di lavoro irregolare.
Con il decimo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.112, 115, 421 c.p.c., in relazione ai nn.3 e 4 dell’art.360, co.1 c.p.c., perché la Corte di merito non avrebbe dato rilievo alle prove testimoniali, stante la forma richiesta ad substantiam per il contratto di lavoro a tempo parziale, nonché per avere ritenuto, comunque, l’inattendibilità delle deposizioni testimoniali (posto che dal verbale ispettivo risultava che, secondo i libri paga della società, i due lavoratori prestavano 40 ore settimanali). Sostiene il ricorrente che la prova per testi verteva sulle concrete modalità di svolgimento, in fatto, del rapporto di lavoro e non sul patto contrattuale ed era pertanto ammissibile. Sostiene, inoltre, che la Corte avrebbe travisato il contenuto del verbale ispettivo.
Il motivo è inammissibile per difetto di interesse.
Da un lato, la prova testimoniale di un orario di fatto inferiore a ll’orario a tempo pieno, è irrilevante, in quanto l’orario prestato al di sotto dell’orario fissato per il minimale contributivo ex art.1 d.l. n.338/89 è irrilevante ai fini previdenziali, ove non sussista una pattuizione formale di contratto di lavoro a t empo parziale. Dall’altro lato, risulta per lo stesso motivo irrilevante l’asserito travisamento del contenuto del verbale ispettivo, poiché, in ogni caso, la deposizione testimoniale in sé sola, una
volta escluso il riferimento al verbale ispettivo, non potrebbe portare al calcolo del minimale contributivo in misura inferiore a quello previsto dall’art.1 d.l. n.338/89, secondo quanto affermato da Cass. S.U. n.12269/04, cit.
Con l’undicesimo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.112, 115, 116, 132 n.4 c.p.c., dell’art 2700 c.c. nonché il travisamento della prova, per non avere la Corte d’appello considerato le risultanze della c.t.u. svolta in primo grado.
Il motivo è inammissibile.
Esso contesta la motivazione della Corte territoriale resa sul nono motivo d’appello, fondata su due autonome ragioni decisorie. Il motivo attacca la seconda ragione decisoria, basata sulle risultanze istruttorie, dando rilievo al tema della consulenza tecnica. La prima ratio è aggredita con il primo motivo dell’odierno ricorso, che qui è già stato respinto.
Essendo state respinte le censure relative alla prima ratio decidendi , diviene inammissibile per difetto d’interesse l’attuale motivo che, se anche accolto, non potrebbe sovvertire la decisione (Cass.12372/06).
Con il dodicesimo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.1362 ss., 2943, 2944 c.c., dell’art. 2 l. n.335/95, degli artt.115, 116, 132 n.4 c.p.c., dell’art. 118 d.a. c.p.c. noncé il travisamento della prova sul rilievo che la Corte di merito avrebbe ritenuto non prescritti i contributi dovuti al SSN bas andosi sull’atto interruttivo costituito dal verbale ispettivo, travisando il contenuto di tale
verbale, che invece non conteneva alcuna richiesta di tali contributi.
Il motivo è inammissibile.
La Corte ha affermato che il verbale ispettivo recava, tramite rinvio agli allegati, anche il conteggio dei contributi dovuti al SSN rivendicati dall’Inps e che la richiesta di pagamento effettuata nel verbale si riferiva alla somma dei contributi dovuti al SSN e dei contributi dovuti all’INPS .
La valutazione della portata interruttiva della prescrizione di un atto stragiudiziale è un apprezzamento di fatto demandato al giudice di merito (Cass.6336/09, Cass.29419/19).
