Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2006 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2006 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17093/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e domiciliata ex lege presso la Cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, INDIRIZZO
Pec:
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Commissario Straordinario, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e domiciliato ex lege presso la Cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, INDIRIZZO
Pec:
-controricorrente – avverso la sentenza n. 390/2021 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 06/04/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) allegando di aver stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) un contratto di comodato d’uso, a titolo gratuito, di un’area sita in Copanello al fine di far realizzare da parte della comodataria , per l’intera durata del contratto, iniziative promozionali di associazionismo in favore dell’ RAGIONE_SOCIALE e che la RAGIONE_SOCIALE, impegnatasi a procurare, a partire d all’anno 2015 , la produzione di 300 tessere ACI RAGIONE_SOCIALE da utilizzare quale carta fidelity di accesso all’area per i nuovi soci , si era resa invece inadempiente all’impegno assunto, la convenne in giudizio da vanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE per sentir dichiarare l’inadempimento della convenuta sia al contratto di comodato, sia all’obbligazione di procurare quote associative e per sentirla condannare al pagamento di somme corrispondenti alle 300 tessere ACI che si era impegnata a procurare annualmente;
la NOME non si costituì e fu dichiarata contumace; istruita la causa il Tribunale adito ritenne che l’RAGIONE_SOCIALE avesse dimostrato il titolo per il quale aveva agito in giudizio, che la convenuta non avesse provato che l’inadempimento all’obbligazione di produrre tessere non fosse a sé imputabile, accolse la domanda e condannò la convenuta al risarcimento dei danni patrimoniali consistenti nel mancato ricevimento delle quote annuali associative per € 35 cadauna, e mancato pagamento dei canoni idrici per un totale di € 20.560,00 oltre interessi legali;
a seguito di appello della COGNOME la Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza pubblicata in data 6/4/2021, ha rigettato il gravame, ritenendo, per quanto ancora di interesse, inammissibile e comunque infondato il motivo di appello con cui la RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto che la
sua obbligazione avesse ad oggetto tessere Driver del costo di € 10 cadauna e non anche tessere RAGIONE_SOCIALE del costo di € 35 cadauna;
avverso la sentenza la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso;
il ricorso è assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.
la controricorrente ha depositato in data 28/11/2022 atto di costituzione di nuovo difensore nella persona dell’AVV_NOTAIO in luogo dell’AVV_NOTAIO cui l’RAGIONE_SOCIALE ha revocato il mandato;
AVV_NOTAIOiderato che:
con il primo motivo -violazione dell’art. 437 c.p.c stante la possibilità nel rito lavoro, applicato alla fattispecie, di produrre nuove prove se indispensabili e tali erano le tessere acquistate a dimostrazione che quelle per le quali vigeva l’obbligo contrattuale erano quelle Driver -euro 10-e non quelle RAGIONE_SOCIALE euro 35; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360, co. 1 n. 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti -la ricorrente lamenta che il giudice d’appello è incorso in violazione di legge ritenendo che l’allegazione sulla tipologia di tessere ‘ D river’ costituisse un’allegazione tardiva perché formulata per la prima volta in appello, oltre i termini delle preclusioni assertive e in violazione del divieto di nuove prove; ed è altresì incorso in violazione dell’art. 360, co. 1 n. 5 c.p.c. avendo omesso di valutare il fatto decisivo costituito per l’appunto dalla obbligazione assunta di acquistare non tessere RAGIONE_SOCIALE ma tessere Driver;
il motivo è inammissibile; in relazione alla violazione della norma processuale si rileva che il giudice di appello, ancor prima di dichiarare
inammissibili i documenti per violazione dell’art. 345 c.p.c. aveva dichiarato tardiva l’allegazione dell’impegno ad acquistare tessere Driver; non risultando impugnata la statuizione di tardività dell’eccezione (peraltro coerentemente all’art. 437, comma 2, cpc che vieta nuove eccezioni), non vi è materia per un giudizio di indispensabilità probatoria sui nuovi documenti non potendo fare ingresso in giudizio la relativa allegazione; il vizio motivazionale, pure dedotto con il primo motivo, è inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter cpc perché, in presenza di pronuncia cd. ‘ doppia conforme ‘, la ricorrente non ha dimostrato che le ragioni di fatto poste alla base della decisione di primo grado fossero diverse da quelle poste alla base della sentenza di appello;
con il secondo motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione dell’art. 360, co. 1 n. 5 c.p.c. e segnatamente la mancata valutazione da parte del giudice del comportamento illegittimo e contraddittorio, tenuto da RAGIONE_SOCIALE durante tutto il giudizio; violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. – la ricorrente pretende allegare elementi di fatto afferenti alla condotta processuale di RAGIONE_SOCIALE che conducono il giudice ad impingere nel merito; il vizio motivazionale è inammissibile per quanto già detto a proposito del precedente motivo mentre la pretesa violazione di norme di diritto è inammissibile perché basata sulle circostanze di fatto delle quali la ricorrente, in modo inammissibile, pretende l’ingresso nel giudizio mediante la denuncia di vizio motivazionale;
alle suestese considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente a pagare, in favore della controricorrente, le spese del giudizio di cassazione che liquida in € 3.100 (oltre € 200 per esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15%;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella Camera di AVV_NOTAIOiglio della Terza