Il motivo si mostra privo di autosufficienza, poiché non riporta per intero- ma solo per stralci- il contenuto del verbale ispettivo, e quindi non consente di apprezzare la critica secondo cui detto documento non conteneva una efficace domanda di costituzione in mora riguardo ai contributi dovuti al SSN. Giova aggiungere che la costituzione in mora non richiede formule sacramentali e nemmeno la quantificazione dell’importo, bastando che sia evincibile la volontà di ottenere il soddisfacimento della propria pretesa, secondo un accertamento insindacabile in cassazione (Cass.5681/06) se non nei limiti dell’omesso fatto storico decisivo ex art.360, co.1, n.5 c.p.c.; al riguardo nulla di specifico allega il motivo, limitandosi, di contro, a sostenere che il verbale non conteneva la richiesta di pagamento dei contributi dovuti al SSN.
Con il tredicesimo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.112, 115, 132 n.4, 414, 434 c.p.c. e dell’art. 118 d.a. c.p.c.ai sensi dell’ art.360, co.1, n.4 c.p.c.- per non avere la Corte di merito esaminato una specifica censura del dodicesimo motivo.
Il motivo è inammissibile.
In violazione del principio di autosufficienza, esso non riporta in modo specifico il contenuto del motivo d’appello e della specifica censura in esso avanzata e non esaminata in sentenza. Occorre aggiungere che il giudice dell’appello ha correttamente tenuto distinto il profilo del l’orario part-time applicato a due impiegati, rispetto al quale ha escluso che l’Inps abbia calcolato la retribuzione a tempo pieno ( in presenza dei relativi contratti, procedendo al recupero solo per gli operai part time) dal profilo indicato nel verbale ispettivo riguardante tutti i dipendenti, sia impiegati che operai, in ordine a plurime voci previste dal CCNL, ovvero terzo elemento, ROL e scatti di anzianità.
Con il quattordicesimo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.112, 115, 132, 414, 434 c.p.c. e dell’art. 118 d.a. c.p.c. , ai sensi dell’ art.360, co.1, n.4 c.p.c., per non avere la Corte di merito esaminato la specifica censura, formulata in appello, secondo cui una volta che l’Inps aveva ammesso di aver proceduto al ricalcolo del credito contenuto nella cartella di pagamento, era onere dell’Inps specificare tutti gli elementi contabili e i fatti costitutivi a base del riconteggio.
Il motivo è inammissibile.
In violazione del principio di specificità, non viene puntualizzato a quale motivo d’appello apparteneva tale censura né è riportato in modo compiuto il motivo, onde intendere se la censura fosse autonomo motivo di doglianza o invece argomentazione difensiva e se quindi debba davvero affermarsi l’omessa pronuncia anziché il rigetto implicito della stessa. Va richiamato il principio già enunciato per cui, al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il giudice del merito non è tenuto a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass.8767/11, Cass.12123/13).
Con il quindicesimo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.112, 115, 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte territoriale affermato che la contribuzione andava calcolata anche sulla voce retributiva ‘ ROL ‘ . Contrariamente a quanto affermato dalla Corte, il motivo assume che il CCNL era stato prodotto e che esso prevedeva, all’art.123 , che la contribuzione non fosse dovuta per le aziende che erogavano il terzo elemento sulla base della contrattazione provinciale, fissando l’importo del terzo elemento in lire 4000.
Il motivo è infondato, poiché, come affermato dalla Corte d’appello, e non contestato dal motivo, non è stato dimostrato dal ricorrente che esistesse un contratto provinciale attributivo del terzo elemento, né di aver fatto applicazione di tale contratto. Occorre solo
aggiungere che trattasi di fatto il cui onere probatorio cade a carico dell’opponente, il quale deve provare il titolo della propria supposta erogazione, ovvero il contratto provinciale fonte del terzo elemento, capace di escludere la pretesa contributiva dell’Inps; né l’Inps può essere onerato della prova di un fatto negativo, ovvero l’inesistenza di un contratto collettivo provinciale.
Con il sedicesimo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione degli artt.112, 414, 434 c.p.c. in relazione all’art.360, co.1, n.4 c.p.c. , poiché il giudice dell’appello avrebbe ritenuto nuovo ed inammissibile il motivo d’appello relativo agli scatti di anzianità in quanto questione non dedotta nel ricorso di primo grado.
Il motivo è inammissibile.
Risulta dagli atti che la questione degli scatti di anzianità non era nuova siccome già posta con il ricorso introduttivo di primo grado. Tuttavia, diversamente da quanto invocato dal motivo, emerge che la valutazione di inammissibilità non integra la ratio decidendi della sentenza ma un mero inciso motivazionale (‘, che è inammissibile perché… ,’), addotto ad abundantiam; l ‘ unica ratio decidendi è quella di rigetto nel merito, su cui la Corte si diffonde con doppia argomentazione. Poiché tale rigetto nel merito non è stato censurato dal motivo, esso si mostra inammissibile.
Con il diciassettesimo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione degli artt.112, 115, 132 n.4 c.p.c., degli artt. 1362 e 2700 c.c. nonché il travisamento della prova documentale, in quanto la Corte d’appello avrebbe affermato che in sede ispettiva si dava atto che dai libri aziendali risultava che per due impiegati fossero state
lavorate ore in esubero rispetto a quelle denunciate all’Inps, quando dal verbale tale circostanza non risultava affatto.
Il motivo è inammissibile.
La Corte ha fatto applicazione dell’art.2700 c.c. affermando che fa piena prova il riscontro effettuato direttamente dal pubblico ufficiale, ovvero la rilevazione di un dato desunto dai libri contabili.
Tale specifica ragione decisoria non è attaccata dal motivo, che si limita a parlare di travisamento del contenuto del verbale ispettivo, peraltro riportandone solo uno stralcio. Da tale stralcio non risulta negato quanto asserito dalla sentenza, ovvero che i verbalizzanti hanno dichiarato: di aver visionato i libri aziendali relativamente ai contratti con i due impiegati; che da tali contratti risultavano un numero di ore lavorate superiore a quello denunciato all’Inps. Lo stralcio riportato in ricorso si limita ad affermare che furono visionati i contratti part-time, ma nulla dice sulla visione dei libri aziendali e sui dati in essi indicati.
Con il diciottesimo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.115, 116 c.p.c. e degli artt. 2697 e 2729 c.c., per avere la Corte di merito dato rilievo al comportamento processuale dell’opponente , che non aveva conservato i libri aziendali visionati dagli ispettori. Sostiene il ricorrente che i libri erano stati conservati e visionati dal consulente tecnico nominato in primo grado fino a tutto il 1995, come attestato dallo stesso consulente. La Corte, quindi, non avrebbe potuto procedere ad un’inversione
dell’onere probatorio, facendo gravare la prova sull’opponente anziché sull’Inps.
Il motivo è per un verso inammissibile e per un verso infondato.
È inammissibile laddove pretende di sindacare la valutazione probatoria compiuta dalla Corte in ordine al contegno processuale della parte, non rispettando i limiti dell’art.360, co.1, n.5 c.p.c.
Il motivo è poi infondato, poiché la Corte non ha invertito l’onere probatorio, facendolo gravare sull’opponente anziché sull’Inps. Al contrario, la Corte ha concluso che il credito dell’Inps fosse sufficientemente provato dalle risultanze del verbale ispettivo, anche alla luce delle dichiarazioni, aventi efficacia privilegiata, dei verbalizzanti, circa la consultazione dei libri aziendali. La Corte ha poi aggiunto che tale prova non era stata idoneamente infirmata da prove fornite dall’opponente , il quale, tra l’altro, non aveva conservato la contabilità aziendale addotta a confutazione della prova fatta valere dall’Inps.
Conclusivamente il ricorso va respinto, senza pronuncia sulle spese essendo l’AdER rimasta intimata e non avendo l’Inps svolto attività difensiva.
i sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove
dovuto, previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.